Titolo
SENT. 238/90. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO - MAGISTRATI - TRATTAMENTO ECONOMICO - INDENNITA' 'EX' ART. 3, L. N. 27 DEL 1981 - CORRESPONSIONE DURANTE L'ASSENZA OBBLIGATORIA O FACOLTATIVA PER MATERNITA' - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
La "speciale" indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27, correlandosi al peculiare 'status' dei magistrati, costituisce una componente del loro normale trattamento economico, e poiche' quest'ultimo e' soggetto ad una regolamentazione autonoma, non e' consentito apprezzare in riferimento al principio di eguaglianza la diversa disciplina degli emolumenti spettanti, nei periodi di assenza per maternita', ai magistrati in raffronto ai dipendenti statali. (Non fondatezza della questione di costituzionalita' - sollevata in riferimento all'art. 3 nonche', in modo sommario e generico, all'art. 37 Cost. - e relativa all'art. 3, L. n. 27 cit., nella parte in cui sospende la suddetta indennita' durante l'assenza obbligatoria per maternita'). - sulla funzione del trattamento economico dei magistrati, S. n. 1/1978.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 37
Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica
10/01/1957
n. false
art. 41
Riferimenti normativi
legge
19/02/1981
n. 27
art. 3
co. 0
N. 238
SENTENZA 3-8 MAGGIO 1990
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
1. - Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3,
primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il
personale di magistratura), promosso con ordinanza emessa il 21
febbraio 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna
sul ricorso proposto da Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta
contro il Ministero di Grazia e Giustizia, iscritta al n. 506 del
Registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto in fatto
1. - Decidendo sul ricorso proposto da Buttiglione Fiorentina,
magistrato di Tribunale con funzione di giudice presso il Tribunale
di Cagliari, avverso due decreti del Ministro di Grazia e Giustizia
con i quali le venivano concessi due periodi di congedo straordinario
per maternità, con diritto a tutti gli assegni ma con esclusione
della speciale indennità di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio
1981, n. 27, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha
sollevato, con ordinanza del 21 febbraio 1989, in riferimento agli
artt. 3 e 37 Cost., una questione di legittimità costituzionale di
tale disposizione, nella parte in cui appunto prevede che detta
indennità - istituita a favore dei magistrati ordinari "in relazione
agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro
attività" - non spetti, tra l'altro, nei periodi di "assenza
obbligatoria o facoltativa previsti dagli articoli 4 e 7 della legge
30 dicembre 1971, n. 1204".
Il Tribunale amministrativo regionale richiama, come tertium
comparationis, il disposto dell'art. 41 del d.P.R. 10 gennaio 1957,
n. 3, che assicura alle dipendenti statali in congedo straordinario
per gravidanza e puerperio il pagamento di tutti gli assegni, escluse
solo "le indennità per servizio e funzioni di carattere speciale"
(oltre a quella per lavoro straordinario); ed osserva che il concetto
di specialità attiene a "qualche tratto che caratterizzi le funzioni
svolte da un singolo dipendente o da un distinto gruppo di
dipendenti" e che dia perciò titolo ad un'indennità aggiuntiva.
L'indennità di cui all'impugnato art. 3 non avrebbe viceversa
tali caratteri, sia perché è corrisposta a tutti i magistrati a
prescindere dalle funzioni svolte, sia perché non è distintiva
della peculiarità delle funzioni giudiziarie rispetto a quelle degli
altri dipendenti statali, dato che il trattamento economico dei
magistrati è soggetto a regolamentazione autonoma.
L'evidenziata disparità di trattamento sarebbe perciò priva di
obiettive giustificazioni e confliggerebbe, oltre che con l'art. 3,
anche con l'art. 37 Cost. per la sua diretta incidenza sulla materia
della tutela della lavoratrice madre.
2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per il
tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, eccepisce innanzitutto
l'inammissibilità della questione in quanto riferita ai periodi di
assenza facoltativa, dato che il giudizio a quo concerne solo i
periodi di assenza obbligatoria per gravidanza (di due mesi) e di
maternità (tre mesi dopo il parto).
Nel merito, contesta il dedotto contrasto con l'art. 37 Cost., in
quanto la garanzia di pari retribuzione della donna "a parità di
lavoro" presupporrebbe l'effettività della prestazione lavorativa, a
prescindere dalla volontarietà o meno del suo mancato svolgimento.
In riferimento, poi, all'art. 3 Cost., l'Avvocatura ammette che
l'indennità in questione non ha carattere speciale, essendo essa
corrisposta genericamente "in relazione agli oneri" che magistrati ed
equiparati incontrano "nello svolgimento della loro attività"; ma
osserva che all'assumibilità del citato art. 41 a tertium
comparationis osta l'assoggettamento a regolamentazione autonoma del
trattamento economico dei magistrati e che gli anzidetti oneri
"parrebbero collegarsi all'effettiva prestazione del servizio".
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale
amministrativo regionale per la Sardegna dubita, in riferimento agli
artt. 3 e 37 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 3
della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (recante "Provvidenze per il
personale di magistratura"), nella parte in cui esclude la
corresponsione della "speciale" indennità ivi prevista a favore dei
magistrati ordinari nei periodi di assenza obbligatoria o facoltativa
per maternità di cui agli artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204. Tale esclusione darebbe luogo, a suo avviso, ad una
ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla generalità
delle dipendenti statali, cui nei detti periodi è garantito il
diritto all'intero trattamento economico, con esclusione solo delle
indennità "per servizi e funzioni di carattere speciale" (oltre che
per lavoro straordinario: art. 41 d.P.R. 1° gennaio 1957, n. 3). Ne
scaturirebbe, inoltre, una violazione dell'art. 37 Cost., dato che la
norma impugnata avrebbe "diretta incidenza nella materia della tutela
della lavoratrice madre".
2. - La questione, benché testualmente riferita, nell'ordinanza,
anche alle ipotesi di assenza facoltativa di cui all'art. 7 della
legge n. 1204 del 1971, concerne in realtà le sole ipotesi di
assenza obbligatoria di cui all'art. 4 della stessa legge. Ciò non
solo perché, come rileva l'Avvocatura, esclusivamente queste ultime
erano oggetto del giudizio a quo, ma soprattutto perché ad esse è
circoscritta la motivazione delle censure proposte. Nell'assumere
come tertium comparationis il citato art. 41 del d.P.R. n. 3 del
1957, infatti, il giudice a quo si è riferito solo a quella parte di
esso (primo comma) che disciplina il trattamento economico delle
dipendenti statali durante i periodi di assenza obbligatoria per
maternità; né un ampliamento della questione può rinvenirsi nella
censura prospettata in relazione all'art. 37 Cost. Ciò premesso, la
questione - considerata rispetto ai parametri invocati - deve
ritenersi non fondata.
È ben vero, infatti - quanto alla censura ex art. 3 Cost. - che
l'indennità in questione non può definirsi "speciale" nel senso in
cui tale locuzione è adottata nel citato art. 41 del d.P.R. n. 3 del
1957, assunto a tertium comparationis.
Qui, invero, l'esclusione dal trattamento economico per maternità
concerne le indennità corrispondenti a particolari prestazioni
dell'impiegato o gruppo di impiegati, mentre l'indennità di cui
all'impugnato art. 3 spetta a tutti i magistrati (ordinari,
amministrativi, militari nonché agli avvocati e procuratori dello
Stato: art. 2 legge n. 425 del 1984) a prescindere dalle funzioni
svolte ed anche ove esse, in concreto, siano lato sensu
amministrative.
Il carattere "speciale" espressamente attribuito a tale indennità
rileva, però, sotto altri profili, che valgano a distinguerla
rispetto agli emolumenti propri della generalità dei dipendenti
statali e sono connessi alle peculiarità delle funzioni dei
magistrati ed allo status, appunto speciale, ad essi assegnato
nell'ordinamento costituzionale.
Innanzitutto, l'indennità in esame è espressamente correlata ai
particolari "oneri" che i magistrati "incontrano nello svolgimento
della loro attività", la quale tra l'altro comporta un impegno senza
precisi limiti temporali, dal che discende un rigoroso collegamento
con il servizio effettivamente prestato. Peraltro - ed in
collegamento con la pari ordinazione delle funzioni (art. 107, terzo
comma, Cost.) - essa è attribuita in misura uguale a tutti i
magistrati investiti di funzioni giurisdizionali, a prescindere
dall'anzianità e dalla qualifica rivestita.
Specificamente connessa allo status dei magistrati è, poi,
l'ulteriore, essenziale caratteristica dell'indennità in questione,
costituita dall'essere essa assoggettata al medesimo meccanismo di
rivalutazione automatica previsto per gli stipendi dei magistrati dal
precedente art. 2 della medesima legge. In attuazione del precetto
costituzionale dell'indipendenza dei magistrati, che va salvaguardata
anche sotto il profilo economico (sentenza n. 1 del 1978) evitando
tra l'altro che essi siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei
confronti di altri poteri, il legislatore ha col citato art. 2
predisposto un meccanismo di adeguamento automatico delle
retribuzioni dei magistrati che, in quanto configurato con l'attuale
ampiezza di termini di riferimento, concretizza una guarentigia
idonea a tale scopo. La sua estensione anche all'indennità in
discorso - corrisposta con la stessa cadenza mensile degli stipendi -
ne evidenzia non solo la natura retributiva, di componente del
normale trattamento economico dei magistrati, ma anche la
specificità rispetto alle indennità, variamente denominate,
attribuite al personale amministrativo statale. Tale caratteristica
è così intrinsecamente connessa allo status dei magistrati che il
legislatore, anche quando ha ritenuto di estendere l'indennità al
personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie ed a quello
amministrativo delle magistrature speciali (leggi 22 giugno 1988, n.
221 e 15 febbraio 1989, n. 51), l'ha attribuita in misura fissa,
escludendone l'applicabilità del suddetto meccanismo di adeguamento.
Resta così smentito l'assunto del giudice a quo secondo cui la
specialità dell'indennità in questione non sarebbe correlata al
peculiare status dei magistrati; ed anzi è proprio la circostanza
che il trattamento economico di costoro è soggetto ad una
regolamentazione autonoma che preclude di apprezzare in riferimento
al principio d'uguaglianza la diversa disciplina adottata per i
periodi di assenza per maternità.
Quanto poi all'ulteriore censura riferita all'art. 37 Cost., essa
non è suscettibile di considerazione autonoma in quanto è
prospettata in modo così sommario e generico da non consentire di
apprezzare i termini dell'asserita violazione di tale disposizione,
ed in particolare di chiarire se si lamenti una non "adeguata"
protezione della lavoratrice madre ovvero - come opina l'Avvocatura -
una violazione della garanzia di pari retribuzione rispetto al
lavoratore;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il
personale di magistratura) sollevata in riferimento agli artt. 3 e 37
della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale per la
Sardegna con ordinanza del 21 febbraio 1989 (r.o. n. 506/89).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1990.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria l'8 maggio 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI