Ritenuto in fatto
1. - I giudici del tribunale di Benevento (con unica ordinanza
del 21 ottobre 1999: r.o. n. 686 del 1999), del tribunale di Lecce
(con tre ordinanze, del 21 ottobre, 29 ottobre e 10 dicembre 1999:
r.o. nn. 690 e 753 del 1999, n. 44 del 2000), del tribunale di
Brindisi (con tre ordinanze, dell'8 novembre, 9 dicembre e, ancora,
del 9 dicembre 1999: r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000), del tribunale di
Civitavecchia (con due ordinanze, entrambe del 14 gennaio 2000: r.o.
nn. 165 e 166 del 2000) e del tribunale di Bari (con unica ordinanza,
del 23 novembre 1999: r.o. n. 205 del 2000), davanti ai quali pendono
giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo promossi nei confronti di
banche da alcuni loro clienti, hanno sollevato - in riferimento a
vari parametri - questione di legittimità costituzionale
dell'art. 25, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342
(Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante
il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), in
vigore dal 19 ottobre 1999 [erroneamente indicato come "art. 25,
comma 2" in r.o. n. 686 del 1999 e nn. 165 e 166 del 2000;
erroneamente indicato come "art. 120, comma 3, del decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385" in r.o. n. 690 del 1999 e
n. 44 del 2000], nella parte in cui stabilisce che le clausole
riguardanti la produzione di interessi sugli interessi maturati,
contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata
in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il
credito e il risparmio (CICR) relativa alle modalità e criteri per
la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni
poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria [delibera poi
emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il 22 aprile 2000],
siano valide ed efficaci fino a tale data, e che, dopo di essa,
debbono essere adeguate - a pena di inefficacia da farsi valere solo
dal cliente - al disposto della menzionata delibera, con le modalità
ed i tempi ivi previsti.
Secondo le diverse prospettazioni dei rimettenti, la norma
denunciata, contenuta nel decreto legislativo n. 342 del 1999,
emanato - giusta quanto precisato nel suo preambolo - in attuazione
dell'art. 1, comma 5, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che delega
al Governo l'emanazione (entro il termine di cui al comma 1 e con le
modalità di cui ai commi 2 e 3 dello stesso articolo) di
"disposizioni integrative e correttive" del testo unico bancario,
"nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza
della procedura indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,
n. 142", si porrebbe in contrasto:
a) con l'art. 77 Cost., per asserito eccesso rispetto alla
legge di delegazione, stante la dedotta mancata previsione, in
questa, della possibilità di derogare retroattivamente al disposto
dell'art. 1283 cod. civ. (recante un generale divieto di anatocismo)
e di far dipendere dalle determinazioni del CICR la validità e
l'efficacia delle clausole di anatocismo bancario (r.o. n. 686 del
1999);
b) con l'art. 76 Cost.:
b.1) per l'asserita inosservanza del termine previsto
dall'art. 1 della legge n. 128 del 1998 ai fini dell'esercizio della
delega (cioè di un anno a decorrere dal 22 maggio 1998) a fronte
dell'emanazione solo in data 4 agosto 1999 del decreto legislativo
n. 342 del 1999, in vigore dal 19 ottobre 1999 (r.o. nn. 8, 55, 175 e
205 del 2000);
b.2) per l'asserita mancanza, nella legge di delegazione,
di un qualsiasi principio o criterio direttivo attinente
all'anatocismo (r.o. nn. 690 e 753 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166, 175 e 205 del 2000);
b.3) per l'asserita sua non riconducibilità al compito,
fissato nella legge di delegazione, di integrare o correggere il
testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), tenuto
conto che tale testo unico non contempla l'istituto dell'anatocismo
(r.o. n. 690 del 1999);
b.4) per l'asserita mancanza di previsione, nella legge di
delegazione, del potere per il legislatore delegato di emanare norme
di interpretazione autentica (r.o. n. 690 del 1999) o ad efficacia
retroattiva (r.o. nn. 8, 55, 165, 166 e 175 del 2000), nonché di far
dipendere dalle determinazioni del CICR la validità e l'efficacia
delle clausole sull'anatocismo bancario (r.o. nn. 165 e 166 del
2000);
b.5) in base alla motivazione di cui ad un "provvedimento
in atti" (r.o. n. 44 del 2000);
c) con l'art. 3 Cost.:
c.1) per l'ingiustificata disparità di trattamento tra i
soggetti ai quali si applica la norma che consente l'anatocismo
bancario ed i soggetti per i quali, non trovando applicazione il
testo unico bancario, vige il generale divieto di anatocismo di cui
all'art. 1283 cod. civ. (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166 e 175 del 2000);
c.2) per l'ingiustificata deroga al principio
dell'irretroattività delle leggi (art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale), tale da rendere valide clausole anatocistiche
stipulate solo per talune categorie di rapporti, in modo da favorire
un contraente "forte", quale la banca (r.o. n. 686 del 1999; r.o.
nn. 8, 55, 165 166 e 175 del 2000);
c.3) per l'ingiustificata diversità di trattamento ratione
temporis stante l'efficacia retroattiva della denunciata norma, di
situazioni identiche (r.o. nn. 165 e 166 del 2000);
c.4) per l'ingiustificata disparità di trattamento, nei
confronti dei clienti delle banche, nella fase anteriore al regime
fissato con la delibera del CICR, tra la posizione debitoria verso la
banca - con validità dell'anatocismo trimestrale - e la posizione
creditoria - con invalidità di tale anatocismo - (r.o. n. 205 del
2000);
c.5) per l'irragionevole attribuzione di validità a
clausole anatocistiche già riconosciute illecite dalla Corte di
cassazione, con le sentenze 16 marzo 1999 n. 2374 e 30 marzo 1999
n. 1096 (r.o. n. 205 del 2000);
d) con l'art. 24 Cost., per la menomazione della tutela
giurisdizionale di chi abbia agito contro una banca, fidando nel
diritto (all'epoca) vivente sulla nullità - per contrasto con
l'art. 1283 cod. civ. - di clausole anatocistiche bancarie (r.o.
n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
e) con gli artt. 101, 102 e 104 Cost., perché il legislatore
delegato avrebbe intenzionalmente disposto al solo fine di dirimere
il contenzioso pendente tra banche e clienti sulle clausole
anatocistiche bancarie, così violando la riserva ai magistrati della
funzione giurisdizionale e ledendo l'indipendenza e l'autonomia di
questi (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
f) con gli artt. 3 e 47 Cost., per l'irragionevole favore
accordato alla pericolosa pratica oligopolistica e di cartello
dell'anatocismo, tale da minare la stabilità dei prezzi e
dell'intero sistema economico, erodendo l'entità del risparmio (r.o.
nn. 8, 55 e 175 del 2000).
g) con "i limiti costituzionali al potere di emanare leggi
interpretative" (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000).
1.1. - Quanto alla rilevanza delle questioni, tutte le ordinanze
con l'eccezione di quella registrata al n. 44 del 2000 (che non
contiene la descrizione della fattispecie dedotta nel giudizio
principale e che rinvia, per la motivazione, ad altro provvedimento)
- dopo aver indicato in quella denunciata la norma applicabile (in
virtù della sua asserita efficacia retroattiva) nelle controversie a
quibus precisano che nei giudizi in corso risulta, appunto,
prospettata (ed ex adverso negata) la nullità di clausole relative
alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute in
contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore
della delibera del CICR menzionata nel vigente art. 120, comma 2, del
testo unico bancario (comma introdotto dall'art. 25, comma 2, del
decreto legislativo n. 342 del 1999).
1.2. - Nella premessa dell'ordinanza registrata al n. 175 del
2000 si fa altresì menzione di una eccezione di incompetenza
territoriale sollevata, nel giudizio principale, dalla banca opposta.
1.3. - Nel giudizio registrato al n. 8 del 2000, il rimettente
erroneamente menziona, nell'epigrafe, anche un non proposto "ricorso
per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato".
2. - Nei giudizi registrati ai nn. 165 e 166 del 2000 si è
costituita, con memorie depositate fuori termine, la banca opposta
nei giudizi a quibus S.p.a. San Paolo-IMI, mentre, nell'imminenza
dell'udienza, nel giudizio registrato al n. 690 del 1999, si è
costituito Miglietta Pietro, una delle parti opponenti nel processo a
quo con memoria depositata fuori termine (il 12 giugno 2000).
3. - Nei giudizi registrati ai nn. 686, 690, 753 del 1999 e 8 del
2000 si sono tempestivamente costituite le banche opposte dei
processi principali le quali, nell'imminenza dell'udienza, hanno
depositato memorie illustrative. Tali parti osservano in via
preliminare che il rimettente muove dagli erronei presupposti
dell'applicabilità al conto corrente bancario dell'art. 1283 cod.
civ., nonché dell'efficacia derogatoria di tale articolo assunta
(esclusivamente) dalla norma denunciata.
Secondo le banche, invece, diversamente da quanto ritenuto dal
giudice a quo (il quale avrebbe omesso di motivare sul punto),
l'anatocismo bancario si giustifica con il disposto degli artt. 1823,
secondo comma, 1825 e 1833 cod. civ., in base ai quali, alla chiusura
(eventualmente) trimestrale convenzionalmente stabilita, il saldo del
conto corrente, comprensivo degli interessi maturati ed in esso
conglobati, va considerato quale prima rimessa del conto (rinnovato a
tempo determinato) per il periodo successivo e produce nuovi
interessi. L'esclusione, pertanto, di un uso normativo bancario
sull'anatocismo, prospettata dal rimettente sulla scorta di recenti
pronunce della Suprema Corte, non sarebbe sufficiente a negare la
pattuita capitalizzazione trimestrale degli interessi (fondata sulla
convenzionale chiusura trimestrale del conto), sicché irrilevante
sarebbe la sollevata questione.
Nel merito, poi, le parti osservano:
a) in relazione agli artt. 76 e 77 Cost., che l'esercizio
della delega è stato tempestivo, tenuto conto della proroga di 90
giorni contemplata dall'art. 1 della legge n. 128 del 1998 per il
caso in cui il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari (40 giorni dalla data di trasmissione) venga a scadere
nei 30 giorni precedenti il 22 maggio 1999 o successivamente;
b) ancora in relazione all'art. 76 Cost., che l'art. 25 della
legge n. 142 del 1992 ha conferito, con norma "elastica", il potere
di coordinare le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 con le
altre disposizioni vigenti nella stessa "materia" (da interpretarsi
in senso ampio), nell'ambito non solo dell'armonizzazione resa
necessaria dalla direttiva comunitaria, ma anche di una
razionalizzazione e reimpostazione dell'intera normativa attinente al
mercato nazionale del credito, compresa la tematica della
trasparenza, così da escludere che la denunciata disciplina
sull'anatocismo (come evidenziato dagli stessi lavori preparatori del
decreto legislativo n. 342 del 1999) sia frutto di un eccesso di
delega, rappresentando invece l'espressione della delegata facoltà
di comporre i contrasti e le incongruenze (con attenzione anche al
contenzioso pendente) riscontrati nel settore;
c) in relazione ai limiti costituzionali al potere del
legislatore di emanare norme interpretative ed in relazione alla
prospettata carenza di specifica delega a conferire efficacia
retroattiva o interpretativa alla norma delegata (art. 76 Cost.), che
va evidenziata la valenza meramente interpretativa della denunciata
norma, ricognitiva di varie norme vigenti, le quali già prevedevano
l'anatocismo bancario;
d) ancora una volta, in relazione all'art. 76 Cost., che,
anche a ritenere l'efficacia non interpretativa, ma innovativa e
retroattiva della norma denunciata, andrebbe ugualmente negato il
vizio della carenza di delega, attese le caratteristiche non
meramente compilatorie, ma anche "normative" dei poteri del
legislatore delegato;
e) che la disciplina dell'anatocismo bancario afferisce alla
tutela della trasparenza nei rapporti bancari (senza incidere
sull'entità del tasso di interesse) e rientra quindi nell'ambito
della delega "integrativa e correttiva" di cui alla legge n. 128 del
1998, attuata sulla scorta dell'esperienza applicativa delle suddette
norme sulla trasparenza dei rapporti bancari, perseguendo un fine di
adeguamento e chiarificazione della disciplina previgente;
f) che il potere attribuito al CICR in ordine ai criteri e
modalità dell'anatocismo è in linea con le funzioni riconosciutegli
dal testo unico bancario;
g) in relazione, poi, all'art. 3 Cost., che la natura
effettivamente interpretativa della norma denunciata esclude la
dedotta irragionevolezza della disciplina, stante la peculiare
normativa già prevista in materia dall'ordinamento giuridico per il
settore bancario da quasi un secolo, mentre l'efficacia retroattiva
troverebbe la sua ratio nella necessità di evitare lo sconvolgimento
dell'affidamento basato su un diritto vivente che aveva certamente
riconosciuto, fino al 1999, la validità della clausola di anatocismo
bancario;
h) ancora in relazione all'art. 3 Cost., che è privo di
rilevanza (oltre che infondato) il profilo del deteriore trattamento
degli operatori economici estranei al settore bancario, per i quali
non sono valide clausole anatocistiche;
i) in relazione agli artt. 24, 101, 102 e 104 Cost., che il
legislatore delegato, legittimamente esercitando i suoi poteri, non
ha affatto invaso il potere giurisdizionale, né ha leso il diritto
di difesa dei cittadini o vulnerato la certezza del diritto;
l) in relazione agli artt. 3 e 47 Cost., che la disciplina
della periodicità della capitalizzazione attiene, manifestamente,
solo alla trasparenza dell'operazione al fine di evidenziare le
modalità di applicazione dell'interesse, restando riservato ad altre
norme il compito di evitare tassi di interesse eccessivamente onerosi
e di garantire la "stabilità dei prezzi e dell'intero sistema
economico".
4. - Nei giudizi registrati ai nn. 165 e 166 del 2000 si sono
costituite le parti opponenti dei processi principali, che hanno pure
presentato memorie nell'imminenza dell'udienza. Esse hanno osservato
preliminarmente che la denunciata norma va interpretata secundum
Constitutionem e conformemente all'art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale e, dunque, nel senso che l'affermazione di
validità (temporanea) delle clausole di anatocismo bancario ha
efficacia solo dal 19 ottobre 1999, data di entrata in vigore del
decreto legislativo n. 342 del 1999, fino alla nuova disciplina
regolamentare del CICR (intervenuta con la delibera del 9 febbraio
2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43 del
22 febbraio 2000).
Nel caso, invece, di ritenuta efficacia retroattiva (propria o
per la funzione svolta di interpretazione autentica) della norma, le
parti ne chiedono la dichiarazione di illegittimità costituzionale
per i profili indicati nelle ordinanze di rimessione ed anche per
altri profili (come l'intempestivo esercizio del potere di delega;
l'arbitraria sostituzione del legislatore all'autorità giudiziaria
nella definizione dei rapporti pendenti; la lesione dell'affidamento
del cittadino nella sicurezza giuridica e nella certezza del
diritto).
5. - In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di
inammissibilità o comunque di infondatezza delle questioni e
confermando tali conclusioni nella memoria di udienza (non depositata
soltanto in relazione al giudizio registrato al n. 44 del 2000).
L'interveniente eccepisce anzitutto il difetto di rilevanza delle
sollevate questioni, sia per la mancata verifica da parte dei
rimettenti del contenuto della clausola contrattuale di
capitalizzazione degli interessi (di rinvio agli usi, con conseguente
nullità ai sensi dell'art. 117, comma 6, testo unico bancario e,
ancor prima, dell'art. 4 della legge n. 154 del 1992; ovvero di
diretta pattuizione dell'anatocismo), sia, con riferimento al solo
giudizio registrato al n. 175 del 2000, per il mancato esame
dell'eccezione di incompetenza territoriale sollevata nel giudizio a
quo e menzionata nelle premesse dell'ordinanza di rimessione.
Nel merito, l'Avvocatura sottolinea che l'art. 1, comma 5, della
legge n. 128 del 1998 ha delegato il Governo all'emanazione di
disposizioni integrative e correttive del testo unico bancario, nel
rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza delle
procedure indicati nell'art. 25 della legge n. 142 del 1992: norme,
queste, di conferimento della delega in base alla quale era stato
emanato il testo unico bancario, sia in attuazione di una direttiva
comunitaria (89/646/CEE), sia quale "legge di grande riforma
economico sociale" (come definito dalla sentenza della Corte
costituzionale, n. 224 del 1994). Da tale rilievo l'Avvocatura trae
la conseguenza che la norma denunciata, in quanto norma transitoria
diretta a regolare il passaggio dal precedente al nuovo sistema in
tema di interessi anatocistici ed in quanto incidente sulla
decorrenza degli interessi, attiene (così come la modifica
dell'art. 120 testo unico bancario) alla disciplina della trasparenza
dei rapporti contrattuali e dunque è ricompresa nella delega
prevista dal citato art. 1, comma 5, della legge n. 128 del 1998 (non
oggetto di censura).
Osserva, poi, l'Avvocatura che la natura transitoria e di settore
della norma, unitamente all'esigenza di salvaguardare i rapporti
sorti sulla base dell'affidamento delle banche sul precedente
uniforme insegnamento giurisprudenziale circa la validità delle
clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi
(espressamente pattuite come tali, senza il mero rinvio agli usi,
vietato dall'art. 117, comma 6, del testo unico bancario), rendono
non arbitraria e non irragionevole la norma censurata, la quale non
comporta alcuno straripamento del potere legislativo nel campo
riservato al potere giudiziario.
Deduce, infine, l'Avvocatura la non pertinenza dell'evocato
parametro di cui all'art. 47 Cost., atteso che i problemi afferenti
alla clausola anatocistica riguardano la trasparenza dei rapporti e
la conoscibilità del tasso su base annua e non possono essere
confusi con l'esigenza di evitare tassi di interesse eccessivi.
Considerato in diritto
1. - I giudici rimettenti, investiti di giudizi di opposizione a
decreti ingiuntivi, promossi nei confronti di banche da alcuni
clienti di queste, dubitano tutti della legittimità costituzionale
dell'art. 25, comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342
(Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante
il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), in
vigore dal 19 ottobre 1999, erroneamente indicato come "art. 25,
comma 2" in r.o. n. 686 del 1999, n. 165 e n. 166 del 2000, nonché
come "art. 120, comma 3, del decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385" (testo unico bancario) in r.o. n. 690 del 1999 e n. 44 del
2000.
Le ordinanze di rimessione sollevano, in base ai diversi
parametri di legittimità costituzionale evocati, sette distinti
gruppi di questioni:
a) in riferimento all'art. 77 Cost. per eccesso di delega
rispetto all'art. 1, comma 5, della legge 24 aprile 1998, n. 128 (che
richiama l'art. 25 della legge 19 febbraio 1992, n. 142), assumendo
la mancata previsione, in questa, sia della possibilità di una
deroga retroattiva al disposto dell'art. 1283 cod. civ. (recante un
generale divieto di anatocismo), sia della possibilità di far
dipendere dalle determinazioni del Comitato interministeriale per il
credito ed il risparmio (CICR) la validità e l'efficacia delle
clausole di anatocismo bancario (r.o. n. 686 del 1999);
b) in riferimento all'art. 76 Cost.:
b.1) per inosservanza del termine previsto dall'art. 1
della legge n. 128 del 1998, cioè di un anno decorrente dal
22 maggio 1998, a fronte dell'emanazione solo in data 4 agosto 1999
del decreto legislativo n. 342 del 1999, in vigore dal 19 ottobre
1999 (r.o. nn. 8, 55, 175 e 205 del 2000);
b.2) per mancanza, nella legge di delegazione, di qualsiasi
principio o criterio direttivo attinente all'anatocismo (r.o. nn. 690
e 753 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165, 166, 175 e 205 del 2000);
b.3) per asserita non riconducibilità della norma
denunciata al compito, fissato nella legge-delega, di integrare o
correggere il testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del
1993), tenuto conto che questo non contempla l'istituto
dell'anatocismo (r.o. n. 690 del 1999);
b.4) per la mancata previsione del potere, per il
legislatore delegato, di emanare norme di interpretazione autentica
(r.o. n. 690 del 1999) o comunque ad efficacia retroattiva (r.o.
nn. 8, 55, 165, 166 e 175 del 2000);
b.5) per la mancata previsione, nella legge-delega, del
potere di far dipendere dalle determinazioni del CICR la validità e
l'efficacia delle clausole sull'anatocismo bancario (r.o. nn. 165 e
166 del 2000);
c) in riferimento all'art. 3 Cost.:
c.1) per asserita disparità di trattamento tra i soggetti
ai quali si applica la norma denunciata, che consente l'anatocismo
bancario, ed i soggetti per i quali, non trovando applicazione il
testo unico bancario, vige il generale divieto di anatocismo di cui
all'art. 1283 cod. civ. (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166 e 175 del 2000);
c.2) per ingiustificata deroga al principio
dell'irretroattività delle leggi (art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale), così da rendere valide clausole anatocistiche
stipulate solo per talune categorie di rapporti, in modo da favorire
il contraente "forte", cioè le banche (r.o. n. 686 del 1999; r.o.
nn. 8, 55, 165 166 e 175 del 2000);
c.3) per ingiustificata diversità di trattamento ratione
temporis - stante l'asserita efficacia retroattiva della norma
denunciata - di situazioni identiche (r.o. nn. 165 e 166 del 2000);
c.4) per ingiustificata disparità di trattamento, nella
fase transitoria (cioè antecedente al regime fissato dalla delibera
del CICR), tra la posizione debitoria verso la banca (con validità
dell'anatocismo trimestrale) e la posizione creditoria (con
invalidità di tale anatocismo) (r.o. n. 205 del 2000);
c.5) per l'irragionevole attribuzione di validità a
clausole anatocistiche già riconosciute illecite dalla Corte di
cassazione con le sentenze 16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999,
n. 1096;
d) in riferimento all'art. 24 Cost., per la menomazione della
tutela giurisdizionale di chi abbia agito contro una banca, fidando -
a stregua del diritto vivente all'epoca - sulla nullità, per
contrasto con l'art. 1283 cod. civ., delle clausole anatocistiche
bancarie (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
e) in riferimento agli artt. 101, 102 e 104 Cost., per la
funzione intenzionalmente perseguita dal legislatore delegato di
dirimere il contenzioso pendente tra banche e clienti sulle clausole
anatocistiche bancarie, così da violare la riserva ai magistrati
della funzione giurisdizionale e dunque l'indipendenza e l'autonomia
di questi (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
f) in riferimento a non meglio specificati "limiti
costituzionali al potere di emanare leggi interpretative" (r.o.
nn. 8, 55 e 175 del 2000);
g) in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost., per l'asserito
favore accordato alla pericolosa pratica oligopolistica e di cartello
dell'anatocismo, così da minare la stabilità dei prezzi e
dell'intero sistema economico, con conseguente erosione dell'entità
del risparmio (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000).
2. - I dieci giudizi, in quanto propongono questioni
sostanzialmente identiche e riguardanti la stessa disposizione di
legge (i menzionati evidenti errori materiali contenuti nelle
ordinanze r.o. nn. 686 e 690 del 1999 e nn. 44, 165 e 166 del 2000
non rendono incerta l'individuazione della norma effettivamente
denunciata), vanno riuniti e congiuntamente decisi, senza tuttavia
tener conto della costituzione della S.p.a. San Paolo - IMI (r.o.
nn. 165 e 166 del 2000) e di quella di Miglietta Pietro (r.o. n. 690
del 1999), perché effettuate dopo la scadenza del termine perentorio
di venti giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza di rimessione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, fissato dagli artt. 25,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 3 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte (v., ex plurimis
sentenza n. 178 del 2000 ed ordinanza n. 85 del 2000).
3. - Le questioni sono in parte inammissibili ed in parte
fondate.
3.1. - L'ordinanza del tribunale di Lecce 10 dicembre 1999 (r.o.
n. 44 del 2000) omette di indicare gli elementi della fattispecie
oggetto del giudizio principale nonché di motivare sull'affermata
non manifesta infondatezza e rilevanza della sollevata questione di
costituzionalità, rinviando, a tal fine, ad un non meglio precisato
"provvedimento in atti". La questione pertanto va dichiarata
manifestamente inammissibile, in accoglimento dell'eccezione proposta
dall'Avvocatura generale dello Stato, perché, secondo quanto più
volte affermato da questa Corte, la motivazione dell'ordinanza di
rimessione dev'essere autosufficiente e non può limitarsi a
richiamare per relationem il contenuto di atti o provvedimenti.
3.2. - Disattese vanno invece tutte le altre eccezioni di
inammissibilità.
3.2.1. - Alcune parti private deducono l'erroneità della
premessa da cui muovono i giudici rimettenti, sostenendo che la norma
denunciata non può essere applicata ratione temporis nei giudizi
principali, dovendo essa interpretarsi - secundum Constitutionem e
conformemente all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale
- nel senso che l'attribuzione di validità delle clausole di
anatocismo bancario ha efficacia solo dal giorno 19 ottobre 1999, in
cui è entrato in vigore il decreto legislativo n. 342 del 1999, fino
al giorno della delibera del CICR in materia (intervenuta, nelle
more, il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il 22 aprile dello
stesso anno).
Tuttavia va osservato che i rimettenti, con plausibile ancorché
sintetica motivazione - la quale è sufficiente ad escludere, in
questa sede, l'irrilevanza della questione - hanno ritenuto che
l'efficacia retroattiva della norma si giustifica con la formulazione
letterale della disposizione (in cui si configura la data di entrata
in vigore della suddetta delibera del CICR ad un tempo quale terminus
ante quem e ad quem di efficacia della disciplina validante
transitoria, senza distinguere tra contratti anteriori o posteriori
al 19 ottobre 2000, né tra effetti anteriori o posteriori a tale
data), nonché col palese intento del legislatore di dirimere il
contenzioso in atto tra banche e clienti sulla validità delle
clausole contrattuali anatocistiche. A quest'ultimo proposito va
osservato, non solo che sarebbe pressoché inapprezzabile la
disciplina transitoria concernente il così breve lasso di tempo come
sopra indicato, ma anche e soprattutto che nei lavori preparatori (v.
segnatamente l'art. 25 della Relazione agli emendamenti apportati a
seguito dei pareri espressi dalle competenti commissioni
parlamentari) si afferma che la norma denunciata "stabilisce il
regime da applicare ai rapporti in essere al momento dell'entrata in
vigore della nuova disciplina", con modifica che "recepisce le
osservazioni del Senato e della Camera" ed in particolare la
"condizione 5", formulata dalla sesta Commissione della Camera dei
deputati, con cui si invitava il Governo a stabilire "misure
equitative idonee a risolvere il contenzioso già in essere".
3.2.2. - Sostengono all'incontro le banche costituite che
l'anatocismo bancario si giustificherebbe non già soltanto con il
disposto dell'art. 1283, ma pure con quello degli artt. 1823, secondo
comma, 1825 e 1833 cod. civ., in base ai quali, alla chiusura
(eventualmente trimestrale) convenzionalmente stabilita, il saldo del
conto corrente, comprensivo degli interessi maturati ed in esso
conglobati, va considerato quale prima rimessa del conto (rinnovato a
tempo determinato) per il periodo successivo e produce nuovi
interessi. L'esclusione, pertanto, di un uso normativo bancario
sull'anatocismo, prospettata sulla scorta di recenti pronunce della
Suprema Corte, non sarebbe sufficiente a negare validità - secondo
la disciplina previgente - alla pattuita capitalizzazione trimestrale
degli interessi (fondata, invece, sulla convenzionale chiusura
trimestrale del conto). Donde l'irrilevanza della sollevata
questione, stante il carattere meramente ricognitivo assolto dalla
norma denunciata rispetto alla normativa precedente.
Siffatta eccezione di inammissibilità presuppone, però, una
delimitazione del thema decidendum diversa da quella prospettata dai
rimettenti, i quali hanno chiaramente precisato che le controversie
sottoposte alla loro cognizione riguardano la validità delle
clausole anatocistiche bancarie alla stregua esclusivamente del
disposto dell'art. 1283 cod. civ., cioè negli stessi ristretti
termini in cui il problema è stato esaminato dalla Corte di
cassazione con le sentenze 16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999,
n. 1096 (alle quali può qui aggiungersi la pronuncia
dell'11 novembre 1999, n. 12507).
Se, dunque, nei giudizi principali si controverte soltanto
sull'esistenza di un uso normativo bancario anatocistico, l'eccezione
di inammissibilità basata su un possibile diverso fondamento di
legittimità delle clausole anatocistiche bancarie costituisce un
profilo nuovo rispetto alle linee argomentative e probatorie
dispiegate nei giudizi a quibus. E perciò l'eccezione stessa non
sarebbe pertinente, attesa l'indubbia efficacia innovativa della
denunciata norma sul regime dell'anatocismo quale propriamente
configurato dall'art. 1283 cod. civ.
Quanto appena osservato in ordine all'oggetto dei giudizi
principali (cioè la validità, ai sensi dell'art. 1283 cod. civ., di
clausole contrattuali anatocistiche) esclude anche la pertinenza di
diversi profili - non prospettati e comunque non rilevati dai
rimettenti - di nullità delle clausole giudizialmente impugnate (ad
esempio per la possibile violazione dell'art. 117 del testo unico
bancario): così da palesare l'infondatezza dell'eccezione, sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, di inammissibilità per mancata
verifica del contenuto delle clausole in relazione a diversi, e
meramente eventuali, motivi di invalidità.
3.2.3. - Parimenti infondata è l'eccezione di inammissibilità
della questione sollevata con l'ordinanza del 9 dicembre 1999 (r.o.
n. 175 del 2000), per mancata verifica preliminare della competenza
territoriale ad emettere il decreto ingiuntivo. Al riguardo basta
rilevare che il tribunale di Brindisi ha plausibilmente ritenuto
applicabile al giudizio a quo la norma denunciata, stante la
genericità (adeguatamente rispecchiata nella parte narrativa
dall'ordinanza di rimessione) dell'eccezione di incompetenza
territoriale, proposta nel giudizio di opposizione senza alcun
riferimento ad una pattuizione di esclusività del foro convenzionale
previsto nel contratto bancario.
3.3. - Passando al merito, giova anzitutto delineare brevemente
il quadro normativo in cui si inseriscono le sollevate questioni.
Il decreto legislativo n. 342 del 1999, secondo quanto precisato
nel suo preambolo, costituisce attuazione dell'art. 1, comma 5, della
legge 24 aprile 1998, n. 128, che delega il Governo ad emanare - nel
termine previsto dal comma 1 e con le modalità di cui ai commi 2 e 3
- "disposizioni integrative e correttive" del testo unico bancario,
"nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza
della procedura indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,
n. 142".
L'art. 1, comma 5, prevede, attraverso espresso richiamo al comma
1, il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge
(22 maggio 1998), prorogabile di un semestre, nel caso in cui, per
effetto di direttive notificate nel corso dell'anno di delega, la
disciplina risultante da direttive comprese nell'elenco di cui
all'allegato A) della legge venga modificata senza che siano
introdotte nuove norme di principio. Si legge, altresì, nel comma 3
dello stesso articolo, che lo schema di decreto legislativo
attuativo, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,
dev'essere trasmesso, nel termine suddetto, alla Camera dei deputati
e al Senato della Repubblica perché venga espresso, entro quaranta
giorni dalla data di trasmissione, il parere della Commissione
competente per materia. Decorso tale termine, il decreto è emanato
anche in mancanza del parere; e, qualora esso scada nei trenta giorni
che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o
successivamente, tale ultimo termine è prorogato di novanta giorni.
Quanto poi ai principi e criteri direttivi, è da rammentare che
lo stesso art. 25 della legge n. 142 del 1992, richiamato
dall'art. 1, comma 5, della legge n. 128 del 1998, conferiva (a sua
volta) due distinte deleghe legislative, da esercitarsi in
successione cronologica.
La prima - prevista dall'art. 25, comma 1 - concerneva
l'attuazione della direttiva del Consiglio 89/646/CEE del 15 dicembre
1989, in conformità: a) al principio secondo cui gli enti creditizi
possono prestare in Italia i servizi previsti nell'allegato
direttamente o per il tramite di succursali o filiazioni alle
condizioni di cui alla direttiva medesima (sempre che tali attività
siano state autorizzate sulla base di requisiti oggettivi); b) al
principio che gli enti suddetti possono procedere alla pubblicità
relativamente ai servizi offerti, alle condizioni previste per le
medesime attività dalla disciplina italiana; c) e, infine, al
principio che deve essere adottata ogni altra disposizione necessaria
per adeguare alla direttiva la disciplina vigente per gli enti
creditizi autorizzati in Italia.
La seconda delega - prevista dall'art. 25, comma 2 - riguardava
l'emanazione di un testo unico delle disposizioni attuative della
direttiva e di quelle altre necessarie per l'adeguamento ad essa,
coordinato con le altre disposizioni vigenti nella stessa materia,
così da potervi apportare le modifiche necessarie a tal fine
(delega, questa, esercitata con l'emanazione del testo unico bancario
di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993).
L'art. 25 del decreto legislativo n. 342 del 1999 (nel quale è
ricompresa la disposizione oggetto delle sollevate questioni di
legittimità costituzionale) si compone di tre commi.
Con il comma 1 viene sostituita la formulazione della rubrica
dell'art. 120 del testo unico bancario (da "Decorrenza delle valute"
a "Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi").
Con il comma 2 viene aggiunto allo stesso art. 120 un comma 2,
che attribuisce al Comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio (CICR) il potere di stabilire modalità e criteri
relativamente alla produzione di interessi sugli interessi maturati
nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività
bancaria, assicurando in ogni caso alla clientela, nelle operazioni
in conto corrente, la stessa periodicità nel conteggio degli
interessi, sia debitori che creditori.
Infine, il comma 3 (oggetto esclusivo del dubbio di
costituzionalità dei rimettenti), senza formalmente modificare il
testo unico bancario, stabilisce che le clausole relative alla
produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei
contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore
della suddetta delibera del CICR - emessa il 9 febbraio 2000 ed
entrata in vigore il 22 aprile 2000 - sono valide ed efficaci sino a
tale data, mentre, successivamente, debbono essere adeguate, a pena
di inefficacia da farsi valere solo dal cliente, al disposto della
menzionata delibera, secondo modalità e tempi in essa previsti.
3.3.1. - Così ricostruito il contesto normativo, va affermata
l'infondatezza della censura che concerne l'asserita inosservanza, da
parte del legislatore delegato, del termine previsto nell'art. 1
della legge n. 128 del 1998 per l'esercizio della delega (un anno a
decorrere dal 22 maggio 1998), a fronte dell'emanazione solo in data
4 agosto 1999 del decreto legislativo n. 342 del 1999, pubblicato il
4 ottobre 1999 ed entrato in vigore dal 19 ottobre 1999.
L'esercizio della delega è stato tempestivo, tenuto conto della
proroga di novanta giorni contemplata nello stesso art. 1 per il caso
in cui il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari (quaranta giorni dalla data di trasmissione) venisse a
scadere nei trenta giorni precedenti il 22 maggio 1999 o
successivamente. Il parere, infatti, richiesto il 20 maggio 1999 con
relativa trasmissione dello schema di decreto, venne restituito il
23 giugno 1999 dalla Commissione della Camera dei deputati ed il
30 giugno 1999 dalla Commissione del Senato della Repubblica. Sicché
il termine per l'esercizio della delega risulta prorogato ex lege al
20 agosto 1999, con conseguente tempestività dell'emanazione del
decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 342, giusta quanto disposto
dall'art. 14, comma 2, della legge n. 400 del 1988, a nulla rilevando
la successiva data di pubblicazione.
3.3.2. - Fondata deve ritenersi, invece, la questione concernente
l'eccesso di delega prospettato da quasi tutti i rimettenti.
Il giudizio di conformità della norma delegata alla norma
delegante, condotto alla stregua dell'art. 76 Cost., si esplica
attraverso il confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici
paralleli: l'uno, relativo alle norme che determinano l'oggetto, i
principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto
del complessivo contesto di norme in cui si collocano e individuando
le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di
delegazione; l'altro, relativo alle norme poste dal legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
e criteri direttivi della delega (v., ex plurimis sentenze nn. 276,
163 e 126 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999).
Ebbene, da una tale valutazione comparativa emerge chiaramente il
mancato rispetto della delega.
Come già detto, invero, con l'art. 1, comma 5, della legge
n. 128 del 1998 si conferì delega al Governo per l'emanazione di
"disposizioni integrative e correttive" del testo unico bancario,
richiamando espressamente i principi e criteri direttivi indicati
nell'art. 25 della legge n. 142 del 1992, in attuazione dei quali
vennero emanati dapprima il decreto legislativo 14 dicembre 1992,
n. 481 (che recepiva e adattava al contesto italiano la surrichiamata
direttiva 89/646/CEE) e poi il decreto legislativo n. 385 del 1993.
Quest'ultimo, oltre a recepire a sua volta i contenuti del decreto
legislativo n. 481 del 1992, riordinava organicamente l'assetto della
materia bancaria e creditizia, con un testo unico di natura
"normativa" e non già meramente "compilatoria": così da
caratterizzarsi come disciplina attuativa di quella direttiva
comunitaria e, allo stesso tempo, come legge di grande riforma
economico-sociale (v. sentenze n. 49 del 1999 e n. 224 del 1994).
Ma, per quanto ampiamente possano interpretarsi le finalità di
"integrazione e correzione" perseguite dal legislatore delegante,
nonché i principi e criteri direttivi posti a base del testo unico
bancario, è certamente da escludersi che la suddetta delega
legittimi una disciplina retroattiva e genericamente validante, sia
pure nell'esercizio del potere di armonizzazione di tale testo unico
con il resto della normativa di settore.
La norma denunciata, difatti, senza distinguere fra contratti ed
effetti contrattuali anteriori o posteriori alla data della propria
entrata in vigore, stabilisce, con formula tipica delle norme di
generale sanatoria ("sono valide ed efficaci"), una indiscriminata
validità temporanea delle clausole anatocistiche bancarie contenute
in contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della
prevista deliberazione del CICR, prescindendo dal tipo di vizio da
cui sarebbero colpite e da ogni collegamento con il testo unico
bancario che non sia meramente occasionale.
Non si tratta, evidentemente, di una norma interpretativa - che
pure era stata suggerita nel corso dei lavori parlamentari (seduta
del 17 giugno 1999 della sesta Commissione: pag. 35 del relativo
verbale) - perché la disposizione, così come strutturata, non si
riferisce e non si salda a norme precedenti intervenendo sul
significato normativo di queste, dunque lasciandone intatto il dato
testuale ed imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche già
ricomprese nell'ambito semantico della legge interpretata. Al
contrario, con efficacia innovativa e (in parte anche) retroattiva,
essa rende "valide ed efficaci", sino alla data di entrata in vigore
della deliberazione del CICR, tutte indistintamente le clausole
anatocistiche previste nei contratti bancari già prima della legge
delegata o comunque stipulate anteriormente all'entrata in vigore
della suddetta deliberazione.
In altri termini, il legislatore delegato, da un lato sancisce
(pro praeterito), per qualsiasi tipo di vizio, una generale sanatoria
delle clausole anatocistiche illegittime contenute nei contratti
bancari anteriori al 19 ottobre 1999, con effetti temporalmente
limitati sino al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della
delibera del CICR); dall'altro attribuisce (pro futuro), sia pure
nell'identico limite temporale, la stessa indiscriminata "validità
ed efficacia" alle clausole poste in essere nel periodo tra il
19 ottobre 1999 ed il 21 aprile 2000.
Ma, così disponendosi, è venuta meno ogni continuità logica
con la delega, rompendosi la necessaria consonanza che deve
intercorrere tra quest'ultima e la norma delegata. L'indeterminatezza
della fattispecie di cui al comma 3 dell'art. 25 del decreto
legislativo n. 342 del 1999 non consente di ricondurre la denunciata
norma nell'ambito dei princi'pi e criteri della legge di delegazione.
Questi, infatti, non possono ragionevolmente interpretarsi come
abilitanti all'emanazione d'una disciplina di sanatoria (per il
passato) e di validazione anticipata (per il periodo compreso tra la
data di entrata in vigore della legge delegata e quella della
delibera del CICR) di clausole anatocistiche bancarie, del tutto
avulsa da qualsiasi riferimento ai vizi ed alle cause di inefficacia
da tenere per irrilevanti: quindi - stante il difetto di distinzioni
e precisazioni nella legge delegata - senza una necessaria e sicura
rispondenza (diretta od indiretta) ai principi e criteri informatori
del testo unico bancario.
Esclusa, pertanto, la possibilità di un'interpretazione
adeguatrice della legge delegata alla legge delegante, deve
concludersi - indipendentemente da ogni considerazione sulla
ragionevolezza intrinseca della norma denunciata, e restando
assorbito ogni altro profilo delle sollevate questioni - che la norma
in esame viola l'art. 76 della Costituzione.