Titolo
SENT. 1146/88. LEGGE PENALE - PROVINCIA DI BOLZANO - CONSIGLIERI PROVINCIALI - VILIPENDIO ALLA BANDIERA NAZIONALE - IRRESPONSABILITA' PER LE OPINIONI ESPRESSE NELL'ESERCIZIO DELLE FUNZIONI - PROSPETTAZIONE DI INTERPRETAZIONI TRA DI LORO CONTRASTANTI - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - INAMMISSIBILITA' PER INCERTEZZA SUL 'THEMA DECIDENDUM'. - D.P.R. 31 AGOSTO 1972 N. 670, ARTT. 28 E 49. - COST., ART. 3.
Testo
E' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale - sollevata in relazione all'art. 3 Cost. - degli artt. 28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale del Trentino-Alto Adige) che garantiscono ai membri dei Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano la prerogativa della irresponsabilita' per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle proprie funzioni, prospettata con riferimento a due interpretazioni contrastanti delle predette disposizioni (per cui, in base alla loro lettura estensiva, garantirebbero l'immunita' in relazione a tutte le funzioni svolge dai consiglieri provinciali, laddove secondo l'interpretazione restrittiva l'ambito di operativita' di tale immunita' si limiterebbe all'esercizio di funzioni legislative). Pur potendo la Corte Costituzionale sindacare la conformita' di norme costituzionali (tali sono quelle contenute negli Statuto speciali), o aventi "copertura costituzionale", ai principi supremi dell'ordinamento costituzionale" (cfr. sentt. n. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982, 170 del 1984), e' da escludersi, conformemente alla costante giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 169 del 1982, 225 del 1983, 30 del 1984) la proponibilita' di questioni di legittimita' costituzionale in via incidentale concernenti disposizioni interpretate dal giudice 'a quo' in termini alternativi, dato il loro carattere meramente ipotetico e la loro inidoneita' a consentire la puntuale identificazione del 'thema decidendum' ed il controllo sulla rilevanza.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
decreto del Presidente della Repubblica
31/08/1972
n. 670
art. 28
co. 0
decreto del Presidente della Repubblica
31/08/1972
n. 670
art. 49
co. 0
N. 1146
SENTENZA 15-29 DICEMBRE 1988
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,
prof. Gabriele PESCATORE, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof.
Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI,
prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione
Trentino-Alto Adige), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre
1987 dalla Corte d'assise di Bolzano nel procedimento penale a carico
di Pahl Franz, iscritta al n. 853 del registro ordinanze 1987 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima
serie speciale, dell'anno 1988;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore
Antonio Baldassarre;
Udito l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
Consiglio dei Ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio penale a carico del consigliere
provinciale Franz Pahl, imputato del reato previsto dall'art. 292
c.p. per aver pubblicamente vilipeso la bandiera italiana durante la
seduta del Consiglio provinciale di Bolzano del 18 giugno 1986, la
Corte di assise di Bolzano ha sollevato, con un'ordinanza del 9
novembre 1987, questione di legittimità costituzionale degli artt.
28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della
Regione Trentino-Alto Adige) per violazione dell'art. 3 della
Costituzione.
Premesso che la garanzia dell'insindacabilità delle opinioni
espresse e dei voti dati dai parlamentari nell'esercizio delle loro
funzioni (art. 68 Cost.) è esteso dall'art. 28 St. T.A.A. ai
consiglieri regionali e che l'art. 49 dello stesso Statuto ne prevede
l'applicabilità anche ai membri dei Consigli delle Province autonome
di Trento e di Bolzano, il giudice a quo rileva che le norme
statutarie ricordate possono essere interpretate in un duplice modo,
uno estensivo e l'altro restrittivo, che sono, a suo avviso,
egualmente contrastanti con l'art. 3 della Costituzione.
In base a un'interpretazione restrittiva, le predette norme
garantiscono ai consiglieri provinciali un'immunità limitata allo
svolgimento delle sole funzioni connesse all'esercizio delle
competenze legislative previste dagli artt. 8, 9 e 10 Stat. T.A.A.
Poiché i membri del Parlamento godono della predetta garanzia per
qualsiasi attività svolta nell'esercizio delle varie funzioni
parlamentari, per il giudice a quo sussisterebbe una disparità di
trattamento tra due categorie omogenee, che induce a sospettare gli
artt. 28 e 49 St. T.A.A. di violazione del principio di eguaglianza.
Sempre ad avviso del giudice a quo, quest'ultimo principio sarebbe,
tuttavia, violato dalle stesse disposizioni anche ove si desse alle
norme impugnate un'interpretazione estensiva, sostanzialmente
coincidente con quella data all'art. 68 Cost. in relazione ai membri
del Parlamento, poiché in tal caso la disparità di trattamento
sussisterebbe fra i membri del Consiglio Provinciale, che godono di
simile immunità, e i cittadini comuni, privi della medesima
prerogativa.
Il giudice a quo conclude ricordando che, secondo la più
autorevole dottrina costituzionalistica, è pienamente ammissibile un
giudizio di legittimità avente ad oggetto disposizioni
costituzionali, come quelle statutarie, pur in relazione a eventuali
vizi sostanziali.
2. - Intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello
Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha eccepito
l'inammissibilità della questione sotto un duplice e distinto
profilo: innanzitutto, perché sarebbe stato impugnato un atto avente
valore di legge costituzionale, che come tale non può esser
giudicato dalla Corte costituzionale per pretesi vizi sostanziali; in
secondo luogo, perché la questione, per un verso, è stata
prospettata sulla base di due interpretazioni, tra loro alternative,
della disposizione impugnata e, per un altro, è stata posta in
relazione a un diverso tertium comparationis, una volta di favore e
un'altra volta di sfavore, che dovrebbe portare a pronunzie di segno
diverso, una volta di tipo demolitorio e un'altra di tipo additivo.
Da ultimo, l'Avvocatura dello Stato fa rilevare che il giudice a
quo dà per scontata la rilevanza della questione, senza precisare
gli esatti termini della vicenda che ha dato luogo all'imputazione ex
art. 292 c.p. e malgrado il non risolto problema interpretativo, che,
per un profilo del prospettato dilemma, implicherebbe l'estensione
della responsabilità penale dell'imputato.
3. - In prossimità dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha
presentato una memoria, con la quale, oltre a sviluppare l'eccezione
di inammissibilità attraverso un minuzioso esame della
giurisprudenza costituzionale, teso a dimostrare l'insussistenza di
precedenti nel senso voluto dal giudice a quo, e attraverso il non
riconoscimento nel caso di specie di un principio supremo della
Costituzione, ha altresì chiesto che la questione sia dichiarata non
fondata, poiché, in ambedue le interpretazioni possibili, si mettono
a confronto categorie non omogenee: ora quella dei parlamentari e
quella dei consiglieri provinciali, ora quella di questi ultimi e
quella della generalità dei cittadini.
Considerato in diritto
1. - La Corte di assise di Bolzano, essendo investita di un
giudizio contro un membro del Consiglio Provinciale imputato del
reato di vilipendio alla bandiera (art. 292 c.p.) ed essendo chiamata
ad applicare alla fattispecie dedotta in giudizio l'art. 49 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale del Trentino-Alto
Adige), che, richiamando l'art. 28 dello stesso decreto, estende ai
membri dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano la
prerogativa della irresponsabilità per le opinioni espresse e i voti
dati nell'esercizio delle loro funzioni, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 dello Statuto per
violazione del principio supremo dell'ordinamento costituzionale
sancito dall'art. 3 della Costituzione (principio di eguaglianza).
In particolare il giudice a quo ritiene che quest'ultimo principio
risulti violato tanto ove si dia un'interpretazione restrittiva delle
disposizioni impugnate, nel senso che l'anzidetta prerogativa sia
applicabile soltanto in relazione alle funzioni svolte dai
consiglieri provinciali nell'esercizio delle competenze legislative
affidate alle Province autonome, quanto ove se ne dia
un'interpretazione estensiva, sostanzialmente diretta ad applicare la
ricordata prerogativa a qualsiasi funzione svolta in qualità di
consiglieri provinciali, analogamente a quanto avviene per i membri
del Parlamento nazionale. Nel primo caso, infatti, il giudice a quo
ravvisa una disparità di trattamento tra i membri del Parlamento e
quelli dei Consigli delle Province autonome, nel secondo, invece, la
diseguaglianza sussisterebbe tra i predetti consiglieri provinciali e
la generalità dei cittadini privi della medesima prerogativa.
2. - In relazione alla questione proposta, l'Avvocatura Generale
dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri, ha presentato tre distinte eccezioni di inammissibilità:
una attinente all'idoneità dell'atto impugnato ad essere oggetto del
giudizio di legittimità costituzionale previsto dall'art. 134 Cost.
e due relative alla sussistenza dei requisiti processuali necessari
per la corretta instaurazione del predetto giudizio.
Poiché la verifica di questi ultimi - che, nel caso consistono
nella valutazione della rilevanza compiuta da parte del giudice a quo
e nella possibilità di porre questioni basate su interpretazioni
alternative della disposizione impugnata - è logicamente successiva
alla verifica dell'idoneità dell'atto in cui è contenuta la norma
contestata a fungere da oggetto del giudizio di legittimità
costituzionale, occorre innanzitutto esaminare se le disposizioni
previste dagli artt. 28 e 49 St. T.A.A. rivestano il valore di legge
necessario perché possano validamente costituire oggetto del
sindacato della Corte costituzionale in sede di legittimità.
2.1. - L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, innanzitutto,
l'insindacabilità da parte di questa Corte di disposizioni aventi
valore di legge costituzionale, quantomeno quando queste siano
impugnate per vizi sostanziali.
L'eccezione non può essere accolta.
La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non
possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale
neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi
costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione
esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione
costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto
i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli
non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale,
appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la
Costituzione italiana.
Questa Corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose
decisioni come i principi supremi dell'ordinamento costituzionale
abbiano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di
rango costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le
disposizioni del Concordato, le quali godono della particolare
"copertura costituzionale" fornita dall'art. 7, comma secondo, Cost.,
non si sottraggono all'accertamento della loro conformità ai
"principi supremi dell'ordinamento costituzionale" (v. sentt. nn. 30
del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982), sia
quando ha affermato che la legge di esecuzione del Trattato della CEE
può essere assoggettata al sindacato di questa Corte "in riferimento
ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai
diritti inalienabili della persona umana" (v. sentt. nn. 183 del
1973, 170 del 1984).
Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a
giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e
delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi
supremi dell'ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del
resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il sistema di
garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non
effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore.
2.2. - L'Avvocatura generale dello Stato ha sollevato una seconda
eccezione di inammissibilità in relazione al fatto che, avendo il
giudice a quo prospettata la questione di costituzionalità in
termini alternativi, chiede in sostanza a questa Corte di
pronunziarsi su un petitum contradittorio, che dovrebbe sfociare in
sentenze di segno diverso, se non opposto.
L'eccezione va accolta.
Non si può non concordare con l'Avvocatura generale dello Stato
nel ritenere che le questioni di costituzionalità sollevate dal
giudice a quo abbiano un carattere del tutto pretestuoso. Ciò si
rivela sia nella sostanziale arbitrarietà delle comparazioni che il
giudice a quo propone, sia nel modo stesso in cui le questioni sono
sottoposte a questa Corte.
In particolare, il giudice a quo ipotizza due interpretazioni
della disposizione impugnata aventi significato assai diverso fra
loro o addirittura opposto e le prospetta entrambe al giudice di
costituzionalità senza precisare quale delle due propone. Ma è
giurisprudenza ormai costante di questa Corte (v. sentt. nn. 169 del
1982, 225 del 1983, 30 del 1984, nonché ord. n. 204 del 1983),
ritenere inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
relative a disposizioni che, essendo proposte dal giudice a quo
secondo interpretazioni tra loro contrastanti e dando vita, pertanto,
a richieste meramente ipotetiche, impediscono di identificare
precisamente il thema decidendum e fanno venir meno le possibilità
di verificare la rilevanza delle questioni stesse, in quanto proposte
"in astratto". Per tali motivi le questioni sollevate dal giudice a
quo vanno senz'altro dichiarate inammissibili.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto
speciale della Regione Trentino-Alto Adige), sollevata, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di assise di
Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI