Titolo
SENT. 30/60 A. LAVORO - RETRIBUZIONE DEL LAVORATORE - CONGLOBAMENTO DI PIU' VOCI RETRIBUTIVE - EFFETTI. LAVORO - PORTIERI E LAVORATORI ADDETTI ALLA PULIZIA DEGLI IMMOBILI URBANI - CONGLOBAMENTO DELLE RETRIBUZIONI - INDENNITA' DI CONTINGENZA - DETERMINAZIONE CON RIFERIMENTO ALLA QUALITA' DI CAPO-FAMIGLIA DEL LAVORATORE.
Testo
Il conglobamento in unica retribuzione del salario e di ogni altro assegno o indennita' spettante al lavoratore, non esclude che le singole voci che compongono la retribuzione complessiva rimangano distinte, quando nella determinazione della loro misura confluiscono elementi di differenziazione. Nonostante il conglobamento in unica retribuzione dei salari e delle indennita' spettanti ai portieri e ai lavoratori addetti alla pulizia degli immobili urbani, disposto con la legge 4 febbraio 1958, n. 23, resta operante, ai fini del calcolo dell'indennita' di contingenza, la distinzione fra capo-famiglia e non capo-famiglia, secondo la tabbella annessa al decreto legislativo 22 aprile 1947, n. 245.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
legge
04/02/1958
n. 23
art. 1
co. 0
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
22/04/1947
n. 285
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 30/60 B. LAVORO - RETRIBUZIONE DEL LAVORATORE - CRITERI DI DETERMINAZIONE.
Testo
A norma dell'art. 36 della Costituzione, la retribuzione del lavoratore deve essere commisurata alla prestazione di lavoro, nella sua consistenza qualitativa e quantitativa, e deve essere tale da assicurare al lavoratore un'esistenza libera e dignitosa. Il criterio di proporzionalita' all'entita' dell'opera prestata, che condiziona la misura del salario base, non puo' essere richiamato per determinare anche quella parte della retribuzione che deve assicurare al lavoratore un dignitoso tenore di vita, poiche', sotto tale aspetto, si deve tener conto del fatto che il lavoratore abbia o non abbia famiglia.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
legge
04/02/1958
n. 23
art. 1
co. 0
Titolo
SENT. 30/60 C. DIRITTI PROCLAMATI DALLA COSTITUZIONE - INTERVENTO DEL LEGISLATORE ORDINARIO - AMMISSIBILITA' - LIMITI.
Testo
Vedi: Sent. 1/1960 B.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
legge
04/02/1958
n. 23
art. 1
co. 0
Titolo
SENT. 30/60 D. LAVORO - PORTIERI E LAVORATORI ADDETTI ALLA PULIZIA DEGLI IMMOBILI URBANI - RETRIBUZIONI - ART. 1 LEGGE 4 FEBBRAIO 1958, N. 23: DETERMINAZIONE DELL'INDENNITA' DI CONTINGENZA CON RIFERIMENTO ANCHE ALLA SITUAZIONE DI CAPO FAMIGLIA O NON CAPO FAMIGLIA DEL LAVORATORE - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
Si adegua al principio dell'art. 36 della Costituzione, per cui la retribuzione del lavoratore deve essere commisurata anche alle sue esigenze familiari, l'art. 1 della legge 4 febbraio 1958, n. 23, che nel disporre il conglobamento in un unica voce retributiva del salario minimo e delle indennita' di caro-vita, di caro-pane e di contingenza dovuti ai portieri e ai lavoratori addetti con rapporto continuativo alla pulizia degli immobili urbani, stabilisce, in relazione alla tabella annessa al decreto legislativo 22 aprile 1947, n. 285, che l'indennita' di contingenza sia corrisposta in misura diversa a seconda della qualita' di capo-famiglia o non capo-famiglia del lavoratore. Tale disposizione si adegua altresi' al principio dell'eguaglianza contenuto nell'art. 3 della Costituzione, il quale non esclude che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni diverse.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
legge
04/02/1958
n. 23
art. 1
co. 0
N. 30
SENTENZA 28 APRILE 1960
Deposito in cancelleria: 4 maggio 1960.
Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 112 del 7 maggio 1960.
Pres. AZZARITI - Rel. MANCA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente - Avv.
GIUSEPPE CAPPI - Prof. TOMASO PERASSI - Prof. GASPARE AMBROSINI -
Prof. ERNESTO BATTAGLINI - Dott. MARIO COSATTI - Prof. FRANCESCO
PANTALEO GABRIELI - Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - Prof. ANTONINO
PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO
PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof.
GIUSEPPE BRANCA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge
4 febbraio 1958, n. 23, contenente norme per il conglobamento e
perequazioni salariali in favore dei portieri ed altri lavoratori
addetti alla pulizia e custodia di stabili urbani, promosso con
ordinanza emessa il 19 giugno 1959 dal Tribunale di Napoli nel
procedimento civile vertente tra D'Angelo Salvatore e Lepre Elisa ed
altri, iscritta al n. 90 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 220 del 12 settembre 1959.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio
dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 30 marzo 1960 la relazione del
Giudice Antonio Manca;
udito il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto:
Il Tribunale di Napoli, nel corso di un giudizio civile vertente
fra D'Angelo Salvatore e i condomini di uno stabile Lepre Elisa,
Alessandro e Raffaele (in relazione a retribuzioni spettanti alla
defunta Franciopilla Teresa, coniuge del D'Angelo e già portiera nello
stabile stesso), con ordinanza del 19 giugno 1959 ha sollevato
d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della
legge 4 febbraio 1958, n. 23 (contenente norme per il conglobamento e
perequazioni salariali in favore dei portieri ed altri lavoratori
addetti alla pulizia e custodia di stabili urbani), in riferimento agli
artt. 36 e 37 della Costituzione.
L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 1959, n. 220.
Il Tribunale ha premesso che, in base al decreto legislativo del 22
aprile 1947, n. 285 (istitutivo dell'indennità giornaliera di
contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia
degli immobili urbani), tale indennità, successivamente aumentata,
sarebbe concessa in misura diversa in relazione:
a) al sesso del prestatore d'opera;
b) alla sua qualità di capo famiglia o non capo famiglia;
c) al fatto che sia o no autorizzato ad esercitare altro mestiere
nello stabile;
d) alla categoria dello stabile in dipendenza del numero dei vani;
c) alla prestazione d'opera di portiere o di addetto, con rapporto
continuo, alla pulizia del fabbricato.
Rileva il Tribunale che la ricordata legge del 4 febbraio 1958, nel
conglobare in un 'unica retribuzione, a tutti i fini contrattuali e di
legge, i minimi salariali e le diverse indennità indicate nell'art. 1,
ha considerato espressamente la posizione degli uomini e delle donne,
parificandola anche ai fini dell'indennità caro - vita (art. 1) e che,
circa l'autorizzazione ad esercitare un altro mestiere, ha stabilito,
nell'art. 2, una riduzione della retribuzione conglobata nella misura
non superiore al 20%.
Peraltro, secondo l'interpretazione data dal Tribunale alla stessa
legge del 1958 (in contrasto con quella dell'attore, che sosteneva
l'assorbimento integrale di tutte le indennità senza distinzione),
resterebbero ancora operanti le seguenti differenziazioni, in relazione
alla misura della retribuzione:
a) quella relativa alla categoria dello stabile;
b) quella concernente la qualità specifica della prestazione;
c) quella concernente la qualità di capo famiglia o non capo
famiglia.
Ma, mentre riguardo alle prime due situazioni, nessuna
illegittimità sarebbe ravvisabile, in quanto la diversità della
retribuzione si ricollegherebbe alla diversità quantitativa e
qualitativa della prestazione, il dubbio circa la illegittimità, per
contrasto con gli artt. 36 e 37 della Costituzione, sorgerebbe invece
circa la differenza di retribuzione a seconda che si tratti di capo
famiglia o non capo famiglia.
Osserva al riguardo il Tribunale che dall'art. 36 si deducono due -
che si integrano fra loro con pari efficienza. La proporzionalità
della retribuzione in relazione alla quantità e qualità del lavoro
prestato, e la sufficienza della retribuzione stessa ai bisogni del
lavoratore e della sua famiglia. Principi dai quali deriverebbe la
necessità di considerare la retribuzione sotto il duplice aspetto
della proporzionalità all'entità del lavoro e della idoneità al
sostentamento familiare. Proporzionalità che troverebbe conferma
anche nella disposizione dell'art. 37 della Costituzione, per quanto
riguarda il lavoro delle donne e dei minori.
In relazione al caso concreto, nell'ordinanza si rileva inoltre
che, sebbene nella tabella annessa al decreto legislativo del 22 aprile
1947 la distinzione fra capo famiglia e non capo famiglia circa
l'indennità di contingenza, riguardi soltanto gli uomini e non le
donne, la distinzione stessa, tuttavia, si rifletterebbe anche rispetto
a queste ultime, data l'accennata parificazione agli uomini in base
all'art. 1 della legge n. 23 del 1958.
In questa sede si è costituito soltanto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello
Stato, la quale ha depositato le deduzioni il 31 luglio 1959,
concludendo perché si dichiari infondata la questione sollevata dal
Tribunale di Napoli.
Osserva al riguardo che il conglobamento disposto dalla legge del
1958 non contrasterebbe con l'art. 36 della Costituzione. Ciò
perché, dei due precetti contenuti nel detto art. 36, uno
riguarderebbe la corrispondenza fra la quantità e la qualità del
lavoro e la retribuzione, l'altro avrebbe diversa finalità: quella
cioè di mantenere, con indennità variabili per zone, quel livello di
vita che l'art. 36 della Costituzione richiede per il lavoratore e per
la sua famiglia. Il precetto costituzionale prescriverebbe pertanto che
la retribuzione dovrebbe essere anche adeguata ai bisogni del
lavoratore e della famiglia, ma non porrebbe alcun limite circa il modo
con il quale tale adeguamento deve essere attuato.
Non sussisterebbe d'altra parte alcuna violazione dell'art. 37
della Costituzione, in quanto, in base all'ultimo comma dell'art. 1
della legge del 1958, sarebbe attuata quella parificazione fra uomini e
donne disposta dal precetto costituzionale.
Non è stata presentata memoria.
Considerato in diritto:
L'art. 1 della legge 4 febbraio 1958, n. 23, stabilisce che sono
conglobati, a tutti i fini contrattuali e di legge, in un 'unica voce
retributiva, uguale per uomo e donna, oltre i salari minimi spettanti
ai portieri ed ai lavoratori addetti, con rapporto continuativo, alla
pulizia degli immobili urbani, anche le indennità di caro - vita, di
caropane e quella di contingenza, di cui all'articolo unico del decreto
legislativo 22 aprile 1947, n. 285, aumentata da altre leggi
successivamente emanate. In relazione appunto a questa indennità è
stata proposta la questione di legittimità costituzionale
dell'accennata disposizione della legge del 1958. Il Tribunale di
Napoli infatti ha sollevato il dubbio che la disposizione stessa sia in
contrasto con il primo comma dell'art. 36 e con l'art. 37 della
Costituzione, in quanto, nel disporre il conglobamento delle varie voci
retributive, avrebbe mantenuta ferma, riguardo alla misura
dell'indennità di contingenza, la distinzione fra capo famiglia e non
capo famiglia, contenuta nella tabella A allegata al decreto
legislativo 22 aprile 1947, già ricordato, richiamato espressamente
dalla legge del 1958.
Ora, l'interpretazione in tal senso di detta legge, come
presupposto logico della questione di costituzionalità, dove ritenersi
esatta. È da premettere infatti che il conglobamento di per sé non
porta necessariamente a ritenere soppressa la distinzione di cui si è
fatto cenno, dato che, nella determinazione della retribuzione
unificata da attribuire rispettivamente al capo famiglia e al non capo
famiglia, possono confluire elementi differenti, in dipendenza della
diversa misura delle varie indennità e quindi anche di quella di
contingenza.
Risulta d'altra parte dai lavori preparatori che la legge del 1958,
ora in esame, ha testualmente riprodotto l'art. 1 di una delle tre
proposte di legge di iniziativa parlamentare, presentate per favorire i
portieri e gli altri lavoratori addetti alla pulizia e custodia degli
immobili urbani. Non ha invece riprodotto l'art. 2 della proposta
stessa, che, allo scopo di uniformare e rendere omogenee le
retribuzioni, stabiliva minimi salariali a carattere nazionale, da
valere per uomini e donne, eliminando anche per l'indennità di
contingenza ogni distinzione, compresa quella fra capo famiglia e non
capo famiglia, com'è precisato nella relazione; e stabilendo soltanto
un diverso trattamento salariale in relazione alle due zone nelle quali
era, al riguardo, diviso il territorio nazionale, e tenuto conto delle
qualità di portiere addetto alla pulizia e custodia degli stabili, o
di lavoratore addetto soltanto alla pulizia. Se ne può fondatamente
desumere che, nella legge del 1958, per quanto attiene al
conglobamento, si è seguito un sistema diverso da quello adottato
nell'accennata proposta. Con la conseguenza quindi che, essendosi,
nella predetta legge, soppressa la distinzione relativa al sesso, ed
essendosi consentita, riguardo ai portieri che esercitano altro
mestiere, una riduzione non superiore al 20% della retribuzione
complessiva, in luogo di una diversa misura dell'indennità di
contingenza, rimangono tuttora operanti le altre differenziazioni
prevedute, per l'indennità stessa, dal decreto legislativo del 1947,
e, in particolare, quella inerente alla qualità o meno di capo
famiglia. Il che del resto, secondo quanto risulta dalla circolare del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 17381/41 G del 15
settembre 1958, corrisponde all'interpretazione che le organizzazioni
sindacali interessate hanno dato pacificamente quasi ovunque alla
citata legge del 1958.
Come si desume inoltre dall'ordinanza, il Tribunale ha ritenuto che
la questione circa la legittimità costituzionale di tale distinzione
sia rilevante per la definizione del giudizio principale (riguardante
le indennità dovute ad una donna che esercitava il mestiere di
portiera), osservando esattamente dal punto di vista giuridico che,
data la parificazione delle donne agli uomini stabilita dall'art. 1
della legge del 1958, sopra ricordata, la qualità di capo famiglia o
di non capo famiglia riguarda, in base a tale disposizione, anche le
donne. E ciò a differenza di quanto stabiliva il decreto legislativo
del 1947 (tabella A), che commisurava l'indennità di contingenza
all'esistenza o meno di tale qualità soltanto per gli uomini, mentre
per le donne prevedeva una diversa indennità esclusivamente in
relazione all'esercizio o meno di altro mestiere.
La questione per altro non può ritenersi fondata. Il primo comma
dell'art. 36 della Costituzione attribuisce al lavoratore il diritto
"ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo
lavoro, e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa". La retribuzione quindi deve
rispondere a due fondamentali e diverse esigenze. L'una si ricollega al
rapporto di scambio tra prestatore d'opera e datore di lavoro,
considerando la prestazione di lavoro nella sua consistenza
quantitativa e qualitativa; l'altra si riferisce alla situazione
familiare del lavoratore. Ciò è pure ammesso dal Tribunale, il quale
pone in rilievo che, nel precetto costituzionale, sono contenuti due
principi relativi all'elemento di carattere obiettivo e a quello
subiettivo, che si integrano a vicenda, di guisa che la retribuzione
del lavoratore "va riguardata nello stesso tempo sotto duplice aspetto:
quello della proporzionalità della retribuzione alla quantità e
qualità del lavoro prestato e quello dell'idoneità della retribuzione
al sostentamento del lavoratore e della sua famiglia". Esprime tuttavia
il dubbio che, con la diversa misura della retribuzione, derivante
dalla qualità o meno di capo famiglia, si verrebbe a stabilire "a
parità di lavoro un'imparità della retribuzione stessa" in contrasto
con la norma costituzionale.
Senonché il criterio di proporzionalità all'entità dell'opera
prestata, che condiziona la misura del salario base, non può essere
richiamato per determinare anche quella parte della retribuzione che
deve assicurare al lavoratore un dignitoso tenore di vita, poiché,
sotto tale aspetto, si deve tener conto del fatto che il lavoratore
abbia o no famiglia. Ciò si può desumere sia dalla formulazione della
norma costituzionale, sia dai precedenti storici della norma stessa. La
quale, per quanto attiene al tenore di vita libero e dignitoso che la
retribuzione deve assicurare, considera separatamente la persona del
lavoratore e la sua famiglia. È pure da tener presente che, nella
discussione svoltasi nell'Assemblea costituente a proposito dell'art.
32 del progetto, fu rilevato che commisurare la retribuzione alle
esigenze oltreché del lavoratore anche della famiglia, avrebbe dato
luogo a discriminazioni fra lavoratori che compiono un identico lavoro.
Ma l'Assemblea approvò l'art. 32 (che corrisponde, con lievi
modificazioni di forma, all'art. 36 della Costituzione) secondo il
testo proposto dalla Commissione; il cui Presidente aveva insistito
sulla necessità che il salario debba corrispondere, oltreché alle
esigenze personali del lavoratore, anche a quelle della famiglia.
Ora, in base a siffatta distinzione, si giustifica che il
corrispettivo, dovuto al prestatore d'opera, possa essere diverso
nell'ammontare complessivo, in relazione alla situazione personale del
medesimo. Poiché la retribuzione, di una certa misura, può essere
sufficiente per le esigenze della vita di un lavoratore non avente
familiari a carico, ma non esserlo nell'ipotesi contraria.
Pertanto, dato che, come ha già ritenuto questa Corte (sentenze
nn. 1 e 6 del 1960), il fatto che la Costituzione attribuisca, come nel
caso, un diritto subiettivo perfetto, senza rinvio ad una legge
ordinaria, non esclude che questa possa intervenire per regolare in
concreto l'esercizio del diritto medesimo, ne consegue che la
disposizioné del decreto legislativo del 1947, richiamata dall'art. 1
della legge del 1958 ora in esame, che stabilisce una misura diversa
dell'indennità di contingenza in relazione alla qualità o meno di
capo famiglia dei portieri, per quanto si è detto, non appare in
contrasto, ma si adegua alla norma dell'art. 36, primo comma, della
Costituzione. E si adegua altresì al principio dell'uguaglianza,
contenuto nell'art. 3; principio che, come ha più volte ritenuto
questa Corte, non esclude che il legislatore ordinario possa dettare
norme diverse per regolare situazioni considerate diverse.
Appena occorre aggiungere, infine, che nessuna violazione può
ravvisarsi dell'art. 37 della Costituzione, del resto incidentalmente
richiamato nell'ordinanza, poiché alla parificazione delle donne agli
uomini, per quanto riguarda la retribuzione nel caso di uguali
prestazioni, ha espressamente provveduto, come si è in precedenza
accennato, l'art. 1, ultimo comma, della legge 4 febbraio 1958, n. 23.
Con la conseguenza, riguardo all'attuale controversia, che le
retribuzioni dovute ai portieri di entrambi i sessi, devono essere
equiparate, anche quando essi abbiano rispettivamente la qualità di
capo famiglia o di non capo famiglia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, proposta con ordinanza del 19
giugno 1959 del Tribunale di Napoli, sulla legittimità costituzionale
dell'art. 1 della legge 4 febbraio 1958, n. 23 (contenente norme per
il conglobamento e perequazioni salariali in favore dei portieri ed
altri lavoratori addetti alla pulizia e custodia di stabili urbani), in
riferimento agli artt. 36 e 37 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 aprile 1960.
GAETANO AZZARITI - GIUSEPPE CAPPI -
TOMASO PERASSI - GASPARE AMBROSINI -
ERNESTO BATTAGLINI - MARIO COSATTI -
FRANCESCO PANTALEO GABRIELI -
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - ANTONINO
PAPALDO - NICOLA JAEGER - GIOVANNI
CASSANDRO - BIAGIO PETROCELLI -
ANTONIO MANCA - ALDO SANDULLI -
GIUSEPPE BRANCA.