Sentenza 145/2024 (ECLI:IT:COST:2024:145)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: BARBERA - Redattore: BUSCEMA
Udienza Pubblica del 19/06/2024;    Decisione  del 19/06/2024
Deposito del 23/07/2024;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 6 ter, c. 4°, del decreto-legge 29/09/2023, n. 132, convertito, con modificazioni, nella legge 27/11/2023, n. 170, che modifica l'art. 1, c. 853°, della legge 30/12/2020, n. 178.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ric. 4/2024


Pronuncia

SENTENZA N. 145

ANNO 2024


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2023, n. 170, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), promosso dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste con ricorso notificato il 29 gennaio 2024, depositato in cancelleria il 5 febbraio 2024, iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema;

udito l’avvocato Giovanni Guzzetta per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 19 giugno 2024.


Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 5 febbraio 2024 e iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2024, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso, mediante tre articolati motivi di doglianza, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2023, n. 170, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), per violazione degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dell’art. 3 del decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 431 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Valle d’Aosta in materia di finanze regionali e comunali), oltre che del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e degli artt. 1 e 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), e successive modificazioni e integrazioni, anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).

Riferisce la ricorrente che la disposizione impugnata si collocherebbe nell’ambito della disciplina inerente al contributo alla finanza pubblica delle regioni e degli enti locali, dettata dall’art. 1, commi da 850 a 853, della legge n. 178 del 2020; tale disciplina sarebbe stata modificata in più parti proprio dal suddetto art. 6-ter, commi da 2 a 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito.

Rispetto alla formulazione originaria, il nuovo comma 850 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, per un verso, interverrebbe sui presupposti e sulle finalità del contributo (il quale andrebbe corrisposto non più «[i]n considerazione dei risparmi connessi alla riorganizzazione dei servizi anche attraverso la digitalizzazione e il potenziamento del lavoro agile […]», bensì, «[a]i fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, nelle more della definizione delle nuove regole della governance economica europea […]»); per un altro verso, circoscriverebbe l’orizzonte temporale del contributo dei comuni, delle province e delle città metropolitane, al biennio 2024-2025, escludendo l’anno 2023.

I commi 851 e 852 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020 non sarebbero coinvolti dalla modifica di cui all’art. 6-ter del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, e riguarderebbero il riparto del contributo alla finanza pubblica tra le regioni e le province autonome.

Ai sensi del suddetto art. 1, comma 851, tale riparto – corrispondente a 196 milioni di euro, per ciascuna annualità – sarebbe effettuato, entro il 31 maggio 2022, «in sede di autocoordinamento tra le regioni e le province autonome, formalizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie»; in assenza di tale accordo, il riparto è compiuto, entro il 30 settembre 2022, «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sulla base di un’istruttoria tecnica sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard con il supporto del Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

Per quel che atterrebbe, in particolare, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, secondo l’art. 1, comma 852, della legge n. 178 del 2020, la quota del concorso alla finanza pubblica sarebbe determinata «nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione».

Il comma 853, come modificato dalla disposizione impugnata, regolerebbe invece il riparto del concorso alla finanza pubblica dei comuni, delle province e delle città metropolitane, stabilendo che «[i]l riparto del concorso alla finanza pubblica da parte dei comuni, delle province e delle città metropolitane di cui al comma 850 è effettuato, per ciascuno degli anni 2024 e 2025, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2024, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto della spesa relativa alla missione 12 ‘Diritti sociali, politiche sociali e famiglia’ degli schemi di bilancio degli enti locali, come risultanti dal rendiconto di gestione 2022 o, in caso di mancanza, dall’ultimo rendiconto approvato, trasmesso alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) alla data del 30 novembre 2023. Per gli anni 2024 e 2025 le somme a qualunque titolo spettanti per ciascun anno a ciascun ente sono erogate al netto del rispettivo concorso alla finanza pubblica. In caso di incapienza si applicano le procedure previste all’articolo 1, commi 128 e 129, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Per la quota dei comuni appartenenti al territorio della regione Valle d’Aosta l’importo del concorso è versato dalla regione all’erario con imputazione sul capitolo 3465, articolo 1, capo X, dell’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 aprile di ciascun anno e, in mancanza di tale versamento, tale importo è trattenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla medesima regione. In caso di mancata intesa entro trenta giorni dalla data di prima iscrizione all’ordine del giorno della Conferenza Stato-città ed autonomie locali della proposta, il decreto può comunque essere adottato. Ciascun ente accerta le entrate di cui ai periodi precedenti al lordo del contributo alla finanza pubblica e impegna tale spesa al lordo delle minori somme ricevute, provvedendo, per le entrate non riscosse, all’emissione di mandati versati in quietanza di entrata».

Secondo la ricorrente che il regime delineato dalla disposizione impugnata sarebbe viziato da illegittimità costituzionale in quanto gravemente lesivo delle competenze statutarie e costituzionali facenti capo alla Regione, sotto tre distinti profili.

2.– Con il primo motivo di ricorso, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha impugnato l’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, per violazione degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), dello statuto speciale, dell’art. 3 del d.lgs. n. 431 del 1989, del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009, perché porrebbe a carico della Regione autonoma un contributo per conto dei comuni appartenenti al suo territorio, ultroneo rispetto a quello già gravante sulla Regione stessa, ai sensi dell’art. 1, comma 850, della legge n. 178 del 2020.

Il contributo imposto alla Regione autonoma in forza del predetto comma 850 sarebbe di per sé già comprensivo di quello dovuto dai comuni situati nel proprio territorio in virtù della natura “integrata” della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e dei suoi comuni ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

La natura integrata si evincerebbe dall’art. 2, primo comma, lettere a) e b), dello statuto speciale, il quale riconoscerebbe alla Regione autonoma la potestà legislativa in materia, rispettivamente, di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» e di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni».

Tale conclusione sarebbe corroborata anche dalle norme di attuazione statutaria e, in particolare, dall’art. 3 del d.lgs. n. 431 del 1989, là dove prevede, al comma 1, che «[a]i fini del coordinamento della finanza regionale con la finanza locale, le risorse finanziarie attribuite dallo Stato agli enti locali della Valle d’Aosta da disposizioni generali o settoriali, annuali o pluriennali, sono direttamente corrisposte alla regione» e, al comma 2, che «[l]a regione provvede a ripartire fra gli enti locali le assegnazioni statali unitamente ai contributi e sovvenzioni ad essi destinati dal bilancio regionale, secondo criteri informati all’attuazione del programma regionale di sviluppo e dei programmi di attività degli enti locali, nonché all’obiettivo di adeguare i mezzi finanziari alle funzioni proprie o delegate agli enti medesimi».

La natura “integrata” di tale sistema emergerebbe pure dalla normativa statale in materia di rapporti tra lo Stato e le regioni a statuto speciale quanto alla potestà legislativa in materia di finanza locale nel settore del coordinamento della finanza pubblica. Infatti, dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009, di attuazione del federalismo fiscale ai sensi dell’art. 119 Cost. – secondo cui le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano «disciplinano il coordinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali in materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonché di finanza locale nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a statuto speciale o provincia autonoma» – emergerebbe la necessità di contemperare le istanze di coordinamento della finanza pubblica con la salvaguardia dell’autonomia organizzativa e finanziaria devoluta alle regioni a statuto speciale, dando per acquisita la natura “integrata” del pertinente sistema degli enti territoriali.

Lo stesso schema si riprodurrebbe, poi, nell’art. 9 della legge n. 243 del 2012, di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio a norma dell’art. 81 Cost., che imporrebbe il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea anche alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

La lesione provocata dalla disposizione impugnata all’autonomia organizzativa e finanziaria della Regione autonoma determinerebbe anche un pregiudizio del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

Sostiene, infatti, ricorrente che, qualora si assumesse che il sistema degli enti territoriali, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, abbia natura “integrata”, risulterebbe assai difficile comprendere perché la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sia destinataria di un trattamento differenziato rispetto a quello riservato alle Regioni autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia – parimenti titolari di competenze in tema di finanza degli enti locali – la cui quota di concorso è determinata, in virtù dell’art. 1, comma 852, della legge n. 178 del 2020, avuto riguardo anche ai relativi enti locali.

Peraltro, secondo la ricorrente, anche a voler ritenere che il sistema degli enti territoriali non abbia, nella Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, natura “integrata”, la disposizione impugnata sarebbe in ogni caso in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., perché sarebbe irragionevole che la Regione autonoma non solo debba farsi carico del contributo dei comuni appartenenti al proprio territorio, ma debba sopportare anche le conseguenze del mancato versamento da parte dei comuni, per effetto della procedura di prelievo forzoso prevista dalla disposizione impugnata.

3.– Con il secondo motivo di ricorso, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha impugnato l’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, per violazione degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, oltre che del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

La disposizione impugnata determinerebbe una lesione delle competenze legislative e amministrative, su cui si fonderebbe l’autonomia organizzativa e finanziaria della Regione autonoma, anche in materia di enti locali, causando la violazione del principio di leale collaborazione e, in particolare, del principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale, che di quella autonomia rappresenterebbe il risvolto procedurale.

La “tecnica dell’accordo” quale principio generale troverebbe un ancoraggio positivo nell’art. 50, quinto comma, dello statuto speciale, il quale attribuirebbe alla legge dello Stato, «in accordo con la Giunta regionale», il compito di definire «un ordinamento finanziario della Regione».

Oltre che in sede statutaria, il principio generale dell’elaborazione consensuale dei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni ad autonomia speciale emergerebbe anche dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009, la cui finalità sarebbe quella di implementare il modello concertativo della regolamentazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale.

La previsione di cui alla disposizione impugnata, secondo cui il riparto del concorso dei comuni debba essere effettuato con decreto del Ministro dell’interno «previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali», non consentirebbe di ritenere rispettato lo strumento dell’accordo, in quanto la Regione ricorrente non parteciperebbe a tale organo.

La violazione del principio pattizio sarebbe ancora più evidente ove si tenga conto che la disposizione impugnata inciderebbe sull’assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma, come fissati negli accordi del 16 novembre 2018 e del 25 ottobre 2021.

4.– Con il terzo motivo di ricorso, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha impugnato l’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, per violazione degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, degli articoli da 2 a 8 della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), n. 690, e dell’art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, oltre che del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché in relazione all’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

La disposizione impugnata nel prevedere che, nell’ipotesi di mancato versamento della quota del concorso dei comuni situati nel territorio della Regione autonoma, «tale importo è trattenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla medesima regione», si porrebbe in contrasto con i suddetti parametri in ragione della peculiare disciplina che contraddistinguerebbe l’ordinamento finanziario della Regione autonoma.

La disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto, in ipotesi di mancato versamento da parte della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste della quota del concorso ascrivibile ai comuni, si configurerebbe un prelievo forzoso da parte dello Stato. In particolare, la disposizione impugnata si risolverebbe in una modifica unilaterale dell’ordinamento finanziario della Regione autonoma, che non sarebbe consentita dall’art. 48-bis dello statuto speciale, e dal d.lgs. n. 320 del 1994, i quali, per converso, postulerebbero che tale modifica si verifichi in maniera concertata.

5.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

6.– La difesa statale eccepisce in via preliminare l’inammissibilità del ricorso in quanto la notifica dello stesso sarebbe stata effettuata unicamente presso la sede dell’Avvocatura generale dello Stato e non presso quella del Presidente del Consiglio dei ministri.

Sostiene l’Avvocatura che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «ai giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio previste dall’art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 [recante «Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato»], e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103 [recante «Modifiche dell’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato»], con la conseguenza che, per la rituale proposizione del giudizio, l’atto deve essere notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 208 del 2010, n. 344 del 2005 e n. 333 del 2000 e l’ordinanza n. 42 del 2004).

Si tratterebbe dunque di un regime processuale particolare che terrebbe conto della speciale posizione di «“rappresentanza dell’unità dell’ordinamento statale”» che il Presidente del Consiglio assumerebbe quando si costituisce nel giudizio costituzionale in via principale (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 194 del 1997 e n. 172 del 1994).

Alla stregua della richiamata giurisprudenza costituzionale, l’irritualità della notificazione non potrebbe essere sanata dalla costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri per mezzo dell’Avvocatura dello Stato.

7.– Nel merito, secondo la difesa statale, sarebbero non fondati tutti i motivi di ricorso.

7.1.– Il primo motivo di ricorso sarebbe non fondato in quanto il quadro normativo afferente alle Province autonome di Trento e di Bolzano e alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia sarebbe diverso rispetto a quello riferibile alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aosta.

Secondo l’Avvocatura generale, sarebbe di tutta evidenza che non sussisterebbe una lesione del principio di parità di trattamento in quanto, nell’ambito del quadro normativo della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, non sarebbe rinvenibile alcuna disposizione normativa che preveda un sistema integrato degli enti territoriali, cosicché andrebbe negata l’asserita natura “integrata” con i suoi comuni.

Una lesione del principio della parità di trattamento si determinerebbe nel caso in cui si volesse aderire alla tesi della ricorrente, in quanto in tal modo gli enti territoriali valdostani verrebbero esentati dal concorso alla finanza pubblica, con un trattamento differenziato rispetto a tutti gli altri enti locali, compresi quelli trentini e friulani che espressamente vi concorrono.

7.2.– Secondo l’Avvocatura generale anche il secondo motivo di doglianza non sarebbe fondato là dove la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste lamenta la violazione del principio pattizio a cui dovrebbero essere ispirati i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali.

Evidenzia la difesa statale che il concorso alla finanza pubblica a carico degli enti locali sarebbe previsto per tutte le regioni e province autonome e sarebbe compiutamente disciplinato dai commi da 850 a 852 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, mentre il comma 853, come modificato dalla disposizione oggetto di impugnativa, prevederebbe esclusivamente i criteri di riparto del menzionato concorso delle autonomie locali (e non delle regioni), criteri nell’ambito dei quali è prevista una «intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali». Pertanto, il principio dell’accordo non sarebbe violato dalla disposizione impugnata, la quale prevede espressamente il coinvolgimento degli enti locali, unici direttamente interessati dalla suddetta normativa.

7.3.– Infine, secondo la difesa dello Stato, anche il terzo motivo di ricorso sarebbe non fondato, con riguardo alla lamentata violazione dell’ordinamento finanziario della Regione autonoma, in quanto la disposizione impugnata non determinerebbe alcuna lesione delle prerogative regionali, essendo la modalità stabilita dal legislatore finalizzata esclusivamente a garantire l’effettivo concorso degli enti locali in caso di mancato adempimento spontaneo degli stessi.

Infatti, la decurtazione delle somme spettanti alla Regione autonoma sarebbe costituzionalmente legittima in quanto la stessa avrebbe piena facoltà di rivalersi sui propri enti territoriali, unici soggetti sui quali il legislatore statale intenderebbe far gravare l’onere connesso alla disposizione impugnata.

8.– Con memoria depositata in data 29 maggio 2024, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha replicato all’eccezione di inammissibilità del ricorso e ha svolto alcune considerazioni sulle contestazioni di merito avanzate dalla difesa erariale.

8.1.– Rileva la difesa regionale che il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato sulla scorta della deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2024, a riprova della circostanza che l’organo legittimato a resistere è venuto a conoscenza del ricorso, esprimendo, senza riserve, la volontà di costituirsi in giudizio.

La difesa della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste afferma di essere consapevole dell’esistenza, da un lato, di una giurisprudenza costituzionale che metterebbe in discussione l’ammissibilità del ricorso notificato all’Avvocatura generale dello Stato piuttosto che al Presidente del Consiglio dei ministri e, dall’altro, di una giurisprudenza costituzionale successiva che prospetterebbe la possibilità di una rivalutazione di tale orientamento.

In particolare, questa Corte avrebbe più di recente privilegiato un approccio di tipo sostanzialistico, disponendo la rinnovazione di una notifica effettuata in modo proceduralmente irrituale, malgrado la parte resistente si fosse costituita in giudizio esclusivamente al fine di eccepire l’inammissibilità del ricorso (sono richiamate l’ordinanza n. 101 del 2017 e la sentenza n. 144 del 2015 di questa Corte).

Inoltre, la normativa contenuta nella legge n. 260 del 1958 – il cui art. 1 stabilisce che «[t]utte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente» – e nella legge n. 103 del 1979 – il cui art. 10, terzo comma, prevede che «[l]’articolo 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, si applica anche nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato ed ai tribunali amministrativi regionali» – potrebbe essere interpretata nel senso che sia direttamente e letteralmente rivolta a disciplinare i giudizi costituzionali in ragione dell’esistenza di una disciplina speciale dettata, in ordine proprio ai giudizi costituzionali, dalla legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la quale, se stabilisce che la questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato «è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati» (art. 32, secondo comma), prescriverebbe altresì che «[i]l Governo, anche quando intervenga nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro a ciò delegato, è rappresentato e difeso dall’Avvocato generale dello Stato o da un suo sostituto» (art. 20, terzo comma).

La circostanza che la difesa del Governo, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, sia inderogabilmente affidata ex lege all’Avvocatura generale dello Stato, avrebbe infatti il significato di riconoscere a quest’ultima la rappresentanza processuale della parte sostanziale, con la conseguenza che sarebbero applicabili principi relativi alla validità delle notifiche nei confronti del difensore presso il quale è il domicilio.

L’art. 32, secondo comma, della legge n. 87 del 1953 identificherebbe il Presidente del Consiglio dei ministri, in rappresentanza del Governo, come legittimato passivo del ricorso e parte sostanziale, dovendosi ritenere insanabilmente nulla solo la notifica che individui un altro destinatario della stessa, circostanza che non ricorrerebbe nella fattispecie in esame (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 215 del 1988).

Inoltre, la previsione di cui all’art. 32, secondo comma, non sarebbe finalizzata a imporre una notifica personale e “diretta”, ma semplicemente a individuare chi debba essere, tra gli organi statali, il soggetto al quale il ricorso debba essere sostanzialmente indirizzato.

Sarebbe altresì dirimente il rilievo per cui, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la costituzione in giudizio della controparte sarebbe idonea a sanare il vizio di notifica con efficacia retroattiva, stante il principio del raggiungimento dello scopo, proclamato dall’art. 156, terzo comma, del codice di procedura civile, principio, tra l’altro, ribadito dall’Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) (art. 44, comma 3), cui rinvia l’art. 22, primo comma, della legge n. 87 del 1953 e che si configurerebbe come un principio «indubbiamente di carattere generale» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 148 del 2021 e n. 132 del 2018).

Non potrebbe, infine, ritenersi, ad avviso della difesa regionale, che nel caso delle notifiche al Presidente del Consiglio dei ministri, i principi menzionati non potrebbero trovare applicazione in considerazione della «speciale posizione di rappresentanza dell’unità dell’ordinamento statale che il Presidente del Consiglio assume quando si costituisce nei giudizi di costituzionalità in via principale» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 333 del 2000, n. 194 del 1997 e n. 172 del 1994). Nella fattispecie in esame, infatti, il problema si porrebbe solo nell’ipotesi in cui il Presidente del Consiglio dei ministri, a causa della notifica all’Avvocatura dello Stato, non fosse stato in condizione di svolgere pienamente la propria funzione e di mantenere la “speciale posizione” ad esso attribuita dall’ordinamento. La circostanza, in concreto, che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia ricevuto il ricorso e investito il Consiglio dei ministri della deliberazione di costituzione in giudizio, sarebbe la più evidente dimostrazione che nessuna delle sue prerogative, né la sua speciale posizione, sarebbe stata incisa dalle modalità della notificazione.

8.2.– Quanto al merito del ricorso, la difesa regionale sostanzialmente ribadisce le argomentazioni del ricorso sostenendo altresì che le repliche della difesa erariale si risolverebbero in affermazioni meramente apodittiche.


Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso, con tre specifici motivi di impugnazione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge n. 178 del 2020, in riferimento a plurimi parametri costituzionali e statutari, e in relazione a plurimi parametri interposti.

1.1.– Con riguardo al primo motivo di ricorso, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sostiene l’illegittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, per violazione degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), dello statuto speciale, dell’art. 3 del d.lgs. n. 431 del 1989, del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, quest’ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009, perché porrebbe a carico della Regione autonoma un contributo per conto dei comuni appartenenti al suo territorio, ultroneo rispetto a quello già gravante sulla Regione stessa, ai sensi dell’art. 1, comma 850, della legge n. 178 del 2020.

La ricorrente, in ragione della sua natura “integrata” con i comuni valdostani ai fini del coordinamento della finanza pubblica, ritiene che dovrebbe versare solo l’importo a carico delle regioni previsto dal citato comma 850 dell’art. 1 e non anche quello previsto dallo stesso comma a carico dei comuni.

La “natura integrata del sistema degli enti territoriali” (propria del resto anche della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, delle Province autonome di Trento e di Bolzano nonché della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) si dedurrebbe da una serie di norme costituzionali, statutarie e statali, che riconoscerebbero alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste la competenza organizzativa e finanziaria nella materia «ordinamento degli enti locali».

1.2.– Quanto al secondo motivo di ricorso, l’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, violerebbe gli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, oltre che il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., gli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e gli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, quest’ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste lamenta la violazione del principio di leale collaborazione e, in particolare, del principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale: tale principio avrebbe il suo fondamento in una serie di norme costituzionali, statutarie e statali.

1.3.– Infine, con il terzo motivo di ricorso si assume che l’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, violerebbe gli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, gli articoli da 2 a 8 della legge n. 690 del 1981, e 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, oltre che il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., gli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e gli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si duole che, nell’ipotesi di mancato versamento da parte della stessa della quota spettante ai comuni situati nel proprio territorio, tale importo verrebbe trattenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze dalle somme dovute alla Regione autonoma, in tal modo dando luogo a un prelievo forzoso da parte dello Stato, modificando unilateralmente l’ordinamento finanziario regionale, in contrasto con norme costituzionali, statutarie e statali.

2.– In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione, sollevata dalla difesa statale, di inammissibilità del ricorso in quanto la notifica dello stesso è stata effettuata presso la sede dell’Avvocatura generale dello Stato anziché presso quella del Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’eccezione non è fondata.

È vero che il ricorso è stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri esclusivamente presso l’Avvocatura generale dello Stato e non presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e che la legge n. 87 del 1953 stabilisce all’art. 32 che «[la questione della legittimità costituzionale di una legge […] dello Stato […] è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati». È altresì vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte fino al 2010, «ai giudizi costituzionali non si applicano le norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio previste dall’art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260, e dalla legge 3 aprile 1979, n. 103», con la conseguenza che, per la rituale proposizione del giudizio, l’atto deve essere notificato presso la sede del Presidente del Consiglio dei ministri (ex plurimis, sentenze n. 208 del 2010, n. 344 del 2005 e n. 333 del 2000; ordinanza n. 42 del 2004) e l’irritualità della notificazione non può essere sanata dalla costituzione in giudizio, quando tale costituzione sia avvenuta, proprio per eccepire la predetta inammissibilità (sentenze n. 344 del 2005 e n. 135 del 1997).

Deve evidenziarsi, tuttavia, che l’Avvocatura dello Stato non solo si è costituita in giudizio, ma ha anche svolto delle argomentazioni nel merito, a sostegno della non fondatezza delle questioni promosse dalla Regione, cosicché il Presidente del Consiglio dei ministri non può dolersi del fatto che l’irritualità della notifica abbia concretamente impedito all’atto il raggiungimento del suo scopo, nel senso che abbia provocato un concreto pregiudizio per il diritto di difesa.

Nella fattispecie in esame, quindi, deve ritenersi validamente instaurato il giudizio in forza della costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri perché accompagnata dalla difesa nel merito.

3.– Al fine di inquadrare compiutamente le questioni di legittimità costituzionale, è opportuna una breve premessa normativa.

La disposizione impugnata modifica il comma 853 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, e per comprendere la reale portata di detta modifica, occorre esaminare la disposizione alla luce dei precedenti commi da 850 a 852.

Il comma 850 prevede che «[a]i fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica […] le regioni e le province autonome assicurano, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, un contributo alla finanza pubblica pari a 196 milioni di euro. Per i medesimi fini i comuni, le province e le città metropolitane assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 100 milioni di euro, per i comuni, e a 50 milioni di euro, per le province e le città metropolitane, per ciascuno degli anni 2024 e 2025».

La disposizione individua, per tutti gli enti territoriali italiani, tre diversi contributi alla finanza pubblica, uno a carico delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, un secondo a carico di province e città metropolitane e un terzo a carico dei comuni.

Il successivo comma 851 prevede che «[i]l riparto del concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di cui al comma 850 è effettuato […] in sede di autocoordinamento tra le regioni e le province autonome, formalizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze […]; in assenza di accordo in sede di autocoordinamento il riparto è effettuato , con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sulla base di un’istruttoria tecnica sugli obiettivi di efficientamento condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard con il supporto del Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

Si tratta di una disposizione che disciplina il riparto relativo al contributo dovuto allo Stato a carico delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 852 stabilisce che «[f]ermo restando l’importo complessivo di 196 milioni di euro annui del concorso alla finanza pubblica delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di cui al comma 850, la quota del concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome è determinata nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per gli enti locali dei rispettivi territori, il concorso alla finanza pubblica è determinato ai sensi dell’articolo 79, comma 4-ter, del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670. Per la regione Friuli Venezia Giulia e i relativi enti locali, il concorso alla finanza pubblica è determinato ai sensi del decreto legislativo 25 novembre 2019, n. 154».

Il suddetto comma 852, dunque, disciplina le modalità in base alle quali deve avvenire il riparto relativo al contributo a carico delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con particolare riferimento alle regioni a statuto speciale; sono inoltre richiamate norme riguardanti la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, le sue province autonome, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e i relativi enti locali mentre nessuna menzione specifica viene fatta per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.

Il successivo comma 853, come modificato dalla disposizione impugnata, afferma invece che «[i]l riparto del concorso alla finanza pubblica da parte dei comuni, delle province e delle città metropolitane […] è effettuato […] con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze […] previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali […]. Per la quota dei comuni appartenenti al territorio della regione Valle d’Aosta l’importo del concorso è versato dalla regione all’erario […] e, in mancanza di tale versamento, tale importo è trattenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla medesima regione».

La disposizione oggetto di impugnazione, quindi, disciplina esclusivamente il riparto del concorso alla finanza pubblica a carico di province e città metropolitane e dei comuni.

4.– Precisato che l’impugnativa promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste è circoscritta unicamente alla parte della disposizione che si riferisce alla Regione medesima e agli enti che insistono sul suo territorio, possono essere trattati unitariamente il primo e il terzo motivo di ricorso, con i quali si assume che, pur in presenza della natura integrata del sistema degli enti territoriali, la Regione autonoma sia tenuta “a pagare due volte”: in quanto Regione e in quanto rappresentante dei comuni valdostani.

5.– Le questioni così poste non sono fondate.

5.1.– Dalla disposizione impugnata e dall’art. 3 del d.lgs. n. 431 del 1989, secondo cui «1. Ai fini del coordinamento della finanza regionale con la finanza locale, le risorse finanziarie attribuite dallo Stato agli enti locali della Valle d’Aosta da disposizioni generali o settoriali, annuali o pluriennali, sono direttamente corrisposte alla regione. 2. La regione provvede a ripartire fra gli enti locali le assegnazioni statali», emerge che la Regione ricorrente è semplicemente indicata dalla legge come il soggetto che ha il compito di eseguire e ricevere i pagamenti nei confronti dello Stato per conto dei comuni valdostani.

La ricorrente postula, ma non dimostra, l’esistenza della natura integrata del sistema degli enti territoriali e, anzi, dalle disposizioni dalla stessa evocate emerge l’inconsistenza di questa tesi.

5.2.– Il quadro normativo afferente alle Regioni autonome Trentino Alto-Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia è infatti ben diverso rispetto a quello riferibile alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e alle altre regioni italiane.

L’esistenza di un sistema territoriale regionale integrato nel Trentino-Alto Adige/Südtirol è espressamente prevista dall’art. 79 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), il quale prevede che «1. Il sistema territoriale regionale integrato, costituito dalla regione, dalle province e dagli enti di cui al comma 3, concorre, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica […]. 3. Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, le province provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali […]. 4. […] La regione e le province provvedono, per sé e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato».

Una conferma del riconoscimento di questo sistema integrato regionale dal punto di vista finanziario è offerto dalla sentenza di questa Corte n. 77 del 2019, nella quale viene precisato che «la Provincia autonoma di Trento assume il ruolo di regista del sistema finanziario provinciale integrato».

Per quanto riguarda la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, il decreto legislativo 25 novembre 2019, n. 154 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di coordinamento della finanza pubblica) stabilisce in maniera esplicita l’esistenza di un sistema integrato fin dal comma 1 dell’art. 1 (rubricato «Sistema integrato»): «[l]a Regione Friuli-Venezia Giulia, di seguito “Regione”, gli enti locali situati sul suo territorio e i rispettivi enti strumentali e organismi interni costituiscono, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, il sistema integrato degli enti territoriali del Friuli-Venezia Giulia, di seguito “sistema integrato”». Prosegue il d.lgs. n. 154 del 2019 all’art. 4 prevedendo che «1. [i]n attuazione dell’Accordo sottoscritto il 25 febbraio 2019 tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione, il sistema integrato concorre alla finanza pubblica con un contributo in termini di saldo netto da finanziare […]. 2. Per gli anni successivi al 2021 lo Stato e la Regione, con accordo da concludersi entro il 30 giugno 2021, aggiornano il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato e il sistema integrato», mentre il successivo art. 4-bis stabilisce che «1. In attuazione dell’Accordo […] il sistema integrato concorre alla finanza pubblica con un contributo […]».

Emerge dunque dal d.lgs. n. 154 del 2019 che la Regione autonoma Friuli Venezia-Giulia costituisce l’unico e unitario interlocutore dello Stato nei confronti di tutti gli enti territoriali di suddetta Regione autonoma.

Il legislatore ha considerato unitariamente le predette regioni e i relativi enti locali ai fini del concorso alla finanza pubblica, in quanto effettivamente riconoscibile un sistema regionale integrato degli enti territoriali e ha invece provveduto ad apprestare una disciplina differente laddove questa integrazione manchi, come nel caso della regione ricorrente.

Coerentemente con quanto sopra evidenziato, l’Allegato A al decreto ministeriale 29 marzo 2024 di attuazione della disposizione impugnata prevede che: «[l]’articolo 1, comma 850, della legge n. 178 del 30 dicembre 2020, come sopra modificato, prevede, tra l’altro, per ciascuno degli anni 2024-2025, il concorso alla finanza pubblica da parte dei comuni per l’importo di 100 milioni di euro e da parte delle province e delle città metropolitane per un importo pari a 50 milioni di euro. La suddetta norma si applica gli enti locali delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e Sardegna e della Valle d’Aosta. Ai sensi del comma 852 dell’articolo 1 della legge 178 del 2020, per gli enti locali ricadenti nei territori della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle province autonome di Trento e di Bolzano si applica quanto previsto dall’articolo 79, comma 4-ter, del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670; per gli enti locali della regione Friuli Venezia Giulia, il concorso alla finanza pubblica è determinato ai sensi del decreto legislativo 25 novembre 2019, n. 154. Pertanto, per i suddetti enti locali, l’esclusione dal concorso alla finanza pubblica di cui al comma 850 della medesima legge è determinato dalla clausola di esaustività del contributo del sistema territoriale regionale integrato prevista nei rispettivi Statuti».

5.3.– Parimenti non è condivisibile l’argomentazione svolta dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste con riguardo all’affermazione secondo cui la natura integrata deriverebbe dall’autonomia organizzativa e finanziaria in materia di ordinamento degli uffici, anche in merito agli enti locali. Sul punto la ricorrente si limita ad allegare una serie di norme statali e regionali che pur riconoscendo alla suddetta regione una certa autonomia organizzativa e finanziaria, non comportano di per sé il riconoscimento di un sistema regionale integrato.

Difatti, l’art. 2 dello statuto della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, evocato dalla ricorrente, si limita ad affermare che «[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: a) ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale; b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni».

Il successivo art. 3 dello statuto speciale, parimenti evocato dalla ricorrente, stabilisce che «[l]a Regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica, entro i limiti indicati nell’articolo precedente, per adattarle alle condizioni regionali, nelle seguenti materie: […] f) finanze regionali e comunali».

Nessun riferimento, dunque, è presente nelle disposizioni statutarie appena richiamate alla presunta “natura integrata” degli enti territoriali valdostani, quand’anche interpretate, come suggerito dalla ricorrente, alla luce dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in virtù del quale «[s]ino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

5.4.– Dalla circostanza che, come pure evidenziato dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, la stessa legge cost. n. 3 del 2001 abbia contemplato, attraverso l’art. 117, terzo comma, Cost., una competenza legislativa regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e abbia riconosciuto, con l’art. 119 Cost., alle regioni una autonomia finanziaria, non consegue, né esplicitamente né implicitamente, la possibilità di poter considerare unitariamente gli enti territoriali valdostani a fini dei loro doveri finanziari nei confronti dello Stato, cosicché sotto questo profilo la questione di legittimità costituzionale promossa non è fondata.

5.5.– Neppure può dedursi la “natura integrata” del sistema degli enti territoriali valdostani dall’art. 27, commi 1 e 3, della legge n. 42 del 2009, di attuazione del federalismo fiscale ai sensi dell’art. 119 Cost., secondo cui «1. [l]e regioni a statuto speciale […] concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà […] secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti […]. 3. […] Inoltre, le predette norme […]: a) disciplinano il coordinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali in materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonché di finanza locale nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a statuto speciale o provincia autonoma».

È evidente infatti che, anche in questo caso, la competenza legislativa di una regione a statuto speciale in materia di coordinamento della finanza locale è concetto ben diverso dalla possibilità di poter considerare unitariamente gli enti territoriali ai fini dei loro doveri finanziari nei confronti dello Stato. Pertanto, la doglianza regionale, in quanto diretta a sottrarsi agli obblighi relativi al versamento della quota dovuta per conto dei comuni, si pone in esplicito contrasto con la necessità di rispettare gli obblighi euro-unitari e di realizzare gli obiettivi di finanza pubblica (in questo senso, sentenza n. 87 del 2024).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, del resto, «i principi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato nell’esercizio della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche alle autonomie speciali (ex plurimis, sentenze n. 62 del 2017, n. 40 del 2016, n. 82 e n. 46 del 2015), in quanto funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (sentenza n. 175 del 2014). Lo Stato, dunque, può imporre contributi al risanamento della finanza pubblica a carico delle autonomie speciali, quantificando l’importo complessivo del concorso, e rimettendo alla stipula di accordi bilaterali con ciascuna autonomia, non solo la definizione dell’importo gravante su ciascuna di esse, ma, eventualmente, la stessa riallocazione delle risorse disponibili […] (sentenza n. 19 del 2015)» (sentenza n. 103 del 2018).

5.6.– Le considerazioni appena svolte possono ribadirsi per l’asserita violazione degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012.

È evidente infatti che, proprio l’esigenza di assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci impone agli enti territoriali di sostenere la finanza pubblica in misura proporzionale rispetto alle proprie possibilità, senza che nessuno possa sottrarsi a questi doveri, perché ciò significherebbe altrimenti aggravare il peso del contributo per gli altri enti territoriali.

Da tutto quanto esposto discende la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale anche nella predetta prospettiva.

5.7.– Neppure fondata è la doglianza della ricorrente riferita alla violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., in quanto la disciplina applicabile alla Regione autonoma si spiega in ragione di quanto osservato in precedenza, ossia del fatto che la suddetta Regione è l’unico interlocutore per i comuni valdostani nei confronti dello Stato, cosicché risponde dell’eventuale inadempimento dei medesimi, con facoltà di rivalersi nei loro confronti.

In definitiva, la non fondatezza del primo motivo di ricorso unitariamente considerato discende dalla circostanza che i comuni valdostani mantengono, per un verso, la loro autonoma soggettività giuridica e la loro autonoma capacità finanziaria e, per un altro verso, sono tenuti, al pari degli altri enti territoriali italiani, a contribuire, quando necessario, al fabbisogno statale in relazione alle proprie possibilità e secondo criteri che la disposizione impugnata richiede siano concordati tra i comuni e lo Stato.

6.– Le medesime argomentazioni inducono a ritenere non fondato anche il terzo motivo di ricorso.

6.1.– Non può ravvisarsi l’asserita lesione del principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale, quale manifestazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

Non può sostenersi difatti che, come lamentato dalla ricorrente, quest’ultima subisca un prelievo forzoso, perché è semplicemente chiamata a contribuire alla finanza pubblica per conto dei propri comuni, nei cui confronti, come detto, ben potrà rivalersi nell’ipotesi in cui non corrispondano quanto da loro dovuto allo Stato.

6.2.– Sempre in questa prospettiva, è parimenti non fondato il terzo motivo di ricorso là dove la Regione autonoma rivendica l’esistenza di una peculiare disciplina – che si baserebbe sugli artt. 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, nonché sugli articoli da 2 a 8 della legge n. 690 del 1981, e sull’art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994 – che contraddistinguerebbe l’ordinamento finanziario della Regione.

Infatti, l’esistenza di questa peculiarità non incide minimamente sul più volte ricordato dovere degli enti territoriali di contribuire alla finanza pubblica.

Il ruolo di mero intermediario nei pagamenti fra Stato e comuni della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la circostanza che in mancanza del versamento del contributo dovuto per conto dei comuni tale importo sia trattenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze a valere sulle somme spettanti alla medesima Regione non determinano, come lamentato dalla ricorrente, un prelievo forzoso ai suoi danni.

Al contrario, un ingiustificato e irragionevole privilegio a vantaggio degli enti territoriali valdostani, rispetto a quelli tenuti a concorrere alla finanza pubblica, si determinerebbe proprio in assenza del meccanismo previsto dalla disposizione impugnata.

7.– Anche il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione del principio pattizio nei rapporti tra Stato e regioni autonome, non è fondato.

La ricorrente lamenta la violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. nonché degli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, degli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, degli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, degli artt. 81 e 97 Cost., dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012 e dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

7.1.– Con riguardo alla lamentata lesione del principio di leale collaborazione, occorre evidenziare che, come affermato nella sentenza di questa Corte n. 103 del 2018, «[i] rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono […] regolati dal principio dell’accordo, inteso come vincolo di metodo (e non già di risultato) e declinato nella forma della leale collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e n. 118 del 2012)».

La stessa sentenza n. 103 del 2018, tuttavia, affermando che lo Stato può imporre contributi al risanamento della finanza pubblica anche a carico delle autonomie speciali, circoscrive l’ambito di operatività del principio pattizio all’individuazione dell’importo per il quale ciascun ente territoriale debba contribuire, restando la decisione, relativa all’an e al quantum del contributo, di pertinenza statale.

A tal proposito questa Corte ha chiarito che quando una disposizione statale istituisce un contributo a favore dello Stato, tale norma non coinvolge l’ordinamento finanziario riconosciuto alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, ma introduce una nuova e distinta tipologia di entrata, «per cui l’evocazione del metodo pattizio non è pertinente» (sentenza n. 27 del 2024).

Quanto al necessario coinvolgimento degli enti territoriali per stabilire il quantum del contributo dovuto da ciascuno di essi, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste neppure può lamentare la mancata previsione di un accordo con lo Stato in merito ai contributi posti a carico dei comuni, rispetto ai quali la ricorrente fa solo da tramite.

Il comma 853 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, come modificato dalla disposizione impugnata, disciplinando esclusivamente il contributo a carico dei comuni, prevede ragionevolmente solo la procedura dell’accordo dello Stato con i comuni gravati dal contributo, cosicché di nulla può dolersi la Regione autonoma quanto all’asserita violazione del principio del metodo pattizio.

La coerenza del sistema si spiega, come detto, in quanto il concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni, comprese quelle a statuto speciale, è disciplinato non dalla disposizione impugnata ma dal comma 852 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, che prevede il meccanismo dell’accordo tra Stato e regioni.

7.2.– Quanto agli altri parametri evocati (artt. 2, primo comma, lettere a e b, 3, primo comma, lettera f, 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, artt. 81 e 97 Cost., art. 5, comma 2, lettera c, legge cost. n. 1 del 2012, art. 27, commi 1 e 3, lettera a, della legge n. 42 del 2009), valgono le considerazioni già svolte con riferimento al primo e al terzo motivo di impugnazione e, in particolare, l’inderogabilità del dovere di tutti gli enti territoriali di concorrere alla finanza pubblica, quando ciò sia necessario, in proporzione alle proprie possibilità e secondo criteri condivisi con lo Stato.

Pertanto, la disposizione impugnata non viola le competenze legislative statutariamente e costituzionalmente garantite alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e, in particolare, la sua competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2023, n. 170, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), promosse, in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), all’art. 3 del decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 431 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Valle d’Aosta in materia di finanze regionali e comunali), al principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, agli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e agli artt. 1 e 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge n. 178 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, oltre che al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., agli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e agli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009, dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 4, del d.l. n. 132 del 2023, come convertito, che modifica l’art. 1, comma 853, della legge n. 178 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello statuto speciale, agli articoli da 2 a 8 della legge n. 690 del 1981, e 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, oltre che al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., agli artt. 117, terzo comma, e 119, commi primo e secondo, Cost., all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e agli artt. 1 e 9 della legge n. 243 del 2012, e successive modificazioni e integrazioni, questi ultimi anche interpretati alla luce degli artt. 81 e 97 Cost. e dell’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, nonché dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera a), della legge n. 42 del 2009, dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA