N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 settembre 2023
Ordinanza del 6 settembre 2023 del Tribunale di Milano nel
procedimento civile promosso da fallimento T. e T. SpA contro R. L.
T. G. .
Prescrizione e decadenza - Responsabilita' civile - Societa' -
Responsabilita' dei revisori contabili e delle societa' di
revisione - Decorrenza del termine di prescrizione delle azioni nei
confronti di revisori e societa' di revisione dalla data della
relazione di revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato
emessa al termine dell'attivita' di revisione cui si riferisce
l'azione di risarcimento.
- Decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (Attuazione della
direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti
annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive
78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE),
art. 15, comma 3.
(GU n. 41 del 11-10-2023)
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Sezione XV civile
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei
seguenti magistrati:
dott. Angelo Mambriani - Presidente;
dott. Maria Antonietta Ricci - Giudice;
dott. Alima Zana - Giudice,
nella causa civile di I grado iscritta al n. 31185/2023 R.G. promossa
da:
Fallimento «T. e T. S.p.a.», con il patrocinio dell'avv.
Bruno Inzitari, attore;
Contro R. L. T. G., con il patrocinio dell'avv. Monica
Iacoviello, convenuta,
e nei confronti di:
P. T. e G. M., con il patrocinio degli avv.ti Giovanna
Roggero e Filippo Arata;
M. B., con il patrocinio dell'avv. Luigi Carlo Ravarini;
A. G., con il patrocinio dell'avv. Franco Brumana;
G. P. M. e M. D. con il patrocinio dell'avv. Francesco
Galluzzo;
A. R., con il patrocinio dell'avv. Paolo Riccardo Coppola;
B. P. C. V. S.p.a. o «C. V. S.p.a.» in forma abbreviata «C.
S.p.a.», con il patrocinio degli avv.ti Adriana Cavigioli, Franco
Anelli ed Elena Bersani, convenuti;
A. M. S.p.a., con il patrocinio dell'avv. Elena Scorbatti;
T. A. S.p.a., con il patrocinio degli avv.ti David Maria
Marino e Karin Tayel, terzi chiamati,
ha pronunziato la seguente ordinanza.
In via preliminare si deve dare atto che in data odierna e' stata
depositata sentenza non definitiva nella causa principale R.G.
50715/2018 avente ad oggetto azione di responsabilita' proposta dal
fallimento «T. e T. S.p.a.» (di seguito: il Fallimento) nei confronti
degli ex amministratori, ex componenti del comitato di controllo, ex
sindaci, del C. V. S.p.a. e del revisore legale dott. R. L. T. G. (di
seguito: G.). In ordine alla prosecuzione del processo la sentenza ha
rinviato ad ordinanza, contestualmente depositata, con cui, tra
l'altro, e' stata disposta «la separazione del rapporto processuale
relativo alle domande svolte dall'attore Fallimento T. e T. nei
confronti di parte convenuta R. L. G. nonche' dei rapporti
processuali relativi alle domande trasversali subordinate proposte da
parte convenuta R. L. G. nei confronti di tutti gli altri convenuti»,
disponendosi altresi' «la formazione a cura della cancelleria del
relativo fascicolo e l'assegnazione di un nuovo numero di ruolo».
Nel processo cosi' formato e' pronunciata la presente ordinanza.
Sulla rilevanza
Il Tribunale ha affrontato in via preliminare le eccezioni
relative al preteso difetto di autorizzazione del fallimento attore
alla proposizione dell'azione, respingendole. Ha inoltre gia'
dichiarato infondate le eccezioni di prescrizione sollevate da tutti
i convenuti diversi da G., chiamata in giudizio quale revisore
contabile, la cui posizione e' stata oggetto di provvedimento di
separazione, con iscrizione nel presente procedimento.
In particolare nella sentenza non definitiva il Tribunale ha
affermato:
«Sulla prescrizione delle azioni promosse dal fallimento
a. Sulla prescrizione delle azioni promosse nei confronti di
amministratori e membri del comitato di controllo.
Le difese di diversi convenuti e delle terze chiamate hanno
altresi' preliminarmente eccepito l'intervenuta prescrizione
dell'azione proposta dal Fallimento, per decorso del termine
quinquennale dalla data di pubblicazione del bilancio di esercizio al
31 dicembre 2012 (avvenuta in data ...), da cui sarebbe emersa
inequivocabilmente l'insufficienza del patrimonio sociale a
soddisfare le pretese dei creditori.
E' al riguardo opportuno premettere che, secondo giurisprudenza
consolidata «l'azione di responsabilita' esercitata dal curatore ex
art. 146 L.F. cumula in se' le diverse azioni previste dagli articoli
2393 e 2394 codice civile a favore, rispettivamente, della societa' e
dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto
inscindibile e connotazione autonoma quale strumento di
reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a
garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali» (Cass. civ.
n. 23452/2019)E, invero, e' lo stesso curatore del Fallimento a
precisare di agire in giudizio nei confronti dei convenuti
esercitando congiuntamente entrambe le azioni..
L'azione ex art. 146 L.F. implica una modifica della
legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei
presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti
(cfr. per tutte Cassazione civ., sez. I, n. 23452 del 20 settembre
2019); tant'e' che il curatore puo', anche separatamente, formulare
le domande risarcitorie in commento, una di natura contrattuale
(l'azione sociale di responsabilita'), l'altra di natura
extracontrattuale (l'azione di responsabilita' verso i creditori).
Tali azioni non perdono la loro originaria identita' giuridica,
rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella
disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione
dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni
risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione
(Cass. civ. n. 24715/2015).
Con riferimento a tale ultimo profilo si rende opportuno
rammentare che:
l'azione sociale di responsabilita' ex art. 2393 codice
civile si prescrive nel termine di cinque anni; il termine, in
applicazione del principio generale di cui all'art. 2935 c.c.,
decorre dal momento in cui il danno diventa oggettivamente
percepibile all'esterno, manifestandosi nella sfera patrimoniale
della societa'; il decorso rimane sospeso per l'amministratore, a
norma dell'art. 2941 n. 7 c.c., fino alla cessazione dalla carica (ex
multis, Cassazione n. 12666 del 2003, n. 10493 del 2006, n. 19022 del
2007, n. 5504 del 2012);
l'azione di responsabilita' dei creditori sociali ex art.
2394 codice civile si prescrive nel termine di cinque anni; il
termine decorre dal momento dell'oggettiva percepibilita', da parte
dei creditori, dell'insufficienza del patrimonio sociale, per
l'inidoneita' dell'attivo - raffrontato alle passivita' - a
soddisfare i loro crediti (Cass. civ. n. 15839/2020, conforme
Cassazione civ. n. 21662/2018). In ragione della onerosita' della
prova gravante sulla procedura che agisce, sussiste una presunzione
«iuris tantum» di coincidenza tra il «dies a quo» di decorrenza della
prescrizione dell'azione de qua e la dichiarazione di fallimento,
ricadendo sugli amministratori convenuti l'onere di fornire prova
contraria della diversa data anteriore di conoscibilita' dello stato
di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di
assoluta evidenza (Cass. civ. n. 830/2018, 31204/2017, 24715/2015).
Fatte queste doverose premesse in diritto, il Collegio ritiene
che il dies a quo da cui far decorrere il termine di prescrizione di
entrambe le azioni proposte dal curatore debba nel caso di specie
essere individuato nel giorno della declaratoria di fallimento, in
data ... .
Con riferimento all'azione di responsabilita' verso i creditori
sociali il Collegio non ritiene superata la presunzione iuris tantum
di cui poco sopra. Gli amministratori e i componenti del comitato di
controllo qui convenuti non hanno offerto prova idonea della
sussistenza di fatti sintomatici dell'insorgenza dello stato di
incapienza patrimoniale in epoca antecedente al fallimento.
Dal bilancio di esercizio al 31 dicembre 2012 il patrimonio netto
della societa', sebbene avesse subito un'importante riduzione
rispetto all'esercizio precedente, risultava essere comunque positivo
per euro 470.000, fatto che ha sicuramente ingenerato un legittimo
affidamento nei terzi circa l'idoneita' dell'attivo a soddisfare i
crediti ventati nei confronti della fallita.
Tale conclusione non e' intaccata dalle precisazioni contenute
nella nota integrativa al bilancio in commento, laddove si legge: «lo
squilibrio finanziario in cui si trova la societa' ha indotto, come
evidenziato sopra, l'organo amministrativo a deliberare il ricorso
alla procedura concordataria che la legge fallimentare mette a
disposizione per salvaguardare il patrimonio aziendale e favorire una
possibile ricostruzione. (...) la societa' e' in procinto di
depositare una domanda prenotativa di concordato preventivo, ai sensi
dell'art. 161 l.f., e di usufruire dei termini ivi indicati per
perfezionare e redigere un piano concordatario. Esprime anche dubbi
sulla capacita' della societa' di operare in base al presupposto
della continuita' aziendale» (cfr. doc. 7 Fallimento).
La nota integrativa - il cui estratto si e' appena riportato - fa
riferimento a uno squilibrio finanziario (inerente la liquidita'
della societa'), non all'insufficienza patrimoniale richiesta dal
disposto di cui all'art. 2394 codice civile ai fini della
proposizione dell'azione di responsabilita' dei creditori sociali. Si
tratta di concetti differenti che non possono essere confusi.
Cio' che rileva ai fini del presente procedimento e' il fatto
che, secondo il bilancio, il patrimonio netto della societa'
risultasse in ogni caso positivo, senza che - e' bene precisarlo - ai
terzi possa essere richiesto di verificare che le poste ivi apposte
siano corrette. Si tratterebbe di onere eccessivamente gravoso e, in
quanto tale, irragionevole.
Per scrupolo, si precisa che nemmeno la relazione al bilancio del
2012 del revisore contabile - laddove si da' atto, inter alia, di una
«situazione di difficolta' finanziaria» nonche' di un «quadro
complessivo di riferimento (che) presenta quindi molteplici e
significative incertezze in merito al mantenimento delle condizioni
di continuita' aziendale, che dipendono dall'accesso al concordato» -
puo' modificare l'orientamento del Tribunale per le medesime
motivazioni poco sopra analizzate con riferimento al contenuto della
nota integrativa al bilancio (senza contare che la relazione del
revisore non deve neppure essere depositata al registro delle
imprese, sicche' la stessa non puo' essere conosciuta dai terzi).
Come preannunciato, anche con riferimento all'azione sociale di
responsabilita' questo Tribunale ritiene di individuare il dies a quo
di decorrenza della prescrizione nel momento del fallimento della
societa', quando il danno e' diventato oggettivamente percepibile
all'esterno, manifestandosi nella sfera patrimoniale della societa'
(momento in cui, peraltro, i convenuti - a parte M. e D. - sono
decaduti dalla carica).
Con riferimento alla posizione dei predetti M. e D. - i quali
risulterebbero aver comunicato le loro dimissioni dalle rispettive
cariche sociali prima del ... (nella specie in data ...) e, pertanto,
vorrebbero far decorrere il termine quinquennale di prescrizione da
tale data - il Collegio rileva che alla data del ... il danno non era
ancora percepibile all'esterno, essendosi manifestato nella sfera
patrimoniale della societa' solo piu' tardi, alla data del fallimento
(id est .... ).
Ebbene, posto che prima che il danno si manifesti e' escluso che
possa farsi valere un qualsivoglia diritto risarcitorio da parte
della societa' ex art. 2935 codice civile e che dunque decorra il
termine prescrizionale, il fatto che i convenuti M. e D. si siano
dimessi prima della data del fallimento non rileva in alcun modo.
Individuato il dies a quo per entrambe le azioni proposte dal
curatore nella data della declaratoria di fallimento dell'attrice e a
fronte della notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio in
data ..., le azioni proposte congiuntamente dal curatore, quella
sociale di responsabilita' ex art. 2393 codice civile e quella di
responsabilita' verso i creditori sociali ex art. 2394 codice civile
non possono considerarsi prescritte, nemmeno nei confronti della
convenuta C., la quale e' stata chiamata a rispondere quale
concorrente extraneus delle condotte poste in essere da parte degli
amministratori e dei membri del comitato di controllo dell'odierna
fallita;
b. Sulla prescrizione dell'azione promossa nei confronti del revisore
contabile e sulla separazione e sospensione del procedimento relativo
a R. L. G. per rimessione di questione di legittimita' costituzionale
alla Corte costituzionale
La difesa di R. L. G., revisore contabile di T. e T. dal ..., ha
eccepito l'intervenuta prescrizione dell'azione proposta giusto il
disposto di cui all'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39/2010,
per il quale il dies a quo del termine quinquennale di prescrizione
deve essere individuato nella data della relazione di revisione sul
bilancio emessa al termine dell'attivita' di revisione cui si
riferisce l'azione di risarcimento.
Detta norma, come gia' rilevato da questo Tribunale, «costituisce
lex specialis (di indubbio favore) che esclude l'applicabilita' in
via analogica delle regole dettate per l'azione di responsabilita'
contro gli amministratori e i sindaci con i quali pure il revisore
sia chiamato «in correita'»; e che ricomprende indistintamente tutte
le azioni risarcitorie, di qualunque natura, esperibili ai sensi del
medesimo art. 15 contro il revisore dalla societa' revisionata come
anche dai soci di questa e dai terzi in genere». (Tribunale di
Milano, sentenza n. 2068/2020 pubbl. il 9 marzo 2020, R.G. n.
29276/2018, estensore dott. Vannicelli, reperibile su
www.giurisprudenzadelleimprese.it).
In applicazione della normativa de qua, essendo l'ultima
relazione a firma della G., relativa al bilancio 2012, datata ... e a
fronte del fatto che l'atto di citazione e' stato notificato in data
..., l'azione dovrebbe in effetti considerarsi prescritta.
Questo Collegio tuttavia ritiene, come da separata ordinanza che
si deposita contestualmente, di dover sollevare quesitone di
legittimita' costituzionale proprio in relazione alla norma che ha
introdotto la predetta disciplina speciale della prescrizione
dell'azione di responsabilita' dei revisori legali, la cui
applicazione e' richiesta per la definizione del caso di specie.
Pertanto, considerati:
la separata ordinanza di rimessione della questione alla
Corte costituzionale contestualmente depositata;
la necessita' di attendere la pronuncia della Corte
costituzionale circa i dubbi di costituzionalita' sollevati dallo
scrivente Tribunale per quanto riguarda la definizione della
posizione processuale della G.; necessita' che, invece, non si
ravvisa con riferimento ai restanti rapporti processuali, per i quali
non si applica l'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39/2010;
l'ingiustificato ritardo nella trattazione che subirebbero le
posizioni processuali diverse da quella di G.;
il Tribunale ritiene di dover separare la posizione
processuale della convenuta R. L. G., disponendo la sospensione, come
da ordinanza che si deposita contestualmente, del separato
procedimento in attesa che la Corte costituzionale si pronunci in
merito alla questione rimessa alla sua valutazione.
Eseguita la separazione della posizione di R. L. G., la presente
causa va rimessa sul ruolo del giudice istruttore cui competera'
l'adozione degli ulteriori provvedimenti per la prosecuzione
dell'istruttoria, come da separata ordinanza».
Il motivo di tale trattamento differenziato puo' dunque essere
cosi' sintetizzato: per gli altri convenuti - amministratori di T. e
T. S.p.a. - la giurisprudenza costante ritiene che il termine per la
prescrizione delle domande azionate dal curatore decorra dal momento
dell'oggettiva percepibilita', da parte della societa' e dei
creditori, dell'insufficienza del patrimonio sociale e dunque,
secondo l'id quod plerumque accidit, dalla dichiarazione di
fallimento; per la convenuta G., che ha tempestivamente eccepito la
prescrizione delle azioni proposte dal Fallimento in forza del
disposto dell'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39/2010,
andrebbe invece applicata tale norma.
Proprio su questa norma si incentra il dubbio di
costituzionalita', per i motivi che si illustreranno in seguito. Ed
e' evidente che, se la questione di legittimita' costituzionale qui
sollevata fosse accolta, il Tribunale potrebbe affrontare il merito
della controversia procedendo all'ammissione delle prove richieste
relativamente alla posizione della G. .
Viceversa, qualora la questione fosse rigettata (e a maggior
ragione se non venisse sollevata), il Tribunale dovrebbe applicare la
norma medesima e dichiarare immediatamente prescritte le azioni
risarcitorie promosse dal Fallimento, senza procedere nei confronti
del revisore dei conti G. ad alcuna attivita' istruttoria.
Infatti la relazione del revisore, relativa al bilancio 2012, e'
stata depositata in data ... e l'atto di citazione, primo atto
interruttivo del termine di prescrizione da allora, e' stato portato
alla notifica in data ..., quando oramai era decorso il termine
quinquennale fissato per la prescrizione delle azioni risarcitorie.
Sulla non manifesta infondatezza.
1. Premesse.
L'art. 15 decreto legislativo n. 39 del 2010 prevede:
«1. I revisori legali e le societa' di revisione legale
rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti
della societa' che ha conferito l'incarico di revisione legale, dei
suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall'inadempimento ai
loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono
responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato.
2. [...]
3. L'azione di risarcimento nei confronti dei responsabili ai
sensi del presente articolo si prescrive nel termine di cinque anni
dalla data della relazione di revisione sul bilancio d'esercizio o
consolidato emessa al termine dell'attivita' di revisione cui si
riferisce l'azione di risarcimento».
In base all'articolo in questione sono proponibili nei confronti
dei revisori legali due tipi di azioni risarcitorie, una per
inadempimento contrattuale da parte della societa' che ha conferito
l'incarico, l'altra per responsabilita' extracontrattuale da parte
dei soggetti non legati al revisore da contratto e rispetto ai quali
nemmeno potrebbe configurarsi una responsabilita' da contatto sociale
qualificato.
Tanto considerato, vanno svolte alcune premesse.
Anzitutto, in via generale, deve essere ricordato che, anche a
livello europeo, all'attivita' di revisione e' riconosciuta una
funzione di tutela di interessi qualificanti l'ordine pubblico
economico quali la correttezza delle comunicazioni societarie, la
fiducia che il mercato finanziario deve riporre in esse e, piu'
ampiamente, il corretto funzionamento del mercato dei capitali (cfr.
Raccomandazione della commissione 2008/473/CE, considerando 2 e art.
7). Limitazioni di responsabilita' del revisore che gli Stati
intendano introdurre non dovrebbero «pregiudicare il diritto di una
parte lesa di essere adeguatamente risarcita» (Raccomandazione cit.,
considerando 4 e art. 2, comma 4). Tra i sistemi di limitazione della
responsabilita' del revisore non e' menzionato un intervento sulla
disciplina della prescrizione del diritto risarcitorio del
danneggiato (Raccomandazione cit., considerando n. 6 e art. 5).
In secondo luogo mette conto considerare che l'art. 15 citato
disciplina la prescrizione dell'«azione di risarcimento». E' in
realta' pacifico che si tratta di metonimia di ascendenza romanistica
- si menziona l'azione per disciplinare il diritto azionato - assai
nota ed utilizzata anche in materia societaria (es.: articoli 2393,
comma 3, 2949, comma 2, c.c.) e che, percio', di prescrizione del
diritto risarcitorio dei danneggiati si tratta e non di decadenza dal
potere di esercitare l'azione risarcitoria.
Sempre in premessa va ricordato che le norme in materia di
prescrizione sono norme di ordine pubblico, attinenti la certezza
delle posizioni giuridiche soggettive individuali e percio' sottratte
all'autonomia privata (art. 2936 c.c.).
Per quel che qui interessa, inoltre, occorre sottolineare che
l'effetto estintivo determinato dalla prescrizione del diritto e'
collegato ad un'inerzia che perdura continuamente per tutto il
periodo previsto dalla legge, tanto che il termine ricomincia a
decorrere se, entro quel periodo, e' compiuto un atto interruttivo
(articoli 2943 e ss. c.c.).
Va considerato ancora che gli articoli 2393, comma 3, 2941 comma
1 n. 7, 2949, comma 1, codice civile sono dettati per disciplinare la
prescrizione del diritto risarcitorio della societa' - anche se
esercitato dai soci minoritari come legittimati straordinari (art.
2393-bis c.c.) - verso i suoi amministratori, con i quali e' legata
dal rapporto di amministrazione. Le loro previsioni, a ben vedere,
non sono poste in deroga al regime piu' generale della prescrizione,
poiche' la durata del termine e' prevista, proprio per i rapporti
societari, dalla stessa disciplina codicistica (art. 2949, comma 1
c.c.) ed i casi di sospensione sono sempre specifici e recanti
ciascuno la sua ratio individuabile nei particolari rapporti tra
creditore e debitore.
In questo quadro di sostanziale omogeneita' alla generale
disciplina codicistica, la formulazione concessiva del disposto
dell'art. 2393, comma 3 codice civile ha indubbiamente favorito il
rifiuto di una sua meccanica interpretazione a contrario ed invece la
riconduzione alle norme generali, segnatamente al disposto dell'art.
2935 c.c., del regime di decorrenza, identificando, secondo la
giurisprudenza della Corte di cassazione (v. supra), il dies a quo in
quello in cui la societa' puo' rappresentarsi il danno ricevuto,
esclusa ovviamente la rappresentazione che di esso abbiano gli
amministratori danneggianti.
Gli stessi parametri interpretativi sono stati applicati alla
prescrizione dell'azione sociale verso i sindaci, considerando che
l'art. 2407, comma 2, codice civile estende a loro l'applicazione
delle norme relative all'azione sociale di responsabilita' e, per
conseguenza, il relativo regime prescrizionale, ferma la pacifica
inapplicabilita' ad essi della sospensione ex art. 2949 n. 7 c.c.
La disciplina dell'azione dei creditori verso amministratori e
sindaci (art. 2394, 2407, comma 3 c.c.) non deroga per nulla alle
norme generali poiche' - ricostruita dalla giurisprudenza della Corte
di cassazione, per quel che qui rileva, come azione extracontrattuale
- la lunghezza del termine (art. 2949, comma 2, c.c.) e' conforme
alla previsione dell'art. 2947, comma 1, codice civile e nessun
regime particolare connota gli altri elementi strutturali
dell'istituto (decorrenza, interruzione, ecc.). E' appena il caso di
aggiungere che, se la responsabilita' degli amministratori verso i
creditori sociali dovesse essere ricostruita, specie dopo l'avvento
del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (articoli 2086,
comma 2 c.c., 3, 120-bis e ss. c.c.i.), in termini di responsabilita'
di tipo contrattuale ex art. 1173 c.c., nulla muterebbe rispetto al
tema qui considerato posto che il regime prescrizionale sarebbe
sempre quello stabilito dal codice civile (art. 2949, comma 2, c.c.).
Tutto cio' ha consentito agevolmente alla giurisprudenza di fare
applicazione, quanto alla decorrenza del termine prescrizionale,
della previsione di cui all'art. 2935 c.c., interpretandolo in
correlazione al momento in cui il danno ai creditori puo'
determinarsi, cioe' il sopravvenire dell'insufficienza del patrimonio
sociale, e divenire conoscibile ai terzi cioe', secondo comune
esperienza, il momento della dichiarazione di fallimento.
Nessuna particolare difficolta' interpretativa ha poi riguardato
l'individuazione del regime prescrizionale della responsabilita'
extracontrattuale degli amministratori e dei sindaci (articoli 2395,
comma 2, 2407, comma 3, c.c.), posto che l'«atto che ha pregiudicato
il socio o il terzo» cui la norma si riferisce per individuare il
dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale, non poteva che
essere ricondotto al «fatto illecito» di cui all'art. 2947, comma 1
c.c., necessariamente inclusivo di nesso di causalita' e danno, dalla
cui conoscenza il termine inizia a decorrere.
Quanto alle disposizioni del regime prescrizionale qui rilevanti
non interessa, come si e' detto, la durata del termine - dato che il
termine quinquennale e' previsto non solo per i diritti risarcitori
da responsabilita' extracontrattuale (azioni ex articoli 2394 e 2394
c.c.), ma anche per quelli da responsabilita' contrattuale (articoli
2393, comma 3, 2929, comma 1, c.c.) -, ed invece l'individuazione del
dies a quo di decorrenza del termine stesso, identificato, nella
normativa societaria, nel momento in cui e' oggettivamente possibile
alla societa' e ai terzi avere contezza del danno loro procurato ed
invece dall'art. 15, comma 3, cit., nella «data della relazione di
revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato emessa al termine
dell'attivita' di revisione cui si riferisce l'azione di
risarcimento».
Da tale quadro ricostruttivo derivano quattro conseguenze.
La prima e' che, posto che l'art. 15, comma 3 cit. disciplina sia
la decorrenza che il termine di prescrizione dei diritti risarcitori
esercitabili verso i revisori, non e' consentito, con riferimento a
tali due aspetti di disciplina, fare ricorso a ragionamenti di tipo
analogico, posto che non si rinvengono lacune normative ed anzi le
norme sono esplicite ed esaustive in proposito. Ne' va dimenticato,
nello stesso senso, che il legislatore, con l'art. 37, comma 9, del
decreto legislativo n. 39 del 2010, ha abrogato l'art. 2409-sexies
c.c., il cui terzo comma, analogamente a quanto previsto per l'azione
di responsabilita' sociale verso gli amministratori, determinava in
cinque anni «dalla cessazione dell'incarico» il termine
prescrizionale per l'esercizio dell'azione di responsabilita' verso i
revisori.
La seconda e' che le disposizioni di cui all'art. 15, comma 3
cit. si pongono in deroga non gia' alle disposizioni speciali
previste dalla disciplina societaria ed invece direttamente alle
corrispondenti norme di disciplina generale, cioe', quanto alla
durata del termine, all'art. 2946 codice civile - con riferimento
all'azione contrattuale esperibile dalla societa' verso il revisore -
e, quanto alla decorrenza del termine, all'art. 2935 c.c.
La terza e' che, preclusa la via dell'interpretazione analogica,
considerato che si tratta di norme poste in deroga a quelle piu'
generali previste dal codice e considerata soprattutto l'estrema
chiarezza del testo normativo qui in esame e l'evidente coincidenza
con l'intenzione del legislatore, rimane preclusa anche la via
dell'interpretazione costituzionalmente adeguatrice (Corte cost. n.
221 del 2019; Corte costituzionale n. 102 del 2021).
La quarta e' che le norme che stabiliscono, in materia
societaria, il regime della prescrizione dei diritti risarcitori
della societa' e dei creditori verso gli amministratori ed i sindaci,
proprio perche', seppur previste specificamente, non derogano alle
norme generali, specie quelle in materia di decorrenza del termine
prescrizionale, allora esse ben possono costituire il tertium
comparationis rispetto al quale commisurare la ragionevolezza dello
speciale regime prescrizionale, previsto dal ridetto art. 15, comma
3, dei diritti risarcitori della societa', dei soci e dei terzi - tra
i quali certamente i creditori della societa' (ma anche, ad esempio,
gli investitori in azioni emesse dalla societa') - verso i revisori.
Solo quest'ultimo, infatti, non solo deroga - in punto di decorrenza
del termine prescrizionale - alle generali norme codicistiche, ma
prevede una disciplina (irragionevolmente) diversa rispetto alle
corrispondenti norme di diritto societario.
Orbene, occorre ancora in premessa considerare che i danni
provocati dal revisore alla societa', ai soci o ai terzi sono per
natura lungolatenti, danni che si verificano e manifestano a distanza
notevole di tempo rispetto al momento del comportamento lesivo, o
comunque, in ogni caso, che non si tratta affatto di danni in re ipsa
ricollegabili al deposito della relazione di revisione in quanto tale
ed invece di danni/conseguenza rispetto ai quali e' normale il
verificarsi di uno iato temporale, qui sempre consistente, che li
separa dal fatto generatore, cioe' appunto il deposito della
relazione negligentemente redatta.
In particolare, la relazione del revisore che attesti falsamente
- a mezzo del relativo giudizio positivo - la conformita' alla legge
di un bilancio lede bensi' il diritto della societa', dei soci e dei
terzi alla corretta informazione societaria, ma non provoca loro, di
per se', un danno patrimoniale. Il danno patrimoniale si determina
invece successivamente, con il concorso necessario di altri soggetti
- concorrenti o vittime - che, utilizzando quella relazione, tengono
comportamenti pregiudizievoli.
Cosi' e' per il danno da prosecuzione non conservativa
dell'attivita' economica della societa' dopo il verificarsi della
causa di scioglimento di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4 c.c., dove
il danno - concausato dal rilascio di relazione con giudizio positivo
invece che negativo o di dichiarazione di impossibilita' di esprimere
un giudizio e dal mancato esercizio da parte dei sindaci del loro
potere/dovere di vigilanza e reazione - e' stato provocato dal
comportamento gestorio dell'amministratore. La prosecuzione non
conservativa dell'attivita' d'impresa, inoltre, puo' provocare un
danno anche a distanza considerevole di tempo dal momento in cui la
relazione e' stata rilasciata ed a distanza ancora maggiore essere
divenuto noto.
Cosi' e' per il credito erogato da un fornitore in base ad un
bilancio falso oggetto di positiva relazione del revisore o per
l'acquisto, da parte di un terzo, sulla base di quel bilancio, di
titoli emessi dalla societa', salva ovviamente la verifica
dell'inadempimento negligente della prestazione professionale dovuta
dal revisore e del nesso causale. Fornitura e acquisto ben possono
avvenire a distanza notevole di tempo dalla data della relazione
negligentemente rilasciata dal revisore.
Cosi' e' nell'abusivo ricorso al credito, potendo
l'amministratore avvalersi all'uopo della relazione di revisione
anche a distanza considerevole di tempo dalla sua data. Ma, in questo
caso, soccorre la disciplina penalistica della prescrizione (art. 218
l.f., art. 325 c.c.i., articoli 157 e ss. c.p., art. 2947, comma 3
c.c.).
Non meno rilevanti le circostanze che - in relazione alla natura
dell'inadempimento / illecito - impediscono l'immediata percezione,
da parte dei danneggiati, del danno subito.
Invero, la disposizione in questione risulta singolarmente
agevolativa del decorso del termine prescrizionale: il fatto di
venire meno ai propri doveri, depositando una relazione che non
evidenzi o addirittura occulti falsita' di bilancio o l'insufficienza
del patrimonio, pur costituendo la condotta inadempiente/illecita,
contribuisce essa stessa, per la sua natura decettiva, ad allontanare
la conoscenza del danno da parte dei danneggiati nel mentre il
termine prescrizionale decorre; quanto piu' abilmente, con il
concorso del revisore infedele ai propri doveri, lo stato di
insufficienza patrimoniale della societa' venga occultato, maggiore
sara' il vantaggio temporale di cui egli potra' godere.
Si tratta, in ogni caso, di danni derivanti da erronea e
negligente applicazione delle norme in materia di revisione di
contabilita' tenuta e bilanci redatti dagli amministratori ovvero
consistenti in condotte fraudolente e decettive, spesso di
comportamenti i cui negativi effetti patrimoniali su terzi si
apprezzano in termini controfattuali. Cio' significa sia che
l'accertamento del danno e' caratterizzato da particolare
complessita' tecnica, sia che esso suppone che coloro che hanno
compiuto i comportamenti dannosi abbiano lasciato i loro incarichi ed
in essi siano subentrati altri, solo cosi' essendo possibile che quei
comportamenti dannosi vengano alla luce, siano apprezzati nella loro
portata pregiudizievole ed infine vengano fatti oggetto delle
relative azioni risarcitorie. In mancanza, infatti, inevitabilmente
essi comportamenti vengono perpetuati dalle stesse persone o, quanto
meno, vengono opportunamente occultati, per ovvi motivi. E tuttavia,
tanto gli amministratori, quanto i sindaci, quanto i revisori
rimangono a svolgere per anni ed anni - anche istituzionalmente (es.:
la durata in carica di amministratori e sindaci e' triennale e
rinnovabile) - i loro incarichi, sicche' nella quasi totalita' dei
casi informazioni relative a loro comportamenti pregiudizievoli per
la societa' od i terzi emergono a distanza di anni.
La miglior riprova, a livello normativo, della correttezza di
questa considerazione e' che il decorso del termine prescrizionale,
nei confronti degli amministratori, rimane sospeso (art. 2941 n. 7
c.c.).
Vero e' che cio' non accade rispetto ai sindaci, ma e'
altrettanto vero che cio' non crea disfunzioni ne' irragionevoli
discriminazioni nel regime di prescrizione dei diritti risarcitori
proprio perche', anche rispetto ai sindaci, il relativo termine
decorre dal momento in cui i danneggiati hanno avuto oggettivamente
la possibilita' di conoscere il danno subito.
Anche nella materia che ne occupa, allora, dovrebbero poter
valere i principi affermati in diverso campo, ma analogo quanto a
fenomenologia di manifestazione del danno, secondo cui la fattispecie
di responsabilita' civile include nesso causale e danno e, pertanto,
non puo' darsi prescrizione senza che il danno sia conoscibile al
danneggiato (Cass., sez. un., n. 576 del 2008).
2. Illegittimita' dell'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39
del 2010 nella parte in cui prevede che il momento di decorrenza
della prescrizione dei diritti risarcitori dei danneggiati da
inadempimenti o illeciti del revisore e' quello della data della
relazione di revisione, per violazione degli articoli 3, comma 1, e
24, comma 1, cost. per irragionevole differenziazione rispetto alle
norme previste, in materia, con riferimento ai diritti risarcitori
dei danneggiati da inadempimenti o illeciti di amministratori e
sindaci. Illegittimita' dell'art. 15, comma 3, decreto legislativo n.
39 del 2010 nella parte in cui prevede che il momento di decorrenza
della prescrizione dei diritti risarcitori dei danneggiati da
inadempimenti o illeciti del revisore e' quello della data della
relazione di revisione, per irragionevolezza intrinseca in violazione
dell' art. 3, comma 1, cost.
Ritiene il Tribunale, sulla scorta delle considerazioni svolte
sopra, che l'art. 15, comma 3 cit. differenzia irragionevolmente la
disciplina di decorrenza del termine di prescrizione delle azioni
risarcitorie proponibili ex contractu o ex delicto nei confronti dei
revisori rispetto a quella prevista con riferimento alla prescrizione
delle stesse azioni proponibili nei confronti degli amministratori e
dei sindaci, determinando altresi', con cio', un ostacolo
irragionevole all'esercizio dei diritti risarcitori della societa',
dei soci e dei terzi, compresi i creditori.
La differenza sta nel fatto che, come detto, nel secondo caso -
azioni verso amministratori e sindaci -, in conformita' ai principi
generali, il termine decorre dal momento in cui i danneggiati hanno
conoscenza del danno subito, momento da valutare secondo criteri
obiettivi. Nel primo, invece, il termine decorre dalla data della
relazione di revisione, cioe' da un termine fisso, identificabile in
un comportamento bensi' generativo del danno ma in modo per nulla
affatto immediato e privo di alcun rapporto con il manifestarsi del
danno medesimo.
Quest'ultimo regime di decorrenza della prescrizione pone un
ostacolo effettivo alla tutela dei diritti risarcitori della
societa', dei soci e dei terzi, poiche' determina la rilevanza a fini
prescrizionali di un periodo di tempo - quello tra la data della
relazione di revisione ed il momento (da valutarsi secondo criteri
oggettivi) di conoscenza del danno da parte del danneggiato - in cui
al danneggiato stesso non e' imputabile alcuna inerzia nell'esercizio
del suo diritto. Cioe' l'effetto di estinzione del diritto si
determina non per il perdurare dell'inerzia del danneggiato lungo
tutto il periodo che la legge considera rilevante per addivenire
all'estinzione stessa, ma per un periodo che ben puo' essere,
pressoche' sempre e', sensibilmente inferiore - e' questione di fatto
se di molto o di poco - e, addirittura, puo' esser tale da
determinare l'estinzione del diritto risarcitorio senza che il
decorso del termine di prescrizione sia connotato da alcuna inerzia
dell'avente diritto, quando il danno risultasse percepibile solo dopo
il decorso del termine prescrizionale stesso.
Non solo, a ben vedere, quando - cioe' quasi sempre -, depositata
la relazione, il danno non si sia immediatamente prodotto, il termine
prescrizionale prende a decorrere senza che nemmeno, a quel momento,
sia configurabile una responsabilita' risarcitoria in capo al
revisore, responsabilita' che sorgera' solo quando il danno si sara'
verificato.
Dunque il termine di prescrizione inizia a decorrere,
paradossalmente, quando il diritto risarcitorio che vi e' soggetto
nemmeno ancora esiste in capo al (non ancora) danneggiato. Cosi' e',
riprendendo gli esempi di cui sopra, per danni da attivita' economica
non conservativa successiva alla causa di scioglimento, che,
inizialmente non generativa di ulteriore sbilancio, ben puo' iniziare
a determinarlo in corso di esercizio; cosi' e' per forniture od
acquisti intervenuti anche a molti mesi di distanza dal deposito
della relazione del revisore.
Ed allora si pongono con particolare evidenza un aspetto di
irragionevole discriminazione rispetto alla disciplina del decorso
del termine prescrizionale previsto per le azioni verso
amministratori e sindaci ed un profilo di irragionevolezza intrinseca
della previsione normativa qui censurata.
Quanto al primo aspetto sovviene la circostanza che, con
riferimento alla responsabilita' di amministratori e sindaci,
decorrendo il termine dal momento della conoscenza del danno, e'
escluso che sia computato a fini prescrizionali un periodo di tempo
in cui il diritto risarcitorio non e' ancora sorto in capo ai
danneggiati o comunque non e' loro imputabile alcuna inerzia
nell'esercizio dei loro diritti.
Ne' si palesa alcuna giustificazione nel trattamento
dell'estinzione dei diritti risarcitori di cui si discute perche' una
volta riferiti a comportamenti di amministratori e sindaci ed altra
volta causati dal comportamento dei revisori.
Occorre notare, in proposito, anzitutto che la natura solidale
della responsabilita' dei revisori rispetto a quella degli
amministratori e' stabilita ex lege proprio dal primo comma dell'art.
15, decreto legislativo n. 39 del 2010, poiche' il controllo
contabile avviene su prestazioni gestorie fondamentali in primis
dovute dagli amministratori, cioe' la corretta tenuta della
contabilita' (articoli 2086, comma 2, 2214 e ss. c.c.) e la redazione
secundum legem del bilancio di esercizio o consolidato (art. 2423
c.c., articoli 25 e ss., decreto legislativo n. 127 del 1991).
Ed e' indifferente che di funzione di controllo si tratti e non
gestionale, anzitutto perche' anche i sindaci esercitano una funzione
di controllo - sebbene sulla legalita' dell'amministrazione - e per
essi e' stabilita analoga regola di responsabilita' solidale (art.
2407, comma 2, c.c.), ma anche, e soprattutto, perche' essa si rivela
adiacente, limitrofa, densa di rapporti e legami rispetto a quella
del revisore. Basti solo por mente, a titolo meramente
esemplificativo, alla circostanza che, in caso di collegio sindacale,
almeno uno dei sindaci ed un supplente devono essere revisori ed il
sindaco unico deve essere revisore, alla relazione che anche i
sindaci devono svolgere sul bilancio, al tema della continuita'
aziendale, di specifica competenza anche dei revisori, che
costituisce presupposto per la redazione del bilancio (art. 2423-bis,
comma 1, n. 1 c.c.), al tema dell'insufficienza patrimoniale, che, in
quanto sinonimo di negativita' patrimoniale, costituisce eminente
voce di bilancio oggetto di attenzione dei revisori (art. 2424, comma
2, Passivo - A), ai rapporti e flussi informativi che devono essere
istituiti con i sindaci, ecc. ecc.
Ne deriva la usuale solidarieta' nell'obbligo risarcitorio -
quando ve ne sono i presupposti per ciascuno - di amministratori,
sindaci, revisori ex articoli 2392, 2407 comma 2, c.c., 15, comma 1,
decreto legislativo n. 39 del 2010, 2055 c.c.
E' da aggiungere che, rispetto alla tematica che ne occupa,
giustificazioni soggettivistiche paiono assai poco convincenti e
soprattutto collegate ad argomentazioni di mera opportunita', non
sorrette costituzionalmente e inidonee a giustificare le discrasie
normative di cui si discorre, foriere di irragionevoli lesioni di
diritti soggettivi risarcitori.
Invero, se si ravvisasse un'opportunita' di non esporre troppo a
lungo il revisore al rischio di azioni risarcitorie per fatti
risalenti nel tempo, sarebbe difficile negare che la stessa esigenza
e' ravvisabile rispetto ad amministratori e, soprattutto, sindaci e
che essa e' stata soddisfatta, tra l'altro, ugualmente dimezzando per
tutti loro l'ordinario termine di prescrizione dei diritti
risarcitori da inadempimento contrattuale.
Se invece ci si volesse riferire ad una ritenuta sproporzione tra
entita' del danno che il revisore responsabile e' chiamato a
risarcire ai danneggiati, in assoluto o rispetto alla percentuale di
responsabilita' che usualmente gli e' riconosciuta rispetto ad
amministratori e sindaci, allora si deve considerare anzitutto che la
problematica in questione era nota ben prima dell'adozione della
disciplina di cui al decreto legislativo n. 39 del 2010, che la
Raccomandazione della Commissione 2008/473/CE citata, come detto, non
indica tra i sistemi utili a limitare o diversamente proporzionare la
responsabilita' dei revisori la disciplina della prescrizione del
diritto risarcitorio ed anzi ammonisce in ordine alla salvaguardia
dei diritti dei danneggiati, che la raccomandazione stessa indica ben
altri sistemi per addivenire, in modo assai piu' certo e trasparente,
a limitazioni di quella responsabilita'.
Ed allora, appunto, la differenziazione di disciplina di
decorrenza della prescrizione tra i soggetti di cui si discute si
evidenzia come priva di razionale giustificazione.
Quanto al profilo di irragionevolezza intrinseca della previsione
normativa qui censurata, sovviene una vera e propria contraddizione
in termini: il termine prescrizionale decorre anche quando il
danneggiato non e' ancora titolare del diritto risarcitorio o quando
non puo' essere solerte nell'esercizio di quel diritto, perche' il
diritto non e' ancora sorto o perche' non puo' essere a conoscenza
del danno che ha subito. Cioe' la norma opera in assenza della ratio
giustificatrice che ne regge gli effetti.
* Le medesime aporie sopra evidenziate connotanti la disciplina
qui scrutinata sono rilevanti, lo si ribadisce, anche rispetto alla
violazione dell'art. 24, comma 1, cost., contribuendo
significativamente ad ostacolare, da parte del titolare del diritto
risarcitorio, il suo esercizio effettivo, sia perche', decorrendo il
termine prescrizionale dalla data della relazione, essa comunque
riduce, rispetto al termine inderogabilmente fissato ex lege, il
tempo a disposizione del creditore per agire, una volta percepito il
danno subito e cosi' agevola la fuga dalla responsabilita' del
revisore inadempiente, sia perche' il danneggiato potrebbe
addirittura vedersi impedito il risarcimento dall'intervenuta
prescrizione, che, in forza del meccanismo illustrato, corre anche in
caso di totale mascheramento e oggettiva impossibilita' di avvedersi
del dato falso su cui abbia fatto affidamento o dell' insufficienza
patrimoniale del debitore revisionato.
* Alla stregua delle superiori considerazioni ed in applicazione
degli articoli 137 cost. e 23, legge n. 87 del 1953, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, decreto
legislativo n. 39 del 2010, come sopra proposta, sussistendone i
presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza, deve essere
portata innanzi alla Corte costituzionale perche' la decida, con
conseguente sospensione del presente processo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, Sezione XV civile - Specializzata in
materia di impresa, visti gli articoli 137 cost. e 23, legge n. 87
del 1953;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3, comma 1, e 24, comma 1, cost. e nei termini di cui
in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
15, comma 3, decreto legislativo n. 39 del 2010, nella parte in cui
prevede che il termine di prescrizione delle azioni nei confronti di
revisori e societa' di revisione decorre dalla data della relazione
di revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato emessa al termine
dell'attivita' di revisione cui si riferisce l'azione di
risarcimento.
Sospende il processo e dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Milano, 15 settembre 2022
Il Presidente est.: Mambriani