Le decisioni del 2022
Nel 2022 sono state 270 le decisioni dei Giudici che hanno riguardato un ampio spettro di temi: ambiente, vaccini, famiglia, minori, giustizia, esecuzione penale, lavoro, pensioni, pari opportunità e stranieri sono solo alcuni dei filoni affrontati dalla Consulta. Undici le ordinanze di ammissibilità su conflitti tra poteri dello Stato: 4 ammissibili, 7 inammissibili. Una sentenza di merito su un conflitto tra il giudice ordinario e la Camera dei deputati.
Ambiente
Anche nel 2022 – l’anno in cui il Parlamento ha introdotto in Costituzione la tutela dell’ambiente e della biodiversità, integrandola a quella già esistente del paesaggio, e ha voluto esplicitare un richiamo “all’interesse delle future generazioni” – la Corte ha consolidato, con le sue decisioni, un orientamento in cui il bene ambientale è sempre considerato come entità organica e connessa a un interesse costituzionale primario e assoluto. Con la sentenza numero 121, la Corte ha rammentato il principio di rilevanza anche sovranazionale della massima diffusione delle energie rinnovabili quale strumento di contrasto ai cambiamenti climatici. Mentre con la sentenza numero 221, i Giudici hanno ribadito il principio fondamentale volto a bilanciare l’esigenza di potenziare le fonti rinnovabili con quella di tutelare i territori nella loro dimensione paesaggistica, storico-culturale e delle biodiversità. E sempre a proposito di energie rinnovabili, con la sentenza numero 77, la Corte ha sottolineato l’obbligo delle Regioni di rispettare i principi fondamentali dettati dallo Stato in tema di regimi abilitativi degli impianti. Con la sentenza numero 24, i Giudici hanno ribadito che la peculiarità del bene giuridico ambiente, nella cui complessità ricade il paesaggio, riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di regioni speciali o di province autonome, aggiungendo, però, una precisazione: che in questi casi occorre tenere conto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Le sentenze numero 21 e 108 hanno confermato la qualifica delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e in particolare quelle in materia di autorizzazione paesaggistica, come norme di riforma economico sociale che vincolano anche le autonomie territoriali a statuto speciale. Le decisioni in materia ambientale hanno avuto un impatto e una ricaduta in molti campi: con la sentenza gli statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Le sentenze numero 251, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione di una legge della Regione Lombardia che consentiva l’ampliamento della superficie dei fabbricati da destinare ad attività agrituristiche in assenza di un piano paesaggistico elaborato congiuntamente dallo Stato e dalla Regione. Mentre, con la sentenza numero 252, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale anche di una norma della legge della Regione Siciliana che aveva riaperto i termini di un condono edilizio di opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli idrogeologici e paesaggistici. In buona sostanza, con queste due ultime decisioni, i Giudici hanno inteso riaffermare che le scelte per la tutela del paesaggio siano condivise, pena la violazione della competenza statale stabilita dall’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. Con la sentenza numero 254, la Corte ha censurato la legge della Regione Lombardia che circoscriveva il divieto di caccia sui valichi montani attraversati dall’avifauna ai soli valichi che si trovano nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi, mentre la legge dello Stato non fa alcuna distinzione tra i valichi, ponendo un divieto di caccia nel raggio di mille metri per tutti quelli attraversati dalla fauna migratoria.
Appalti
Con la sentenza numero 198, la Corte si è pronunciata sulla legittimità dell’istituto della cauzione provvisoria per i procedimenti di gara. La decisione dei Giudici ha sottolineato l’erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo, escludendo che la cauzione provvisoria – prevista dal Codice dei contratti pubblici – abbia i connotati di una sanzione punitiva. Essa, infatti, risponde alla funzione di “garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta” presentata dal concorrente, così da tutelare la correttezza del procedimento di gara, assicurandone il regolare e rapido espletamento, nel rispetto dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
Camere di commercio/imprese
Con la sentenza numero 210, la Corte ha ritenuto irragionevole l’applicazione alle Camere di commercio dell’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa. Il Collegio ha osservato che, dal 2017, l’entità del diritto camerale, corrisposto dalle imprese alle Camere di commercio, è stato praticamente dimezzato dal legislatore e che tale riduzione, in aggiunta all’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle norme di contenimento, ha inciso in maniera progressivamente più gravosa sui bilanci delle Camere di commercio, rendendo rendendo, dal 2017 al 2019, i sacrifici imposti dalle disposizioni censurate non più sostenibili e non compatibili con il dettato costituzionale.
Contributi per la cultura
Con la sentenza numero 186, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della “legge-provvedimento” che aveva previsto l’erogazione di un contributo finanziario di otto milioni di euro, per gli anni 2017 e 2018, al teatro Eliseo di Roma. L’assegnazione di risorse “extra-FUS”, con cui il teatro avrebbe provveduto a spese ordinarie e straordinarie, per garantire la continuità delle attività in occasione del centenario dalla sua fondazione, è stata ritenuta contraria al principio di ragionevolezza e idonea ad alterare la concorrenza nel mercato delle attività teatrali di prosa. Il contributo destinato all’Eliseo, infatti, svincolato dalla realizzazione di azioni specifiche, si rivelava incongruo e, vista la sua entità, sproporzionato per eccesso.
Covid
Nel 2022 la Corte ha discusso molte questioni legate alla pandemia da Covid-19. Tra le più delicate, c’è quella affrontata con la sentenza numero 127 in cui si afferma che la quarantena imposta ai malati di Covid-19 non limita la libertà personale: si tratta infatti di una misura restrittiva di carattere generale, introdotta dalla legge per motivi sanitari, che limita la libertà di circolazione e non quella personale. Essa infatti non implica alcun giudizio sulla personalità morale e la dignità sociale della persona risultata positiva tale da richiedere la valutazione del giudice. Con la sentenza numero 171, poi, i Giudici hanno ribadito la non irragionevolezza della decisione del legislatore di consentire soltanto alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, di effettuare tamponi rapidi antigenici e test sierologici. Quanto al green pass obbligatorio, l’ordinanza numero 21 della Corte ha ritenuto inammissibile il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato da una deputata nei confronti del Parlamento in seduta comune per esserle stato impedito di partecipare alle sedute convocate per l’elezione del Presidente della Repubblica. Sulla stessa linea la dichiarazione di inammissibilità del conflitto di attribuzioni tra poteri nei confronti del governo sollevato da cinque parlamentari residenti in Sardegna e in Sicilia sull’obbligo del super green pass per accedere ai mezzi di trasporto pubblico (ordinanza numero 15). A dicembre, infine, la Corte ha anticipato con comunicato stampa, in attesa del deposito, tre sentenze in materia di vaccini nelle quali ha ritenuto, tra l’altro, non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate nel periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario. I Giudici hanno affermato che, di fronte alla situazione epidemiologica in atto, il legislatore ha tenuto conto dei dati forniti dalle autorità scientifico-sanitarie, nazionali e sovranazionali, istituzionalmente preposte al settore, quanto a efficacia e sicurezza dei vaccini.
Enti locali
In tema di società partecipate, la sentenza numero 201 ha stabilito che gli enti territoriali possono assumere direttamente la gestione di attività imprenditoriali solo se (e in quanto) siano in grado di farlo a condizioni più favorevoli di quelle offerte dal mercato.
Famiglia e minori
Con la sentenza numero 79 viene ribadita la necessità di garantire a tutti i bambini adottati il riconoscimento dei rapporti di parentela che nascono dall’adozione. Anche nelle ipotesi conosciute come “adozione in casi particolari”, il minore adottato ha comunque lo status di figlio e non può essere privato di quei legami parentali che gli consentono di poter crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli famigliari, a partire da quelli più vicini con i fratelli e con i nonni. In altre parole, la Corte ha ritenuto che un profilo così delicato, come quello legato alla crescita e alla stabilità del bambino, non potesse essere regolato tramite il rinvio alla disciplina operante per l’adozione del maggiorenne, un istituto “plasmato su esigenze prettamente patrimoniali e successorie”. E sempre seguendo il filo rosso che riconduce alla rete di tutela dei diritti dei minori, la Corte è intervenuta sull’automatica attribuzione del cognome del padre ai figli perché tale meccanismo “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza tra genitori che si “riverbera e si imprime sull’identità del figlio”. Con la sentenza numero 131, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del codice civile “nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi di riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”. L’illegittimità costituzionale è stata estesa anche alle norme sull’attribuzione del cognome al figlio nato nel matrimonio e al figlio adottato.
Fisco
Per il pagamento dell’Imu sulla prima casa, la Corte ha affermato che, indipendentemente dal nucleo famigliare, l’esenzione spetta sempre al possessore che risieda e vi dimori abitualmente. Con la sentenza numero 209, i Giudici hanno ritenuto che nel nostro ordinamento non possono trovare cittadinanza misure fiscali penalizzanti per coloro che decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile. E’ sempre meno rara, infatti, l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi.
Giustizia
Sul fronte della tutela delle vittime dei reati, con la sentenza numero 173, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di un articolo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile. Con la sentenza numero 10, il Collegio ha stabilito che il patrocinio a spese dello Stato deve essere garantito ai non abbienti anche nel procedimento di mediazione obbligatoria conclusa con successo. Inoltre, il caposaldo rappresentato dal principio del Ne bis in idem è stato ribadito dalla Corte, con la sentenza numero 149, anche nel caso di un processo penale a carico di una persona che sia già stata sanzionata in via amministrativa per la medesima violazione. In tema di accesso ai riti alternativi, il Collegio, con la sentenza numero 243, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme del codice di procedura penale nell’interpretazione per cui la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all’imputato di formulare nella prima udienza successiva allo spirare del termine stesso la richiesta di rito abbreviato o di patteggiamento.
Sul diritto dell’imputato non colpevole ad essere prosciolto nel merito dell’accusa, con la sentenza numero 111, la Corte ha anche dichiarato l’illegittimità costituzionale di un’altra norma del codice di procedura penale nell’interpretazione per cui è inammissibile il ricorso per cassazione dell’imputato avverso la sentenza predibattimentale di appello che, senza contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per prescrizione del reato. A novembre, dopo due rinvii disposti per concedere al legislatore il tempo necessario al fine di intervenire sulla materia (ordinanze numero 97 del 2021 e numero 122 del 2022), la Corte ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di cassazione sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo, decidendo di restituire (ordinanza numero 227) gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n. 162 del 31 ottobre che contiene, tra l’altro, misure urgenti nella materia in esame. Su un’altra questione che riguarda le garanzie riconosciute anche a chi è sottoposto a particolari condizioni di detenzione, i Giudici, con la sentenza numero 18, hanno affermato che viola il diritto di difesa sancito dalla Costituzione la norma, contenuta nell’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario, che, secondo l’interpretazione della Corte di cassazione, impone il visto di censura sulla corrispondenza tra il detenuto sottoposto a regime di “carcere duro” e il proprio avvocato. E sempre a proposito di reati ostativi, la sentenza numero 20 ha chiarito che, per presentare una richiesta ammissibile di permesso premio, è legittimo distinguere la posizione del detenuto che “oggettivamente” può collaborare con la giustizia ma “soggettivamente” non vuole da quella del detenuto che “soggettivamente” vuole collaborare ma “oggettivamente non può” (silente suo malgrado). Sull’applicazione concreta delle norme vigenti in materia di REMS, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, la Corte ha rivolto un monito al legislatore, con la sentenza numero 22, perché nei confronti degli autori di reato affetti da patologie psichiche essa presenta numerosi profili di frizione con i principi costituzionali. “Con la sentenza numero 180, la Corte ha dichiarato inammissibili questioni aventi ad oggetto la preclusione al prefetto del potere di escludere le decadenze e i divieti di ordine economico conseguenti all’informazione antimafia nei casi in cui vengano a mancare al destinatario della misura e alla sua famiglia i mezzi di sostentamento. Pur rilevando, allo stato, l’impraticabilità di una pronuncia di accoglimento ad alto tasso di manipolatività in un ambito rimesso alla discrezionalità del legislatore, la Corte ha nuovamente ammonito quest’ultimo a rimeditare la disciplina in esame, prospettando un esito diverso ove nuovamente investita della questione.
Lavoro
Ai fini della tutela dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, nel testo modificato dalla riforma Fornero, il giudice non è tenuto ad accertare che l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per ragioni economiche, produttive e organizzative sia “manifesta”. Questo il nucleo centrale della sentenza numero 125, con la quale la Corte ha affermato che il requisito della manifesta insussistenza presente nella riforma Fornero in materia di disciplina dei licenziamenti è indeterminato e si presta, proprio per questo, a incertezze applicative con conseguenti disparità di trattamento.
Sulla stessa materia la Consulta, con la sentenza numero 183, ha rivolto un monito al legislatore perché ritiene indifferibile la riforma della disciplina dei licenziamenti prevista dal “jobs act” per garantire ai lavoratori adeguate tutele monetarie nelle aziende di piccole dimensioni. E un altro monito della Corte al legislatore ha riguardato, con la sentenza numero 202, il lavoro domestico per estendere anche a chi è addetto alle cure della persona una garanzia assicurativa più ampia contro il rischio infortunistico per invalidità permanente e per conseguire un rafforzamento del welfare.
Mutui
Con la sentenza numero 263, la Corte costituzionale ha ribadito il dovere dell’Italia di attenersi alle pronunce pregiudiziali della Corte di giustizia dell’Unione europea che, con la sentenza Lexitor, aveva interpretato la direttiva 2008/48/CE, concernente il credito ai consumatori, nel senso che, in caso di restituzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione proporzionale del costo totale del credito, comprese le spese sostenute al momento della conclusione del contratto. L’ordinamento italiano, con una norma del 2021, limitava l’efficacia del principio ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della stessa. Per effetto della decisione della Corte, i consumatori hanno diritto al rimborso di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito al consumo, anche qualora abbiano concluso il contratto, in applicazione della legge attuativa della direttiva 2008/48/CE, prima del 2021.
Pari opportunità
È stata ritenuta incostituzionale la mancata previsione, per i comuni con meno di 5.000 abitanti, dell’esclusione della lista elettorale che non presenti candidati di entrambi i sessi. Lo ha affermato la sentenza numero 62 ribadendo che la presenza di entrambi i sessi nelle liste elettorali comunali costituisce una garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive. E quest’obbligo vale anche per i comuni con meno di 5.000 abitanti, che rappresentano il 17 per cento della popolazione italiana e per i quali la disciplina sulla presentazione delle liste non prevede nessuna sanzione nel caso di violazione.
Pensioni
Sulle pensioni, i Giudici costituzionali hanno affermato, con la sentenza numero 162, che l’assegno di reversibilità non può essere decurtato – in caso di cumulo con altri redditi del bene33 Annuario 2022 Corte costituzionale Le decisioni del 2022 ficiario – di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi: la pensione di reversibilità è da intendersi, dunque, quale strumento che, anche dopo la morte del titolare, deve essere almeno in parte goduto dai soggetti a lui legati da vincoli familiari. Con un’altra sentenza in tema di pensione di reversibilità, la numero 88, la Corte ne ha esteso il godimento ai nipoti maggiori di età, orfani e inabili al lavoro, poiché il legame familiare è del tutto assimilabile a quello tra nonno e nipote minorenne, per essere comuni ai due tipi di rapporto, da un lato, la condizione di minorata capacità e, dall’altro, la vivenza a carico al momento del decesso. Inoltre, con la sentenza numero 234, i Giudici hanno ritenuto legittima la norma che prevede la non cumulabilità della pensione anticipata, cosiddetta “quota 100”, con i redditi da lavoro intermittente non superiori a 5.000 euro lordi annui, diversamente da quanto stabilito per i redditi da lavoro autonomo occasionale di pari entità.
Referendum
Nel 2022 la Corte ha esaminato otto richieste di referendum abrogativi, dichiarandone poi – con le sentenze numero 56, 57, 58, 59 e 60 – ammissibili cinque: abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità; limitazione delle misure cautelari; separazione delle funzioni dei magistrati; estensione delle competenze dei membri laici del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari; eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm. Al termine della camera di consiglio, svoltasi il 15 e il 16 febbraio, il Presidente Giuliano Amato ha tenuto una conferenza stampa per anticipare le motivazioni delle decisioni che, invece, avevano portato la Corte a giudicare non ammissibili i quesiti riguardanti l’omicidio del consenziente, le sostanze stupefacenti o psicotrope e la responsabilità civile dei magistrati. Con tre distinti comunicati, pubblicati all’atto del deposito delle sentenze di inammissibilità dei tre quesiti referendari, avvenuto il 2 marzo, la Corte ha fornito altri dettagli sulle decisioni assunte a febbraio. Spiegando così, nella sentenza numero 49 sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, che la tecnica manipolativa del ritaglio, in sede di referendum, non è ammessa se con essa non ci si limita ad abrogare la normativa vigente ma si propone una disciplina giuridica sostanzialmente nuova, non voluta dal legislatore. Nella specie il quesito referendario mirava, attraverso la tecnica del ritaglio, a ricavare dalla normativa di risulta un’autonoma azione risarcitoria nei confronti del magistrato, per consentire al soggetto danneggiato di chiamarlo direttamente in giudizio. Il referendum sull’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente) è stato ritenuto inammissibile poiché, rendendo lecito l’omicidio di chiunque abbia prestato a tal fine un valido consenso, avrebbe inciso su una tutela minima richiesta per la vita. E’ il cuore, questo, della sentenza numero 50 perché, scrivono i Giudici nella motivazione, il quesito referendario – mediante l’abrogazione di frammenti lessicali dell’articolo 579 del codice penale e la successiva saldatura dei brani linguistici conseguenti – avrebbe reso penalmente lecita l’uccisione di una persona con il consenso della stessa al di fuori dei casi di “consenso invalido” previsti dal terzo comma dello stesso articolo 579: quando è prestato da minori di 18 anni; da persone inferme di mente o affette da deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di alcool o stupefacenti; oppure estorto con violenza, minaccia o suggestione o carpito con inganno.
In altre parole, ha argomentato la Corte, l’approvazione del referendum avrebbe reso lecito l’omicidio di chi abbia validamente consentito, a prescindere dai motivi per i quali il consenso è prestato, dalle forme in cui è espresso, dalla qualità dell’autore del fatto e dai modi in cui la morte è provocata. Quando viene in rilievo il bene “apicale” della vita umana, ha infatti precisato la Corte, “la libertà di autodeterminazione non può mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni di tutela del medesimo bene, risultando, al contrario, sempre costituzionalmente necessario un bilanciamento che assicuri una sua tutela minima”. Pertanto una normativa come quella dell’articolo 579 del codice penale può, a parere del Collegio, essere modificata e sostituita dal legislatore, ma non puramente e semplicemente abrogata, senza che ne risulti compromesso il livello minimo di tutela della vita umana richiesto dalla Costituzione. Il quesito referendario sull’”abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope” è stato ritenuto inammissibile perché si pone in contrasto con le Convenzioni internazionali e la disciplina europea in materia, difetta di chiarezza e coerenza intrinseca ed è, infine, inidoneo allo scopo. Con la sentenza numero 51, la Corte ha motivato la sua decisione specificando, tra l’altro, che, a proposito di depenalizzazione della coltivazione della cannabis, la normativa di risulta avrebbe fatto venire meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti (papavero sonnifero e foglie di coca). La richiesta referendaria avrebbe condotto alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali. Inoltre, ha motivato la Corte, il risultato prospettato dai promotori del referendum neanche sarebbe stato raggiunto, in quanto sarebbero rimaste nell’ordinamento altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possano estrarsi sostanze stupefacenti (articoli 26 e 28 del Testo unico sugli stupefacenti).
Sanità
La Consulta ha dichiarato, con la sentenza numero 161, illegittima la norma in base alla quale la Regione Puglia poteva disporre l’erogazione di un test di diagnosi prenatale, il NIPT, per particolari categorie di gestanti a rischio: i Giudici hanno infatti rilevato che si trattava di una prestazione sanitaria aggiuntiva rispetto ai livelli essenziali di assistenza specialistica ambulatoriale (LEA) stabiliti dall’ordinamento statale, la cui previsione comportava la sottrazione di risorse che avrebbero dovuto essere utilizzate dalla Regione per garantire le prestazioni essenziali. Un’importante decisione ha interessato i farmaci innovativi: con la sentenza numero 190, la Corte ha dichiarato illegittima una norma della legge di stabilità della Regione Siciliana relativa alla cura della Sma (atrofia spinale atrofica). La Regione soggetta a un programma operativo di consolidamento e sviluppo della spesa sanitaria, non può finanziare spese non obbligatorie. Quanto alla possibilità di includere farmaci innovativi tra i LEA, la Consulta ha chiarito che “un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni” legate alla “discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite”. Con la sentenza numero 228, la Corte ha dichiarato illegittima, per violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione, una norma del decreto legge n. 146 del 2021 che stabiliva fino al 31 dicembre 2025 l’improcedibilità delle azioni esecutive e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti sanitari calabresi. Essa, infatti, determinava un’eccessiva compressione del diritto di azione dei creditori muniti di titolo e un’ingiustificata alterazione della parità delle parti in fase esecutiva.
Stranieri
Sul tema della cittadinanza, la Corte si è espressa a luglio: con la sentenza numero 195, i Giudici hanno affermato che lo straniero in attesa del riconoscimento della cittadinanza, in quanto sposato con un cittadino italiano, non può vedersi negare il relativo provvedimento a causa della morte del coniuge verificatasi nel corso del procedimento per il riconoscimento del suo diritto. A marzo, la Corte, con la sentenza numero 63, ha dichiarato manifestamente sproporzionata la pena da cinque a quindici anni di reclusione prevista dal Testo unico per l’immigrazione per chi abbia aiutato qualcuno ad entrare illegalmente nel territorio italiano utilizzando un aereo di linea e documenti falsi. Per i Giudici, infatti, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione, punito nella forma base con la reclusione da uno a cinque anni, è funzionale al controllo dei flussi migratori mentre le ipotesi aggravate, per le quali sono previste pene assai più severe, sono previste a tutela degli interessi del migrante che in quest’ultimo caso è vittima del reato. Ancora a marzo, è stata depositata la sentenza numero 54, che ha dichiarato incostituzionali le disposizioni che escludono da alcune provvidenze (bonus bebè e assegno di maternità) gli stranieri extracomunitari non titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo, ma ammessi nello Stato a fini lavorativi ovvero a fini diversi pur potendo lavorare, “perché – scrivono i Giudici – istituiscono per i soli cittadini dei Paesi terzi un sistema irragionevolmente più gravoso”. Le questioni relative al bonus bebè e all’assegno di maternità sono tornate all’attenzione del Collegio dopo la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2021 (C-350/20) che ha risposto ai quesiti posti il 30 luglio 2020 dalla Consulta con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale numero 182: per la Corte di Lussemburgo, la normativa italiana non è compatibile né con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, né con l’articolo 12 della direttiva 2011/98/Ue sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. Questa decisione si carica dunque di un significato particolare anche perché chiude il cerchio virtuoso del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea e pone la Corte costituzionale in una posizione sintonica con quella del Lussemburgo, quanto a una ragionevole applicazione del principio di eguaglianza.
La Consulta ha poi affrontato anche altre questioni che riguardano il diritto dello straniero di accedere ai benefici previsti dalla legge: sempre a marzo, con la sentenza numero 67, la Corte ha stabilito che i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani per quanto riguarda il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare (ANF), anche se alcuni componenti risiedono temporaneamente nel paese di origine. La parità di trattamento fra i destinatari di questa provvidenza, che ha natura sia previdenziale sia di sostegno alle situazioni di bisogno, è garantita dai giudici che sono tenuti ad applicare direttamente la normativa europea. Su un altro fronte, quello del reddito di cittadinanza, la Corte è stata selettiva affermando che non è irragionevole la scelta del legislatore di destinare il reddito di cittadinanza agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato e non anche agli stranieri in possesso di permesso unico di lavoro o di permesso di soggiorno di almeno un anno. È questo il cuore della sentenza numero 19 che, ribadendo l’orizzonte temporale non di breve durata richiesto per il reddito di cittadinanza, ha affermato che la titolarità del diritto di soggiornare stabilmente in Italia non è un requisito privo di collegamento con la ragion d’essere del beneficio previsto.
Terzo Settore
Con la sentenza numero 72, la Corte ha affermato che il sistema degli enti del Terzo settore è espressione del pluralismo sociale, che affonda le sue radici nei principi fondamentali della Costituzione, e le attività di interesse generale svolte senza fini di lucro da questi enti realizzano anche “una forma nuova e indiretta di concorso alla spesa pubblica”.
Conflitti tra poteri dello stato
Nel 2022 la Corte ha reso 11 ordinanze (numero 15, 32, 35, 80, 151, 154, 157, 208, 212, 250, 261) che hanno deciso la fase di ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato: in quattro casi il conflitto è stato ritenuto ammissibile mentre i giudizi di inammissibilità sono stati sette. Tra i profili di interesse nell’individuazione dei soggetti del conflitto, si segnala che la Corte ha ribadito, con cinque ordinanze, le stringenti condizioni di ammissibilità dei conflitti promossi da singoli parlamentari a tutela di proprie attribuzioni individuali. L’unica decisione resa nella fase del merito (sentenza numero 241) ha accolto un conflitto promosso dal giudice ordinario e, per l’effetto, annullato la deliberazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare adottata dalla Camera dei deputati.