Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 38, recante «Modifiche alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e alla legge regionale 15 novembre 2007, n. 33 (Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate)».
1.1.– Con il primo motivo di ricorso sono censurati gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021.
L’art. 1 estende dal «1° agosto 2020» al «1° agosto 2021» il termine previsto al comma 1 dell’art. 5 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, recante il cosiddetto “Piano casa”, adottato in attuazione dell’intesa tra Stato, regioni ed enti locali sottoscritta il 1° aprile 2009. Per effetto della novella, gli interventi edilizi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione anche in deroga agli strumenti urbanistici, previsti dagli artt. 3 e 4 della citata legge reg. Puglia n. 14 del 2009, possono ora essere realizzati su immobili esistenti alla data del 1° agosto 2021.
L’art. 2 proroga dal «31 dicembre 2021» al «31 dicembre 2022» il termine, previsto al comma 1 dell’art. 7 della stessa legge reg. Puglia n. 14 del 2009, per presentare la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o l’istanza per il rilascio del permesso di costruire in relazione a tutti gli indicati interventi edilizi straordinari.
1.1.1.– Il ricorrente premette che non assumerebbe rilievo la circostanza che il Governo abbia rinunciato al ricorso proposto avverso la precedente norma di proroga del “Piano casa”, poiché l’istituto dell’acquiescenza nei giudizi non opera nei ricorsi in via principale. Nel merito, sostiene che gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 violano, in primo luogo, l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e il principio di leale collaborazione, per contrasto con gli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Le continue proroghe delle misure (disposte per oltre dieci anni) e la loro estensione anche a edifici di recentissima costruzione (come quelli esistenti al 1° agosto 2021) avrebbero «snaturato» il carattere straordinario e eccezionale della disciplina affermato dallo stesso art. 1 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, rendendo stabile la possibilità di realizzare interventi di trasformazione edilizia in deroga al piano paesaggistico territoriale della Regione (PPTR), approvato nel 2015, previa intesa con lo Stato. Sarebbero così violati, sulla base della costante giurisprudenza costituzionale, diffusamente richiamata nel ricorso, i principi di prevalenza del piano paesaggistico e di co-pianificazione espressi dalle invocate norme interposte.
1.1.2.– Il vulnus deriverebbe dal «combinato disposto» delle norme impugnate con l’art. 3 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 39, recante «Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 “Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia derivazione acque sotterranee».
Con tale disposizione (di cui è stata dichiara la parziale illegittimità costituzionale con sentenza n. 240 del 2022), il legislatore regionale – richiamando la soluzione interpretativa esposta in un parere del Consiglio dei lavori pubblici dell’8 luglio 2021 – avrebbe ampliato la categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia prevista dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizi. (Testo A)», includendovi quelli di demolizione e ricostruzione in aree vincolate con modifiche di sagoma, sedime, prospetti e aumenti di volume, che si dovrebbero invece considerare come interventi di «nuova costruzione», ai sensi della lettera e) del medesimo comma 1 dell’art. 3. Scopo della norma regionale sarebbe di attrarre tali interventi modificativi – diversamente da quanto stabilisce la legge statale – nelle ristrutturazioni edilizie, così da non incorrere nel divieto di nuove costruzioni previsto dagli artt. 45, 62, 63, 64, 65 e 66 delle norme tecniche di attuazione (NTA) del citato PPTR per diverse aree vincolate, come i territori costieri e quelli contermini ai laghi, i boschi e le relative aree di rispetto, le aree umide, i prati e pascoli naturali nonché le formazioni arbustive.
Inoltre, lo stesso art. 3 avrebbe riprodotto, in sostanza, la norma contenuta nell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, che già consentiva interventi in aree vincolate contrastanti con il PPTR e che è stato abrogato a opera dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Puglia 24 marzo 2021, n. 3, recante «Modifica all’articolo 6 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e disposizioni in materia di prezzario regionale delle opere pubbliche», in ottemperanza a un impegno assunto dalla Regione con il Governo. A fronte dello scopo perseguito, di consentire nuove costruzioni nonostante i divieti del PPTR, sarebbe irrilevante la clausola di necessaria conformità degli interventi straordinari a prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive dello stesso PPTR.
In definitiva, la «lettura sistematica» del citato art. 3 con la disciplina ora impugnata, al primo «strettamente» collegata, confermerebbe che l’ennesima proroga ha ampliato la «portata» del “Piano casa”, introducendo deroghe stabili e unilaterali alle previsioni del PPTR e vanificandone la necessaria impronta unitaria.
1.1.3.– Il ricorrente osserva poi che la prassi di prorogare reiteratamente l’efficacia nel tempo delle discipline regionali attuative del “Piano casa” sarebbe stata «stigmatizzata» da questa Corte in recenti pronunce, come la sentenza n. 219 del 2021, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della proroga del “Piano casa” della Regione Calabria per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e del principio di leale collaborazione.
Le considerazioni ivi svolte con riguardo a una regione ancora impegnata nel percorso per l’approvazione congiunta con lo Stato del piano paesaggistico, varrebbero a maggior ragione per la Puglia, dotata di piano paesaggistico codeciso ed esteso a tutto il territorio regionale. La possibilità di derogare agli strumenti urbanistici – necessariamente conformati o adeguati al piano paesaggistico in base all’art. 145 cod. beni culturali – comporterebbe infatti, «procedendo a ritroso, la deroga a quest’ultimo». La scelta unilaterale del legislatore regionale di consentire interventi edilizi straordinari si tradurrebbe dunque in una deroga allo stesso piano paesaggistico, considerato che la legge reg. Puglia n. 14 del 2009 fa salvo il rispetto solo delle altezze massime e delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici, e non delle prescrizioni del PPTR.
1.1.4.– Gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 violerebbero anche l’art. 9 Cost., in quanto abbasserebbero i livelli di tutela del paesaggio, e l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio, ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000), che secondo il ricorrente richiederebbe la pianificazione paesaggistica di tutto il territorio, in quanto la disciplina derogatoria del “Piano casa” inciderebbe comunque sul paesaggio «non vincolato» oggetto di pianificazione paesaggistica, anch’esso tutelato dalla citata Convenzione, agli artt. 5 e 6.
1.1.5.– Infine, sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con il principio fondamentale della materia «governo del territorio», in base al quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sarebbero consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica. Una deroga ex lege al vincolo della pianificazione si potrebbe ammettere solo per un tempo limitato (come stabilito nella citata intesa sul “Piano casa” del 1° aprile 2009 e come affermato dalla giurisprudenza amministrativa e penale), «pena la destrutturazione dell’ordinato assetto del territorio».
L’invocato principio fondamentale è desunto: a) dall’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), attuato mediante il decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765); b) dall’art. 2-bis t.u. edilizia; c) dall’art. 5, comma 11, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106.
In questo quadro, non sarebbe consentito alle regioni – al di fuori di una disciplina temporanea e eccezionale come quella del “Piano casa”, prevista dalla legislazione statale – introdurre con legge deroghe generalizzate e permanenti alla pianificazione urbanistica e agli standard stabiliti dal d.m. n. 1444 del 1968. La pianificazione urbanistica svolge infatti una funzione necessaria e insostituibile di disciplina dell’uso del territorio, come unica sede in cui è possibile operare la sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, afferenti a ciascun ambito territoriale.
1.2.– Con il secondo motivo di ricorso è censurato l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, che modifica alcune disposizioni della legge reg. Puglia n. 33 del 2007.
Quest’ultima legge regionale detta limiti e norme per il recupero dei sottotetti e per il riutilizzo di porticati e di locali seminterrati con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (art. 1, comma 1). A tali fini consente, a determinate condizioni, il recupero delle volumetrie del piano sottotetto esistente ai fini connessi con l’uso residenziale, il recupero dei porticati a piano terra o piano rialzato, da destinare prioritariamente a uso terziario e/o commerciale, il recupero dei locali seminterrati da destinare a uso residenziale e dei locali seminterrati e interrati da destinare a uso terziario e/o commerciale, nonché a usi strettamente connessi con le residenze (art. 1, comma 2).
L’art. 3 impugnato modifica: alla lettera a), l’art. 1, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 33 del 2007, nel senso che il descritto recupero volumetrico può essere consentito su edifici legittimamente realizzati alla data del «30 giugno 2021», anziché, come precedentemente previsto, del «30 giugno 2020»; alla lettera b), l’art. 4, comma 1, della stessa legge regionale, nel senso che è ammesso il recupero abitativo, alle condizioni ivi previste, dei sottotetti esistenti alla data del «30 giugno 2021», anziché, come precedentemente previsto, del «30 giugno 2020».
1.2.1.– Il ricorrente sottolinea che il legislatore regionale ha esteso per la quinta volta l’ambito applicativo di una legge che – senza essere «sorretta», a differenza della disciplina attuativa del “Piano casa”, da una normativa statale – consente generalizzati interventi in deroga agli strumenti e agli standard urbanistici anche su immobili abusivi oggetto di sanatoria.
Sarebbe così innanzitutto violata la competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela [...] dei beni culturali», prevista all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la disposizione impugnata, trasformando una normativa eccezionale, e perciò necessariamente temporanea, in una disciplina a regime, ne estenderebbe la portata derogatoria anche a edifici costituenti beni culturali realizzati fino al mese di giugno 2021, senza disporre alcuna clausola di salvaguardia, in contrasto con gli artt. 4, 20 e 21 cod. beni culturali.
I recuperi volumetrici ammessi dalla legge reg. Puglia n. 33 del 2007 comporterebbero infatti l’astratta modificabilità anche dei beni di interesse culturale, non rilevando in senso contrario che il citato art. 21 prescriva la previa autorizzazione, in quanto il legislatore regionale avrebbe generato ingiustificate aspettative edificatorie in capo ai proprietari e aggravi amministrativi a carico delle soprintendenze, chiamate a esprimersi su interventi relativi a immobili tutelati, che dovrebbero essere radicalmente vietati.
Per queste ultime ragioni, l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 si porrebbe altresì in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., violando i principi di ragionevolezza e di buon andamento dell’amministrazione.
1.2.2.– L’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. sarebbe violato anche in quanto le norme della legge reg. Puglia n. 33 del 2007 detterebbero, in assenza di una specifica disposizione statale che lo consenta, una disciplina d’uso del territorio regionale che si estende alla funzione propria del piano paesaggistico regionale, e ciò in contrasto con il principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica e con l’obbligo di co-pianificazione, di cui agli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali. Spetterebbe infatti solo al piano paesaggistico, elaborato congiuntamente con lo Stato, disciplinare l’uso del territorio regionale, anche «non vincolato».
Abbassando il livello di tutela del paesaggio, la disciplina regionale in esame violerebbe l’art. 9 Cost. e l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio, in base alla quale anche il paesaggio «non vincolato» dovrebbe essere oggetto di pianificazione paesaggistica.
1.2.3.– L’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 violerebbe anche la competenza concorrente dello Stato in materia di «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Estendendo agli edifici di più recente realizzazione la normativa che, in via eccezionale, consente deroghe agli strumenti urbanistici a fini di contenimento del consumo del suolo e di efficientamento energetico, la disposizione impugnata contrasterebbe con i seguenti principi generali della materia «governo del territorio»: a) il principio, desumibile dall’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, attuato mediante il d.m. n. 1444 del 1968, secondo cui gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica e nel rispetto degli standard urbanistici ed edilizi fissati a livello statale, che sarebbero stravolti dalla sommatoria di recuperi a fini abitativi senza limiti oggettivi; b) il principio, desumibile dall’art. 14 t.u. edilizia, secondo cui gli interventi in deroga alla pianificazione urbanistica possono essere assentiti solo previa valutazione da operare caso per caso dal Consiglio comunale; c) il divieto delle cosiddette “premialità edilizie” in caso di immobili abusivi oggetto di sanatoria, espresso nell’intesa del 2009 sul “Piano casa”.
Infine, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 Cost., per manifesta irragionevolezza e per contrarietà al principio di buon andamento dell’amministrazione. Riguardando anche edifici di recentissima costruzione, infatti, la norma non sarebbe coerente con le dichiarate finalità di contenimento del consumo del suolo e di efficientamento energetico.
2.– Con atto depositato il 10 marzo 2022 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per la non fondatezza delle questioni.
2.1.– Quanto agli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, la Regione ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità delle questioni per difetto di specifica motivazione. Non sarebbero indicati i termini concreti in cui le disposizioni censurate violerebbero i parametri costituzionali invocati né le norme richiamate a parametro interposto, né sarebbe chiarito in cosa consiste il vulnus arrecato alle aree vincolate, posto che in Puglia è stato già approvato il PPTR e che il legislatore regionale non intenderebbe derogare a esso, avendone previsto il necessario rispetto con la clausola inserita nell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021.
Il ricorrente avrebbe censurato le disposizioni di proroga del “Piano casa” senza indicare specifici profili di illegittimità costituzionale delle norme prorogate e senza considerare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, quando si tratti di disposizioni di proroga «[l]a violazione del riparto delle competenze [...] deve essere valutata con riguardo alla normativa originaria, di volta in volta prorogata, e non può essere esclusa solo sulla base della sua temporaneità», con la conseguenza che «[s]i può ravvisare un carattere lesivo della proroga [...] solo se tale carattere sia insito anche nella disposizione differita» (è citata la sentenza di questa Corte n. 170 del 2021).
I parametri evocati, infine, non sarebbero conferenti.
2.1.1.– Nel merito, le questioni non sarebbero fondate.
Le censure si incentrerebbero nel contrasto con il principio di co-pianificazione e di tutela del paesaggio, anche in riferimento a porzioni del territorio regionale non sottoposte a vincoli, sul presupposto che la prorogata vigenza del “Piano casa” comprometterebbe l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica. Ciò in quanto gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, in combinato disposto con l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 (separatamente impugnato), consentirebbero interventi non consentiti dal PPTR.
Quanto alla lamentata lesione dei principi di prevalenza del piano paesaggistico e di co-pianificazione, la resistente osserva che le deroghe consentite riguardano solo gli strumenti urbanistici, in attuazione dell’intesa del 1° aprile 2009 e dell’art. 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. Sicché la giurisprudenza costituzionale richiamata nel ricorso non sarebbe pertinente, perché relativa a regioni prive (a differenza della Puglia) di un piano paesaggistico elaborato congiuntamente, ovvero a norme regionali che effettivamente consentono deroghe alle previsioni paesaggistiche.
Quanto all’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, che secondo il ricorrente andrebbe considerato «in combinato disposto» con le norme impugnate, si dovrebbe escludere, sia che con esso sia stata ampliata la categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia, sia che gli interventi consentiti in aree indicate dal PPTR possano derogare alle previsioni di tutela del paesaggio. E ciò alla luce della clausola inserita nel medesimo art. 3 – ed erroneamente ritenuta «pleonastica» dal ricorrente – del necessario rispetto delle «prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive» dello stesso PPTR. La clausola, inoltre, varrebbe a differenziare la portata della disposizione da quella dell’abrogato art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, che si limitava a prescrivere il rispetto degli indirizzi e delle direttive del PPTR.
Di conseguenza, qualora il PPTR vietasse determinati interventi previsti dal “Piano casa”, questi ultimi non potrebbero essere realizzati in alcuna parte del territorio regionale sottoposto alla disciplina del piano paesaggistico, mentre diversamente non vi sarebbero ragioni per vietarne aprioristicamente la realizzazione, solo perché previsti dal “Piano casa”. Le NTA del PPTR non delineerebbero infatti alcun regime di inedificabilità assoluta (sono citati gli artt. 45, comma 3, 64, comma 3, e 65, comma 3, delle citate NTA).
Né sarebbe rilevante l’artificiosa distinzione ipotizzata dal ricorrente – peraltro priva di fondamento normativo – tra paesaggio «vincolato» e paesaggio «non vincolato», in quanto la predetta clausola di rispetto abbraccia tutta la complessa normativa recata dal PPTR e riguarda tutto il territorio oggetto di pianificazione. Anche da questo angolo visuale, dunque, le norme impugnate non consentirebbero deroghe al PPTR.
Sulla base di tali considerazioni, cadrebbero «a cascata» tutte le censure inerenti alla violazione, sia del carattere necessariamente unitario della pianificazione paesaggistica, sia dei principi di co-pianificazione e di leale collaborazione, comprese quelle fondate sull’esistenza di una deroga «a ritroso» del piano paesaggistico. Il PPTR rimarrebbe invero comunque sovraordinato alle disposizioni del “Piano casa” regionale.
2.1.2.– Quanto all’asserita illegittimità costituzionale in sé della proroga, la censura sarebbe inammissibile anche per la mancata indicazione dei parametri violati.
Nel merito, la Regione si sarebbe avvalsa delle norme statali sul “Piano casa” e della conseguente intesa del 2009, tuttora vigenti e dunque idonee a legittimare interventi di proroga. Né si potrebbe affermare che, una volta elaborato congiuntamente il piano paesaggistico, la stessa Regione si sarebbe spogliata della sua competenza concorrente in materia di «governo del territorio».
Infine, non sarebbero violati nemmeno i limiti di densità edilizia disposti dall’art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge n. 1150 del 1942, come attuato dal d.m. n. 1444 del 1968, giacché la legge reg. Puglia n. 14 del 2009 non prevede alcuna deroga a tale disciplina.
In ogni caso, la Regione precisa che gli ampliamenti e le demolizioni/ricostruzioni di cui agli artt. 3 e 4 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 avrebbero un’incidenza minimale sul «carico insediativo», al di fuori di quanto previsto dagli strumenti urbanistici generali.
2.1.3.– Sulle questioni promosse con riguardo all’art. 3, la Regione ripropone preliminarmente l’eccezione di inammissibilità per i motivi già illustrati con riguardo agli artt. 1 e 2.
Nel merito, osserva che la legge reg. Puglia n. 33 del 2007, di cui l’art. 3 proroga l’efficacia, non consentirebbe deroghe generalizzate agli strumenti urbanistici, né deroghe alle norme di tutela dei beni culturali e del paesaggio o al PPTR, che dovrebbero essere espresse e specifiche. Non sarebbero dunque violate le plurime disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio richiamate dal ricorrente, né lo sarebbero i principi di prevalenza della pianificazione paesaggistica e di co-pianificazione, ferma restando la necessità delle autorizzazioni previste dagli artt. 21 e 146 cod. beni culturali. Il PPTR resterebbe inoltre sovraordinato anche alle leggi regionali. Del pari, la norma impugnata non determinerebbe un abbassamento dei livelli di tutela del paesaggio in violazione dell’art. 9 Cost.
La Regione osserva poi che gli artt. 4, 20 e 21 cod. beni culturali, invocati come norme interposte, non vietano in modo aprioristico e assoluto qualsiasi intervento su beni culturali e paesaggistici, ma ne subordinano la realizzazione a un accertamento di compatibilità con le specifiche finalità di tutela, salvaguardia e valorizzazione degli stessi beni, nell’ambito del procedimento diretto al rilascio dell’autorizzazione, la cui disciplina non sarebbe derogata, né dall’impianto della legge reg. Puglia n. 33 del 2007, né dalla disposizione che ne proroga l’efficacia.
Secondo la resistente, inoltre, nemmeno quest’ultima legge, così come quella attuativa del “Piano casa”, prevede deroghe agli standard urbanistici e edilizi, sicché non vi è contrasto con l’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e con il d.m. n. 1444 del 1968.
La possibilità di realizzare gli interventi di recupero negli immobili abusivi oggetto di sanatoria non contrasterebbe con alcun precetto costituzionale, né con norme statali di principio e nemmeno con l’intesa del 2009 relativa al “Piano casa”, che comunque non potrebbe essere invocata come parametro interposto.
Non vi sarebbe contrasto con i principi fondamentali in tema di assetto ordinato del territorio, considerando che: a) gli interventi di recupero hanno portata limitata e non comportano alterazione del carico urbanistico; b) i comuni possono individuare aree o singoli immobili esclusi dall’applicazione della legge reg. Puglia n. 33 del 2007; c) il richiamo dell’art. 14 t.u. edilizia non è pertinente, riguardando la norma impugnata la diversa fattispecie in cui l’intervento è previsto ex lege.
Neppure sarebbero violati gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto il principio di buon andamento non opera per l’esercizio della funzione legislativa.
Infine, l’obbligo di pianificazione paesaggistica non sarebbe eluso, dal momento che la legge regionale non pianifica alcunché, ma si limita a consentire in astratto alcune categorie di interventi, nel rispetto delle norme vincolistiche sovraordinate.
3.– La Regione Puglia ha depositato il 3 novembre 2022 una memoria difensiva, in cui richiama e sviluppa gli argomenti difensivi offerti nell’atto di costituzione in giudizio e insiste nelle sue conclusioni.
3.1.– Quanto agli artt. 1 e 2, la resistente precisa che medio tempore è entrata in vigore la legge della Regione Puglia 12 agosto 2022, n. 20, recante «Norme per il riuso e la riqualificazione edilizia e modifiche alla legge regionale 15 novembre 2007, n. 33 (Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate)». L’art. 9 di tale legge, sotto la rubrica «Disposizione transitoria», prevede che «[l]e pratiche edilizie inoltrate e protocollate ai sensi della legge regionale 14/2009 presso gli sportelli unici per l’edilizia dei comuni pugliesi, prima della data del 29 luglio 2022, sono istruite e concluse secondo le prescrizioni della medesima legge regionale».
La disposizione, impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con distinto ricorso iscritto al n. 80 reg. ric. 2022, avrebbe determinato l’anticipata cessazione dell’efficacia della legge regionale attuativa del “Piano casa”.
Nel prosieguo, la Regione ricorda che questa Corte, con la recente sentenza n. 192 del 2022, ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, nel testo in vigore prima della sua abrogazione, con una pronuncia additiva che ha introdotto nel corpo della norma una clausola di rispetto delle prescrizioni del PPTR del tutto simile a quella contenuta nell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, con la conseguenza che cadrebbero tutte le censure fondate sulla portata derogatoria di quest’ultima disposizione.
3.2.– Quanto all’art. 3 in esame, la Regione precisa che lo stesso ius superveniens ha novellato anche la legge reg. Puglia n. 33 del 2007, come modificato dalla disposizione impugnata.
In particolare, gli artt. 10, comma 1, e 13, comma 1, della legge reg. Puglia n. 20 del 2022 hanno inserito negli artt. 1 e 3 della legge regionale n. 33 del 2007 clausole di rispetto delle previsioni di tutela del paesaggio, mentre gli artt. 11 e 14 (anch’essi impugnati dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 80 reg. ric. 2022) hanno modificato le disposizioni già incise dall’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, sostituendo le parole «alla data del 30 giugno 2021» con le parole «alla data di entrata in vigore della presente disposizione».
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della reg. Puglia n. 38 del 2021, i primi due che prorogano i termini di efficacia indicati negli artt. 5, comma 1 e 7, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, recante il “Piano casa”, adottato in attuazione dell’intesa tra Stato, regioni ed enti locali sottoscritta il 1° aprile 2009; il terzo che modifica gli artt. 1, comma 3, lettera a) e 4, comma 1, della legge reg. Puglia n. 33 del 2007, i quali dettano, rispettivamente, limiti e norme per il recupero dei sottotetti e per il riutilizzo di porticati e di locali seminterrati, con l’obiettivo (indicato al suo art. 1, comma 1) di «contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici».
2.– Con il primo motivo di ricorso sono censurati gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021.
L’art. 1 estende dal «1° agosto 2020» al «1° agosto 2021» il termine previsto al comma 1 dell’art. 5 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009. Per effetto della novella, gli interventi edilizi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione anche in deroga agli strumenti urbanistici, previsti dagli artt. 3 e 4 del “Piano casa”, possono essere realizzati su immobili esistenti alla data del 1° agosto 2021.
Si tratta dell’ottava proroga del termine originario, fissato nella disposizione che consentiva di realizzare gli interventi straordinari solo su immobili esistenti al 3 agosto 2009, data di entrata in vigore della legge reg. Puglia n. 14 del 2009.
L’art. 2 proroga invece dal «31 dicembre 2021» al «31 dicembre 2022» il termine, previsto al comma 1 dell’art. 7 della stessa legge regionale, per presentare la SCIA o l’istanza per il rilascio del permesso di costruire in relazione a tutti gli indicati interventi edilizi straordinari.
Si tratta della decima proroga del termine originario, fissato nella disposizione che consentiva di presentare la SCIA o l’istanza di rilascio del permesso di costruire entro il 3 agosto 2011, cioè entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge reg. Puglia n. 14 del 2009.
2.1.– Il ricorrente lamenta, in primo luogo, che le continue proroghe delle misure e la loro estensione anche a edifici di recentissima costruzione ne avrebbero «snaturato» il carattere straordinario ed eccezionale affermato dallo stesso art. 1 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, rendendo stabile, «in combinato disposto» con l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, la possibilità di realizzare interventi di trasformazione edilizia in deroga al piano paesaggistico territoriale della Regione (PPTR), approvato nel 2015 previa intesa con lo Stato.
Gli artt. 1 e 2 impugnati violerebbero così innanzitutto l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», ponendosi in contrasto con i principi di prevalenza del piano paesaggistico e di co-pianificazione di cui agli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali. Il carattere unilaterale dell’intervento comporterebbe anche la lesione del principio di leale collaborazione.
A tali censure si affianca quella di lesione del valore costituzionale del paesaggio, e dunque dell’art. 9 Cost., in quanto le norme impugnate abbasserebbero i relativi livelli di tutela, e dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio.
Sarebbe violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale della materia «governo del territorio» in base al quale gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica, derogabile ex lege solo per un tempo limitato, «pena la destrutturazione dell’ordinato assetto del territorio».
2.2.– La Regione ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità delle questioni per difetto di adeguata motivazione. Non sarebbero indicati i termini concreti in cui le disposizioni censurate violano i parametri costituzionali invocati e le norme richiamate a parametro interposto, né sarebbe chiarito in cosa consiste il vulnus arrecato alle aree vincolate.
L’eccezione – che, pur genericamente riferita a tutte le censure, non può che riguardare quelle relative al riparto di competenza e alla tutela sostanziale in materia di paesaggio – non è fondata.
La giurisprudenza di questa Corte è costante «nell’affermare “che, nella impugnazione in via principale, il ricorrente non solo deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione promossa (con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati), ma ha anche l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del 2021) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei parametri che assume incisi” (ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 71 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 5 del 2022, n. 201, n. 52 e n. 29 del 2021)» (sentenza n. 135 del 2022; nello stesso senso, di recente, sentenza n. 119 del 2022) .
Nel caso in esame il ricorrente ha motivato in modo adeguato, riferendo le ragioni dell’impugnazione alla deroga unilaterale al piano paesaggistico disposta dall’ennesima proroga del “Piano casa”, che dovrebbe essere valutata considerando il contenuto dell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021. In particolare, quest’ultimo presenterebbe specifica portata derogatoria per i motivi posti a fondamento della sua separata impugnazione, diffusamente richiamati nel ricorso. In ciò, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, consisterebbero sia la lesione della competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per violazione delle norme che disciplinano la pianificazione paesaggistica (artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali), sia il vulnus al principio di leale collaborazione, declinato nell’obbligo di co-pianificazione, e al valore costituzionale del paesaggio, tutelato dagli artt. 9 e 117, primo comma, Cost., in relazione alla Convenzione internazionale invocata come parametro interposto.
Non è dunque corretto quanto afferma la Regione circa il fatto che non sarebbero indicati specifici profili di illegittimità delle norme prorogate, come richiesto invece dalla giurisprudenza costituzionale alla cui stregua «[l]a violazione del riparto delle competenze [...] deve essere valutata con riguardo alla normativa originaria, di volta in volta prorogata, e non può essere esclusa solo sulla base della sua temporaneità» (sentenza n. 170 del 2021). Al contrario, è evidente che la norma che nella prospettiva del ricorrente si salda con quelle impugnate (l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021) è essa stessa incisa dal differimento del termine di efficacia della legge regionale sul “Piano casa”, in quanto, pur non essendo formalmente inserita nel corpo di tale legge, ne disciplina l’applicabilità proprio nelle aree indicate dal PPTR, in nulla distinguendosi, sotto questo profilo, dall’abrogato art. 6, comma 2, lettera c-bis), della stessa legge reg. Puglia n. 14 del 2009.
Quanto poi all’eccezione della Regione secondo cui la clausola di salvaguardia eliderebbe l’esistenza effettiva della lamentata deroga con la conseguenza che i parametri invocati sarebbero inconferenti, essa investe il merito della questione, cui si rinvia, e non la sua ammissibilità.
2.3.– Dopo la proposizione del ricorso è entrata in vigore la legge reg. Puglia n. 20 del 2022, il cui art. 9, sotto la rubrica «Disposizione transitoria», prevede che «[l]e pratiche edilizie inoltrate e protocollate ai sensi della legge regionale 14/2009 presso gli sportelli unici per l’edilizia dei comuni pugliesi, prima della data del 29 luglio 2022, sono istruite e concluse secondo le prescrizioni della medesima legge regionale». La disposizione è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 80 reg. ric. 2022.
Va dunque esaminata, sempre in via preliminare, la possibilità che, alla luce dello ius superveniens, sia cessata la materia del contendere, almeno in riferimento alla proroga fino al 31 dicembre 2022 disposta dall’art. 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 per la presentazione della SCIA o dell’istanza di rilascio del permesso di costruire.
Tale esito deve tuttavia essere escluso.
Per costante orientamento di questa Corte, la modifica normativa, intervenuta nel corso del giudizio, della disposizione oggetto della questione di legittimità costituzionale promossa in via principale determina la cessazione della materia del contendere quando si verificano, nel contempo, due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che la disposizione impugnata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex plurimis, sentenze n. 240, n. 187, n. 24 e n. 23 del 2022, n. 7 del 2021).
Nel caso in esame, a prescindere dalla verifica se la modifica legislativa sia satisfattiva, difetta comunque il requisito della mancata applicazione medio tempore della norma impugnata. L’operatività della proroga, anche se solo fino al 28 luglio 2022, costituisce anzi il presupposto della norma transitoria sopravvenuta. Mancano dunque le condizioni per dichiarare la cessazione della materia del contendere.
Si deve escludere anche l’estensione del presente giudizio alla nuova disposizione, dal momento che essa è, come visto, oggetto di un distinto ricorso (ex plurimis, sentenze n. 240 del 2022, n. 36 del 2021 e n. 286 del 2019).
2.4.– Nel merito, con riferimento agli articoli 1 e 2 in esame, si considera per prima la censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., cui si accompagna quella di violazione del principio di leale collaborazione.
Le questioni non sono fondate.
Secondo il ricorrente, come visto, le ennesime proroghe disposte dal legislatore pugliese avrebbero introdotto in forma stabile deroghe unilaterali al PPTR.
Ciò si realizzerebbe innanzitutto per il fatto che le proroghe operano «in combinato disposto» con l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, in forza del quale gli interventi del “Piano casa” potrebbero essere realizzati anche in deroga alle prescrizioni del PPTR.
Sotto questo profilo, le questioni ripropongono, in riferimento agli stessi parametri, le medesime censure già mosse al citato art. 3 nel giudizio introdotto con il distinto ricorso iscritto al n. 9 reg. ric. 2022 e deciso con la recente sentenza n. 240 del 2022.
In essa, questa Corte – nel mentre ha dichiarato costituzionalmente illegittima la citata disposizione, per violazione della competenza concorrente dello Stato in materia di «governo del territorio», limitatamente alle parole «così come interpretato con circolare del 2 dicembre 2020 dei Ministeri delle Infrastrutture, Trasporti e Pubblica Amministrazione e con parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici dell’8 luglio 2021» – ha ritenuto adeguata al fine di evitare possibili deroghe alle previsioni del PPTR la clausola di salvaguardia contenuta nella stessa disposizione, secondo cui gli interventi straordinari sono consentiti in aree indicate dal PPTR a condizione che siano conformi «alle prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive dello stesso PPTR».
Al netto del frammento normativo eliminato, la disposizione che consente di realizzare in aree indicate dal PPTR gli interventi straordinari previsti dal “Piano casa” pugliese non risulta pertanto in contrasto con gli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, anche qui invocati come norme interposte.
In definitiva, le proroghe censurate nel presente giudizio si raccordano a una norma che – una volta emendata della parte costituzionalmente illegittima, come detto – non è lesiva della competenza legislativa dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., con la conseguenza che anche le disposizioni di proroga devono essere considerate immuni da tale vizio. Esaminando proprio il tema delle proroghe delle discipline regionali attuative del “Piano casa”, questa Corte ha osservato infatti che «[l]a disposizione di proroga [...] rivela il suo contenuto precettivo nell’interazione con le previsioni cui si raccorda, nel differirne il termine di vigenza», onde «[s]i può ravvisare un carattere lesivo della proroga, con riguardo alle attribuzioni legislative dello Stato, solo se tale carattere sia insito anche nella disposizione differita nel suo termine iniziale di efficacia» (sentenza n. 170 del 2021).
In un secondo senso, il ricorrente ritiene che, una volta elaborato congiuntamente da Stato e regione il piano paesaggistico, i principi di prevalenza e di co-pianificazione espressi dagli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali non permetterebbero al legislatore regionale di intervenire unilateralmente con norme che consentano deroghe agli strumenti urbanistici. Tali deroghe, infatti, stante la necessità che i piani urbanistici siano conformati e adeguati al piano paesaggistico, si tradurrebbero in deroghe a quest’ultimo, con invasione della competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
L’erroneità di tale assunto, tuttavia, palesa la non fondatezza dell’argomento addotto a sostegno della censura in esame: non è corretto infatti inferire dalla mera previsione di interventi in deroga agli strumenti urbanistici inevitabili deroghe ai piani paesaggistici già approvati.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, in forza del principio di prevalenza della tutela paesaggistica, la normativa regionale deve essere interpretata, in assenza di deroghe espresse, in termini compatibili con le prescrizioni del piano paesaggistico, sempre che una tale pianificazione esista (come accade nella Regione Puglia), e può quindi ritenersi implicitamente rispettosa della disciplina di tutela del paesaggio (ex plurimis, sentenze n. 240, n. 187 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 54 del 2021).
Questa Corte ha altresì precisato che una norma regionale che consenta deroghe agli strumenti di pianificazione urbanistica non integra di per sé anche una deroga alle prescrizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (sentenza n. 124 del 2021) e ha fatto applicazione di tale principio anche con riguardo a disposizioni regionali attuative della disciplina del “Piano casa”, che – in quanto attinenti alla normativa edilizia e urbanistica – vanno ascritte alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di «governo del territorio», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (su quest’ultimo aspetto, sentenza n. 217 del 2020). In particolare, la già richiamata sentenza n. 170 del 2021 ha affermato che una disciplina regionale volta ad ampliare, mediante proroga, il numero degli interventi assentibili in contrasto con la disciplina urbanistica non interferisce per ciò solo con il diverso profilo della tutela del paesaggio, in quanto «il valore unitario e prevalente della pianificazione paesaggistica […] mantiene intatta la sua forza imperativa anche con riguardo alle leggi regionali attuative del “Piano casa”, piano che, pur nelle sue differenti versioni, deve essere sottoposto a stretta interpretazione per quel che attiene alla sua portata derogatoria» (nello stesso senso, ex plurimis, da ultimo sentenza n. 229 del 2022).
Nella specie, anche non volendo negare potenziali frizioni tra la disciplina paesaggistica e la normativa regionale che prevede ipotesi straordinarie di demolizione, ricostruzione e ampliamento, il rischio effettivo di un conflitto è sufficientemente escluso, come questa Corte ha già ritenuto nella richiamata sentenza n. 240 del 2022, dall’adeguatezza della clausola di necessario rispetto delle prescrizioni del PPTR contenuta nell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, norma che, come visto, pur non essendo formalmente inserita nel corpo della legge regionale pugliese sul “Piano casa”, ne disciplina l’applicabilità in aree indicate dal PPTR.
D’altra parte, alle questioni in esame non sono estensibili le considerazioni svolte da questa Corte nelle sentenze n. 219 del 2021 e n. 24 del 2022, giacché, sia pure in un analogo contesto di reiterate proroghe di disposizioni derogatorie degli strumenti urbanistici, difetta nel caso della contestata legge pugliese il dato della sopravvenienza dell’ennesima proroga all’attivazione di un procedimento condiviso tra la regione e lo Stato di elaborazione del piano paesaggistico ancora mancante (o di un procedimento condiviso di adeguamento dello stesso), cui si collega la lesione dei principi di co-pianificazione e di leale collaborazione. Come visto, infatti, l’intero territorio pugliese è invece oggetto di pianificazione congiunta sin dal 2015.
In conclusione, gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 non violano l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., né ledono, per le medesime ragioni, il principio di leale collaborazione.
2.4.1.– La circostanza che le disposizioni censurate non consentano interventi in deroga agli strumenti della pianificazione paesaggistica comporta la non fondatezza altresì delle questioni promosse in riferimento agli artt. 9 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio.
2.5.– Passando alla lamentata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., il ricorrente ravvisa nelle disposizioni regionali impugnate un contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale nella materia «governo del territorio», in base al quale interventi di trasformazione del territorio in deroga agli strumenti urbanistici potrebbero essere autorizzati solo caso per caso, con il procedimento di cui all’art. 14 t.u. edilizia (permesso di costruire in deroga), sulla base di una ponderazione di interessi che tenga conto del contesto territoriale. In via generale, invece, interventi di questo tipo potrebbero essere consentiti solo con una normativa a portata straordinaria e temporanea, «pena la destrutturazione dell’ordinato assetto del territorio», che può essere assicurato esclusivamente dalla pianificazione urbanistica.
Il ricorrente desume il principio fondamentale in questione, in particolare, dall’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e dal d.m. n. 1444 del 1968, dall’art. 2-bis t.u. edilizia e dall’art. 5, comma 11, del d.l. n. 70 del 2011, come convertito, che ha introdotto il cosiddetto “secondo Piano casa”.
Le questioni sono fondate.
In primo luogo, occorre fare chiarezza sugli esatti termini della censura, facendo leva sul suo senso più evidente e superando qualche incertezza del ricorso nell’individuazione delle norme da cui è ricavato il principio fondamentale ritenuto leso.
Il richiamo all’art. 2-bis t.u. edilizia non è accompagnato da alcuna specifica argomentazione di supporto. Dalla sua apodittica invocazione non si potrebbe dunque desumere molto di più del riferimento a un generico principio di inderogabilità degli standard urbanistici, in quanto limitazioni indistintamente comuni a tutto il territorio. Più significativo è il riferimento, operato nello svolgimento della censura, all’art. 14 dello stesso testo unico, in tema di permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici. Ancorché non indicato espressamente fra i parametri interposti, esso concorre nondimeno alla definizione del principio fondamentale ritenuto violato, dando conto del carattere eccezionale del permesso edilizio in deroga, che può essere rilasciato solo all’esito di un procedimento variamente aggravato e sulla base di una valutazione concreta caso per caso degli interessi rilevanti nello specifico contesto.
Dal ricorso emerge con sufficiente chiarezza che la ragione di fondo della censura non consiste nella violazione degli standard urbanistici, ma nell’affermato contrasto con il principio fondamentale di pianificazione urbanistica del territorio e nel suo necessario rispetto, come condizione del rilascio di atti permissivi della sua trasformazione.
Questo principio trova certamente espressione nel medesimo art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, che, nel prevedere l’osservanza di limiti inderogabili nella formazione degli strumenti urbanistici, presuppone la necessaria sussistenza del sistema della pianificazione del territorio. Corollario di esso è che tutti i singoli interventi di trasformazione devono rinvenire la loro base in un presupposto atto di pianificazione (limitato dagli standard urbanistici di cui allo stesso d.m. n. 1444 del 1968, agli artt. 3, 4, 5, 7 e 8) e devono rispettarne le prescrizioni. Solo attraverso una visione integrata di una determinata porzione di territorio, sufficientemente ampia da poter allocare su di esso tutte le funzioni che per loro natura richiedono di trovarvi posto, è possibile garantirne un ordinato sviluppo.
Ciò non significa che le previsioni dei piani urbanistici siano assolutamente inderogabili.
Per un verso, lo stesso testo unico dell’edilizia disciplina, all’art. 14, come ricordato, un complesso procedimento di rilascio del permesso di costruire in deroga, per particolari e specifici interventi, la cui realizzazione è diretta a soddisfare un interesse pubblico che si ritiene prevalente, a determinate condizioni, rispetto all’assetto generale definito dal piano.
Per altro verso, l’ordinamento conosce ipotesi di deroghe generali, relative a determinate tipologie di interventi edilizi, deroghe che anche le regioni possono introdurre con legge, nell’esercizio della loro competenza concorrente in materia di «governo del territorio». Interventi regionali di questo tipo, tuttavia, sono ammissibili soltanto nel rispetto del citato principio fondamentale della materia e dunque solo in quanto essi presentino i caratteri dell’eccezionalità e della temporaneità e siano diretti a perseguire obiettivi specifici, coerenti con i detti caratteri, diretti ad escludere in particolare che essi assurgano a disciplina stabile, vanificando il principio del necessario rispetto della pianificazione urbanistica.
L’originaria legge regionale pugliese sul “Piano casa” rispettava in effetti queste condizioni, essendo dichiaratamente nata (ai sensi del suo art. 1, comma 1) come disciplina «straordinaria e temporanea», in conformità alla citata intesa del 1° aprile 2009, di cui costituisce attuazione.
Lo stesso non si può dire invece per la normativa che – ultimo di una serie di reiterati interventi di proroga della medesima disciplina eccezionale e transitoria disposti per oltre dieci anni e progressivamente estesi a edifici di recente realizzazione – ne dispone l’ennesima proroga, l’ottava per la precisione. Rendendo sostanzialmente stabile una disciplina nata come transitoria, la normativa impugnata favorisce la generalizzata fattibilità di interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, mettendo così a repentaglio «l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica» (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso, sentenza n. 219 del 2021). Per effetto di ciò risultano superati i limiti di tollerabilità della previsione di interventi difformi dalla pianificazione territoriale e di conseguenza violato l’indicato principio fondamentale della materia del governo del territorio.
A questo contesto si attagliano le considerazioni svolte nella recente sentenza n. 229 del 2022. In essa questa Corte, nello scrutinare una disposizione regionale che amplia gli interventi in deroga previsti dalla legge attuativa del “Piano casa”, ha sì dichiarato inammissibile una delle questioni al suo esame per omessa impugnazione della diversa norma di proroga del termine di presentazione della domanda dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione degli interventi in deroga, ma ha messo in evidenza, al contempo, l’irragionevolezza della scelta di reiterare indefinitamente tali proroghe. E ciò in quanto «reiterate proroghe di una disciplina eccezionale e transitoria, volta ad apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire interventi edilizi di carattere straordinario, possono compromettere l’imprescindibile visione di sintesi necessaria a ricondurre ad un assetto coerente i molteplici interessi che afferiscono al governo del territorio ed intersecano allo stesso tempo l’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.)».
Nella stessa pronuncia si legge che, «proprio con riguardo ad alcune legislazioni regionali sul cosiddetto Piano casa [...] questa Corte ha già sottolineato che “il prolungato succedersi delle proroghe di una disciplina derogatoria, in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio, presenta un innegabile rilievo” (sentenze n. 24 del 2022 e n. 170 del 2021)». E ancora, in linea con la giurisprudenza costituzionale sopra richiamata, che «la previsione di “interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica” (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso sentenza n. 219 del 2021)».
In ragione del riscontrato contrasto della normativa regionale di proroga in esame con l’invocato principio fondamentale della legislazione statale in materia di «governo del territorio», si deve concludere per l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
3.– Con il secondo motivo di ricorso è impugnato l’art. 3 della stessa legge reg. Puglia n. 38 del 2021, che modifica alcune disposizioni della legge reg. Puglia n. 33 del 2007 in tema di recupero dei sottotetti, dei porticati e dei locali seminterrati con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.
L’art. 3 contestato, alla lettera a) del comma 1, modifica l’art. 1, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 33 del 2007, nel senso che il recupero volumetrico può essere consentito purché gli edifici interessati siano stati legittimamente realizzati alla data del «30 giugno 2021», anziché alla data del «30 giugno 2020» precedentemente prevista. Si tratta, in questo caso, della sesta proroga del termine originariamente fissato al 19 novembre 2007, data di entrata in vigore della citata legge regionale n. 33 del 2007.
Lo stesso art. 3, alla lettera b) del comma 1, modifica inoltre l’alinea dell’art. 4, comma 1, della medesima legge regionale, nel senso che è ammesso, alle condizioni ivi previste, il recupero abitativo dei sottotetti esistenti alla data del «30 giugno 2021», anziché alla data del «30 giugno 2020» precedentemente prevista. Si tratta qui della settima proroga del termine originariamente fissato, anche in questo caso, alla data di entrata in vigore della legge reg. Puglia n. 33 del 2007.
3.1.– Il ricorrente lamenta che sarebbe innanzitutto violata la competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela [...] dei beni culturali», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto, trasformando una normativa eccezionale e necessariamente temporanea in una disciplina a regime, la disposizione impugnata ne estenderebbe la portata derogatoria anche a edifici costituenti beni culturali, senza prevedere una apposita clausola di salvaguardia, e ciò in contrasto con gli artt. 4, 20 e 21 cod. beni culturali. Non rileverebbe in senso contrario la necessità di ottenere l’autorizzazione prevista dal citato art. 21, in quanto il legislatore regionale avrebbe comunque ingenerato aspettative edificatorie in capo ai proprietari e prodotto aggravi amministrativi a carico delle soprintendenze chiamate a esprimersi su interventi relativi a immobili tutelati.
Per le stesse ragioni, l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021 si porrebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza e di buon andamento dell’amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.
Sotto un diverso profilo, le norme impugnate violerebbero l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. per invasione della competenza dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente». In assenza di una specifica disposizione statale che lo consenta, ad esse non sarebbe infatti permesso di introdurre una disciplina d’uso del territorio riservata al piano paesaggistico regionale, pena la violazione del principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica e dell’obbligo di co-pianificazione, di cui ai citati artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali.
Il ricorrente invoca, inoltre, l’art. 9 Cost., lamentandone la violazione in quanto la normativa regionale in esame abbasserebbe il livello di tutela del paesaggio, e l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio.
Il terzo profilo di censura concerne la violazione della competenza concorrente dello Stato in materia di «governo del territorio», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i seguenti principi fondamentali:
a) il principio già invocato nel primo motivo di ricorso – desunto dall’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, attuato mediante il d.m. n. 1444 del 1968 – secondo cui gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto in presenza di pianificazione urbanistica e nel rispetto delle sue prescrizioni, e dunque nel rispetto degli standard urbanistici e di quelli edilizi fissati a livello statale;
b) il carattere eccezionale della deroga alle previsioni di piano – principio espresso in particolare all’art. 14 t.u. edilizia – che può essere assentita solo per interventi particolari, all’esito di un procedimento come visto per più profili aggravato e diretto a consentire una valutazione caso per caso dei diversi interessi in gioco;
c) il divieto di “premialità edilizie” in caso di immobili abusivi oggetto di sanatoria, espresso nell’intesa del 2009 sul “Piano casa”.
Sarebbero violati, infine, gli artt. 3 e 97 Cost. per manifesta irragionevolezza e per violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione.
3.2.– L’eccezione di inammissibilità delle questioni per difetto di motivazione del ricorso, che la Regione ripropone anche per questo motivo di impugnazione, non è fondata, in quanto il ricorrente ha esposto in modo adeguato le ragioni della lamentata violazione dei parametri invocati.
3.2.1.– Ancora in via preliminare, si deve osservare che la citata legge reg. Puglia n. 20 del 2022 ha inciso anche sulle disposizioni della legge reg. Puglia n. 33 del 2007 già modificate dalle norme qui impugnate.
L’art. 11 ha modificato l’art. 1, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 33 del 2007, sostituendo le parole «alla data del 30 giugno 2021» (introdotte dall’art. 3 in esame) con le parole «alla data di entrata in vigore della presente disposizione». Analoga sostituzione è stata introdotta dall’art. 14 nell’alinea del comma 1 dell’art. 4 della stessa legge regionale n. 33 del 2007. Le citate disposizioni sono state anch’esse impugnate dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso iscritto al n. 80 reg. ric. 2022.
Anche in questo caso deve essere escluso che lo ius superveniens abbia determinato la cessazione della materia del contendere, per le stesse ragioni già esposte esaminando il primo motivo di ricorso. A prescindere dalla verifica della satisfattività della modifica legislativa, difetta comunque la prova della mancata applicazione medio tempore delle norme impugnate. Parimenti, in questa sede lo scrutinio di questa Corte non può essere esteso alle nuove disposizioni che sono già state impugnate con un distinto ricorso.
3.3.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di «tutela [...] dei beni culturali», nonché agli artt. 3 e 97 Cost., non sono fondate.
Il ricorrente sostiene che le reiterate proroghe della data di esistenza degli immobili sui quali sono permessi gli interventi di recupero volumetrico o abitativo ne consentirebbero, in modo sostanzialmente permanente, la realizzazione anche su immobili di recente costruzione e costituenti beni culturali, in deroga alle disposizioni di tutela previste dalla Parte II del codice dei beni culturali e del paesaggio, e segnatamente in deroga agli artt. 20 e 21, che disciplinano rispettivamente gli interventi vietati e quelli soggetti ad autorizzazione (è invocato anche l’art. 4 cod. beni culturali, dedicato alle funzioni statali in materia di tutela del patrimonio culturale, ma senza una specifica motivazione).
La disciplina regionale in esame, tuttavia, non consente affatto deroghe espresse al divieto, posto dal citato art. 20, di distruggere, deteriorare e danneggiare beni culturali o di adibirli a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione, né consente di realizzare gli interventi senza le autorizzazioni prescritte dall’art. 21 cod. beni culturali.
La lamentata mancanza di clausole di salvaguardia (successivamente introdotte dagli artt. 10 e 13 della legge reg. Puglia n. 20 del 2022, che menzionano il rispetto delle norme del d.lgs. n. 42 del 2004 senza distinzioni) non è decisiva in senso contrario, in quanto, in assenza di deroghe espresse, la normativa regionale ben può essere interpretata in termini compatibili con le previsioni di tutela dei beni culturali e ritenersi quindi implicitamente rispettosa di tale disciplina.
Nemmeno sussiste la lamentata lesione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), invocati dal rimettente sull’assunto che dalle norme impugnate deriverebbero ingiustificate aspettative edificatorie in capo ai proprietari e un aggravio amministrativo a carico delle soprintendenze. Tali censure muovono infatti dal presupposto, non fondato, che su immobili costituenti beni culturali siano sempre vietati interventi di recupero volumetrico e abitativo.
3.4.– Nemmeno le ulteriori questioni promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. sono fondate.
Secondo il ricorrente la legge reg. Puglia n. 33 del 2007, reiteratamente prorogata, detterebbe una stabile disciplina d’uso del territorio anche in funzione di pianificazione paesaggistica. Presupposto di tale tesi è che, una volta elaborato congiuntamente il piano paesaggistico, al legislatore regionale sarebbe precluso di disciplinare le trasformazioni del territorio. Ciò che tuttavia non è, stante che gli invocati principi di prevalenza della tutela paesaggistica e di co-pianificazione, di cui agli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, non elidono la competenza concorrente delle regioni in materia di «governo del territorio», ma semplicemente ne condizionano l’esercizio, nel senso di precludere deroghe unilaterali ai piani paesaggistici, pena la violazione della competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Sotto questo aspetto, non rileva la circostanza che la legge reg. Puglia n. 33 del 2007 non trovi copertura nella normativa statale, come avviene per le leggi regionali attuative del “Piano casa”. In assenza di deroghe espresse al PPTR, nemmeno citate dal ricorrente, e in linea con la costante giurisprudenza costituzionale già richiamata (supra, punto 2.4. del Considerato in diritto), si deve escludere che la disciplina in esame interferisca con la tutela del paesaggio per il solo fatto di non prevedere il necessario rispetto della pianificazione paesaggistica. Anche di essa infatti è praticabile un’interpretazione in coerenza con la legislazione statale.
Sulla base delle considerazioni che precedono – e richiamando comunque quanto già osservato (supra, punto 2.4.1. del Considerato in diritto) – si può pervenire a identiche conclusioni di non fondatezza anche per le connesse questioni riferite agli artt. 9 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione alla Convenzione europea sul paesaggio.
3.5.– Le residue questioni attengono alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.).
Esse sono fondate.
3.5.1.– La questione riferita all’art. 117, terzo comma, Cost. non è diversa da quella avente per oggetto le norme di proroga del “Piano Casa”, promossa con il primo motivo di ricorso (supra, punto 2.5. del Considerato in diritto), variando minimamente soltanto, in questo caso, le norme invocate come espressive di principi fondamentali della materia «governo del territorio».
L’art. 14 t.u. edilizia è qui indicato espressamente come parametro interposto – accanto all’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e al d.m. n. 1444 del 1968 – anziché semplicemente citato nello svolgimento dell’argomentazione. È inoltre menzionata (ma solo nello svolgimento della censura e non tra i parametri interposti) l’intesa del 1° aprile 2009 sul cosiddetto “primo Piano casa”, in relazione al diverso profilo dell’applicabilità della disciplina censurata anche agli immobili abusivi oggetto di sanatoria.
Varia leggermente anche il tenore delle censure, risultando più chiaro, in questo caso, che il ricorrente lamenta l’illegittimità dell’introduzione ex lege, al contempo, di «deroghe generalizzate alla pianificazione urbanistica e agli standard urbanistici di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968, tanto più laddove tali deroghe assumano carattere stabile nel tempo», così snaturando «del tutto la funzione propria della pianificazione urbanistica e degli standard fissati a livello statale, volti ad assicurare l’ordinato assetto del territorio».
La fondatezza della censura non è conseguenza della lamentata violazione degli standard urbanistici che, secondo il ricorrente, deriverebbe «per forza di cose» dall’aumento del carico insediativo dovuto al generalizzato recupero a fini abitativi consentito dalla legge regionale in esame, esteso per giunta a edifici di recente realizzazione. Come osserva la Regione, invero, la disciplina contestata non esclude, in nessuna delle ipotesi contemplate, l’obbligo di rispettare gli standard.
Essa si risolve invece nella violazione del principio del necessario rispetto della previa pianificazione urbanistica, principio irrimediabilmente compromesso dalla generalizzata possibilità, ancora una volta protratta nel tempo dalla norma censurata, di recuperare i sottotetti e di riutilizzare porticati e locali seminterrati anche in deroga agli strumenti urbanistici.
La natura ab origine eccezionale – e necessariamente transitoria – della disciplina contenuta nella legge reg. Puglia n. 33 del 2007 era resa evidente dalla limitazione della sua applicabilità a edifici e sottotetti esistenti alla data della sua entrata in vigore (19 novembre 2007). L’indefinito succedersi delle proroghe culminato nella legge contestata, che ne ha proiettato l’efficacia temporale per oltre tredici anni (sino al 30 giugno 2021), ha oltremodo dilatato la portata derogatoria dell’originaria disciplina, aumentando in maniera esponenziale il numero degli interventi assentibili e coinvolgendo edifici di costruzione di volta in volta successiva alla stessa disciplina di deroga, con evidenti effetti di incentivazione degli interventi difformi dai piani urbanistici e di sviamento dalle specifiche finalità originarie di contenimento del consumo di suolo e di impulso alla realizzazione di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (art. 1, comma 1, della legge reg. Puglia n. 33 del 2007). Con la conseguenza di un vulnus intollerabile al principio per cui i singoli interventi di trasformazione del territorio devono essere conformi alle sovraordinate prescrizioni di piano, unico strumento idoneo a fornire una soluzione integrata all’assetto allocativo delle funzioni su una determinata porzione di territorio.
Per le stesse ragioni già esposte sopra con riguardo all’analoga questione promossa in riferimento alla proroga del “Piano casa”, si deve ritenere che anche la disposizione qui in esame, di ulteriore ennesima proroga del termine di esistenza degli edifici oggetto degli interventi in deroga, violi l’art. 117, terzo comma, Cost.
Ogni altro profilo di censura relativo a tale parametro rimane assorbito.
3.5.2.– È fondata anche la questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
A questo riguardo possono essere richiamati senz’altro gli argomenti svolti dalla recente sentenza n. 229 del 2022 sulla presumibile irragionevolezza di una disciplina nata come eccezionale e trasformata sostanzialmente in definitiva dal continuo succedersi di proroghe, in radicale contrasto con la finalità – che giustificava l’originaria scelta derogatoria – di contenimento di consumo del suolo e di efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente. Va ribadito inoltre, anche in questa sede, il rilievo che tale prolungato e più volte ripetuto succedersi di proroghe espone a rischio il buon andamento dell’azione amministrativa nella corretta gestione del territorio e nella sua tutela, consegnandole a una dimensione perennemente instabile e precaria.
Si deve dunque dichiarare l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 38 del 2021.