Sentenza 360/1996 (ECLI:IT:COST:1996:360)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: FERRI - Redattore:
Camera di Consiglio del 02/10/1996;    Decisione  del 17/10/1996
Deposito del 24/10/1996;   Pubblicazione in G. U. 30/10/1996  n. 44
Norme impugnate:
Massime:  22912  22913  22914 
Massime:  22912  22913  22914 
Atti decisi:

Massima n. 22912 Massima successiva
Titolo
SENT. 360/96 A. DECRETO-LEGGE - ITERAZIONE O REITERAZIONE - RIPRODUZIONE SOSTANZIALE, IN ASSENZA DI NUOVI E SOPRAVVENUTI PRESUPPOSTI STRAORDINARI DI NECESSITA' ED URGENZA, DEL CONTENUTO NORMATIVO DI DECRETO-LEGGE NON CONVERTITO - VIZIO DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PER VIOLAZIONE DELL'ART. 77 COST. - SUSSISTENZA.

Testo
Devono considerarsi costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 77 Cost., i decreti-legge iterati o reiterati, quando tali decreti, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, abbiano sostanzialmente riprodotto, in assenza di nuovi (e sopravvenuti) presupposti straordinari di necessita' ed urgenza, il contenuto normativo di un decreto-legge che abbia perso efficacia a seguito della mancata conversione, in quanto il decreto-legge iterato o reiterato - per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni) il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali - collide con la previsione costituzionale sia perche' altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza, procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in legge; sia perche' toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessita' e dell'urgenza, posto che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi gia' posti a fondamento del primo decreto; sia perche' attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, posto che il ricorso ripetuto alla reiterazione suscita nell'ordinamento l'aspettativa di consolidamento degli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata; sia perche' la prassi della reiterazione, tanto piu' se diffusa e prolungata nel tempo, incide sugli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento (art. 70 Cost.); sia , infine, perche' siffatta prassi, se diffusa e prolungata, intacca anche la certezza del diritto nei rapporti fra i diversi soggetti, per l'impossibilita' di prevedere la durata nel tempo delle norme reiterate e l'esito finale del processo di conversione, con conseguenze ancora piu' gravi nei casi in cui il decreto reiterato incida nella sfera dei diritti fondamentali, nella materia penale, o sia, comunque, tale da determinare effetti irreversibili in ipotesi di mancata conversione finale. - S. nn. 302/1988; 161/1995; O. n. 197/1996. red.: S. Di Palma
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 77

Titolo
SENT. 360/96 B. DECRETO-LEGGE - ITERAZIONE O REITERAZIONE - SUSSISTENZA DI VIZIO DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE, PER VIOLAZIONE DELL'ART. 77 COST., A CAUSA DELLA RIPRODUZIONE SOSTANZIALE, IN ASSENZA DI NUOVI E SOPRAVVENUTI PRESUPPOSTI STRAORDINARI DI NECESSITA' ED URGENZA, DEL CONTENUTO NORMATIVO DI DECRETO-LEGGE NON CONVERTITO - DECRETI-LEGGE ITERATI O REITERATI GIA' CONVERTITI IN LEGGE ANTERIORMENTE ALLA SENTENZA N. 360 DEL 1996 O IN CORSO DI CONVERSIONE - SALVEZZA DEGLI EFFETTI PRODOTTISI - CONDIZIONI.

Testo
Restano salvi gli effetti dei decreti-legge, iterati o reiterati, gia' convertiti in legge alla data di pubblicazione della presente sentenza, o la cui conversione risulti in corso alla data stessa purche' essa intervenga nel termine fissato dalla Costituzione, in quanto, posto che il vizio di costituzionalita' derivante dall'iterazione o dalla reiterazione attiene, in senso lato, al procedimento di formazione del decreto-legge quale provvedimento provvisorio fondato su presupposti straordinari di necessita' ed urgenza, ne consegue che tale vizio puo' ritenersi sanato quando le Camere, attraverso la legge di conversione (o di sanatoria), abbiano assunto come propri i contenuti o gli effetti della disciplina adottata dal Governo in sede di decretazione d'urgenza. red.: S. Di Palma
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 77

Massima n. 22914 Massima precedente
Titolo
SENT. 360/96 C. AMBIENTE (TUTELA DELL') - INQUINAMENTO - RIFIUTI TOSSICI - SMALTIMENTO DI RIFIUTI TOSSICI E NOCIVI - PREVISIONE DELL'OSSERVANZA DELLE DISPOSIZIONI DEL DECRETO DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE 26 GENNAIO 1990 (ANNULLATO CON SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 512/1990) QUALE CONDIZIONE DI NON PUNIBILITA' - REITERAZIONE CON LA NORMA IMPUGNATA DELLE DISPOSIZIONI DEL DECRETO MINISTERIALE ANNULLATO - CONSEGUENTE PRETESA IRRAGIONEVOLE IMPUTAZIONE ORA PER ALLORA DI CONDOTTE INESIGIBILI PER EFFETTO DEL VUOTO NORMATIVO DETERMINATO DALLA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE - PRETESA INCIDENZA SUL DIRITTO DI DIFESA - VIOLAZIONE DELL'ART. 77 COST. - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

Testo
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 77 Cost., l'art. 6, comma 4, del d.l. 6 settembre 1996, n. 462 (Disciplina delle attivita' di recupero dei rifiuti) - il quale esclude[va] la punibilita' di chi, fino al 7 gennaio 1995, avesse commesso un fatto previsto come reato dal d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 nell'esercizio di attivita' qualificate come operazioni di raccolta e trasporto, stoccaggio, trattamento o pretrattamento, recupero o riutilizzo di residui nei modi e nei casi previsti ed in conformita' alle disposizioni del decreto del Ministro dell'Ambiente in data 26 gennaio 1990, ovvero da norme regionali - in quanto ha reiterato, con contenuto immutato ed in assenza di nuovi presupposti di necessita' ed urgenza, la disposizione espressa nell'art. 12, comma 4, dei decreti-legge impugnati (nn. 463 del 1995, 8 del 1996 e 113 del 1996). - S. n. 84/1996 red.: S. Di Palma
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 77

Riferimenti normativi
decreto-legge  06/09/1996  n. 462  art. 6  co. 4
decreto-legge  07/01/1994  n. 12  art. 12  co. 4
decreto-legge  08/11/1995  n. 463  art. 12  co. 4
decreto-legge  08/01/1996  n. 8  art. 12  co. 4
decreto-legge  08/03/1996  n. 113  art. 12  co. 4
decreto-legge  03/05/1996  n. 246  art. 12  co. 4
decreto-legge  08/07/1996  n. 352  art. 6  co. 4


Pronuncia

N. 360

SENTENZA 17-24 OTTOBRE 1996


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;


ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi di legittimità costituzionale del d.-l. 8 novembre 1995, n. 463 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti), e dell'art. 12, comma 4, dello stesso decreto; del d.-l. 8 gennaio 1996, n. 8 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti), e dell'art. 12, comma 4, dello stesso decreto; del d.-l. 8 marzo 1996, n. 113 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti), e dell'art. 12, quarto comma, dello stesso decreto, giudizi promossi con ordinanze emesse il 22 dicembre 1995, il 19 gennaio 1996, il 22 dicembre 1995, il 18 marzo, il 19 febbraio, il 29 gennaio ed il 22 marzo 1996 dal pretore di Macerata rispettivamente iscritte ai nn. 218, 247, 334, 536, 615, 633 e 639 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11, 12, 16, 25, 27 e 28, prima serie speciale, dell'anno 1996;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il giudice relatore Enzo Cheli.


Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Paola Leonardi, imputata della contravvenzione di cui all'art. 25, primo comma, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per il trasporto e lo stoccaggio di rifiuti speciali prodotti da terzi senza la prescritta autorizzazione regionale, il pretore di Macerata, con ordinanza del 22 dicembre 1995 (r.o. n. 218 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 77 della Costituzione, dell'intero d.-l. 8 novembre 1995, n. 463 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti), e, nell'ambito di tale decreto, anche con riferimento all'art. 24 della Costituzione, della disposizione contenuta nell'art. 12, comma 4.

Il giudice rimettente osserva, in primo luogo, che il decreto-legge impugnato è l'ultimo di una lunga serie di decreti-legge reiterati, con contenuto sostanzialmente identico, nell'arco di circa due anni, decreti che non sono stati convertiti in legge. Il lungo lasso di tempo durante il quale si è protratta la disciplina in tema di smaltimento dei rifiuti prevista dai suddetti decreti verrebbe, pertanto, a contrastare con l'art. 77 della Costituzione, che richiede l'urgenza quale requisito essenziale per l'adozione di un decreto-legge. Tale modo di legiferare da parte del Governo avrebbe, altresì, alterato la natura provvisoria del decreto-legge, dal momento che una reiterazione prolungata nel tempo produrrebbe come effetto la surrettizia sostituzione della legge ordinaria da parte del decreto-legge, in violazione dell'art. 77, primo comma, della Costituzione.

Sotto un secondo profilo, il giudice rimettente rileva che l'art. 12, comma 4, del decreto-legge impugnato esclude la punibilità di chi, fino al 7 gennaio 1995, abbia commesso un fatto previsto come reato dal d.P.R. n. 915 del 1982 "nell'esercizio di attività qualificate come operazioni di raccolta e trasporto, stoccaggio, trattamento o pretrattamento, recupero o riutilizzo di residui nei modi e nei casi previsti ed in conformità alle disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente in data 26 gennaio 1990, ovvero di norme regionali". Tale decreto ministeriale, come ricorda l'ordinanza, è stato, peraltro, in parte annullato con la sentenza di questa Corte n. 512 del 1990, in quanto ritenuto lesivo dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni. Di conseguenza, sempre ad avviso del giudice rimettente, l'applicazione di tale causa di non punibilità, risultando subordinata all'osservanza di disposizioni già previste in un decreto ministeriale annullato, esigerebbe - da parte di coloro che intendano avvalersi della norma - una condotta inesigibile, perché praticamente inattuabile. Nessun soggetto interessato avrebbe potuto, infatti, ottemperare alle disposizioni del decreto ministeriale citato dopo l'annullamento dello stesso da parte della Corte costituzionale - e nelle more del recepimento del suo contenuto nell'art. 12, comma 4, impugnato - non sussistendo nella fase suddetta alcun obbligo giuridico di ottemperarvi.

L'art. 12, comma 4, verrebbe, pertanto, a violare, oltre all'art. 77 della Costituzione, anche il diritto di difesa sanzionato nell'art. 24, dal momento che l'imputato non avrebbe avuto la possibilità pratica di avvalersi dell'esimente speciale richiamata.

2. - Lo stesso giudice, con ordinanza del 22 dicembre 1995 (r.o. n. 334 del 1996), ha sollevato identica questione di costituzionalità sempre nei confronti del decreto-legge n. 463 del 1995 (e, in particolare, dell'art. 12, comma 4, di tale decreto), mentre, con le ordinanze del 19 e 29 gennaio, del 19 febbraio e del 18 e 22 marzo del 1996 (r.o. nn. 247, 536, 615, 633 e 639) l'impugnativa è stata indirizzata nei confronti dei successivi decreti-legge 8 gennaio 1996, n. 8, e 8 marzo 1996, n. 113 (e, in particolare, dell'art. 12, comma 4, di tali decreti), decreti che hanno costituito un'ulteriore reiterazione di quello impugnato con le prime due ordinanze.

3. - In tutti i giudizi (con l'eccezione di quello relativo all'ordinanza n. 633 del 29 gennaio 1996) ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o, comunque, manifestamente infondate.

L'Avvocatura osserva preliminarmente che i decreti-legge impugnati sono decaduti per mancata conversione nel termine e, pertanto, le questioni dedotte dovrebbero essere dichiarate inammissibili. Ogni valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti in base ai quali si è proceduto alla reiterazione degli stessi decreti-legge risulterebbe, pertanto, preclusa, né varrebbe a superare tale limite il richiamo alla sentenza n. 302 del 1988, dal momento che anche in quel caso la Corte non pervenne a una declaratoria d'illegittimità della reiterazione, ma si limitò ad esprimere un auspicio a favore di riforme ritenute opportune.

In riferimento alle censure concernenti l'art. 12, comma 4, l'Avvocatura ritiene poi che il giudice rimettente confonda il problema dei limiti di verificabilità concreta della fattispecie ivi prevista con la legittimità costituzionale della stessa norma, dal momento che la soluzione di tale problema comporterebbe soltanto una valutazione compresa nella competenza interpretativa del giudice.

4. - In prossimità della camera di consiglio la difesa dello Stato ha depositato una memoria, per ribadire le precedenti deduzioni.


Considerato in diritto

1. - Le sette ordinanze del pretore di Macerata, pur riferendosi a tre distinti decreti-legge, pongono questioni sostanzialmente identiche sia con riferimento agli atti considerati nel loro complesso che alla particolare disposizione espressa nell'art. 12, comma 4, di tali decreti.

I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con una stessa pronuncia.

2. - Le ordinanze in esame sollevano questione di legittimità costituzionale nei confronti dei decreti-legge n. 463 dell'8 novembre 1995, n. 8 dell'8 gennaio 1996, e n. 113 dell'8 marzo 1996 (tutti recanti "Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti"), per violazione dell'art. 77 della Costituzione, e, nell'ambito di tali decreti, della disposizione di cui all'art. 12, comma 4 - dove si prevede una particolare causa di non punibilità per i reati di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 - per violazione anche dell'art. 24 della Costituzione.

Ad avviso del giudice rimettente i decreti-legge in questione, in quanto ripetutamente reiterati con contenuto sostanzialmente identico, verrebbero a contrastare sia con il requisito dell'urgenza che con il carattere della provvisorietà richiesti dall'art. 77 della Costituzione per l'adozione da parte del Governo di un atto con forza di legge, determinando anche una surrettizia sostituzione del decreto-legge alla legge ordinaria.

Nell'ambito di tali decreti-legge la disposizione contenuta nell'art. 12, comma 4, risulterebbe, altresì, viziata per violazione dell'art. 24 della Costituzione, avendo previsto come causa di non punibilità un comportamento praticamente inesigibile, in quanto connesso al rispetto di condizioni fissate in un decreto del Ministro dell'ambiente (d.m. 26 gennaio 1990) in gran parte annullato a seguito di una pronuncia di questa Corte (sentenza n. 512 del 1990).

3. - Dopo l'adozione delle ordinanze di rimessione nessuno dei tre decreti-legge impugnati è stato convertito in legge. L'ultimo di tali decreti (d.-l. 8 marzo 1996, n. 113) è stato, peraltro, ulteriormente reiterato con il d.-l. 3 maggio 1996, n. 246, di identico contenuto, anch'esso non convertito.

Successivamente, la materia del riutilizzo dei residui e dello smaltimento dei rifiuti è stata regolata con il d.-l. 8 luglio 1996, n. 352 (Disciplina delle attività di recupero dei rifiuti), che in parte ha reiterato e in parte ha modificato la disciplina contenuta nei precedenti decreti. La disposizione espressa nell'art. 12, comma 4, dei decreti impugnati - oggetto di specifica censura - è stata, invece, reiterata, senza alcuna modifica, con l'art. 6, comma 4, del decreto-legge suddetto. Anche questo decreto non è stato convertito, ma reiterato, senza alcuna variante, con il d.-l. 6 settembre 1996, n. 462, che è attualmente in vigore.

In sintesi, il decreto-legge n. 462 del 6 settembre 1996, oggi vigente, ha introdotto variazioni formali e sostanziali rispetto agli atti (decreti-legge nn. 463 del 1995, 8 e 113 del 1996) che formano oggetto delle impugnative, ma ha recepito integralmente, nell'art. 6, comma 4, il contenuto della disposizione già espressa nell'art. 12, comma 4, specificamente impugnata.

Secondo i principi enunciati nella sentenza n. 84 del 1996 di questa Corte (v., in particolare, il n. 4.2.3 del considerato in diritto), la questione di costituzionalità sollevata, con le ordinanze in esame, nei confronti dei decretilegge nn. 463 del 1995, 8 e 113 del 1996 non può, pertanto, essere "trasferita" sul decreto-legge n. 462 del 1996 considerato nel suo complesso, dal momento che lo stesso ha introdotto variazioni nel quadro generale della disciplina posta con i decreti-legge impugnati. Il "trasferimento" può essere, invece, operato nei confronti dell'art. 6, comma 4, del d.-l. n. 462 del 1996, che ha riprodotto sia il contenuto precettivo essenziale che la formulazione letterale dell'art. 12, comma 4, dei decreti-legge impugnati.

Le censure formulate con le ordinanze in esame, sia in relazione all'art. 77 che all'art. 24 della Costituzione, vanno, di conseguenza, riferite soltanto alla norma che è stata reiterata mediante l'art. 6, quarto comma, del decreto-legge n. 462 del 1996, oggi in vigore: norma che risulta anche essere la sola rilevante ai fini della definizione dei giudizi nel cui ambito le questioni di costituzionalità sono state sollevate.

4. - La questione relativa alla violazione dell'art. 77 della Costituzione è fondata.

La norma impugnata - così come riprodotta nell'art. 6, comma 4, del decreto-legge n. 462 del 1996 - ha formato oggetto di una lunga serie di reiterazioni operate mediante decreti-legge, che trovano il loro punto di partenza nel d.-l. 7 gennaio 1994, n. 12, e che si sono prolungate, attraverso una catena ininterrotta, fino ad oggi.

L'art. 77, commi 2 e 3, della Costituzione prevede la possibilità per il Governo di adottare, sotto la propria responsabilità, atti con forza di legge (nella forma del decreto-legge) come ipotesi eccezionale, subordinata al rispetto di condizioni precise. Tali atti, qualificati dalla stessa Costituzione come "provvisori", devono risultare fondati sulla presenza di presupposti "straordinari" di necessità ed urgenza e devono essere presentati, il giorno stesso della loro adozione, alle Camere, ai fini della conversione in legge, conversione che va operata nel termine di sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Ove la conversione non avvenga entro tale termine, i decreti-legge perdono la loro efficacia fin dall'inizio, salva la possibilità per le Camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti.

Questa disciplina, nella sua limpida formulazione, non offre alternative al carattere necessariamente provvisorio della decretazione d'urgenza: o le Camere convertono il decreto in legge entro sessanta giorni o il decreto perde retroattivamente la propria efficacia, senza che il Governo abbia la possibilità di invocare proroghe o il Parlamento di provvedere ad una conversione tardiva. La disciplina costituzionale viene, pertanto, a qualificare il termine dei sessanta giorni fissato per la vigenza della decretazione d'urgenza come un limite insuperabile, che - proprio ai fini del rispetto del criterio di attribuzione della competenza legislativa ordinaria alle Camere - non può essere né violato né indirettamente aggirato.

Ora, il decreto-legge iterato o reiterato - per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni) il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali - lede la previsione costituzionale sotto più profili: perché altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in legge; perché toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessità e dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a fondamento del primo decreto; perché attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilità di consolidare gli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata.

Su di un piano più generale, la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo - come è accaduto nella esperienza più recente - viene, di conseguenza, a incidere negli equilibri istituzionali (v. sentenza n. 302 del 1988), alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento (art. 70 della Costituzione).

Non solo. Questa prassi, se diffusa e prolungata, finisce per intaccare anche la certezza del diritto nei rapporti tra i diversi soggetti, per l'impossibilità di prevedere sia la durata nel tempo delle norme reiterate che l'esito finale del processo di conversione: con conseguenze ancora più gravi quando il decreto reiterato venga a incidere nella sfera dei diritti fondamentali o - come nella specie - nella materia penale o sia, comunque, tale da produrre effetti non più reversibili nel caso di una mancata conversione finale (v. sentenza n. 161 del 1995; ordinanza n. 197 del 1996).

5. - Il divieto di iterazione e di reiterazione, implicito nel disegno costituzionale, esclude, quindi, che il Governo, in caso di mancata conversione di un decreto-legge, possa riprodurre, con un nuovo decreto, il contenuto normativo dell'intero testo o di singole disposizioni del decreto non convertito, ove il nuovo decreto non risulti fondato su autonomi (e, pur sempre, straordinari) motivi di necessità ed urgenza, motivi che, in ogni caso, non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto. Se è vero, infatti, che, in caso di mancata conversione, il Governo non risulta spogliato del potere di intervenire nella stessa materia con lo strumento della decretazione d'urgenza, è anche vero che, in questo caso, l'intervento governativo - per poter rispettare i limiti della straordinarietà e della provvisorietà segnati dall'art. 77 - non potrà porsi in un rapporto di continuità sostanziale con il decreto non convertito (come accade con l'iterazione e con la reiterazione), ma dovrà, in ogni caso, risultare caratterizzato da contenuti normativi sostanzialmente diversi ovvero da presupposti giustificativi nuovi di natura "straordinaria".

6. - I principi richiamati conducono, dunque, ad affermare l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 77 della Costituzione, dei decreti-legge iterati o reiterati, quando tali decreti, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, abbiano sostanzialmente riprodotto, in assenza di nuovi (e sopravvenuti) presupposti straordinari di necessità ed urgenza, il contenuto normativo di un decreto-legge che abbia perso efficacia a seguito della mancata conversione.

Restano, peraltro, salvi gli effetti dei decreti-legge iterati o reiterati già convertiti in legge o la cui conversione risulti attualmente in corso, ove la stessa intervenga nel termine fissato dalla Costituzione. A questo proposito va, infatti, considerato che il vizio di costituzionalità derivante dall'iterazione o dalla reiterazione attiene, in senso lato, al procedimento di formazione del decreto-legge in quanto provvedimento provvisorio fondato su presupposti straordinari di necessità ed urgenza: la conseguenza è che tale vizio può ritenersi sanato quando le Camere, attraverso la legge di conversione (o di sanatoria), abbiano assunto come propri i contenuti o gli effetti della disciplina adottata dal Governo in sede di decretazione d'urgenza.

7. - Da quanto precede discende l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 4, del d.-l. 6 settembre 1996, n. 462, che ha reiterato, con contenuto immutato ed in assenza di nuovi presupposti di necessità ed urgenza, la disposizione espressa nell'art. 12, quarto comma, dei decreti-legge impugnati.

Resta assorbita la censura relativa alla violazione dell'art. 24 della Costituzione.

8. - Questa Corte, nell'adottare la presente pronuncia, è consapevole delle difficoltà di ordine pratico che dalla stessa, nei tempi brevi, potranno derivare sul piano dell'assetto delle fonti normative, stante l'ampiezza assunta dal fenomeno della reiterazione nel corso delle ultime legislature. Tali difficoltà, ancorché ben presenti, non sono, peraltro, tali da poter giustificare il protrarsi di una prassi che è andata sempre più degenerando e che ha condotto ad oscurare principi costituzionali di rilevanza primaria quali quelli enunciati nell'art. 77 della Costituzione, principi la cui violazione o elusione è suscettibile di incidere non soltanto sul corretto svolgimento dei processi di produzione normativa, ma anche sugli equilibri fondamentali della forma di governo.

Su questo piano, la Corte non può fare altro che segnalare al Parlamento ed al Governo l'opportunità di intervenire sulle cause che hanno condotto, negli ultimi anni, a dilatare il ricorso alla reiterazione, cause che - anche al di fuori della prospettiva di una riforma dell'art. 77 della Costituzione - potrebbero, sin da ora, essere contenute e rimosse, mediante il più rigoroso rispetto da parte del Governo dei requisiti della necessità e dell'urgenza e attraverso le opportune iniziative che il Parlamento, nell'ambito delle proprie competenze, potrà, a sua volta, adottare.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 4, del d.-l. 6 settembre 1996, n. 462, recante "Disciplina delle attività di recupero dei rifiuti".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996

Il Presidente: Ferri

Il redattore: Cheli

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 24 ottobre 1996.

Il direttore della cancelleria: Di Paola