Ritenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso
per conflitto di attribuzione, in riferimento agli articoli 1, 5, 55,
115 (articolo abrogato dall'art. 9, comma 2, della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione") e 121 della Costituzione, avverso
la delibera n. 62 del 15 dicembre 2000 con la quale il Consiglio
regionale della Liguria ha approvato la proposta di istituzione del
Parlamento della Liguria. Tale delibera prevede che in tutti gli atti
dell'assemblea regionale, alla dizione costituzionalmente prevista
"Consiglio regionale della Liguria" sia affiancata la dizione
"Parlamento della Liguria".
Secondo il ricorrente il cambiamento di denominazione dell'organo
rappresentativo regionale, sia pure solo in via aggiuntiva, lederebbe
la sfera di attribuzioni statali. Si osserva in proposito che il
nomen iuris degli organi connota tipicamente le funzioni che a quegli
organi sono attribuite, e tale generale principio assumerebbe
particolare pregnanza in riferimento al nome "Parlamento", che, nella
storia costituzionale moderna, identificherebbe l'organo attraverso
il quale il popolo esprime la propria sovranità, partecipando
all'esercizio del potere politico. Sebbene dunque sia teoricamente
scorretto attribuire al Parlamento la qualifica di organo del popolo,
aggiunge l'Avvocatura, non potrebbe dubitarsi che nel sistema
costituzionale italiano, che esalta la "centralità" delle assemblee
parlamentari, le due Camere siano gli organi costituzionali nei quali
la volontà popolare più immediatamente ed efficacemente si esprime.
La posizione eminente che esse occupano nella struttura dei poteri
statali rifletterebbe appunto la sovranità popolare che il
Parlamento incarna e rappresenta e precluderebbe l'impiego di tale
denominazione con riferimento a organi della regione, che sono
comunque rappresentativi di poteri di autonomia e non di poteri
sovrani.
Lesivo delle attribuzioni statali pare alla difesa erariale anche
il secondo comma del provvedimento impugnato. In esso si delibera di
assumere i principi contenuti nelle premesse (principi comprensivi
della denominazione di cui si è detto) "quali linee di indirizzo da
trasmettere alla Commissione speciale per lo Statuto e per la legge
elettorale, affinché quest'ultima possa procedere agli adempimenti
necessari a consentire che gli stessi possano essere compiutamente
attuati in sede di elaborazione del nuovo Statuto regionale". Una
simile previsione, secondo il ricorrente, pur avendo valenza
meramente ottativa, lederebbe le prerogative statali, intendendo
preannunciare l'approvazione di un nuovo statuto regionale che
sarebbe diretto a rivendicare alla regione ambiti di potere sovrano.
Su simili premesse il Presidente del Consiglio dei ministri chiede
alla Corte di dichiarare che non spetta al Consiglio regionale
adottare la delibera oggetto del ricorso, e conseguentemente di
annullarla.
2. - Si è costituito, per la Regione Liguria, il Presidente
della Giunta regionale, chiedendo che il ricorso statale sia
dichiarato inammissibile o infondato.
Quanto ai profili di inammissibilità, si denuncia il difetto di
lesività dell'atto impugnato. La determinazione assunta dal
Consiglio regionale, osserva la difesa della regione, avrebbe un
elevato valore simbolico, ma, in termini di puro diritto, si
risolverebbe in una semplice addizione lessicale alla formula
impiegata in Costituzione, senza che ciò determini una modifica
delle competenze e delle prerogative dell'organo rappresentativo
regionale. Non vi sarebbe, dunque, nell'atto oggetto del conflitto,
alcuna capacità invasiva delle attribuzioni costituzionali dello
Stato.
Nel merito, la difesa regionale contesta l'affermazione secondo
la quale l'espressione Parlamento "sia sintomatica e coessenziale
della sovranità dello Stato", replicando che la sovranità è una
caratteristica dello Stato complessivamente considerato, mentre la
denominazione di Parlamento si attaglierebbe ad assemblee
rappresentative, espressive di potere popolare, con funzione
legislativa e di controllo politico sul Governo. Ad avviso della
resistente dovrebbe considerarsi infondata anche la questione
relativa al secondo comma della deliberazione impugnata, che formula
indirizzi ai fini della redazione del nuovo statuto, poiché tale
previsione non presenterebbe un contenuto lesivo, essendo priva di
valore giuridico vincolante nei confronti della commissione alla
quale è diretta.
3. - Nella pubblica udienza del 12 febbraio 2002 l'Avvocatura
dello Stato, oltre a riprendere le argomentazioni spese nel ricorso,
ha soggiunto che le attribuzioni del Consiglio regionale, per quanto
siano state fortemente potenziate dalla revisione del Titolo V, Parte
II, della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),
sarebbero comunque espressione di poteri di autonomia e non
potrebbero mai attingere il livello della sovranità. In tal senso,
secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, con la
delibera impugnata la Regione Liguria si arrogherebbe la titolarità
di una sovranità che in nessun modo le spetta.
Dal canto suo, la difesa della regione ha sostenuto che l'impiego
del nomen Parlamento nella delibera oggetto del conflitto - che
peraltro esplicitamente riconosce la spettanza della sovranità allo
Stato nella sua unitarietà - troverebbe giustificazione proprio
nella marcata assimilazione funzionale tra assemblea legislativa
statale e assemblea legislativa regionale alla quale hanno condotto
le riforme costituzionali più recenti, tutte intese al rafforzamento
delle istituzioni regionali nella complessiva organizzazione dello
Stato. Particolare significato assumerebbe, in tale prospettiva,
l'attribuzione di una amplissima potestà legislativa alle Regioni,
per effetto del superamento del criterio della enumerazione delle
materie di competenza regionale, cui era originariamente improntato
l'art. 117 della Costituzione, e l'accoglimento del principio,
concettualmente opposto, della residualità della competenza
legislativa regionale (art. 117, quarto comma, della Costituzione).
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso
per conflitto di attribuzione, in riferimento agli articoli 1, 5, 55,
115 (articolo abrogato dall'art. 9, comma 2, della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e 121 della Costituzione
avverso la delibera n. 62 del 15 dicembre 2000, con la quale il
Consiglio regionale della Liguria, da un lato ha disposto che in
tutti i propri atti la dizione "Consiglio regionale" sia affiancata
da quella di "Parlamento della Liguria"; dall'altro ha indirizzato
alla Commissione statuto la direttiva di tenere conto di tale
denominazione in sede di elaborazione del nuovo statuto regionale.
2. - Il ricorso deve essere accolto.
Già un approccio puramente testuale al tema oggetto del
conflitto induce a nutrire forti dubbi sulla conformità a
Costituzione della deliberazione impugnata. Il termine "Parlamento",
che apre il Titolo I, Parte II, della Costituzione, si riferisce, ai
sensi dell'art. 55, ai due organi che lo compongono: la Camera dei
deputati e il Senato della Repubblica. L'art. 121 della Costituzione
denomina invece Consiglio regionale l'organo che esercita le potestà
legislative attribuite alla regione e le altre funzioni che la
Costituzione e le leggi gli conferiscono.
L'argomento letterale, seppure non privo di valore, non può
tuttavia essere considerato decisivo se non viene saggiato alla luce
degli altri canoni della interpretazione costituzionale. Le stesse
parti, del resto, hanno avvertito la necessità di spingersi al di
là del dato testuale allorché, con opposti intendimenti, hanno
addotto elementi storico-sistematici per corroborarlo ovvero
consentirne il superamento. L'Avvocatura dello Stato insiste sulla
distinzione-contrapposizione tra sovranità popolare, della quale il
solo Parlamento sarebbe espressione, e autonomia; la difesa della
regione, richiamandosi alla posizione di perfetta equiordinazione
che, dopo le recenti riforme costituzionali, si sarebbe ormai
realizzata tra Parlamento e Consigli regionali, ritiene che anche
questi ultimi, da annoverare a pieno titolo tra le assemblee
rappresentative, possano, per analogia, fregiarsi del nome
Parlamento.
È su tali antagonistiche prospettazioni che questa Corte deve
portare il proprio esame.
3. - La difesa erariale, dunque, nel tentativo di rinvenire, al
di là del dato testuale, una più profonda ragione costituzionale
del carattere esclusivo della denominazione "Parlamento" attribuita
alle assemblee legislative nazionali, pone l'accento sul fatto che
siano queste la sede esclusiva, o anche soltanto preminente, in cui
prende forma la sovranità del popolo.
Si deve in proposito osservare che il legame
Parlamento-sovranità popolare costituisce inconfutabilmente un
portato dei principi democratico-rappresentativi, ma non descrive i
termini di una relazione di identità, sicché la tesi per la quale,
secondo la nostra Costituzione, nel Parlamento si risolverebbe, in
sostanza, la sovranità popolare, senza che le autonomie territoriali
concorrano a plasmarne l'essenza, non può essere condivisa nella sua
assolutezza.
Sebbene il nuovo orizzonte dell'Europa e il processo di
integrazione sovranazionale nel quale l'Italia è impegnata abbiano
agito in profondità sul principio di sovranità, nuovamente
orientandolo ed immettendovi virtualità interpretative non tutte
interamente predicibili, un apparato concettuale largamente
consolidato nel nostro diritto costituzionale consente di procedere,
proprio sui temi connessi alla sovranità, da alcuni punti fermi.
L'articolo 1 della Costituzione, nello stabilire, con formulazione
netta e definitiva, che la sovranità "appartiene" al popolo,
impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione
costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le
forme e i modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi,
infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l'intera
intelaiatura costituzionale: si rifrangono in una molteplicità di
situazioni e di istituti ed assumono una configurazione talmente
ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la garanzia
delle autonomie territoriali. Per quanto riguarda queste ultime,
risale alla Costituente la visione per la quale esse sono a loro
volta partecipi dei percorsi di articolazione e diversificazione del
potere politico strettamente legati, sul piano storico non meno che
su quello ideale, all'affermarsi del principio democratico e della
sovranità popolare.
Il nuovo Titolo V - con l'attribuzione alle regioni della
potestà di determinare la propria forma di governo, l'elevazione al
rango costituzionale del diritto degli enti territoriali minori di
darsi un proprio statuto, la clausola di residualità a favore delle
regioni, che ne ha potenziato la funzione di produzione legislativa,
il rafforzamento della autonomia finanziaria regionale, l'abolizione
dei controlli statali - ha disegnato di certo un nuovo modo d'essere
del sistema delle autonomie. Tuttavia i significativi elementi di
discontinuità nelle relazioni tra Stato e regioni che sono stati in
tal modo introdotti non hanno intaccato le idee sulla democrazia,
sulla sovranità popolare e sul principio autonomistico che erano
presenti e attive sin dall'inizio dell'esperienza repubblicana.
Semmai potrebbe dirsi che il nucleo centrale attorno al quale esse
ruotavano abbia trovato oggi una positiva eco nella formulazione del
nuovo art. 114 della Costituzione, nel quale gli enti territoriali
autonomi sono collocati al fianco dello Stato come elementi
costitutivi della Repubblica quasi a svelarne, in una formulazione
sintetica, la comune derivazione dal principio democratico e dalla
sovranità popolare.
In conclusione, se non lo si vuole racchiudere entro uno schema
troppo angusto e ormai storicamente inattendibile, non è il
principio di sovranità popolare a poter fondare un'attribuzione
costituzionale all'uso esclusivo della denominazione "Parlamento".
4. - D'altro canto, non può essere accolta neppure la
prospettiva ricostruttiva in cui si pone la Regione Liguria per
superare l'ostacolo recato dalla lettera della Costituzione. La
difesa regionale assume che la sostanziale parificazione di funzioni,
nei rispettivi ambiti di competenza, tra Consiglio regionale e
Parlamento renderebbe legittima l'estensione anche al primo della
denominazione propria del secondo. Questa ricostruzione potrebbe
avere una qualche plausibilità se la denominazione degli organi
direttivi della regione fosse collocata in uno spazio di indifferenza
giuridica; solo allora sarebbe infatti possibile muovere alla ricerca
di una nozione "sostanziale" di Parlamento, e, confortati dalla
indagine storica, annettere una qualificazione siffatta alle
assemblee legislative titolari di una funzione rappresentativa delle
popolazioni governate, dunque anche ai Consigli regionali.
È tuttavia di ostacolo alla utilizzazione dell'argomento
analogico la circostanza che la Costituzione ha inteso pregiudicare
questo spazio giuridico. Essa nel Titolo I, Parte II, attribuisce
alle sole Camere il nome Parlamento, e definisce Consiglio regionale,
nell'articolo 121, il titolare della funzione legislativa regionale.
Gli organi direttivi della regione non sono dunque entità nuove nate
negli ordinamenti regionali in virtù delle modifiche introdotte nel
Titolo V della Costituzione e prive di denominazioni proprie. Ed è
vano richiamare profili di analogia tra Consiglio regionale e
Parlamento, che erano evidenti al Costituente del 1948 - il quale con
l'art. 121 della Costituzione (e con le corrispondenti norme degli
statuti speciali) aveva nondimeno espresso chiaramente la propria
scelta diversificatrice - così come si deve presumere lo siano stati
al legislatore costituzionale del 1999 e del 2001, che pure, proprio
nel momento in cui si accingeva ad un rilevante potenziamento del
ruolo delle autonomie, non ha ritenuto di mutare in "Parlamento" la
denominazione dell'organo legislativo delle regioni.
Conviene piuttosto individuare gli elementi che giustifichino la
diversa denominazione costituzionale, ed è fin troppo agevole, in
questa prospettiva, rilevare che il termine Parlamento rifiuta di
essere impiegato all'interno di ordinamenti regionali. Ciò non per
il fatto che l'organo al quale esso si riferisce ha carattere
rappresentativo ed è titolare di competenze legislative, ma in
quanto solo il Parlamento è sede della rappresentanza politica
nazionale (art. 67 Cost.), la quale imprime alle sue funzioni una
caratterizzazione tipica ed infungibile. In tal senso il nomen
Parlamento non ha un valore puramente lessicale, ma possiede anche
una valenza qualificativa, connotando, con l'organo, la posizione
esclusiva che esso occupa nell'organizzazione costituzionale. Ed è
proprio la peculiare forza connotativa della parola ad impedire ogni
sua declinazione intesa a circoscrivere in ambiti territorialmente
più ristretti quella funzione di rappresentanza nazionale che solo
il Parlamento può esprimere e che è ineluttabilmente evocata
dall'impiego del relativo nomen.
5. - Le considerazioni fin qui svolte consentono di apprezzare
nella pienezza del suo significato il valore deontico degli articoli
55 e 121 della Costituzione, che si traduce in un vero e proprio
divieto per i Consigli regionali di appropriarsi del nome Parlamento.
Ne consegue che la dizione lessicale integrativa introdotta dalla
Regione Liguria, intesa ad estendere anche al Consiglio regionale
ligure il nomen Parlamento, deve ritenersi illegittima, sicché il
ricorso per conflitto deve essere accolto e la delibera impugnata
annullata anche in riferimento alla sua seconda parte, con la quale
il Consiglio regionale, esorbitando dalle proprie attribuzioni e
ledendo quelle statali, invita la apposita commissione ad inserire
nello statuto regionale in corso di elaborazione una denominazione
costituzionalmente non consentita per l'organo consiliare.