Titolo
SENT. 202/91 A. SALUTE (TUTELA DELLA) - DIVIETO DI FUMARE IN DETERMINATI LOCALI E SUI MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICO - NON OPERATIVITA' DEL DIVIETO NEGLI UFFICI DEL PRONTO SOCCORSO DEGLI OSPEDALI, NEGLI UFFICI POSTALI E NEI RISTORANTI - PROSPETTATA IRRAGIONEVOLEZZA CON INCIDENZA SUI DIRITTI ALLA SALUTE, AL LAVORO E SULLA LIBERTA' DI RIUNIONE - QUESTIONE IMPLICANTE SCELTE DISCREZIONALI RIMESSE AL LEGISLATORE -
Testo
La sentenza additiva richiesta, volta ad estendere il divieto di fumare, gia' operante in determinati luoghi, in altri, quali gli uffici postali, quelli del pronto soccorso degli ospedali ed i ristoranti, postula una scelta, fra le varie possibili, riservata alla discrezionalita' del legislatore, alla cui attenzione, pero', deve essere posta la necessita' di apprestare una piu' incisiva e completa tutela della salute dei cittadini dai danni cagionati dal fumo c.d. passivo, trattandosi di un bene fondamentale primario e costituzionalmente garantito.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 4
Costituzione
art. 17
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 97
Riferimenti normativi
legge
11/11/1975
n. 584
art. 1
lett.a e b
co. 0
Titolo
SENT. 202/91 B. RISARCIMENTO DEL DANNO - COLPA SPECIFICA PER INOSSERVANZA DI NORME - RILEVANZA - CONDIZIONI - VIGENZA E CONOSCIBILITA' DELLA NORMA AL MOMENTO DEL FATTO.
Testo
Secondo il vigente indirizzo giurisprudenziale e - cosi' come interpretata - la stessa Convenzione dei diritti dell'uomo (artt. 5, 6 e 7), nei giudizi di responsabilita' civile per risarcimento di danni la colpa specifica, consistente nella inosservanza della norma che pone la regola di condotta, puo' rilevare solo se la disposizione fosse stata vigente e conoscibile al momento del fatto. Il cittadino deve conoscere quale sia il comportamento che la norma richiede, specie se si tratta di limitazione di un diritto di liberta'.
Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
n. false
art. 5
convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
n. false
art. 6
convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)
n. false
art. 7
Titolo
SENT. 202/91 C. RISARCIMENTO DEL DANNO - DIRITTO AL RISARCIMENTO PER LESIONI DEL DIRITTO ALLA SALUTE - FONDAMENTO, NATURA, ESTENSIONE.
Testo
Il riconoscimento del diritto alla salute come diritto fondamentale della persona e bene primario, costituzionalmente garantito, e' pienamente operante anche nei rapporti di diritto privato. Dovendosi riconoscere che la lesione del diritto soggettivo garantito dall'art. 32 Cost. integra la fattispecie dell'art. 2043 cod. civ., non puo' dubitarsi dell'obbligo del risarcimento per la violazione del diritto stesso. Dal collegamento dell'art. 32 Cost. con l'art. 2043 cod. civ. discendono infatti l'ingiustizia del danno e la conseguente sua risarcibilita', che riguarda non solo i danni patrimoniali, ma tutti i danni che potenzialmente ostacolano le attivita' realizzatrici della persona umana. - Sul contenuto del risarcimento dei danni per lesione del diritto alla salute: S. nn. 184/1986 e 307/1990.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 32
Riferimenti normativi
codice civile
n. 0
art. 2043
co. 0
Titolo
SENT. 202/91 D. SALUTE (TUTELA DELLA) - DIVIETO DI FUMARE IN DETERMINATI LOCALI - NON OPERATIVITA' DEL DIVIETO NEGLI UFFICI DEL PRONTO SOCCORSO DEGLI OSPEDALI, NEGLI UFFICI POSTALI, E NEI RISTORANTI - PROSPETTATA IRRAGIONEVOLEZZA CON INCIDENZA SUI DIRITTI ALLA SALUTE, AL LAVORO E SULLA LIBERTA' DI RIUNIONE - QUESTIONE SOLLEVATA NEL CORSO DI UN GIUDIZIO DI RISARCIMENTO DANNI ALLA SALUTE DA FUMO C.D. PASSIVO - DIFETTO DI RILEVANZA - INAMMISSIBILITA'.
Testo
La questione di legittimita' costituzionale intesa ad estendere il divieto di fumare ad ulteriori locali (gli uffici del pronto soccorso degli ospedali, gli uffici postali ed i ristoranti) difetta di rilevanza nei giudizi per il risarcimento dei danni che si assumano prodotti - come nel caso di specie - dal fumo c.d. passivo, sia perche' non puo', in tali giudizi, addursi (ved. massima B) una colpa specifica per violazione di una norma vigente e conoscibile dall'agente al momento del fatto, sia perche' la lesione del diritto alla salute, costituendo violazione dell'art. 32 Cost., puo' comunque fondare da sola (ved. massima C) ex art. 2043 cod. civ. il richiesto risarcimento. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, lett. a e b, della legge 11 novembre 1975, n. 584, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 17, 32 e 97 Cost.).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 4
Costituzione
art. 17
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 97
Riferimenti normativi
legge
11/11/1975
n. 584
art. 1
lett. a
co. 0
legge
11/11/1975
n. 584
art. 1
lett. b
co. 0
N. 202
SENTENZA 23 APRILE-7 MAGGIO 1991
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. a) e
b), della legge 11 novembre 1975, n. 584 (Divieto di fumare in
determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico), promosso con
ordinanza emessa l'8 settembre 1990 dal giudice Conciliatore di Roma
nel procedimento civile vertente tra De Russis Vito Nicola ed altro e
U.S.L. RM/4 ed altri iscritta al n. 718 del registro ordinanze 1990 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima
serie speciale, dell'anno 1990;
Visti gli atti di costituzione di De Russis Vito Nicola e di
Candidi Franco;
Udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1991 il Giudice relatore
Francesco Greco;
Uditi gli avvocati Carlo Rienzi, Roberto Canestrelli, Nicolò
Paoletti per De Russis Vito Nicola, nonché Paolo Ferrari e Carlo
Mezzanotte per Candidi Franco;
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio civile promosso da Vito De Russis e
Francesco Spiga, danneggiati dal c.d. fumo passivo, nel pronto
soccorso di un ospedale, nell'ufficio postale, e in un ristorante,
nei confronti del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni,
del direttore dell'Ufficio postale di Roma, via Collatina, n. 78, del
titolare del ristorante, nonché della USL RM/4, onde ottenere il
risarcimento dei danni subiti, il giudice Conciliatore di Roma ha
sollevato questione di legittimità costituzionale:
a) dell'art. 1, lett. a), della legge 11 novembre 1975, n. 584,
nella parte in cui prevede il divieto di fumare solo nelle corsie
degli ospedali e non anche in tutti gli ambienti, in quanto
sussisterebbe una irragionevole differenziazione tra locali pur in
presenza di una identica necessità di protezione e si
discriminerebbero altresì i soggetti costretti, per necessità di
cure o per motivi di lavoro, a permanere nei diversi locali
dell'ospedale, bisognevoli di una stessa incisiva tutela (violazione
dei principi di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione e di
tutela della salute ex art. 32 della Costituzione);
b) dell'art. 1, lett. a), nella parte in cui prevede il divieto
di fumare "nei locali destinati alla istruzione e nei vari luoghi
frequentati dagli utenti di diversi servizi di trasporto,
consentendosi, invece, la diffusione degli effetti del fumo, nocivi
alla salute, nei locali nei quali si eroga il servizio pubblico
postale; gli utenti di quest'ultimo sarebbero illegittimamente
discriminati rispetto agli utenti degli altri servizi pubblici
protetti (sanità, istruzione, trasporto, ecc.), essendo pari la loro
rilevanza costituzionale (ulteriore violazione degli artt. 3 e 32
della Costituzione).
c) dell'art. 1, lett. b), nella parte in cui non prevede il
divieto di fumare all'interno dei ristoranti.
Sussisterebbe una immotivata disparità di trattamento e di tutela
tra i frequentatori di sale da ballo e di sale corse, tutelati dal
fumo passivo, e coloro che si recano nei ristoranti, non affatto
tutelati (violazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione). Inoltre,
la suddetta disposizione, interpretata secondo il parere del
Consiglio di Stato n. 540 del 1976, nel senso della applicabilità ai
soli casi in cui vi sia un incontro di più persone in luogo pubblico
per un tempo definito e per uno scopo consentito, importerebbe
violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione che garantiscono la
realizzazione dell'individuo anche in aggregati sociali, quali sono
favoriti da tutti i luoghi di svago e di riposo dei cittadini e dei
lavoratori, nonché dell'art. 17 della Costituzione che riconosce a
tutti i cittadini l'identico diritto di riunirsi pacificamente, anche
a seguito e per effetto della predisposizione di un medesimo regime
giuridico per tutte le forme attraverso le quali tale diritto si
realizza.
In punto di rilevanza, il Conciliatore ha osservato che l'esame e
la decisione delle proposte domande risarcitorie sarebbero precluse
dalle disposizioni censurate che considerano lecito fumare nei locali
chiusi nei quali si è verificata la situazione dannosa subita dagli
attori.
2. - L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, è stata
altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
2.1. - Nel giudizio si sono costituiti soltanto il De Russis e il
Candidi.
2.2. - La difesa del Candidi ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità della questione o, in subordine, per la
infondatezza.
Ha osservato che la proposta questione è irrilevante, in quanto
l'azione risarcitoria proposta nel giudizio a quo si fonda
direttamente sul combinato disposto degli artt. 32 della Costituzione
e 2043 del codice civile, mentre la legge n. 584 del 1975, si limita
a prevedere, in caso di violazione del divieto di fumare,
l'applicazione di sanzioni amministrative.
Non sarebbe stata valutata l'effettiva sussistenza del pregiudizio
alla salute lamentato dagli interessati.
La questione sarebbe meramente ipotetica ed eventuale, non essendo
stati convenuti in giudizio gli autori del fatto illecito, cioè i
fumatori.
Nel merito, la questione sarebbe infondata perché:
a) postula l'emanazione di una sentenza additiva in una materia
nella quale si profila una pluralità di soluzioni derivanti da varie
valutazioni possibili;
b) si assume a tertium comparationis il divieto secondo una
norma derogatoria della libertà di fumare;
c) la citata legge non concerne in modo alcuno gli aspetti
risarcitori connessi all'eventuale danno alla salute per esposizione
al fumo cosiddetto "passivo";
d) non è chiarita la ragione per cui le limitazioni del
divieto possano impingere sul diritto dei cittadini di riunirsi
pacificamente ovvero impedire il pieno sviluppo della persona umana.
Nella memoria, la difesa del De Russis ha osservato che sussiste
il nesso di causalità tra la esposizione al fumo degli attori e la
lesione del loro diritto alla salute; che vige nell'ordinamento il
principio di ordine generale secondo cui i gestori dei locali aperti
al pubblico, che si frequentano per necessità o per opportunità e
ai quali si accede liberamente, devono garantire condizioni igienico-sanitarie ottimali, mentre la legge impugnata, non prevedendo il
divieto di fumare in detti locali, rende lecita la loro condotta;
che la questione sollevata sarebbe inammissibile solo se nel
nostro ordinamento dal principio costituzionale della tutela della
salute potesse derivare il divieto di fumare nei detti locali,
indipendentemente da una apposita previsione normativa; mentre, il
legislatore, a tutela dei malati e dei giovani, ha previsto il
divieto di fumare solo in determinati locali;
che le finalità perseguite impongono una interpretazione logica
e razionale della disposizione secondo cui il divieto di fumare
"nelle corsie degli ospedali" va interpretato nel senso che esso vale
per tutti gli ambienti degli ospedali frequentati da malati; che non
può essere ritenuta tassativa la elencazione della disposizione che
sancisce il divieto di fumare solo in determinati locali ove vengono
erogati i servizi sanitari, scolastici e di trasporto; mentre,
logicamente e razionalmente il divieto dovrebbe riguardare tutti i
locali nei quali si erogano servizi pubblici, tra cui quello postale.
Per quanto riguarda il divieto di fumare nei ristoranti, la difesa
del De Russis ha osservato che l'interesse protetto dal legislatore
importa che per riunione pubblica si debba intendere riunione di più
persone in un luogo aperto al pubblico qualunque sia lo scopo della
riunione stessa; che la discrezionalità del legislatore sussiste
solo in ordine alla scelta dei mezzi che non consentano la permanenza
del fumo nei locali ove si fuma; che la nocività del fumo, specie
quello c.d. passivo, è generalmente ammessa anche nella Comunità
Europea sia per i fumatori che per i non fumatori in locali
frequentati dai primi.
Nelle note presentate successivamente, la stessa difesa ha
ulteriormente illustrato le suddette argomentazioni.
La difesa del Candidi, in una successiva memoria, ha insistito
sulla inammissibilità della questione.
Considerato in diritto
1. - Il giudice Conciliatore di Roma dubita della legittimità
costituzionale:
a) dell'art. 1, lett. a), della legge 11 novembre 1975, n. 584,
nella parte in cui prevede il divieto di fumare solo nelle corsie
degli ospedali e non anche in tutti gli ambienti pur frequentati
dagli ammalati, in quanto sussisterebbe una irragionevole
discriminazione tra i locali degli ospedali per i quali vi è una
identica necessità di tutela e tra soggetti costretti a permanere
nei diversi locali per necessità di cure o motivi di lavoro
(violazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione);
b) dell'art. 1, lett. a), della stessa legge nella parte in cui
prevede il divieto di fumare nei locali destinati alla istruzione e a
vari servizi di trasporto e consente, invece, di fumare in quelli in
cui si eroga il servizio postale, discriminandosi, così, gli utenti
di quest'ultimo da quelli degli altri servizi pur essendo pari la
loro rilevanza costituzionale (violazione degli artt. 3 e 32 della
Costituzione);
c) dell'art. 1, lett. b), stessa legge, nella parte in cui non
prevede il divieto di fumare nei ristoranti mentre lo prevede nelle
sale-corse e nelle sale da ballo, discriminandosi in tal modo,
irragionevolmente, gli utenti degli uni e quelli delle altre
(violazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione).
Inoltre, la stessa norma, interpretata secondo il parere del
Consiglio di Stato n. 540 del 1976, nel senso dell'applicabilità
solo nei luoghi pubblici in cui vi sia un incontro di più persone,
per un tempo definito e per uno scopo consentito, violerebbe anche
gli artt. 2 e 3 della Costituzione non risultando garantita la
realizzazione degli individui in alcuni aggregati sociali, nonché
l'art. 17 della Costituzione, non essendo riconosciuto ad alcuni
cittadini il diritto di riunirsi pacificamente in una delle forme in
cui il detto diritto si realizza.
2. - La difesa di uno dei convenuti ha eccepito la
inammissibilità della questione.
Ha rilevato che:
a) contrariamente a quanto disposto dagli artt. 1 della legge
n. 689 del 1971 e 12 delle preleggi, la richiesta sentenza renderebbe
retroattivamente sanzionabile un comportamento considerato lecito
dalla legge del tempo in cui è stato posto in essere;
b) non potrebbe ritenersi la colpa specifica, che è l'elemento
costitutivo del dedotto illecito civile, per l'inesistenza, al
momento in cui sono stati commessi i fatti, di una disposizione di
protezione che sancisse il divieto di fumare in pubblici locali;
c) l'azione di risarcimento del danno alla salute potrebbe
fondarsi soltanto sul combinato disposto degli artt. 32 della
Costituzione e 2043 del codice civile.
3. - Le eccezioni meritano accoglimento.
La sentenza che si chiede non può essere utile per la definizione
del giudizio a quo, a parte la considerazione che essa postula una
scelta, tra le varie possibili, riservata alla discrezionalità del
legislatore, alla cui attenzione, però, deve essere posta la
necessità di apprestare una più incisiva e completa tutela della
salute dei cittadini dai danni cagionati dal fumo anche cd. passivo,
trattandosi di un bene fondamentale e primario costituzionalmente
garantito (art. 32 della Costituzione).
3.1 - Nella specie, il fatto dedotto come causa di danni alla salute dei convenuti si fa consistere nella violazione del divieto di
fumare in locali pubblici diversi da quelli previsti dalla
disposizione censurata (tutti gli ambienti degli ospedali, locali
frequentati dal pubblico per ragioni di lavoro o di svago o per
fruire dei servizi pubblici apprestativi) e da aggiungersi ad essi
per effetto di una disposizione da introdursi nell'ordinamento con la
richiesta sentenza, la quale dovrebbe sancire anche per essi il
divieto di fumare.
La violazione della stessa disposizione dovrebbe concretare la
colpa, cioè il connotato di carattere soggettivo, necessario per
porre a carico degli agenti il risarcimento del danno cagionato.
La inosservanza dei doveri imposti dalla suddetta disposizione
renderebbe ingiusto il danno da risarcire.
4. - Al contrario, si deve ritenere che la condotta di un soggetto
può essere assunta a fonte di responsabilità civile per il
risarcimento dei danni solo se al momento in cui è stata posta in
essere sussisteva un preciso obbligo giuridico sancito da una norma
conoscibile dall'agente. La colpa specifica, consistente nella
inosservanza della norma che pone la regola di condotta, può
rilevare nel giudizio a quo solo se la disposizione fosse stata
vigente e conoscibile al tempo del fatto.
Anche secondo il vigente indirizzo giurisprudenziale e qualora la
responsabilità venga reputata fondata su colpa, seppure sia
sufficiente per affermare l'esistenza di tale elemento psicologico il
richiamo alla inosservanza di una norma giuridica, è necessaria
l'indicazione espressa delle disposizioni considerate, le quali
devono essere vigenti all'epoca del verificatosi evento.
Inoltre, anche la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (artt.
5, 6, 7) è interpretata nel senso che, per la rilevanza delle
trasgressioni dei doveri generali sanciti da una disposizione di
legge, occorre, per il comportamento giuridicamente corretto, la
conoscibilità di essa al momento del fatto.
Il cittadino deve conoscere quale sia il comportamento che la
norma richiede, specie se si tratta di limitazione ad un diritto di
libertà.
5. - D'altra parte, la dedotta lesione del diritto alla salute
(art. 32 della Costituzione) può fondare da sola il richiesto
risarcimento dei danni ex art. 2043 del codice civile. L'art. 32
della Costituzione, in collegamento con l'art. 2043 del codice civile
pone il divieto primario e generale di ledere la salute.
Il riconoscimento del diritto alla salute come diritto
fondamentale della persona e bene primario, costituzionalmente
garantito, è pienamente operante anche nei rapporti di diritto
privato. Dovendosi riconoscere che la lesione del diritto soggettivo
garantito dall'art. 32 della Costituzione integra la fattispecie
dell'art. 2043 del codice civile, non può dubitarsi dell'obbligo del
risarcimento per la violazione del diritto stesso. In altri termini,
dal detto collegamento dell'art. 32 della Costituzione con l'art.
2043 del codice civile discendono l'ingiustizia del danno e la
conseguente sua risarcibilità.
Si nota che il risarcimento riguarda non solo i danni patrimoniali
ma tutti i danni che potenzialmente ostacolano le attività
realizzatrici della persona umana (sentt. Corte cost. nn. 184 del
1986 e 307 del 1990).
La questione sollevata, mancando la rilevanza, deve essere
dichiarata inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 1, lett. a) e b), della legge 11 novembre
1975, n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di
trasporto pubblico) in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 17, 32 e 97
della Costituzione, sollevata dal giudice Conciliatore di Roma con
l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1991.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 7 maggio 1991.
Il cancelliere: DI PAOLA