ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229 (Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria), e, in particolare, dell’art. 1, comma 2, promosso da Pino Cabras e altri, nella qualità di membri del Parlamento, con ricorso depositato in cancelleria il 7 gennaio 2022 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2022, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 19 gennaio 2022 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
deliberato nella camera di consiglio del 19 gennaio 2022.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 7 gennaio 2022 (iscritto al reg. confl. poteri n. 1 del 2022), i deputati Pino Cabras, Emanuela Corda, Simona Suriano e Andrea Vallascas e il senatore Pietro Lorefice, tutti membri del Parlamento residenti nelle Regioni Sicilia o Sardegna, hanno promosso conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del Governo, in riferimento all’art. 1, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2021 n. 229 (Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria);
che la disposizione oggetto di conflitto, in vigore dal 10 gennaio 2022 e fino alla cessazione dello stato d’emergenza epidemiologica da COVID-19, subordina l’accesso ai mezzi di trasporto pubblico e il loro utilizzo al possesso delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all’art. 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis), e di cui all’art. 9-bis, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 (Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 giugno 2021, n. 87;
che dette certificazioni (cosiddetto super green pass) vengono rilasciate unicamente alle persone che hanno completato il ciclo vaccinale contro l’infezione da SARS-CoV-2 o ne sono completamente guarite, ferma restando l’esenzione per i minori di dodici anni e i soggetti dispensati dalla vaccinazione per ragioni mediche;
che i ricorrenti, sprovvisti delle certificazioni in questione, evidenziano che la previsione oggetto di conflitto impedisce loro di raggiungere il Parlamento, mediante i mezzi di trasporto pubblico aereo o marittimo, dai rispettivi luoghi di residenza;
che, conseguentemente, lamentano un grave vulnus all’esercizio della funzione parlamentare, in specie nei suoi profili concernenti la partecipazione all’attività legislativa ( compresa quella inerente alla conversione in legge dello stesso decreto oggetto di conflitto ( e all’elezione del Presidente della Repubblica, per la quale il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali sono stati convocati il 24 gennaio 2022;
che, quanto al requisito soggettivo per l’ammissibilità del conflitto, i ricorrenti sostengono che il Governo avrebbe invaso la funzione legislativa della quale il Parlamento è titolare, finendo per imporre loro «una vaccinazione surrettizia, con modalità lesive dei parametri di cui all’art. 32 della Costituzione»; assumono, in tal senso, che la giurisprudenza costituzionale ammette la possibilità di un sindacato sui vizi che determinano violazioni manifeste delle prerogative del singolo parlamentare, se rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione, e quindi ritiene ammissibile un conflitto nel quale il parlamentare alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione ad esso costituzionalmente attribuita;
che inoltre, e quanto al requisito oggettivo, rilevano che la disposizione oggetto di conflitto determinerebbe un grave squilibrio fra i diversi poteri dello Stato, poiché con essa il Governo avrebbe precluso ai ricorrenti ogni partecipazione all’attività legislativa, sicché il conflitto sarebbe necessario in quanto «diretto a ripristinare le competenze costituzionalmente garantite» e perciò a tutelare il «principio di separazione dei poteri»;
che, inoltre, i ricorrenti contestano la legittimità costituzionale della disciplina oggetto di conflitto sotto diversi profili;
che, infatti, assumono che essa si porrebbe anzitutto in contrasto con l’art. 16 della Costituzione, poiché limiterebbe la libertà di circolazione nel territorio dello Stato per «ragioni politiche», in quanto riconducibili alla libera scelta di non sottoporsi al vaccino contro il COVID-19;
che, ancora, i ricorrenti reputano violato l’art. 3 Cost., poiché le restrizioni imposte, fondandosi sullo status personale di soggetto vaccinato o guarito, determinerebbero una disparità di trattamento, con riflessi di ordine economico e sociale, nella fruizione di un servizio pubblico essenziale;
che, infine, la disciplina oggetto di conflitto violerebbe anche gli artt. 32 e 117, primo comma, Cost. ( in relazione «[a]i regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021, esplicitamente richiamati dall’art. 9 comma 9 del D.L. n. 52/2021» ( in quanto comporterebbe l’introduzione surrettizia di un obbligo vaccinale senza alcuna certezza della sua utilità per la salute pubblica ed in presenza, a detta dei ricorrenti, di un quadro di gravi e diffuse reazioni avverse, in contrasto con il principio, affermato dalla giurisprudenza costituzionale, in base al quale il prodotto vaccinale non deve incidere negativamente sullo stato di salute dei destinatari dell’obbligo, salvo che per le normali e tollerabili conseguenze;
che, pertanto, i ricorrenti chiedono l’annullamento dell’atto oggetto di conflitto, previa sospensione da adottarsi anche inaudita altera parte, sussistendo il pericolo di un pregiudizio grave e irreparabile, viste «la particolare ristrettezza dei tempi» e la «importanza della questione, al fine di tutelare, anche nelle more della definizione del presente giudizio, le prerogative costituzionali» loro spettanti;
che, da ultimo, i ricorrenti sollecitano questa Corte a sollevare innanzi a sé medesima la questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto-legge menzionato, in riferimento ai parametri evocati.
Considerato che i ricorrenti, parlamentari della Repubblica, hanno proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, avente ad aggetto l’adozione, da parte del Governo della Repubblica, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 229 (Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria), e, in particolare, dell’art. 1, comma 2, di tale testo normativo, per la parte in cui preclude l’accesso ai mezzi di trasporto pubblico a chi non sia vaccinato contro il COVID-19, o ne sia guarito (salvo che per gli infradodicenni e coloro che non possano sottoporsi a vaccinazione per ragioni mediche);
che, secondo i ricorrenti, che risiedono nelle Regioni Sicilia o Sardegna, tale previsione impedirebbe loro di raggiungere la sede della Camera di appartenenza, per partecipare ai lavori parlamentari;
che essa, perciò, menomerebbe le attribuzioni proprie di ciascun parlamentare, tutelate dagli artt. 1, 67, 70, 71 e 72 della Costituzione;
che tale menomazione avverrebbe, inoltre, con lesione degli artt. 3, 16, 32 e 117 Cost.;
che viene pertanto proposta anche domanda di sospensione in via cautelare dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 229 del 2021 (ordinanza n. 225 del 2017);
che il Collegio, visto anche l’art. 60 dell’Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), ritiene, dallo stato degli atti, di poter decidere direttamente sull’ammissibilità del conflitto;
che l’avviso dato alle parti ricorrenti in ordine alla trattazione in data odierna della domanda cautelare assorbe ogni ulteriore comunicazione in riferimento allo svolgimento del giudizio di ammissibilità, in relazione al quale, peraltro, la parte ricorrente non matura, né può esercitare, alcuna facoltà processuale;
che, in questa fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni costituzionali delineata per i vari poteri, nonché a pronunciarsi sulla domanda cautelare;
che il conflitto è inammissibile;
che, infatti, questa Corte ha ripetutamente affermato che l’ammissibilità del conflitto tra poteri promosso dal singolo parlamentare è subordinata alla sussistenza di una manifesta lesione delle sue proprie prerogative costituzionali, da apprezzarsi favorevolmente fin da questa fase del giudizio (ordinanze n. 255 e 256 del 2021; n. 193, n. 188, n. 186, n. 67 e n. 66 del 2021; n. 197, n. 176, n. 129, n. 86 e n. 60 del 2020; n. 275, n. 274 e n. 17 del 2019);
che, nel caso di specie, i ricorrenti non evidenziano tale manifesta violazione delle loro prerogative costituzionali, in quanto la disposizione oggetto di conflitto, contenuta nel d.l. n. 229 del 2021, regola le condizioni di accesso al trasporto pubblico da parte della collettività e non ha per oggetto le specifiche attribuzioni dei parlamentari, incise in via fattuale e di riflesso; attribuzioni il cui esercizio deve essere garantito, considerato il rilievo degli attuali impegni politico-parlamentari, dai competenti organi delle Camere, nel rispetto della legislazione vigente;
che eccede l’oggetto del presente conflitto, a causa del palese difetto di rilevanza, anche la sollecitazione rivolta a questa Corte, affinché il menzionato d.l. n. 229 del 2021 sia oggetto di un’autorimessione avente ad oggetto i plurimi profili di illegittimità costituzionale che i ricorrenti vi intravedono (ordinanza n. 256 del 2021);
che, pertanto, il ricorso è inammissibile;
che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso assorbe la decisione sull’istanza di sospensione cautelare (ordinanze n. 193 del 2021, n. 197, n. 196 e n. 195 del 2020).