La piazza delle Istituzioni
(e del dialogo)

Le Istituzioni rappresentano il desiderio insopprimibile di essere riconosciute, perché l’uomo non può procedere in una società con altri uomini senza condividerne certe aspirazioni e perché occorre un luogo per il loro esercizio.
Louis Kahn, architetto

Da sinistra: Palazzo del Quirinale, Palazzo della Consulta, La fontana dei Dioscuri
Da sinistra: Palazzo del Quirinale, Palazzo della Consulta, La fontana dei Dioscuri

Questo luogo, per la Repubblica italiana nata nel 1946, è la piazza del Quirinale, carica di significato simbolico con i suoi due palazzi che ospitano la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale, le più alte Istituzioni di garanzia, custodi della Costituzione italiana. Una piazza diventata “il simbolo di un potere non chiuso in se stesso ma che si confronta con i cittadini – scrive l’architetto Paolo Portoghesi - e offre loro un luogo di incontro non separato dall’organismo della città ma riassuntivo, in certo modo, della sua immagine”. Il Palazzo della Consulta, poi, tra tutte le altre sedi istituzionali è quella che ha mantenuto, rispetto al passato, una continuità anche terminologica, perché ospitava originariamente, insieme al Segretario dei Brevi, il Segretario della Congregazione della Sacra Consulta pontificia, istituita da Paolo IV Carafa nel 1599, massimo organo giurisdizionale, da allora, dello Stato pontificio.

L’edificio, progettato dall’architetto Ferdinando Fuga nel 1731, nella sua “tetragona volumetria trapezoidale aperta verso la piazza con tre grandi porte e un volto gentile, esprime bene – è sempre Portoghesi che parla - il suo compito di rappresentare l’autorità delle leggi ma anche l’apertura ai problemi posti dai cittadini”. A questo proposito, lo storico dell’arte Claudio Strinati ricorda il forte significato simbolico attribuitogli da Fuga, secondo il quale il Palazzo doveva rappresentare la razionalità, l’armonia, l’accoglienza, il dialogo con la piazza prospiciente, ovvero con la cittadinanza. “Una chiave di lettura non solo artistica – spiega Strinati – ma politica, sociale, ideologica”.

D’altra parte, il Presidente emerito della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi, nella prefazione del catalogo sulla mostra fotografica “Il volto della Corte”, del 2019, scrive che “l’accoglienza è un po’ la metafora della condivisione del sentimento costituzionale e dei valori che lo nutrono”. Per comprendere pienamente il valore e l’identità architettonica di questo Palazzo è dunque necessario osservarlo nel suo contesto urbanistico, come una delle quinte dal cui accostamento è nata una piazza eccezionale: “La piazza più bella del mondo” scriverà Stendhal nelle “Passeggiate romane”.

Piazza del Quirinale da una finestra di Palazzo della Consulta
Piazza del Quirinale da una finestra di Palazzo della Consulta

Quando, nel 1731, Papa Clemente XII incarica Fuga di edificare il nuovo Palazzo della Consulta, il colle del Quirinale già si sta trasformando in ciò che oggi conosciamo, secondo un’idea moderna di Stato che, di lí a poco, si affermerà in tutta Europa e che permea anche l’urbanistica: il potere, e la sua macchina più complessa, trova la sua rappresentazione architettonica nell’inedito concetto di place royale. Il nuovo centro della vita politica diventa una piazza monumentale con i quattro lati occupati dagli edifici più simbolici, sedi delle Istituzioni portanti dello Stato. Fuga, architetto dei Sacri palazzi apostolici, deve “inventare” un edificio che diventerà il vero, imprescindibile, baricentro attorno al quale si sviluppa il “dinamico vortice” prospettico di questa scenografica piazza.

Non esiste, qui, un solo asse prospettico; lo sguardo traguarda, di volta in volta, diversi “cannocchiali prospettici”: quello della “manica lunga”, su via del Quirinale, quello panoramico, sulla città, ma anche quello che inquadra la facciata del Quirinale. Ciascuno di questi movimenti visivi mantiene come ideale centro di rotazione proprio il Palazzo della Consulta. In un’epoca come quella barocca, in cui la teatralità fa irruzione nell’architettura, lo spazio urbano diventa a Roma un luogo immaginato per incantare lo spettatore. È lo stesso effetto scenografico che Fuga, peraltro già influenzato dal nascente linguaggio neoclassico, persegue progettando il nuovo Palazzo della Consulta che, con la sua posizione, diviene una rivoluzionaria “quinta prospettica”, una sontuosa facciata a 2 ordini e 13 campate, inclinata rispetto all’andamento della piazza per essere ammirata “di sguincio” invece che frontalmente. Incastonato in un lotto piuttosto angusto, di forma trapezoidale con angoli irregolari, fiancheggiato su un lato da Palazzo Rospigliosi, sull’altro dal convento domenicano di S. Maria Maddalena, demolito nel 1888, il Palazzo deve essere necessariamente funzionale all’amministrazione pontificia, confermando, quindi, il ruolo della piazza come nuovo centro amministrativo e politico dello Stato. Costruito ex novo per funzioni pubbliche, manterrà, quasi ininterrottamente, questo ruolo centrale, fino ad essere custode di importanti eventi storici.

Vi si insedierà lo storico triumvirato di Mazzini, Armellini e Saffi, durante la breve e tragica esperienza della Repubblica romana del 1849; sarà sempre qui che, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, risiederà per quattro anni il principe ereditario Umberto I con sua moglie Margherita di Savoia; infine, negli anni del regime, ospiterà prima il Ministero degli Esteri, quindi quello delle Colonie fino alla tragedia della guerra e al successivo referendum istituzionale del 1946, che sancirà per l’Italia la forma repubblicana.

Soltanto nel 1956, ben otto anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, la Corte costituzionale muoverà i suoi primi passi e lo farà nel Palazzo della Consulta. Da allora, questo splendido edificio, oltre a rappresentare il cardine di una sbalorditiva scenografia urbana, è divenuto, simbolicamente, la casa dei diritti di tutti, il centro di uno Stato che si identifica nella Costituzione.