Titolo
SENT. 326/83. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - PRIVILEGIO - PRIVILEGIO GENERALE PER CREDITI DI LAVORO - CREDITO PER DANNI CONSEGUENTI AD INFORTUNIO SUL LAVORO DI CUI SIA RESPONSABILE IL DATORE - PRIVILEGIO SULLA PARTE DI CREDITO NON SODDISFATTA DALLE INDENNITA' PREVIDENZIALI ED ASSISTENZIALI OBBLIGATORIE - ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
L'esigenza di attribuire trattamenti equipollenti a situazioni identiche - che sta alla base dell'applicazione dell'art. 3 Cost. - impone di estendere il privilegio generale sui mobili, riconosciuto agli altri crediti (anche risarcitori) collegati al rapporto di lavoro, alla pretesa risarcitoria del lavoratore derivante da infortunio di cui sia responsabile il datore di lavoro, nei limiti in cui tale pretesa non riceva ristoro da parte dell'I.N.A.I.L.. Pertanto, e` costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 3 Cost., l'art. 2751-bis, n. 1 cod. civ. ('sub' art. 2, L. 29 luglio 1975 n. 426), nella parte in cui non munisce del privilegio generale istituito dall'art. 2, L. n. 426 cit., il credito del lavoratore subordinato per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro, del quale sia responsabile il datore di lavoro, se e nei limiti in cui il creditore non sia soddisfatto dalla percezione delle indennita` previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute al lavoratore subordinato in dipendenza dello stesso infortunio. - v. S.n. 22/1967.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
codice civile
n. 0
art. 2751
bis n.1
co. 0
legge
29/07/1975
n. 426
art. 2
co. 0
N. 326
SENTENZA 17 NOVEMBRE 1983
Deposito in cancelleria: 28 novembre 1983.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 336 del 7 dicembre 1983.
Pres. ELIA - Rel. ANDRIOLI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Prof.
ANTONINO DE STEFANO - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO
MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof.
GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof.
ETTORE GALLO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2751 bis, n. 1,
cod. civ. (Privilegi sui mobili - crediti dei prestatori di lavoro
subordinato) promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1980 dal
Tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra Lomastro
Carmine e il Fallimento Hilde Palmarosa s.a.s., iscritta al n. 422 del
registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 283 del 1981.
Visti l'atto di costituzione di Lomastro Carmine e l'atto
d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella pubblica udienza del 7 giugno 1983 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
udito l'avvocato dello Stato Emilio Sernicola per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Con ricorso ex art. 101 l. fall. Lomastro Carmine, premesso che
l 'importo del danno patrimoniale era da determinarsi in lire
73.810.400 mentre il danno morale era pari a lire 10.000.000, e che dal
totale di lire 83.810.400 andava dedotto l'ammontare della rendita
corrisposta dall'INAIL capitalizzata in lire 41.229.700, chiese
l'ammissione al passivo del fallimento della s.a.s. Hilde Palmarosa per
lire 42.510.700 in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 1 c.c. per il
danno che assumeva di aver subito per le gravi lesioni riportate a
seguito di infortunio sul lavoro, avvenuto il 5 febbraio 1973, in
ordine al quale Formicola Umberto, legale rappresentante della società
poi fallita, era stato ritenuto penalmente responsabile con sentenza 25
settembre 1978 del Tribunale di Monza passata in cosa giudicata.
L'adito Tribunale di Monza ha ritenuto che a) il riconoscimento del
privilegio era essenziale per la soddisfazione della situazione
creditoria del Lomastro sia in generale perché la prelazione determina
la posizione nel concorso sul ricavo, sia in particolare perché nella
specie si prospettavano ben scarse possibilità satisfattive per i
creditori chirografari, b) sulla base dell'art. 2751 bis n. 1 c.c. non
era possibile accordare il richiesto privilegio dal momento che la
norma, come tutte quelle che prevedono titoli di prelazione, ha
carattere di specialità in quanto derogante al principio generale
previsto dall'art. 2741 c.c. e, pertanto, non è suscettibile di
applicazione analogica, c) né, d'altro canto, la situazione in esame
è "riconducibile ad alcuna delle previsioni dell'art. 2751 bis n. 1
c.c." ancorché estensivamente interpretato, in quanto "il fatto stesso
che il legislatore (l. 29 luglio 1975, n. 426), introducendo la
normativa indicata, abbia limitato la previsione del privilegio solo ad
alcuni titoli di danno connessi al rapporto di lavoro, induce per ciò
stesso ad escludere l'applicabilità del titolo di prelazione a
qualunque altra ragione di danno di qualunque natura", d) "tale mancata
previsione sembra non trovare alcuna giustificazione logico-giuridica e
porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione della Repubblica,
creando una palese disparità di trattamento tra crediti derivanti da
rapporto di lavoro, come quelli presi in considerazione dall'art. 2751
bis n. 1 c.c., ancorché di natura risarcitoria, e crediti pur sempre
connessi al rapporto di lavoro, come quelli risarcitori per fatto
illecito del datore di lavoro che abbia compromesso la futura capacità
lavorativa del dipendente ex art. 2087 c.c.", e) "il privilegio
(destinato ad esplicare essenzialmente la sua funzione nella ipotesi di
concorso fra più creditori verso un unico debitore inadempiente) è
accordato dalla legge in considerazione della causa del credito (art.
2745 c.c.)" e "nel concetto di "causa del credito" si riflette
sostanzialmente la funzione economico sociale del singolo tipo di
situazione giuridica soggettiva, funzione apprezzata positivamente dal
legislatore con il riconoscimento di una posizione di vantaggio in
situazione di concorso", f) appare sussistente "una evidente
equivalenza, tra la funzione sociale esplicata dal diritto alla
retribuzione da parte del lavoratore ovvero dal credito risarcitorio
previsto dall'art. 2751 bis c.c. da una parte, e la funzione del
credito risarcitorio diretto ad annullare gli effetti pregiudizievoli
di una menomata capacità lavorativa del dipendente".
Sulla base delle suesposte considerazioni svolte nella ordinanza
emessa il 18 novembre 1980 (comunicata il 9 e notificata il 24 del mese
di aprile 1981; pubblicata nella G.U. n. 283 del 14 ottobre 1981 e
iscritta al n. 422 R.O. 1981) il Tribunale ha concluso che la
lumeggiata equiparazione funzionale "non trova equivalente disciplina
secondo la legge vigente in ordine alle qualificazioni accessorie dei
singoli titoli di credito in situazione di concorso, posto che il
privilegio accede soltanto ai crediti disciplinati dall'art. 2751 bis
c.c. e non è estensibile, come già sopra detto, al credito tendente
ad eliminare il pregiudizio di menomata capacità lavorativa" e,
pertanto, che "detta situazione può essere in contrasto con la
disciplina dell'art. 3 della Costituzione della Repubblica", e ha
giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
dell'art. 3 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 2751
bis, n. 1 c.c., in quanto, col riconoscere il privilegio a crediti
(anche risarcitori) collegati al rapporto di lavoro subordinato,
esclude il credito per risarcimento del danno spettante al lavoratore a
seguito di infortunio sul lavoro cagionato dal datore, in violazione
dell'art. 2087 c.c. e, pertanto, ingenera ingiustificata disparità di
trattamento tra le due categorie di crediti.
2.1. - Avanti la Corte si è costituito il solo Lomastro con atto
depositato il 16 giugno 1981, in cui ha concluso per la fondatezza
della proposta questione ribadendo a sostegno, nella memoria depositata
il 20 maggio 1983, che l'art. 2087 c.c. non rappresenta una inutile
ripetizione dell'art. 2043 c.c. con specifico riferimento
all'attività lavorativa subordinata, ma impone all'imprenditore
l'obbligo di salvaguardare la integrità fisica del lavoratore
nell'ambito dei suoi fondamentali doveri con la conseguenza che le
indennità di infortunio, anche se risarciscono l'evento dannoso, hanno
sostanziale carattere retributivo per il rapporto creato dal
legislatore tra infortunio e attività lavorativa ed hanno la natura
contrattuale ormai pacifica nella giurisprudenza, e soggiungendo che
tali considerazioni, pur se non siano sufficienti a coinvolgere sul
piano interpretativo la responsabilità ex art. 2087 nell'area del
rapporto di lavoro subordinato al fine di munire la contrapposta
pretesa del lavoratore del privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c.,
valgono ad evidenziare la disparità di trattamento, lesiva dell'art. 3
Cost., tra crediti derivanti dal rapporto di lavoro ex art. 2751 bis n.
1 c.c., e gli altri, pur derivanti dal rapporto di lavoro ma
risarcitori per violazione dell'art. 2087 c.c. e che tale risarcimento
opera anche per l'avvenire in quanto ristora il lavoratore di una
permanente perdita della retribuzione consecutiva all'infortunio.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 20 ottobre 1981, nel quale l'Avvocatura generale dello
Stato ha concluso per la infondatezza della proposta questione
argomentando da ciò che l'innovazione introdotta dall'art. 2751 bis n.
1, anche a stregua dei lavori preparatori e dell'art. 66 l. 30 aprile
1969, n. 153, evidenzia che la tutela apprestata al lavoratore
subordinato coinvolge i principali diritti di lui e non può assistere
anche il credito indennitario ex art. 2087 c.c. che riveste
caratteristiche profondamente diverse perché a) detto credito gode di
una particolare tutela attuata con l'assicurazione obbligatoria contro
gli infortuni sul lavoro, che con carattere di automatismo garantisce
l'erogazione di adeguate prestazioni da parte dell'istituto
assicuratore indipendentemente dal versamento dei contributi
assicurativi, b) la violazione dell'art. 2087 (norma per la quale ha
carattere meramente sussidiario rispetto alla disciplina speciale
dettata dalla legge per la prevenzione degli infortuni sul lavoro)
attribuisce al lavoratore una pretesa risarcibile secondo il diritto
comune né, a stare alla giurisprudenza, può costituire fonte di
alcuna obbligazione integrativa della retribuzione, c) del tutto
irrilevante è il fatto che la legge abbia limitato ad alcune attività
che presentino un determinato grado di pericolosità l'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e, nel discrezionale
apprezzamento riservato al legislatore, non abbia concesso, in ipotesi
non ritenute meritevoli di tutela assicurativa, ad eventuali crediti
del lavoratore il privilegio generale sui mobili del debitore.
2.2. - Alla pubblica udienza del 7 giugno 1983, nel corso della quale
il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, la difesa del Lomastro non
si è presentata e l'avv. dello Stato Sernicola ha insistito nelle già
prese conclusioni.
Considerato in diritto:
3.1. - Con la ordinanza il cui contenuto si è riassunto (supra 1.),
il Tribunale di Monza, adito da un lavoratore dipendente, il cui datore
era stato ritenuto, con sentenza penale passata in giudicato,
responsabile dell'infortunio di cui era stato vittima sotto la data del
5 febbraio 1973, al fine di conseguire l'ammissione al passivo del
fallimento del datore, successivamente dichiarato, in via privilegiata
ex art. 2751 bis n. 1 c.c., per il danno che aveva sofferto nella
misura di lire 83.810.400, dalle quali andava dedotto l'ammontare della
rendita corrisposta dall'INAIL capitalizzata in lire 41.299.700, ha
d'ufficio sollevato la questione di illegittimità, in riferimento
all'art. 3 Cost., della norma, invocata dal lavoratore, in quanto, col
riconoscere il privilegio a crediti (anche risarcitori) collegati al
rapporto di lavoro, esclude il credito per risarcimento del danno
spettante al lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro cagionato
dal datore, in violazione dell'art. 2087 c.c. e, pertanto, ingenera
ingiustificata disparità di trattamento tra le due categorie di
crediti; questione, la cui pratica rilevanza ha pur puntualizzato nel
presente caso nel quale il lavoratore, ove non possa fruire del
privilegio generale previsto nella norma impugnata, avrebbe assai
scarsa possibilità di collocazione sul ricavo.
3.2. - La Corte, con sent. 22/1967, ebbe a dichiarare
l'incostituzionalità dell'art. 4 comma terzo r.d. 17 agosto 1935, n.
1765 nella parte in cui limitava la responsabilità civile del datore
di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato all'ipotesi di
reati commessi dagli incaricati della direzione o sorveglianza del
lavoro e non dagli altri dipendenti del cui fatto debba rispondere, ai
sensi dell'art. 2087 c.c., il datore, e dell'art. 4 comma quinto r.d.
1765/1935 in quanto consentiva che il giudice civile potesse accertare
che il fatto che aveva provocato l'infortunio costituisse reato nella
sola ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o
per amnistia senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato.
Nella presente specie la Corte deve muovere dalla interpretazione
(prevalente ma non consolidata per non essere uniforme sul tema di
fondo (natura della responsabilità del datore ex art. 2087 c.c.)
l'orientamento della Cassazione e non scevra di critiche non prive di
pregio nel campo dottrinale) dell'art. 2751 bis n. 1 c.c., che non
consentirebbe di applicarlo alla pretesa risarcitoria del lavoratore
occasionata da infortunio provocato dal datore sulla base dei criteri
d'interpretazione ed applicazione delle leggi, ma non è vincolata, nel
magistero applicativo dell'art. 3 Cost., da quella interpretazione:
canone di decisione che, d'altro canto, non le consente di ricorrere
alla tecnica della pronuncia di rigetto della questione ancorata
all'interpretazione - opposta alla prevalente - che vuole assistito dal
privilegio generale ex art. 2751 bis n. 1 il credito del lavoratore
dipendente de quo agitur.
Riaffermata la necessità di affrontare il merito della questione, la
Corte ne dichiara la fondatezza per essere - nei termini che saranno
precisati - manifesta la violazione dell'art. 3 Cost., perpetrata dal
legislatore ordinario per aver pretermesso il credito, di cui si
discute, nella ampliatio a favore del lavoratore dipendente della
disciplina positiva dei privilegi generali sui mobili.
Posto che l'art. 2087 c.c., pur dissociato dal sopravvenuto art. 9 l.
20 maggio 1970, n. 300, non può essere degradato ad inutile
ripetizione dell'art. 2043 c.c., né della normativa dell'assicurazione
obbligatoria sugli infortuni sul lavoro per la minore ampiezza
obiettiva oltreché per l'inidoneità di questa a ristorare ogni
prestatore di lavoro, né, infine, dell'art. 2050 (disciplina della
responsabilità per l'esercizio di attività pericolose), l'esigenza di
attribuire trattamenti equipollenti ad identiche situazioni, che sta
alla base della diuturna applicazione dell'art. 3 condotta da questa
Corte, induce a cogliere la discrasia che nella prevalente
interpretazione dell'art. 2751 bis n. 1 si avverte per munire questa
del privilegio generale sui mobili non solo a) le restituzioni dovute,
sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro, anche se il datore non
sia un imprenditore, e b) tutte le indennità dovute per effetto della
cessazione del rapporto di lavoro, ma anche c) il credito per il
risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento
inefficace, nullo o annullabile e soprattutto d), in unisono - stavolta
- con l'art. 2116 comma secondo c.c., il credito del lavoratore per i
danni conseguenti alla mancata corresponsione da parte del datore di
lavoro dei contributi previdenziali ed assistenziali, e non pure il
credito de quo.
La Corte, così giudicando, non invade l'area riservata alle scelte
economico - politiche del legislatore, nelle quali non può non
affondare le radici la "causa" del credito che, ai sensi dell'art. 2745
c.c., rappresenta la ragione giustificatrice della creazione di
qualsiasi privilegio, ma inquadra la disposizione impugnata nel sistema
del codice civile, di cui il legislatore ordinario non ha dato adeguata
rappresentazione nella pur novellata disciplina del privilegio generale
a favore del prestatore di lavoro subordinato. Il quale, se per
l'attuazione nel concorso dei creditori della responsabilità
patrimoniale del datore per infortuni sul lavoro fosse confuso nella
folla, sempre meno folta, dei creditori chirografari, sarebbe posposto
ai crediti che gli artt. 2756, 2757, 2760 e 2761 (e la moltitudine
delle leggi speciali sopravvenute) muniscono di non effimeri privilegi
speciali. Ditalché la legislazione italiana del 1975 regredirebbe ai
tempi in cui non si temeva di allineare il lavoro speso dall'uomo a
vantaggio di altri simili sul piano delle locationes bovis et rei.
4. - Non solo per il rispetto del principio della corrispondenza tra
il chiesto e il pronunciato ma anche per la necessità di evitare
indebiti arricchimenti, il privilegio generale ex art. 2751 bis n. 1
non può non assistere se non quella parte della pretesa risarcitoria
del lavoratore subordinato, che non riceve concreto ristoro, se e nei
limiti in cui questi non percepisca indennità previdenziali e
assistenziali obbligatorie in dipendenza dello stesso infortunio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2751 bis n. 1 c.c.
(sub art. 2 l. 29 luglio 1975, n. 426) nella parte in cui non munisce
del privilegio generale istituito dall'art. 2 l. 426/1975 il credito
del lavoratore subordinato per danni conseguenti ad infortunio sul
lavoro, del quale sia responsabile il datore di lavoro, se e nei limiti
in cui il creditore non sia soddisfatto dalla percezione delle
indennità previdenziali e assistenziali obbligatorie dovute al
lavoratore subordinato in dipendenza dello stesso infortunio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 17 novembre 1983.
F.to: LEOPOLDO ELIA - ANTONINO DE
STEFANO - ORONZO REALE - BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO
MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO
MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA -
VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI
- FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO -
ETTORE GALLO.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere.