Le decisioni del 2023
Sono 229 le decisioni della Corte costituzionale che, anche nel 2023, è stata chiamata ad esprimersi su molte questioni rilevanti per la vita dei cittadini: tra le materie esaminate, le adozioni, il congedo per maternità, il TFS degli statali, i tributi, il sistema scolastico, i vaccini. Altre pronunce hanno riguardato i permessi di soggiorno, la sicurezza stradale, le regole processuali e i detenuti. Nei conflitti tra poteri, le sentenze sulle intercettazioni dei parlamentari e sulla nozione di “corrispondenza” anche sotto forma di messaggi whatsapp.
Adozioni
La disciplina dell’adozione piena non impedisce al giudice di prevedere, nel preminente interesse del minore, che vengano mantenute talune relazioni socio-affettive con componenti della famiglia d’origine. Nella sentenza 183, la Corte ha infatti chiarito che il riferimento nella disposizione censurata alla cessazione dei rapporti con i componenti della famiglia d’origine riguarda sempre i legami giuridico-formali di parentela, mentre per le relazioni di natura socio-affettiva non si può ritenere, in termini assoluti, che la loro cessazione realizzi sempre l’interesse del minore. Non è pertanto precluso al giudice verificare la sussistenza di tale interesse.
La Corte ha stabilito, con la sentenza 135, che l’adottato maggiorenne può aggiungere anziché anteporre il cognome dell’adottante al proprio, quando ciò serva a tutelare il suo diritto all’identità personale e anche l’adottante sia favorevole a tale ordine dei cognomi. La Corte ha così dichiarato illegittima la disposizione del codice civile che prevedeva l’automatica anteposizione del cognome dell’adottante.
AgricolTura
I Giudici hanno dichiarato, con la sentenza 75, che non contrasta con la normativa dell’Unione europea sui marchi DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita) la legge della Regione Siciliana che ha previsto l’istituzione del Registro regionale dei prodotti a denominazione comunale De.Co., quale strumento per la salvaguardia, la tutela e la diffusione, in particolare, delle produzioni agroalimentari ed enogastronomiche territoriali. La denominazione comunale è infatti una “attestazione di identità territoriale” destinata a individuare l’origine e il legame storico culturale di un determinato prodotto tipico con il territorio comunale.
Banche
Occupandosi della riforma del capitale della Banca d’Italia e del suo trattamento fiscale, la Corte, con la sentenza 108, ha ritenuto non illegittima la previsione di un’imposta sostitutiva sui maggiori valori delle quote detenute dai partecipanti a tale capitale. Infatti, l’iscrizione dei nuovi valori si è comunque risolta nella creazione di un nuovo valore per i titolari delle quote, costituente dunque indice di capacità contributiva.
Crimini di guerra e contro l'umanità
Con la sentenza 159, la Corte ha dichiarato che non è illegittima l’estinzione delle procedure esecutive nei confronti della Germania per il risarcimento dei danni per crimini di guerra e contro l’umanità, commessi durante la Seconda guerra mondiale. Il Collegio ha affermato che nelle procedure esecutive opera l’immunità (cosiddetta ristretta) degli Stati, come già riconosciuto in favore della Germania dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, e ha ritenuto che l’estinzione di diritto delle procedure pendenti è compensata dalla tutela introdotta con l’istituzione del Fondo “ristori”, di importo pari alle somme liquidate con sentenze passate in giudicato.
Decretazione d'urgenza
Con la sentenza 215, i Giudici si sono pronunciati sul requisito dell’omogeneità degli emendamenti inseriti in sede di conversione di un decreto-legge. In particolare, il Collegio ha dichiarato l’illegittimità della nuova disciplina delle Camere di commercio siciliane - introdotta, con emendamento, dalla legge di conversione - poiché estranea ai contenuti e alle finalità dell’originario decreto-legge. La Corte ha quindi ribadito che la legge di conversione non può aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli presenti nel decreto-legge, per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato possa comprimere le ordinarie dinamiche di confronto parlamentare.
Detenuti 41-Bis
Il regime del 41-bis non impone sempre l’impiego del vetro divisorio “a tutta altezza” durante i colloqui con i familiari minori d’età. In presenza di una disposizione di legge che indica con chiarezza l’obiettivo - impedire il passaggio di oggetti durante i colloqui tra i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale e i loro familiari - le soluzioni per raggiungerlo vanno necessariamente adeguate alla situazione concreta, tenendo conto sia dei diritti del detenuto, sia di quelli del familiare minorenne. Lo ha stabilito la sentenza 105 chiarendo che è possibile fornire una interpretazione costituzionalmente orientata del testo di legge, che garantisca un trattamento penitenziario non contrastante con il senso di umanità, anche a tutela del preminente interesse dei minori.
Edilizia E urbanistica
In materia di edilizia e urbanistica, norme della Regione Puglia che prorogavano reiteratamente il cosiddetto “Piano casa”, anche in deroga agli strumenti urbanistici, sono state dichiarate incostituzionali, con la sentenza 17, per violazione del principio fondamentale del necessario rispetto della previa pianificazione urbanistica.
Enti locali
Con la sentenza 60, di accoglimento di questioni riguardanti norme della Regione Sardegna, la Corte ha dichiarato che deve essere il legislatore statale, con disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale, a stabilire, per i sindaci dei comuni di piccole dimensioni, il numero massimo di mandati elettivi consecutivi. Questo in armonia con la Costituzione e, in particolare, con il principio previsto all’articolo 51, che, a tutela del diritto fondamentale di elettorato passivo, esige che tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possano accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza: materia regolata, appunto, dal legislatore statale.
Federazioni sportive Organi Direttivi
In materia sportiva, con la sentenza 184, è stato dichiarato incostituzionale il divieto imposto ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate di svolgere più di tre mandati. Per quanto, infatti, il fine perseguito dalla norma di evitare “rendite di posizione” e garantire la par condicio fra i candidati possa in astratto giustificare limitazioni all’accesso alle cariche, la radicalità della misura adottata contrasta con il principio costituzionale di proporzionalità.
Finanza pubblica
Nella sentenza 165, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge della Regione Siciliana che prevedeva plurimi interventi e misure senza una adeguata programmazione e una idonea copertura finanziaria nell’esercizio di riferimento. Così disponendo, il legislatore regionale ha disatteso con particolare gravità il valore del ciclo di bilancio, che assume rilievo come bene pubblico, ovvero come insieme di documenti capaci di informare con correttezza e trasparenza il cittadino. Nella sentenza è stato inoltre precisato che il fine ultimo del bilancio è quello di comporre interessi diversi e potenzialmente confliggenti, anche attraverso scelte allocative finalizzate a realizzare l’effettivo esercizio dei diritti fondamentali, che devono trovare il giusto punto di equilibrio nel rispetto dei vincoli finanziari anche sovranazionali, oltre che del principio di equità intra e intergenerazionale.
Il Collegio, con la sentenza 70, ha chiarito che sottoporre l’approvazione del Piano di fabbisogno triennale del personale sanitario regionale al Tavolo tecnico e al Comitato paritetico è una misura che, in quanto diretta a salvaguardare precipuamente gli equilibri della finanza pubblica, si applica solo alle regioni sottoposte al Piano di rientro, le quali sono impegnate in rigidi programmi di contenimento della spesa e di garanzia dei LEA. Tale sentenza ha riguardato anche il ruolo delle regioni per la formazione professionale e per la rigenerazione urbana.
Fonti del diritto
Con la sentenza 138, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma della Regione Campania che regola il processo di delegificazione dell’organizzazione amministrativa degli uffici della Giunta regionale. La decisione ha affermato che la norma regionale impugnata non indica con sufficiente analiticità i criteri per orientare l’esercizio della potestà regolamentare. Al contrario, in ambito di delegificazione, le norme generali regolatrici non possono essere connotate da eccessiva genericità poiché devono avere “un raggio di azione tale da costituire le scelte fondanti l’assetto normativo dell’oggetto della delegificazione”.
InfrastRutture
Con la sentenza 6, la Corte è stata chiamata da alcune regioni a sindacare molteplici previsioni della riforma statale relativa alla programmazione dei sistemi portuali e alla pianificazione dei porti nazionali. La pronuncia, che ha giudicato illegittime alcune delle norme impugnate, ha fatto il punto sui rapporti tra Stato e Regioni in una materia, come quella dei “porti civili”, di competenza legislativa concorrente. È stata, così, giustificata “a monte” la legge dello Stato nella parte in cui è intervenuta per rispondere alle necessità “unitarie” del potenziamento dei porti in termini di opere strutturali e di loro connessione con la catena logistica nazionale e internazionale. Al contempo, è stato ribadito “a valle” che l’intervento legislativo statale “in sussidiarietà” deve essere accompagnato da forme di collaborazione con regioni ed enti locali da esercitare lealmente.
Interdittiva antimafia
Nella sentenza 101 la Corte si è occupata del commissariamento prefettizio delle imprese colpite da informazione interdittiva antimafia, disposto per far completare a queste, in regime di legalità controllata, l’esecuzione di alcuni contratti conclusi con l’amministrazione ed essenziali per la soddisfazione di interessi pubblici preminenti. La Consulta, ribadito che il provvedimento interdittivo è strumento di difesa della legalità dalla penetrazione della criminalità organizzata nell’economia, ha dato del censurato articolo del codice antimafia una interpretazione conforme alla Costituzione e al principio di legalità. Pur in caso di rigetto dell’impugnazione dell’interdittiva da parte del giudice amministrativo, in difetto di una norma che preveda l’ablazione dell’intero ricavato, l’impresa conserva il diritto al compenso per quanto prodotto con i propri mezzi nel periodo del regime vigilato. In particolare, conserva il diritto al valore della prestazione nei limiti dell’utilità conseguita dall’amministrazione, da ciò detratti i compensi dovuti ai commissari, gli eventuali importi spettanti all’appaltante per risarcimenti o quanto oggetto di confische.
Lavoro pubblico
Con la sentenza 84 è stato affermato, con riguardo alla disciplina dei rapporti di lavoro pubblico e alla loro contrattualizzazione, che i principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle regioni a statuto speciale. Sono state inoltre dichiarate costituzionalmente illegittime talune norme della Regione Siciliana che prevedevano la stabilizzazione di personale senza definire in modo chiaro i soggetti coinvolti e senza determinare l’entità delle risorse necessarie alla loro concreta attuazione e alla relativa disponibilità nel bilancio.
Legislazione
Con la sentenza 110, riguardante una norma della Regione Molise in materia di edilizia, la Corte ha affermato che leggi “irrimediabilmente oscure”, che determinano una “intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta”, sono in contrasto con il principio di ragionevolezza fondato sull’articolo 3 della Costituzione. La Corte ha dichiarato illegittima la legge regionale impugnata, che non era in grado di fornire “alcun affidabile criterio guida alla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire o meno un dato intervento richiesto dal privato” e rendeva arduo al privato “lo stesso esercizio del proprio diritto di difesa in giudizio contro l’eventuale provvedimento negativo della pubblica amministrazione, proprio in ragione dell’indeterminatezza dei presupposti della legge che dovrebbe assicurargli tutela contro l’uso arbitrario della discrezionalità amministrativa”.
Misure di prevenzione
La Corte ha stabilito, con la sentenza 2, che nei confronti di persone già condannate per delitti non colposi, e abitualmente dedite, per la loro condotta, alla commissione di reati, il questore non può autonomamente disporre la misura di prevenzione consistente nel divieto di possesso o utilizzo di telefoni cellulari. Trattandosi di un provvedimento che incide sulla libertà di comunicazione, l’autorità di pubblica sicurezza può farne proposta, ma la decisione spetta all’autorità giudiziaria.
Ordinamento militare
Con la sentenza 216, i Giudici hanno dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione dei principi di ragionevolezza e legittimo affidamento, la norma statale che aveva abrogato un articolo del Codice dell’ordinamento militare che prevedeva l’attribuzione di un premio, da corrispondere alla cessazione dal servizio per il raggiungimento dei limiti di età, agli ufficiali in servizio permanente dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica in possesso del brevetto di pilota militare. La norma dichiarata incostituzionale produceva effetti retroattivi ingiustificati, contraddicendo ex post la ratio della normativa premiale abrogata, che mirava a dissuadere i piloti militari dall’esodo per un miglior trattamento economico. La dichiarazione di illegittimità costituzionale ha comportato la reviviscenza della norma abrogata.
Ordine pubblico e sicurezza
Con la sentenza 69, la Corte ha rigettato talune censure sollevate in via principale dal Governo contro la legge della Regione Lombardia che detta norme in materia di servizi di polizia locale e politiche integrate di sicurezza urbana. La pronuncia sistematizza nella motivazione i diversi concetti di “sicurezza”, differenziando, in particolare, la cosiddetta “sicurezza primaria o in senso stretto” dalla cosiddetta “sicurezza integrata”. La prima, consistente nella prevenzione e repressione dei reati e nel mantenimento dell’ordine pubblico, è di competenza esclusiva statale, ad eccezione della polizia amministrativa locale, di spettanza residuale regionale. La seconda comprende, invece, l’insieme delle azioni “volte a migliorare le condizioni di vivibilità dei (…) territori”, a cui sono chiamate le regioni nell’ambito delle loro competenze. Vi è quindi una dimensione pluralista e possono essere previste “funzioni corrispondenti a plurime e diversificate competenze regionali e locali e a possibili collaborazioni fra le regioni e fra esse e i poteri dello Stato”.
Pari opportUnità
La sentenza 211 segna una tappa importante nella progressiva affermazione dei principi di non discriminazione tra uomini e donne. In questa pronuncia, infatti, la Corte ha riscontrato la violazione del diritto fondamentale alla parità di trattamento in un caso di ritardo nell’immissione in ruolo delle vincitrici di un concorso pubblico, in congedo per maternità. In particolare, è stata dichiarata illegittima la disciplina del personale della Polizia penitenziaria che posticipava l’immissione in ruolo delle vincitrici del concorso a vice ispettore, assenti per maternità dal corso di formazione da frequentare dopo il concorso, sino alla conclusione del successivo corso, così ritardando la loro progressione in carriera. La Corte ha precisato che il differimento dell’immissione in ruolo determina un’ingiustificata discriminazione delle donne in ragione della maternità e comporta il rischio di disincentivare perfino la scelta di avere figli.
Parlamento
Nel conflitto di attribuzione concernente la legittimità di acquisizione di corrispondenza, proposto dal Senato nel “caso Renzi”, i Giudici, con la sentenza 170, hanno dichiarato che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico anche dello stesso parlamentare. Tali messaggi sono stati infatti ritenuti riconducibili alla nozione costituzionalmente rilevante di “corrispondenza”, la cui tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori.
Sempre in questo ambito, la Corte ha accolto il ricorso del Senato relativo alle intercettazioni disposte e utilizzate nel “caso Esposito” dai magistrati di Torino. Il Collegio ha dichiarato, con la sentenza 227, che non spettava alle autorità giudiziarie che hanno sottoposto ad indagine e, successivamente, rinviato a giudizio Stefano Esposito, disporre, effettuare e utilizzare, senza aver mai richiesto alcuna autorizzazione al Senato, intercettazioni rivolte nei confronti di un terzo imputato, ma in realtà univocamente preordinate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare.
Il Collegio ha infine accolto il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nel “caso Ferri”. All’origine del conflitto, deciso con la sentenza 157, vi era la richiesta di autorizzazione della Sezione disciplinare del Csm all’utilizzo di intercettazioni acquisite nell’ambito di un procedimento penale a carico di altri promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia. La deliberazione con cui la Camera dei deputati aveva negato l’autorizzazione all’utilizzo delle captazioni che hanno coinvolto il magistrato fuori ruolo per mandato parlamentare è stata annullata poiché la Corte ha stabilito che l’utilizzo delle intercettazioni non richiede, come invece sostenuto dalla Camera dei deputati, l’autorizzazione preventiva, non risultando che l’attività di indagine “fosse univocamente diretta a intercettare anche le comunicazioni dell’on. Ferri”.
Permesso di soggiorno
La Corte ha stabilito, con la sentenza 88, che è illegittimo il diniego automatico del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro in caso di condanna per fatti di spaccio di lieve entità. Spetta al questore valutare in concreto la pericolosità sociale dello straniero. In sintonia con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha chiarito, in motivazione, che il legislatore è sì titolare di un’ampia discrezionalità nella regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, ma entro il limite di un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diritti e degli interessi coinvolti. A fronte della minore entità dei fatti di reato considerati, l’automatismo del diniego è stato ritenuto manifestamente irragionevole.
Personale di volo
Con la sentenza 143, la Corte è tornata ad occuparsi dei diritti del personale di volo, che si prescrivono con il decorso di soli due anni dallo sbarco dopo la risoluzione del contratto, invece che in cinque anni decorrenti nel corso del rapporto di lavoro. La questione è stata rigettata in ragione della specialità del rapporto di lavoro del personale aeronautico, per l’estrema mobilità che lo caratterizza. La Corte ha ritenuto ragionevole il diverso decorso del termine poiché il processo decisionale che porta all’interruzione della prescrizione richiede un’attenta ponderazione, all’esito di un colloquio con un legale, che non può avvenire quando il lavoratore è lontano dal proprio contesto ambientale.
Procedura civile
Con la sentenza 222, i giudici hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di un articolo del codice di procedura civile, nella parte in cui ammette la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite per i soli crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o da fatto illecito, e non anche per tutti i diritti di credito derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico. Tale esclusione dà luogo ad una differenziazione priva di una ragionevole giustificazione e alla violazione, in danno dei titolari dei crediti esclusi, della garanzia della difesa, cui non osta l’ampia discrezionalità del legislatore in ambito processuale.
Procedura penale
Con riferimento al processo Regeni, la Corte, con la sentenza 192, ha stabilito che per le imputazioni di tortura statale la disciplina dell’assenza non può tradursi in una immunità “de facto”. Il Collegio ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale di un articolo del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice proceda in assenza dell’imputato per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dalla Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dello stesso imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo. La Corte ha comunque ribadito il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.
Chi è sottoposto a indagini o è imputato in un processo penale deve essere sempre espressamente avvertito del diritto di non rispondere alle domande relative alle proprie condizioni personali. Lo ha stabilito la Corte nella sentenza 111. La Costituzione e le norme internazionali che tutelano i diritti umani consentono infatti che si possa imporre a una persona sospettata di aver commesso un reato il dovere di indicare all’autorità che procede le proprie generalità, ma non anche il dovere di fornire ulteriori informazioni di carattere personale, non essendovi per l’indagato o l’imputato alcun obbligo di collaborare con le indagini e il processo a proprio carico.
Procreazione medicalmente assistita
La Corte, nell’ambito della procreazione medicalmente assistita, ha confermato, con la sentenza 161, che è irrevocabile il consenso dell’uomo dopo la fecondazione dell’ovulo. Su tale scelta non può esserci infatti ripensamento da parte del padre. Il Collegio ha giudicato non irragionevole il bilanciamento operato dal legislatore: considerando la tutela della salute fisica e psichica della madre e la dignità dell’embrione, non è irragionevole la compressione, in ordine alla prospettiva di una paternità, della libertà di autodeterminazione dell’uomo. La sentenza ha precisato anche che la ricerca di un eventuale diverso punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze in gioco non può che spettare al legislatore.
Pubblica amministrazione
In materia di pubblica amministrazione, la sentenza 92 ha sottolineato che il principio di buon andamento, di cui all’articolo 97 della Costituzione, costituisce il cardine della vita amministrativa e comporta che la disciplina sull’organizzazione degli uffici si debba ispirare ad un criterio di congruenza e di non arbitrarietà rispetto al fine che si vuole perseguire. In ragione di ciò, viene ad essere limitata la discrezionalità sia del legislatore statale sia di quello regionale rispetto alle scelte che riguardano l’assunzione del personale, incombendo su di essi l’obbligo di prendere in esame le necessità concrete dell’amministrazione e di definire i criteri per individuare le funzioni da affidare ai dipendenti.
Reati e pene
Con riferimento agli omicidi in ambito familiare, la Corte, con la sentenza 197, ha dichiarato incostituzionale il divieto assoluto per il giudice di diminuire la pena in presenza di circostanze attenuanti. Anche nei processi per omicidio commesso nei confronti di una persona familiare o convivente il giudice deve avere la possibilità di valutare caso per caso se diminuire la pena in presenza della circostanza attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche.
Sanzioni amministrative
Le sanzioni amministrative, come quelle penali, devono rispondere al principio di proporzionalità: il trattamento sanzionatorio deve risultare proporzionato alla gravità del fatto illecito commesso. Nel caso di sanzioni determinate in misura fissa, occorre verificare che la sanzione sia congrua per tutte le condotte punite allo stesso modo, anche per quelle meno gravi. La Corte, con la sentenza 40, ha quindi dichiarato costituzionalmente illegittima la norma che commina agli organismi di controllo delle produzioni DOP o IGP, per ogni inadempienza alle prescrizioni o agli obblighi previsti nei manuali di controllo della qualità, la sanzione amministrativa pecuniaria “di euro cinquantamila”, anziché “da un minimo di diecimila a un massimo di cinquantamila”. La Corte ha sostituito la disposizione illegittima con un’altra costituzionalmente conforme, per evitare che il vuoto sanzionatorio determinasse la violazione di obblighi di derivazione europea.
Sicurezza stradale patente
La Corte, con la sentenza 194, ha confermato che in caso di incidente stradale, con guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, è sempre disposta la revoca della patente. Il Collegio ha infatti ritenuto che la sanzione accessoria della revoca della patente costituisca una misura sanzionatoria non sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito commesso, anche quando l’incidente stradale non provochi lesioni alle persone o il decesso delle stesse.
Con la sentenza 195, i Giudici hanno parimenti ritenuto che è ragionevolmente proporzionata la pena di tre anni di reclusione per il conducente che, avendo causato lesioni gravi, si sia dato alla fuga. Non fermandosi e non prestando soccorso, il conducente pone in essere una “condotta dolosa”, che esprime la cosciente determinazione di non volersi assumere la responsabilità dei propri comportamenti.
Sistema scolastico
La Corte, con la sentenza 223, ha dichiarato non fondati i ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia avverso varie disposizioni statali relative alla disciplina della definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e alla sua distribuzione tra le regioni. Il Collegio ha invece dichiarato costituzionalmente illegittima la mancata previsione dell’acquisizione del parere delle regioni in ordine all’adozione del decreto statale che ripartisce il fondo ivi disciplinato. Nelle motivazioni la sentenza ha chiarito che “nessun contenuto delle disposizioni impugnate comporta l’effetto di imporre la soppressione di scuole” e che la “nuova normativa non determina, almeno nel primo anno di applicazione, nemmeno una diminuzione del numero complessivo di dirigenti assegnato a ciascuna delle regioni ricorrenti”. Ha inoltre precisato che la normativa statale si pone “come dichiarato obiettivo quello di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel PNRR” ed è diretta, in sintesi, a rendere più efficiente ed efficace il sistema, adottando in primo luogo il criterio della popolazione scolastica regionale.
StruttuRe sanitarie
Con la sentenza 32 la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma della Regione Puglia, nella parte in cui stabiliva una serie di ipotesi di deroga al principio per cui l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio delle strutture sanitarie e socio-sanitarie non produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale. In particolare, il Collegio ha affermato che, in base alla legislazione statale di principio, i procedimenti di autorizzazione e di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie sono tra di loro autonomi, in quanto finalizzati alla valutazione di indici di fabbisogno diversi e non sovrapponibili.
Trattamenti di fine servizio
Con l’importante sentenza 130, i Giudici hanno affermato che il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (TFS) spettanti ai dipendenti pubblici, cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio, contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività dell’erogazione. La Corte ha rivolto quindi un pressante invito al legislatore a rimuovere gradualmente tale differimento, individuando i mezzi e le modalità di attuazione del necessario intervento riformatore, con riguardo al rilevante impatto finanziario che il suo superamento comporta.
Tributi
La Corte, con la sentenza 46, ha stabilito che anche per le sanzioni amministrative tributarie vale il principio di proporzionalità: con riferimento alla norma che prevede la possibilità di ridurre le sanzioni fino a dimezzarle, tra le “circostanze” che possono determinare tale riduzione va considerata, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata, la condotta in “buona fede” del contribuente e l’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze dell’illecito.
La sentenza 47 ha scrutinato una norma dello Statuto dei diritti del contribuente nella parte in cui non prevede il contraddittorio endoprocedimentale negli accertamenti “a tavolino” posti in essere dall’Agenzia delle entrate. Il Collegio, pur rilevando l’inadeguatezza dell’attuale disciplina, ha dichiarato inammissibile la questione, in quanto il superamento del rilevato dubbio di legittimità esige un intervento di sistema che spetta unicamente al legislatore.
Usi civici
Con la sentenza 119, la Corte ha stabilito che la previsione della inalienabilità delle terre di proprietà privata gravate da usi civici, introdotta nel 2017, si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui non esclude dal relativo regime le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati. L’inalienabilità non ha infatti alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata e la norma censurata determina una “irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà”.
Vaccini
I Giudici hanno discusso diverse questioni legate alla salute e, in particolare, alla profilassi vaccinale. Con la sentenza 14, la Corte ha affermato che, durante la pandemia da Covid-19, la scelta del legislatore di imporre al personale sanitario l’obbligo vaccinale al fine di prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione, non è stata una misura irragionevole né sproporzionata, alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili in quel momento.
Con la sentenza 15 il Collegio ha stabilito inoltre che, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, la previsione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, anziché di quello di sottoporsi ai relativi test diagnostici (tamponi), non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili. La normativa censurata ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività, in una situazione in cui era necessario porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione.
È stata inoltre giudicata inammissibile, con la sentenza 16, la questione di legittimità di una norma che, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale, non limitava la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria alle sole prestazioni o mansioni che implicano contatti personali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del Covid-19.
Gli assistenti di studio della Corte
Gli assistenti di studio (che possono provenire dalle magistrature o dalle università) sono figure fondamentali nella fase istruttoria delle cause “in agenda”. Essi si riuniscono quindici giorni prima dell’udienza pubblica e della camera di consiglio per confrontarsi fra loro sulle questioni all’esame della Corte. Riferiscono quindi gli esiti della discussione ai rispettivi giudici, fornendo un quadro approfondito delle cause che dovranno essere trattate e decise dal Collegio.