Titolo
SENT. 309/99 A. SANITA' PUBBLICA - TUTELA DELLA SALUTE - ASSICURAZIONE DI CURE GRATUITE - ESTENSIONE - CONDIZIONAMENTI DERIVANTI, NEL BILANCIAMENTO DEL LEGISLATORE, DA ESIGENZE DI FINANZA PUBBLICA - LIMITI - ESISTENZA DI UN NUCLEO IRRIDUCIBILE, COSTITUZIONALMENTE GARANTITO COME DIRITTO INVIOLABILE, SPECIALMENTE AI CITTADINI IN DISAGIATE CONDIZIONI ECONOMICHE.
Testo
Come la Corte ha ripetutamente affermato, la tutela del diritto alla salute garantito dall'art. 32 Cost. non puo' non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone. Le esigenze della finanza pubblica, tuttavia, non possono assumere -come anche si e' precisato- nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile di tale diritto, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignita' umana. Ed e' certamente a quest'ambito che appartiene il diritto dei cittadini in disagiate condizioni economiche - o, secondo la terminologia dell'art. 32 Cost., indigenti - a che siano loro assicurate cure gratuite.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 32
Titolo
SENT. 309/99 B. SANITA' PUBBLICA - ASSISTENZA SANITARIA AI CITTADINI ITALIANI ALL'ESTERO - CITTADINI ITALIANI CHE, PER MOTIVI DIVERSI DAL LAVORO O DALLA FRUIZIONE DI BORSE DI STUDIO, SI TROVINO TEMPORANEAMENTE ALL'ESTERO (AL DI FUORI DEI TERRITORI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITA' EUROPEA O APPARTENENTI ALLO SPAZIO ECONOMICO EUROPEO) E VERSINO IN DISAGIATE CONDIZIONI ECONOMICHE - PREVISIONI DI FORME DI ASSISTENZA SANITARIA GRATUITA - ASSOLUTA MANCANZA NELLA VIGENTE NORMATIVA - RICONOSCIUTA VIOLAZIONE DEI DIRITTI SANCITI AL RIGUARDO IN COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - IMPLICAZIONI - NECESSARIA ATTUAZIONE DELLA STATUIZIONE, SOLO DI PRINCIPIO, DELLA CORTE COSTITUZIONALE, CON DISPOSIZIONI DI DETTAGLIO DA EMANARSI, IN BASE A VALUTAZIONI DISCREZIONALI DI SUA ESCLUSIVA COMPETENZA, DAL LEGISLATORE.
Testo
L'art. 37 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 - contenente una delega legislativa per la disciplina dell'assistenza sanitaria dei cittadini italiani all'estero - e gli artt. 1 e 2 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618 - emanato in base a detta delega - vanno dichiarati illegittimi, per violazione dell'art. 32 Cost., nella parte in cui, a favore dei cittadini italiani che si trovino temporaneamente all'estero, per motivi diversi dal lavoro e dalla fruizione di borse di studio presso universita' o fondazioni straniere, e versano in disagiate condizioni economiche, non prevedono forme di assistenza sanitaria gratuita da stabilirsi dal legislatore. Premesso che la questione, cosi' decisa, non riguarda i cittadini il cui stato di salute necessiti di prestazioni immediate durante il soggiorno nel territorio di uno Stato membro della Comunita' europea o appartenente allo Spazio economico europeo - per i quali e' assicurata completa copertura dal diritto comunitario (v. al riguardo, in particolare, il regolamento CEE del Consiglio del 14 giugno 1971, e l'Accordo sullo Spazio economico europeo ratificato dall'Italia con la legge 28 luglio 1993, n. 300) e dalle norme di diritto interno (art. 1, comma 9, del d.l. 25 novembre 1989, n. 382, convertito con modificazioni dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8) - ne' i cittadini ai quali prestazioni assistenziali sono garantite da accordi bilaterali cui fa riferimento lo stesso d.P.R. n. 618 del 1980, assicurate in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero, in base alla legge 23 ottobre 1985, n. 595, deve infatti riconoscersi che l'art. 32 Cost. postula che il diritto alle cure gratuite sia assicurato anche ai cittadini che, in disagiate condizioni economiche, si rechino all'estero, dovendo escludersi che ad essi possa imporsi l'onere di non lasciare il territorio nazionale o quello degli Stati dove, in caso di malattia, e' loro garantita l'assistenza sanitaria, e che ai motivi del soggiorno al di fuori di tali territori, diversi dal lavoro e dalla fruizione di borse di studio (come i motivi familiari, di ricerca di un'occupazione, di apprendimento di una lingua o di una professione, ovvero puramente affettivi, culturali o di svago) debba collegarsi un'aprioristica valutazione negativa. E' chiaro peraltro che, una volta stabilito il principio che l'art. 32 Cost. non tollera l'assoluto vuoto di tutela che si riscontra in proposito nella disciplina censurata, esula dalla sfera della giustizia costituzionale, ma rientra in valutazioni discrezionali di esclusiva competenza del legislatore, definire nei dettagli i presupposti soggettivi e le condizioni oggettive (relative ai limiti di reddito, ai tetti patrimoniali, ai tipi di patologie, alla determinazione della stessa nozione di indigenza, ecc.) nonche' i modi, le procedure e le forme con cui il diritto degli indigenti dovra' realizzarsi. Con una regolamentazione nella quale ben si potranno adottare cautele ed accorgimenti idonei a prevenire deprecabili abusi, ma in cui, al tempo stesso, non si potra' negare il sostegno dello Stato nei casi estremi, allorche', in concreto, il contenuto del diritto alla cura immediata si confonda con il contenuto all'integrita' della persona fino a risolversi nello stesso diritto alla vita.
- V. la precedente massima A. Riguardo alla nozione di "indigenza" nella prospettata problematica, di recente S. n. 185/1998.
Atti oggetto del giudizio
legge
23/12/1978
n. 833
art. 37
decreto del Presidente della Repubblica
31/07/1980
n. 618
art. 1
decreto del Presidente della Repubblica
31/07/1980
n. 618
art. 2
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 2
Costituzione
art. 3
N. 309
SENTENZA 7-16 LUGLIO 1999
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 37 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario
nazionale) e 1 e 2 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618 (Assistenza
sanitaria ai cittadini italiani all'estero), promosso con ordinanza
emessa il 14 novembre 1997 dal pretore di Venezia, iscritta al n. 43
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 ottobre 1998 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio civile promosso da una assistita del
servizio sanitario nazionale nei confronti dell'Unità sanitaria
locale n. 11 di Venezia, avente ad oggetto il rimborso delle spese
per prestazioni sanitarie sostenute all'estero (Stati Uniti
d'America) a seguito di grave patologia che ne aveva determinato il
ricovero d'urgenza in ospedale, il pretore di Venezia, con ordinanza
in data 14 novembre 1997, ha sollevato, in riferimento agli articoli
2, 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'articolo 37 della legge 23 dicembre 1978, n. 833
(Istituzione del servizio sanitario nazionale) e del d.P.R. 31 luglio
1980, n. 618 (Assistenza sanitaria ai cittadini italiani
all'estero), nella parte in cui non prevedono alcuna forma di
assistenza per i cittadini italiani che si trovino all'estero per
motivi diversi dal lavoro o dallo studio (recte: dalla fruizione di
borse di studio).
Il remittente premette che l'art. 6 della legge n. 833 del 1978
attribuisce alla competenza dello Stato le funzioni amministrative
concernenti l'assistenza sanitaria dei cittadini italiani all'estero,
e che il successivo art. 37 contiene al riguardo una delega al
Governo e criteri direttivi che prevedono debba essere assicurata la
tutela della salute attraverso forme di assistenza, diretta o
indiretta, dei lavoratori e dei loro familiari, dei dipendenti dello
Stato e di enti pubblici e dei loro familiari, nonché dei
contrattisti stranieri che prestino la loro opera presso
rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni
scolastiche e culturali ovvero in delegazioni o uffici di enti
pubblici oppure in servizio di assistenza tecnica.
In esecuzione della delega - ricorda il giudice a quo - è stato
emanato il d.P.R. n. 618 del 1980, che, attenendosi ai criteri
stabiliti dal legislatore delegante, dopo avere disposto che
l'assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero ed ai loro
familiari aventi diritto, per tutto il periodo della loro permanenza
fuori dal territorio italiano connessa ad una attività lavorativa,
compete allo Stato (art. 1), ha individuato i cittadini beneficiari,
distinguendoli in gruppi (lavoratori privati, dipendenti pubblici,
contrattisti) ed in categorie (art. 2), escludendo implicitamente
qualunque forma di assistenza per coloro che non vi rientrino, come,
appunto, i cittadini che si trovino all'estero per motivi diversi da
quelli di lavoro o di fruizione di borse di studio.
Il remittente rileva che le successive norme emanate in materia
sanitaria d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina
in materia sanitaria a norma dell'art. 1 della legge 23 dicembre
1992, n. 421), come modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993 e dalla
legge n. 724 del 1994 non hanno mutato l'ambito dei soggetti
beneficiari dell'assistenza all'estero, che è rimasto limitato alle
categorie sopra indicate (l'art. 7 del citato d.lgs. n. 502 del 1992
fa anzi espressamente salve le disposizioni previste dal d.P.R. n.
618 del 1980).
Anche la legge della Regione Veneto 13 giugno 1985, n. 83 (Norme
per l'esecuzione dell'assistenza ospedaliera), che prevedeva,
all'art. 5, l'impegno della Regione ad assicurare, secondo le
disposizioni vigenti, l'assistenza ospedaliera agli aventi diritto
residenti in Veneto che si trovassero fuori del territorio nazionale,
ad avviso del giudice a quo "deve ritenersi implicitamente abolita
dalla successiva legge dello Stato che ha interamente disciplinato la
materia della assistenza sanitaria dei cittadini italiani
all'estero".
Dal quadro normativo sopra delineato risulterebbe, quindi, del
tutto priva di tutela la salute dei cittadini italiani all'estero "al
di fuori di alcune limitate categorie di beneficiari": ne
conseguirebbe la violazione del principio di eguaglianza e del
diritto alla salute. Pur essendo, infatti, evidente la diversità
della situazione in cui versa il cittadino all'estero per motivi di
lavoro rispetto a quella del cittadino che vi si trovi per motivi
familiari o di svago, non potrebbe dubitarsi che in entrambi i casi
il bene della salute, alla cui completa protezione ogni cittadino ha
diritto, debba essere garantito, anche se con forme o procedure che
tengano nel debito rilievo la diversità delle fattispecie.
La violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, ad
avviso del remittente, sarebbe particolarmente evidente nelle ipotesi
in cui si verifichi una assoluta emergenza che non consenta - se non
con il rischio di gravissime conseguenze per la salute della persona
- il differimento del trattamento terapeutico, ed in cui, quindi,
l'assistenza sanitaria non possa essere prestata nelle strutture
pubbliche esistenti nel territorio nazionale, se non con il pericolo
di vita per il cittadino o di aggravamento della sua malattia.
Quanto alla rilevanza della questione, il pretore di Venezia
precisa che una consulenza tecnica d'ufficio, disposta in corso di
causa, ha concluso che nel caso di specie l'assistenza ospedaliera
prestata alla ricorrente era assolutamente indifferibile ed
indispensabile.
2. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata.
L'Avvocatura ricorda che con l'ordinanza n. 78 del 1996 è stata
dichiarata manifestamente inammissibile una questione di legittimità
costituzionale dell'articolo 3, comma 5, della legge 23 ottobre 1985,
n. 595 (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano
triennale 1986-1988), che investiva i presupposti ai quali è
subordinata l'assistenza sanitaria indiretta al cittadino italiano
all'estero, presupposti che consistono nell'esigenza di prestazioni
sanitarie ottenibili presso centri di altissima specializzazione.
Analoga soluzione di inammissibilità si imporrebbe quindi nel caso
presente, nel quale il giudice remittente chiede di estendere la
disciplina dettata dalle norme censurate ad una ipotesi diversa da
quella a cui si riferiscono le norme stesse, che riguardano
l'assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero per motivi di
lavoro o di fruizione di borse di studio. L'estensione richiesta, ove
accolta, imporrebbe di definire condizioni, limiti e modalità di una
ipotesi nuova di assistenza indiretta da erogare all'estero, che
dovrebbe formare oggetto di scelte affidate alla discrezionalità del
legislatore; di qui la manifesta inammissibilità di una questione
diretta ad ottenere una sentenza additiva, autoapplicativa, pur in
assenza di soluzioni obbligate.
La questione, secondo l'Avvocatura, sarebbe, comunque, infondata,
poiché la giurisprudenza costituzionale avrebbe chiarito che, pur
essendo il diritto alla salute da ricomprendere tra le posizioni
soggettive direttamente garantite dalla Costituzione, la tutela
riconosciuta dal precetto costituzionale postula una scelta degli
strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione, la cui determinazione
spetta al legislatore (sentenza n. 142 del 1982) e può incontrare
limiti oggettivi sia nella stessa organizzazione dei servizi sanitari
che nelle esigenze di concomitante tutela di altri interessi
(sentenza n. 175 del 1982). Il principio del necessario
bilanciamento tra la tutela costituzionale accordata al diritto alla
salute e l'esistenza di limiti oggettivi in relazione alle risorse
organizzative e finanziarie che la collettività può dedicare al
soddisfacimento di quel diritto sarebbe stato poi ulteriormente
ribadito dalla sentenza n. 304 del 1994 di questa Corte.
In definitiva, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, "la scelta
del legislatore di ancorare l'intervento pubblico a tutela della
salute dei cittadini sulla base della territorialità, consentendo in
circoscritte ipotesi l'assistenza sanitaria indiretta per le
prestazioni sanitarie del cittadino italiano residente in Italia
ottenute all'estero", non contrasterebbe con gli articoli 3 e 32
della Costituzione. Né sarebbe configurabile la violazione dell'art.
3 della Costituzione, poiché non sarebbe possibile assimilare la
situazione di chi si trattiene all'estero per ragioni di lavoro con
quella di chi occasionalmente vi si trova per motivi di diporto.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza di remissione ha ad oggetto l'articolo 37 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario
nazionale) e il decreto legislativo 31 luglio 1980, n. 618
(Assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero), dei quali
viene prospettata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della
Costituzione, l'illegittimità costituzionale, nella parte in cui non
prevedono alcuna forma di assistenza sanitaria a favore dei cittadini
italiani all'estero per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione
di borse di studio.
Anche se il decreto legislativo viene denunciato per intero nel
dispositivo dell'ordinanza di remissione, quanto affermato nella
parte motiva di questa induce a ritenere che la censura sia limitata
agli artt. 1 e 2, concernenti rispettivamente le competenze dello
Stato e i beneficiari dell'assistenza.
Ad avviso del giudice a quo la mancata previsione di una qualche
forma di assistenza, anche indiretta, per i cittadini italiani che si
trovino all'estero per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione di
borse di studio - particolarmente nelle ipotesi di assoluta
emergenza, che non consentano il differimento del trattamento
terapeutico al rientro in Italia - violerebbe il principio di
eguaglianza e il diritto alla salute. Pur essendo evidente la
diversità di situazione in cui versa il cittadino all'estero per
lavoro rispetto a quella del cittadino che vi si trovi per motivi
familiari o di svago, non potrebbe dubitarsi, secondo il remittente,
che anche in questi ultimi casi il bene della salute, alla cui
protezione ogni cittadino ha diritto, debba essere garantito, sia
pure in forme e secondo procedure diversificate che tengano nel
debito rilievo le differenze riscontrabili nelle fattispecie.
2. - La questione sottoposta a questa Corte ovviamente non riguarda
i cittadini, iscritti al Servizio sanitario nazionale, il cui stato
di salute necessiti di prestazioni immediate durante il soggiorno nel
territorio di un Stato membro della comunità europea o appartenente
allo Spazio economico europeo. Per essi è infatti completa la
copertura assicurata dal diritto comunitario (regolamento CEE n.
1408/1971 del Consiglio del 14 giugno 1971, concernente
l'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori
subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della
comunità, e successive modificazioni) e dalle norme di diritto
interno (art. 1, comma 9, del d.-l. 25 novembre 1989 n. 382, recante
"Disposizioni urgenti sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul
ripiano dei disavanzi delle unità sanitarie locali", convertito con
modificazioni dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8), nonché
dall'accordo sullo Spazio economico europeo (ratificato dall'Italia
con la legge 28 luglio 1993, n. 300). La questione sollevata dal
pretore di Venezia neppure riguarda le prestazioni assistenziali
garantite ai cittadini italiani da altri accordi bilaterali o
multilaterali (art. 2, incipit del d.P.R. n. 618 del 1980), né
quelle assicurate in forma indiretta presso centri di altissima
specializzazione all'estero, regolate dalla legge 23 ottobre 1985, n.
595 (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario
triennale 1986-88).
3. - Così definitone l'ambito, la questione è fondata nei limiti
di cui ora si dirà.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che la tutela del diritto
alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso
legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle
quali dispone; ma ha anche precisato (sentenze nn. 267 del 1998, 416
del 1995, 304 e 218 del 1994, 247 del 1992, 455 del 1990) che le
esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel
bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da
comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto
dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Ed
è certamente a quest'ambito che appartiene il diritto dei cittadini
in disagiate condizioni economiche, o indigenti secondo la
terminologia dell'art. 32 della Costituzione, a che siano loro
assicurate cure gratuite.
4. - Il diritto fondamentale garantito dall'art. 32 della
Costituzione non è adeguatamente salvaguardato dalla disciplina
contenuta negli artt. 1 e 2 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618,
dettata in attuazione della delega di cui alle lettere a) e b)
dell'art. 37 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tale
disciplina lo Stato assume l'onere di provvedere all'assistenza
sanitaria dei cittadini italiani all'estero per tutto il periodo
della loro permanenza al di fuori del territorio nazionale, purché
si tratti di persone che quivi svolgano attività lavorativa (alla
quale è equiparata la fruizione di borse di studio presso
università o fondazioni straniere) e che non godano, mediante forme
di assicurazione obbligatoria o volontaria, di prestazioni di
assistenza previste da leggi speciali o fornite dal datore di lavoro.
Le varie categorie di beneficiari, elencate nell'art. 2 del citato
d.P.R. n. 618 del 1980, hanno in comune il fatto che la permanenza
all'estero è giustificata da motivi di lavoro o dalla fruizione di
borse di studio.
Non rileva la qualità del datore di lavoro, che può essere un
soggetto pubblico o anche privato; si prescinde dalla qualifica o
dalle mansioni del lavoratore ed è indifferente la stessa natura del
rapporto che può essere sia di lavoro subordinato che di lavoro
autonomo, nel quale è compresa l'attività dei liberi
professionisti. Se sussiste una connessione tra la permanenza
all'estero anche temporanea e l'attività di lavoro, di prestazione
d'opera o di servizio, o, nei casi contemplati, l'attività di
studio, il riconoscimento del diritto è pieno. Alla erogazione della
assistenza si provvede in forma diretta, sulla base di convenzioni da
stipularsi con enti, istituti o medici privati che assicurino i
medesimi livelli di prestazione garantiti dal piano sanitario
nazionale, ovvero in forma indiretta, mediante il rimborso delle
spese sostenute dall'assistito, nei casi in cui non sia stato
possibile stipulare convenzioni ovvero queste siano cessate o sospese
o non garantiscano prestazioni analoghe a quelle spettanti in Patria,
o ancora nei casi di urgenza o di necessità, quando l'assistito non
abbia potuto far ricorso alle istituzioni o ai sanitari convenzionati
(art. 3 del d.P.R. n. 618 del 1980).
L'istanza di protezione del diritto alla salute anche al di fuori
dei confini nazionali che informa l'intera legge è così pregnante
che la titolarità delle provvidenze non viene subordinata ad alcun
parametro di reddito, e spetta perciò anche alle persone agiate, che
pure potrebbero sopportare, in tutto o in parte, il pagamento delle
prestazioni mediche di cui necessitano senza un troppo grave
nocumento per le loro condizioni finanziarie o patrimoniali. Ciò
denota che il diritto alla salute, qui declinato come diritto
all'assistenza in caso di malattia, ha assunto una configurazione
legislativa che ne rispecchia la vocazione espansiva.
5. - La disciplina in esame è tuttavia censurabile, alla luce
dell'art. 32 della Costituzione, nella parte in cui con essa si nega
qualsiasi forma di assistenza sanitaria ai cittadini che, trovandosi
all'estero per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse
di studio, versino in disagiate condizioni economiche.
Non potrebbe obiettarsi che la scelta legislativa sia nel senso che
i cittadini che non possono provvedere personalmente alle proprie
cure abbiano l'onere di non lasciare il territorio nazionale o quello
degli Stati dove, in caso di malattia, è loro garantita l'assistenza
sanitaria. L'indigenza è già di per sé ostativa all'effettivo
godimento dei diritti in genere e del diritto di espatrio in
particolare; la perdita della assistenza sanitaria gratuita in caso
di soggiorno temporaneo nel territorio di alcuni Stati esteri
costituisce aggravamento di una condizione materiale negativa;
aggravamento che al legislatore è vietato introdurre.
Il principio contenuto nell'art. 32 della Costituzione postula
infatti che il diritto alle cure gratuite sia assicurato anche al
cittadino che, in disagiate condizioni economiche, si rechi
all'estero. I motivi del soggiorno al di fuori del territorio
nazionale, diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio,
possono per lui essere i più vari: familiari, di ricerca di
un'occupazione, di apprendimento di una lingua o di una professione,
ovvero puramente affettivi, culturali o di svago. A tali motivi non
è consentito collegare una aprioristica valutazione negativa,
poiché l'espatrio può costituire in ogni caso fattore di
arricchimento e di sviluppo della personalità.
6. - Una volta rilevato che nel bilanciamento dei diversi interessi
coinvolti nella disciplina censurata non può essere ignorata la
posizione delle persone a favore delle quali la garanzia
costituzionale è posta dall'art. 32 con il massimo di cogenza,
questa Corte non può procedere oltre. Esulerebbe dalla sfera della
giustizia costituzionale definire nei dettagli i presupposti
soggettivi, le condizioni oggettive, i modi, le procedure e le forme
nelle quali il diritto degli indigenti deve realizzarsi. Si tratta
infatti di valutazioni alle quali non sono estranei margini di
discrezionalità apprezzabili solo dal legislatore. La stessa
nozione di indigenza utilizzata nell'articolo 32, e che in una
recente sentenza è stata fatta coincidere con quella di
insufficienti disponibilità economiche (sentenza n. 185 del 1998),
non possiede un significato puntuale e sempre identico a se stesso,
sì che possano essere determinati con una sentenza di questa Corte i
limiti di reddito o i tetti patrimoniali al di sotto dei quali le
condizioni economiche di una persona siano da ritenere insufficienti
a fronteggiare le esigenze terapeutiche, anche perché i criteri di
cui il legislatore può far uso per determinare il contenuto di tale
nozione possono variare a seconda della maggiore o minore onerosità
di una cura.
Sotto un concorrente profilo, spetta poi al legislatore e non a
questa Corte identificare il tipo di patologie per le quali
l'indigente, che si trovi all'estero, ha diritto a cure gratuite. Il
valore espresso dall'articolo 32 della Costituzione, nel suo
puntualizzarsi in un diritto fondamentale del cittadino, può
assumere accentuazioni diverse e graduate che dipendono anche dalla
gravità della patologia e dall'entità dei rischi connessi al
differimento della terapia. In molte ipotesi imporre l'onere del
rientro in Patria può non significare negare il diritto del non
abbiente; per converso, il confine tra il diritto alla cura immediata
e il diritto all'integrità della persona può risultare in concreto
assai labile, e il contenuto dell'un diritto può confondersi, in
casi estremi, col contenuto dell'altro fino anche a risolversi nel
diritto alla vita. In casi simili il sostegno dello Stato non
dovrebbe mai mancare.
La definizione del livello di tutela da accordare all'indigente
all'estero postula dunque scelte che non possono essere direttamente
compiute da questa Corte ma che sono rimesse al bilanciamento
legislativo. Così come, d'altronde, spetta al legislatore adottare
le cautele e gli accorgimenti idonei a far sì che il diritto alle
cure gratuite per l'indigente all'estero non trasmodi in un diritto
dei cittadini di rifiutare le cure offerte in Italia dal servizio
sanitario nazionale e di scegliere liberamente lo Stato nel quale
curarsi a spese della collettività.
Tutto questo, si ripete, è materia di scelta legislativa. Quello
che l'articolo 32 della Costituzione certamente non tollera, e che
spetta a questa Corte colmare con il presente intervento di
principio, è l'assoluto vuoto di tutela, risultante dalla disciplina
censurata, per gli indigenti che si trovino temporaneamente nel
territorio di Stati esteri nei quali non è loro garantita alcuna
forma di assistenza sanitaria gratuita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 37 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario
nazionale), e 1 e 2 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618 (Assistenza
sanitaria ai cittadini italiani all'estero), nella parte in cui, a
favore dei cittadini italiani che si trovano temporaneamente
all'estero, non appartengono alle categorie indicate nell'articolo 2
del medesimo decreto e versano in disagiate condizioni economiche,
non prevedono forme di assistenza sanitaria gratuita da stabilirsi
dal legislatore.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mezzanotte
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 16 luglio 1999.
Il cancelliere: Fruscella