Ritenuto in fatto
1. - L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la
Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
352 e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata da Roberto Calderoli, Roberto Maroni, Antonio
Magnabosco, Vito Gnutti, Pierluigi Petrini, Elisabetta Castellazzi,
sul seguente quesito: "Volete voi che sia abrogata la legge 29
ottobre 1984, n. 720, recante 'Istituzione del sistema di tesoreria
unica per enti e organismi pubblici', così come modificata dal
decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, e dal decreto-legge 22 gennaio
1990, n. 6?".
2. - Con ordinanza depositata in data 1 dicembre 1994, l'Ufficio
centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità della
richiesta, provvedendo altresì ad integrare il quesito, che risulta
quindi il seguente: "Volete voi che sia abrogata la legge 29 ottobre
1984, n. 720, recante 'Istituzione del sistema di tesoreria unica per
enti ed organismi pubblici', così come modificata dal decreto-legge
31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n.
440, e dal decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito nella
legge 24 marzo 1990, n. 58?".
3. - Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio
centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato l'adunanza in camera di consiglio per il 9 gennaio 1995, disponendone comunicazione ai
promotori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio
dei Ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25
maggio 1970, n. 352.
4. - Nessuno è intervenuto per i presentatori del referendum.
Considerato in diritto
1. - La richiesta di referendum abrogativo, sulla cui
ammissibilità la Corte è chiamata a pronunziarsi, a seguito
dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum del 1 dicembre
1994, che ne ha dichiarato la legittimità ed ha integrato il
quesito, investe l'intero testo della legge 29 ottobre 1984, n. 720,
come modificata dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito
nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dal decreto-legge 22 gennaio
1990, n. 6, convertito nella legge 24 marzo 1990, n. 58.
La normativa in questione si colloca all'esito di reiterati
interventi legislativi, volti a realizzare condizioni per una
maggiore governabilità dei flussi finanziari degli enti operanti nel
settore pubblico, nel presupposto che la mancanza di un quadro
organico di riferimento e di controllo finisse, tra l'altro, per
favorire le tendenze alla progressiva dilatazione della spesa
pubblica, a fronte dell'accentuazione della spesa per trasferimenti
che, nel ridurre il margine di incidenza dei dati propri della
gestione del bilancio dello Stato sul contenimento del fabbisogno,
amplia, per contro, quello degli effetti dell'attività di spesa
degli enti decentrati.
Il testo legislativo oggetto del quesito referendario tende, per
l'appunto, ad apprestare una disciplina della materia ispirata a
criteri di maggiore razionalità ed organicità, riferendosi, in
particolare, ad un complesso di enti ed organismi suddivisi in tre
categorie: quelli ricompresi nella tabella A, per i quali viene
disposto il completo accentramento dei fondi in contabilità speciali
presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato (art. 1);
quelli della tabella B, per i quali viene richiamato il regime del
versamento nei conti presso le tesorerie dello Stato previsto
dall'art. 40 della già citata legge n. 119/1981 e successive
modificazioni, consentendosi il parziale mantenimento dei fondi in
deposito presso il sistema creditizio (art. 2, primo comma); le
unità sanitarie locali, per le quali viene riconfermato (art. 2,
secondo comma) il sistema, già ad esse applicabile, in virtù
dell'art. 35 della legge n. 119/1981, nel testo allora vigente, del
versamento dei fondi in contabilità speciali presso le tesorerie,
con limitazione dei ritmi di prelevamento.
Altre disposizioni del testo normativo che si intende sottoporre a
consultazione popolare (art. 1-bis, aggiunto dall'art. 24-bis del
decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359) attengono alle procedure di
pignoramento e sequestro a carico degli enti ed organismi pubblici di
cui alla tabella A; ovvero riducono (art. 3) il limite delle giacenze
autorizzate presso aziende di credito, ai sensi del più volte
richiamato art. 40 della legge n. 119/1981 e successive
modificazioni.
3. - Tanto premesso sulle fondamentali linee della normativa
considerata dal quesito referendario, va rammentato che l'art. 75
della Costituzione, nel definire l'ambito delle leggi sottratte al
referendum, annovera, fra queste, le leggi di bilancio. Come questa
Corte ha già avuto occasione di precisare (da ultimo, sentenza n.
2/1994), poiché le leggi di bilancio non sono definite dalla norma
costituzionale, la relativa nozione va ricavata dalle caratteristiche
assunte dalle leggi stesse nell'evoluzione dell'ordinamento, facendo,
in particolare, riferimento, per l'attuale assetto della materia,
alla disciplina della legge 5 agosto 1978, n. 468 (con le modifiche
apportate dalla legge 23 agosto 1988, n. 362) la quale articola la
procedura relativa in una serie di scansioni caratterizzate, tra
l'altro, dalla presentazione del documento di programmazione
economico-finanziaria e della relazione previsionale e programmatica,
per mettere capo, conclusivamente, alla legge finanziaria, ai
provvedimenti collegati ed infine alla legge che approva il bilancio
annuale e quello pluriennale, in termini di competenza e di cassa.
Al tempo stesso, va ricordato che la Corte, sin dalla sentenza n.
16/1978, ha evidenziato l'esigenza di "una interpretazione logico-sistematica, per cui vanno sottratte al referendum le disposizioni
produttive di effetti collegati in modo così stretto all'ambito di
operatività delle leggi espressamente indicate dall'art. 75, che la
preclusione debba ritenersi sottintesa".
Quanto ai nessi fra la normativa che si intende sottoporre a
consultazione popolare e la procedura di bilancio quale risulta dalla
menzionata legge n. 468/1978, occorre tener conto che quest'ultima
trova uno dei suoi punti qualificanti nella introduzione del bilancio
c.d. misto, fondato su strumenti rappresentativi che tendono a
raccordare gestione di competenza e gestione di cassa, per esigenze
di conoscenza e di più efficace regolazione della spesa pubblica,
considerata nell'intero arco procedimentale che muove dalla fase di
formazione dell'impegno per giungere a quella del compiuto esito
della procedura, rappresentato dal pagamento.
Si mira così a rafforzare il ruolo di controllo e decisionale
del Parlamento, secondo un disegno ordinatore al quale si salda la
disciplina della legge n. 720/1984 che, come risulta dagli stessi
lavori parlamentari, trae la sua ragione d'essere dalla finalità di
conferire ai flussi finanziari del settore pubblico maggiore
chiarezza e trasparenza, oltre che da quella del potenziamento delle
disponibilità di tesoreria, riducendo, così, il ricorso al mercato
finanziario, fondato sull'emissione di titoli del debito pubblico.
Tutto questo in quell'ottica di una sempre maggiore organicità
della politica della gestione di cassa, alla quale già apparivano
del resto orientate: le disposizioni della legge 6 agosto 1966, n.
629, intese a concentrare obbligatoriamente presso la tesoreria
quante maggiori risorse possibili, fra quelle afferenti agli enti del
settore pubblico; gli artt. da 25 a 30 della legge 5 agosto 1978, n.
468, in seguito modificata con la legge n. 362/1988, anch'essi
espressivi di esigenze di conoscenza dei flussi finanziari dei
medesimi enti pubblici; le norme della stessa legge n. 468 del 1978,
con l'obbligo, per le regioni, di tenere le disponibilità da
trasferimenti in conti correnti non vincolati con il tesoro (art. 31)
e, per gli altri enti pubblici (art. 32), di dare attuazione alle
prescrizioni della legge 6 agosto 1966, n. 629, allo scadere delle
convenzioni di tesoreria; infine, gli artt. 35 e 40 della legge 30
marzo 1981, n. 119 e successive modificazioni, la cui finalizzazione
alle necessità di un più incisivo controllo sui flussi della spesa
pubblica è stata evidenziata anche da questa Corte (v. sentenze nn.
162/1982, 132 e 412/1993).
Si desume, dalle disposizioni in materia, una graduale linea di
sviluppo ed una coerenza di obiettivi, dimostrate anche dai rinvii
che l'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, fa alle giacenze
degli enti di cui agli artt. 25 e 31 della legge n. 468 del 1978, e
che l'art. 2 della legge n. 720 del 1984 fa, a sua volta,
all'impianto normativo della medesima legge n. 119/1981.
4. - Non può, quindi, negarsi lo stretto collegamento che
intercorre fra la legge oggetto del quesito referendario e la
procedura di bilancio, a fronte di disposizioni che incidono
direttamente sul quadro delle coerenze macroeconomiche, manifestando
così la loro essenzialità per gli equilibri finanziari previsti
dalla manovra, solo a considerare che la gestione di tesoreria, e
quindi il relativo assetto normativo, influisce sugli oneri
dell'indebitamento, al quale la legge 5 agosto 1978, n. 468, riserva
espressa considerazione, disponendo (art. 2, nono comma) che, con
apposita norma della legge che approva il bilancio di previsione
dello Stato, è annualmente stabilito l'importo massimo di emissione
di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da
rimborsare, in relazione alla indicazione del fabbisogno del settore
statale, effettuata ai sensi del successivo art. 15, terzo comma.
Vale a dire, attraverso l'indicazione, ad opera della relazione
previsionale e programmatica presentata dal Ministro del tesoro di
concerto con quello del bilancio, del fabbisogno stesso "con
riferimento alle stime di cassa del bilancio e alle valutazioni dei
flussi di tesoreria", nei cui saldi confluiscono, come è evidente,
anche gli effetti del sistema di tesoreria unica.
Pertanto, le disposizioni legislative oggetto della richiesta
referendaria, essendo strettamente collegate all'ambito di
operatività delle leggi di bilancio, incorrono nella preclusione
prevista, per queste ultime, dall'art. 75 della Costituzione.