Sentenza 189/2024 (ECLI:IT:COST:2024:189)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: BARBERA - Redattore: PETITTI
Camera di Consiglio del 29/10/2024;    Decisione  del 30/10/2024
Deposito del 28/11/2024;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 1, c. 198°, 200° e 201°, della legge 29/12/2022, n. 197.
Massime: 
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Atti decisi: ordd. 31, 59, 60, 61, 62 e 63/2024


Pronuncia

SENTENZA N. 189

ANNO 2024


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 198, 200 e 201, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale 2023-2025), promossi con ordinanze dell’11 gennaio 2024 dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e del 25 e 29 gennaio 2024 dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, iscritte rispettivamente ai numeri 31, 59, 60, 61, 62 e 63 del registro ordinanze 2024 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 11 e 17, prima serie speciale, dell’anno 2024, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 29 ottobre 2024.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 30 ottobre 2024.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza dell’11 gennaio 2024, iscritta al n. 31 reg. ord. 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025): «per la parte in cui prevede che nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito [della copia della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata] ai sensi del comma 197, secondo periodo, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione», per violazione degli artt. 3, 10, 11, 23, 24, 53, 80, 81, 97, primo comma, e 111 della Costituzione, dell’art. 113 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), degli artt. 6, 13 e 17 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dell’art. K.3 del Trattato sull’Unione europea (TUE); «per la parte in cui prevede che la dichiarazione di estinzione opera immediatamente, prima ed in pendenza del termine fissato all’amministrazione impositrice per decidere in ordine all’eventuale diniego alla domanda di definizione agevolata», per violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 97, comma primo, e 111 Cost., dell’art. 113 TFUE, degli artt. 6, 13 e 17 CEDU e dell’art. K.3 TUE;

b) dell’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, per violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 97, primo comma, e 111 Cost., e degli artt. 6, 13 e 17 CEDU.

2.– La Corte rimettente espone di essere investita dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza che aveva accolto il ricorso spiegato da un contribuente contro una cartella di pagamento.

L’appellato, nel costituirsi, ha depositato la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022, nonché attestazione del pagamento dell’importo di euro 371,00, chiedendo che il processo sia dichiarato estinto.

2.1.– La rilevanza delle questioni esposte sub a) è illustrata considerando che, dopo il deposito della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il giudice adito deve dichiarare estinto il processo, «salvo poi dover prendere atto» che tale estinzione abbia «definitivamente compromesso» sia «il principio costituzionale generale della tutela dei crediti erariali e delle pubbliche finanze» ( artt. 53, 81 e 97, comma primo, Cost.), sia quello di «garanzia del giusto processo» (art. 111 Cost.), sia, infine, quello di uguaglianza (art. 3 Cost.), «posto che verrebbero ad equipararsi, nel sistema ideato dall’art. 1, commi 186 e seguenti della legge n. 197/2022, le situazioni di chi ha assolto interamente all’onere di versamento, rispetto a chi ha optato per il versamento immediato della sola prima rata».

La rilevanza delle questioni esposte sub b) è illustrata considerando che, ove il Collegio procedesse alla dichiarazione di estinzione, l’eventuale diniego della definizione agevolata da parte dell’amministrazione finanziaria sarebbe impugnabile dinanzi allo stesso organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia e sarebbe altresì motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi dell’art. 1, comma 198.

2.2.– La Corte rimettente premette altresì che non è possibile seguire una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate, ponendo esse «una causa di estinzione del processo nuova e legata ad un fatto posto nella esclusiva volontà di una delle parti processuali, segnatamente il contribuente», dovendo il giudice necessariamente estinguere il giudizio «anche a fronte del pagamento di una sola rata».

3.– Tornando al fondamento delle questioni inerenti all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, l’ordinanza di rimessione riporta il dettato dei commi 186 e seguenti del citato art. 1, evidenziando come la dichiarazione del contribuente di volersi avvalere della definizione agevolata abbia comportato dapprima la sospensione del processo fino al 10 ottobre 2023 (data entro la quale andava depositata presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pendeva la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata) e poi l’estinzione del processo. Per la produzione di tali effetti, il comma 194 dell’art. 1 della citata legge, ove sia ammesso il pagamento rateale, specifica che la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e il versamento della sola prima rata entro il termine previsto del 30 settembre 2023.

3.1.– In tal modo, sostiene l’ordinanza di rimessione, l’esito dell’estinzione del giudizio accomuna due situazioni non omogenee, ovvero quella del contribuente che abbia optato per il pagamento rateale e quella di chi abbia versato l’intero importo dovuto, con lesione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), restando svilita la ratio deflattiva del contenzioso tributario. Sarebbero violati, altresì, il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), posto che due contribuenti di pari capacità vengono chiamati a corrispondere importi diversi, e il principio di equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.), per i riflessi sulle previsioni annuali di competenza delle entrate erariali, che verrebbero decurtate senza che il legislatore abbia provveduto alla previsione di un apposito fondo di bilancio utile a compensare, appunto, le minori entrate.

3.2.– Sarebbe poi pregiudicata la parità delle condizioni delle parti del processo (art. 111, secondo comma, Cost.), dovendo il giudice procedere all’estinzione, pure in caso di pagamento di una sola rata, senza alcuna delibazione di ammissibilità e fondatezza della domanda di definizione agevolata.

3.3.– Ancora, a dire dalla Corte rimettente, l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 contrasterebbe con gli artt. 3, 24, commi primo e secondo, e 111 Cost. giacché, disponendo che, a seguito di deposito ai sensi del comma 197, secondo periodo, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione, crea un regime derogatorio rispetto a quello delineato dall’art. 46 (rubricato «Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere») del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413).

L’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il giudizio tributario si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere e che «[l]a cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione», essendo il provvedimento presidenziale reclamabile a norma dell’art. 28 del d.lgs. n. 546 del 1992 (rubricato «Reclamo contro i provvedimenti presidenziali»).

Secondo la Corte di giustizia rimettente, siffatta deroga «appare irrazionale e priva di giustificazione costituzionale, finendo così per determinare una sostanziale irretrattabilità del provvedimento di estinzione se dichiarato con ordinanza collegiale».

A differenza della sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere, la quale è soggetta ai rimedi impugnatori di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’ordinanza che dichiara estinto il processo ai sensi dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 non consentirebbe l’accesso ai mezzi di impugnazione, sicché, in particolare, l’amministrazione finanziaria, in caso di mancata ammissione o di mancato assolvimento degli obblighi di pagamento rateale, non avrebbe strumenti per opporsi alla statuizione di estinzione. Anzi, il decreto presidenziale di estinzione (meno garantito sotto il profilo del contraddittorio) sarebbe quanto meno reclamabile al collegio in base all’art. 46, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, mentre priva di controllo rimane la declaratoria di estinzione adottata con l’ordinanza collegiale.

3.4.– L’ordinanza di rimessione segnala ulteriori profili di contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 53 e 81 Cost. e con gli artt. 6, 13 e 17 CEDU dopo aver ricordato il contenuto dell’art. 1, comma 200, della legge n. 197 del 2022, che indica il termine del 30 settembre 2024 per la notifica dell’eventuale diniego della definizione agevolata da parte dell’amministrazione finanziaria.

Al proposito viene lamentato che, a differenza di quanto stabilito in precedenti ipotesi di definizione agevolata delle liti tributarie pendenti (si fa l’esempio dell’art. 3, commi 5 e 6, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria», convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136), l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 contempla l’estinzione automatica del giudizio, senza attendere l’esito del procedimento amministrativo sull’istanza di definizione, dovendo, anzi, l’amministrazione subire inevitabilmente tale vicenda processuale sulla scorta della sola dichiarazione di adesione e di pagamento della prima rata, senza che vi sia stata alcuna valutazione preliminare sulla fondatezza della domanda del contribuente.

Il conflitto con l’art. 23 Cost. è spiegato dal giudice a quo in quanto quella in esame sarebbe nella sostanza un’ennesima misura di condono fiscale che indebolisce irragionevolmente la forza del complessivo sistema tributario.

Con riguardo all’art. 81, commi primo e terzo, Cost., l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 renderebbe evanescente ed aleatorio l’appostamento nel bilancio statale di somme in entrata, determinando una lesione del principio dell’equilibrio del bilancio (tenuto conto degli esiti della norma agevolativa sulle previsioni di competenza di entrata di inizio anno, aventi possibili ricadute in termini di peggioramento del saldo netto da finanziare); inoltre, la disposizione censurata sarebbe da qualificare “onerosa” per le minori entrate che da essa deriveranno, in mancanza di un fondo di compensazione delle stesse minori entrate derivanti dall’agevolazione fiscale (pur a fronte, nelle intenzioni del legislatore, di un possibile incremento delle entrate sul versante della cassa).

3.5.– Si ipotizza dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria anche una contrarietà della disposizione censurata all’art. 111 Cost., in relazione al divieto dell’abuso di diritto ex art. 17 CEDU e al diritto a un ricorso effettivo ex art. 13 CEDU, per l’aggravio giurisdizionale posto a carico dell’amministrazione finanziaria.

3.6.– Ancora: l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 confliggerebbe con il principio generale di tutela dei crediti erariali e delle pubbliche finanze (artt. 53, 81 e 97, comma primo, Cost.), in quanto produce effetti diretti anche su quei giudizi, in specie in grado di appello, nei quali la parte ricorrente o appellante è costituita dall’agente della riscossione o dall’amministrazione finanziaria o dall’ente pubblico che vanta il credito tributario, i quali sono mossi da un interesse alla sollecita definizione della controversia per poter definire il credito fiscale.

La semplice dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, proveniente dalla parte resistente o appellata, verrebbe, invece, a determinare una compromissione del diritto di difesa delle amministrazioni impositrici (in violazione dell’art. 24 Cost.) e della parità delle parti nel processo (in contrasto con l’art. 111 Cost.).

La Corte rimettente, sempre in rapporto alle asserite violazioni degli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost., valuta le conseguenze che, agli effetti dell’art. 338 del codice di procedura civile, discendono dall’estinzione automatica del procedimento d’appello correlata alla mera istanza di definizione agevolata del contribuente.

3.7.– Dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 la Corte di giustizia tributaria lamenta altresì il contrasto con gli artt. 10, 11, 80, 81, 97 Cost. e con l’art. K.3 TUE, ciò perché la disposizione censurata, provocando una ingiustificata lesione della parità di trattamento delle parti processuali, finirebbe per compromettere gli interessi finanziari dell’Unione europea.

Il giudice a quo evoca altresì la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, e relativi protocolli, ratificata e resa esecutiva con legge 29 settembre 2000, n. 300, nonché la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017 (relativa alla lotta alla frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale), per la compromissione delle ragioni di tutela dei crediti erariali approntata attraverso l’introduzione di una ingiustificata violazione della parità di trattamento delle parti processuali, con conseguente lesione degli interessi finanziari dell’Unione europea.

Un altro profilo di illegittimità costituzionale, sempre cagionato dalla ingiustificata disparità di trattamento processuale tra le ragioni del credito erariale e quelle del contribuente, risiederebbe nella violazione degli artt. 113 e seguenti TFUE, allorché il processo tributario verta su questioni inerenti a imposte armonizzate, le quali hanno rilevanza sovranazionale, incidendo sul principio della concorrenza e quindi sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea.

4.– Circa il fondamento delle questioni inerenti all’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022 per violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 97, primo comma, e 111 Cost., nonché degli artt. 6, 13 e 17 CEDU (quanto, in particolare, alla prevista impugnabilità dell’eventuale diniego della definizione agevolata dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia o che abbia dichiarato l’estinzione, e alla individuazione del medesimo diniego della definizione quale motivo di revocazione del provvedimento di estinzione), la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria innanzitutto ravvisa una compressione del diritto di difesa nel fatto che la competenza sull’impugnazione del diniego di definizione agevolata viene attribuita al giudice del processo pendente anche ove si tratti di un giudizio di appello, sicché la valutazione di legittimità di tale diniego si svolge «in unica e sola istanza», precludendo la possibilità di una revisione della prima decisione giurisdizionale, nonostante la natura latamente afflittiva del provvedimento negativo in esame.

È di seguito censurata l’introduzione di un nuovo «motivo speciale» di revocazione avverso il provvedimento di estinzione (decreto del presidente della sezione o ordinanza deliberata in camera di consiglio), che darebbe luogo ad un’ipotesi estranea sia all’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992, in tema di revocazione delle sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dalle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, e relativi motivi, sia all’art. 395 cod. proc. civ., cui la disposizione sul processo tributario fa rinvio.

L’ordinanza di rimessione sostiene che l’art. 1, comma 201, della legge n. 197 del 2022 violerebbe non solo il principio del giusto processo, ma anche le disposizioni degli artt. 13 e 17 CEDU in ordine al diritto ad un ricorso effettivo e al divieto dell’abuso di diritto. Ciò perché la disciplina in oggetto «estendendo un meccanismo impugnatorio tipico e tassativo relativo alle sentenze» a provvedimenti giurisdizionali di rango “inferiore”, determinerebbe per un verso «uno squilibrio della posizione dell’Amministrazione finanziaria rispetto a quella del contribuente», posto che «solo quest’ultimo impugnerà il diniego e solo egli potrà accedere al rimedio della revocazione in relazione all’atto definitivo che nega la definizione agevolata, aggravando in tal modo il procedimento impositivo (in lesione dell’art. 97 Cost.), come nel caso in cui vi sia stata una prima decisione giurisdizionale sfavorevole al contribuente ed un espresso diniego di definizione agevolata».

La Corte rimettente si duole di tale aggravio del procedimento tributario (contrario agli artt. 53 e 97 Cost.) e di quello giurisdizionale connesso (contrario all’art. 111 Cost.), che andrebbe esclusivamente a carico e svantaggio delle amministrazioni pubbliche impositrici.

5.– Ha depositato atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque manifestamente infondate.

5.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce l’inammissibilità delle questioni sub a), inerenti all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, per l’erronea individuazione della norma alla quale si attribuisce l’illegittimo effetto dell’estinzione del processo discendente dal pagamento anche della sola prima rata, essendo ciò stabilito piuttosto dall’art. 1, comma 194, della stessa legge, secondo il quale, nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata.

5.2.– Quanto alle questioni sub b), inerenti all’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, l’Avvocatura generale dello Stato motiva il rilievo di inammissibilità considerando che la Corte rimettente non ha sperimentato l’interpretazione delle norme in esame che indurrebbe a riconoscere anche all’amministrazione finanziaria la legittimazione ad agire in revocazione contro il provvedimento di estinzione nell’ipotesi di sopravvenuto diniego dell’istanza di definizione agevolata.

La difesa dello Stato ravvisa nella disciplina in esame una simmetria tra l’effetto della dichiarazione di adesione alla definizione e il diniego di definizione: così come la prima dichiarazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per l’immediata estinzione del giudizio, il sopravvenuto diniego di definizione costituisce condizione necessaria e sufficiente per riaprire il giudizio, anche indipendentemente dalla pronuncia del giudice sulla legittimità del diniego stesso. Pur prevedendo il comma 201 dell’art. 1 della legge citata che la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato non si potrebbe desumere una preclusione volta ad inibire all’ente impositore di azionare direttamente, senza attendere le iniziative del contribuente, lo strumento della revocazione in tutti i casi di diniego di definizione.

Al fine di supportare tale interpretazione, l’atto di intervento richiama l’art. 40, comma 3, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune», convertito, con modificazioni, nella legge 21 aprile 2023, n. 41, secondo il quale «[a]l fine di conseguire gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione di cui alla Riforma 1.7 “Giustizia tributaria” della Missione 1, Componente 1, Asse 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza mediante la riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022 n. 197 e dell’articolo 391 del codice di procedura civile, l’Agenzia delle entrate, fermi restando gli oneri posti a carico del contribuente, provvede a depositare entro il 31 ottobre 2023 presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei relativi versamenti previsti dal comma 197 del medesimo articolo 1». Ciò convaliderebbe l’assunto che nessuna disposizione impone di attribuire al solo contribuente la legittimazione attiva ad esperire il particolare mezzo di revocazione previsto dal comma 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 (oltre che a richiedere la decisione ai sensi dell’art. 391, terzo comma, cod. proc. civ.).

Sempre in riferimento alle questioni inerenti all’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, l’Avvocatura generale ravvisa un ulteriore profilo di inammissibilità per difetto di rilevanza, non essendo la Corte rimettente chiamata a fare immediata applicazione di dette disposizioni, le quali suppongono che la domanda di definizione sia stata respinta e indicano come tale diniego possa essere impugnato.

5.3.– L’atto di intervento passa poi ad esporre, in subordine, le ragioni di ritenuta manifesta infondatezza delle questioni.

5.4.– I rischi che l’ordinanza di rimessione rapporta all’eventualità che il contribuente, dopo il pagamento della prima rata, possa restare inadempiente rispetto alle rate successive, secondo la difesa dello Stato, costituirebbero solo un effetto distorto dell’applicazione pratica della disposizione censurata. Si tratterebbe, peraltro, di eventualità regolata nel comma 194 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, ove, nel caso in cui è ammesso il pagamento rateale, si prevede l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’art. 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), il quale, nel disciplinare le modalità di versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione, al comma 4 stabilisce che in ipotesi di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’art. 15-ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). L’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, relativo agli inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate, al secondo comma prescrive che, in caso di rateazione ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997, il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante «Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662», aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Quanto alle censure di violazione degli artt. 3 e 53 Cost., l’Avvocatura osserva che la normativa censurata concede a tutti i contribuenti la possibilità di scegliere la modalità di pagamento ai fini del perfezionamento della definizione agevolata delle liti, così realizzando un bilanciamento dei diversi interessi costituzionalmente tutelati.

5.5.– L’atto di intervento esamina poi le doglianze della Corte rimettente circa il procedimento camerale della declaratoria di estinzione da seguire ove sia stata fissata la data della decisione, per la ravvisata irretrattabilità dell’ordinanza resa al riguardo.

Viene sul punto contrapposto che l’automaticità dell’estinzione non preclude affatto all’amministrazione finanziaria di svolgere i suoi controlli e di esprimere l’eventuale diniego della definizione agevolata entro il 30 settembre 2024, il che legittimerebbe la stessa amministrazione a sperimentare il rimedio speciale della revocazione.

5.6.– L’Avvocatura contesta, altresì, la fondatezza delle questioni con le quali vengono censurate la definitività dell’immediato effetto estintivo correlato alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata (in luogo della previsione di una mera sospensione dei processi pendenti, sul modello di analoghi precedenti interventi legislativi), e la scelta di estendere l’impugnazione per revocazione a provvedimenti che non hanno forma di sentenza, in danno dell’amministrazione finanziaria.

La difesa dello Stato, richiamando altresì alcuni passaggi della relazione parlamentare all’intervento legislativo in esame, obietta che tali censure non tengono conto delle oggettive criticità dello stato del contenzioso tributario e della necessità di raggiungere il traguardo di cui alla «Milestone M1C1-35» del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ovvero l’entrata in vigore della normativa di riforma delle commissioni tributarie di primo e secondo grado al fine di «rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria italiana e di ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione».

La soluzione della immediata estinzione, anziché della sospensione del processo, potrebbe risultare giustificata alla luce del confronto tra la consistenza del numero prevedibile dei dinieghi e la quantità delle domande di definizione complessivamente presentate, ferma l’esperibilità del rimedio della revocazione nelle ipotesi appunto di diniego e col vantaggio del parimenti immediato sgravio dei ruoli sovraccarichi dei giudici tributari.

Le censure della Corte rimettente, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, non avrebbero dato il giusto rilievo all’interesse dello Stato all’immediato incasso di somme necessarie al finanziamento della spesa pubblica, attraverso la possibilità, offerta al contribuente, di regolarizzare la propria posizione fiscale.

Nemmeno risulterebbe violato il principio dell’equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio dello Stato di cui all’art. 81 Cost. poiché la ratio sottesa all’estinzione anticipata della definizione agevolata delle liti, introdotta con la legge n. 197 del 2022, sarebbe giustificata nella necessità di garantire un «tasso di smaltimento più alto» dei ricorsi pendenti davanti alle corti di merito e alla Corte di cassazione.

Circa la presunta lesione degli interessi finanziari unionali, l’ordinanza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria trascurerebbe quanto dettato dall’art. 1, comma 193, della legge n. 197 del 2022, in forza del quale sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte «a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015».

Ancora, l’atto di intervento esclude la configurabilità di una lesione del principio della cosiddetta “parità delle armi” durante lo svolgimento del processo, garantito dall’art. 111 Cost., stante il predisposto meccanismo di “estinzione-diniego-revocazione”.

La scelta di utilizzare lo strumento della revocazione per riattivare il processo estinto rientrerebbe, inoltre, nell’ambito di discrezionalità proprio del potere legislativo.

A sua volta, la scelta di affidare l’impugnazione dell’eventuale diniego di definizione agevolata al medesimo organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia risponderebbe, secondo la difesa dello Stato, ad una logica di concentrazione ed economia processuale e sarebbe espressione di discrezionalità legislativa non sindacabile.

6.– Con quattro ordinanze del 25 gennaio 2024, iscritte ai numeri 59, 60, 61 e 62 reg. ord. 2024, e con un’altra ordinanza del 29 gennaio 2024, iscritta al n. 63 reg. ord. 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, e dell’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022.

Tutti i giudizi concernono le medesime disposizioni e pongono questioni identiche a quelle oggetto dell’ordinanza iscritta al n. 31 reg. ord. 2024.

6.1.– Nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 59 del 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio espone di essere investita dell’impugnazione proposta da una società avverso la sentenza che aveva respinto il ricorso da essa spiegato contro una cartella di pagamento relativa all’imposta sul valore aggiunto (IVA) del 2014.

L’appellante ha poi depositato la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022, nonché istanza di «sospensione/cessazione» del processo, cui ha aderito l’appellata Agenzia delle entrate.

6.2.– Nel giudizio iscritto al n. 60 reg. ord. 2024, la Corte rimettente espone di essere investita dell’impugnazione proposta da una società avverso la sentenza che aveva respinto il ricorso da essa spiegato contro un avviso di accertamento relativo all’imposta sul reddito delle società (IRES) ed altre imposte del 2013.

L’appellante ha poi depositato la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022, con attestazione del pagamento dell’importo di euro 2.013,40, nonché istanza di «sospensione/cessazione» del processo, cui ha aderito l’appellata Agenzia delle entrate.

6.3.– Nel giudizio iscritto al n. 61 reg. ord. 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, espone di essere investita dell’impugnazione proposta da una contribuente avverso la sentenza che aveva respinto il ricorso dalla medesima spiegato contro una cartella di pagamento per complessivi euro 7.219,66 a titolo di somme iscritte a ruolo imposta comunale sugli immobili (ICI) 2010.

L’appellante ha poi depositato la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022.

6.4.– Nel giudizio iscritto al n. 62 reg. ord. 2024, la Corte rimettente espone di essere investita dell’impugnazione proposta da un’amministrazione comunale avverso la sentenza che aveva accolto il ricorso spiegato da una società contro un avviso di accertamento di importo pari ad euro 36.949,06, relativo ad omesso versamento dell’imposta municipale unica (IMU) per l’anno 2015.

È stata poi depositata, si legge in ordinanza, da «parte appellante» (recte: «da parte appellata») la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022.

6.5.– Nel giudizio iscritto al n. 63 reg. ord. 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, espone di essere investita dell’impugnazione proposta da un’amministrazione comunale avverso la sentenza che aveva accolto il ricorso spiegato da una società avverso un avviso di accertamento IMU di importo pari ad euro 372.853,62.

È stata poi depositata dall’appellata la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, presentata ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202, della legge n. 197 del 2022, corredata da quietanza di pagamento dell’importo di euro 169.278,46.

7.– In tutti i giudizi ha depositato atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, svolgendo difese identiche a quelle presentate nel giudizio di cui all’ordinanza iscritta al n. 31 reg. ord. 2024.


Considerato in diritto

1.– Con sei ordinanze di rimessione, iscritte rispettivamente ai numeri 31, 59, 60, 61, 62 e 63 reg. ord. 2024, la prima pronunciata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e le restanti dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022: «per la parte in cui prevede che nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito [della copia della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata] ai sensi del comma 197, secondo periodo, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione», per violazione degli artt. 3, 10, 11, 23, 24, 53, 80, 81, 97, primo comma, e 111 Cost., dell’art. 113 TFUE, degli artt. 6, 13 e 17 CEDU e dell’art. K.3 TUE; «per la parte in cui prevede che la dichiarazione di estinzione opera immediatamente, prima ed in pendenza del termine fissato all’amministrazione impositrice per decidere in ordine all’eventuale diniego alla domanda di definizione agevolata», per violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 97, comma primo, e 111 Cost., dell’art. 113 TFUE, degli artt. 6, 13 e 17 CEDU e dell’art. K.3 TUE.

1.1.– Le ordinanze di rimessione hanno sollevato anche questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, per violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 97, primo comma, e 111 Cost., e degli artt. 6, 13 e 17 CEDU.

2.– Le questioni inerenti all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 attengono alla previsione secondo cui nelle controversie pendenti in ogni stato e grado del procedimento, in caso di deposito della domanda di definizione agevolata, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio qualora sia stata fissata la data della decisione, nonché alla previsione secondo cui la dichiarazione di estinzione opera immediatamente, prima e in pendenza del termine fissato all’amministrazione finanziaria per valutare l’eventuale diniego alla domanda.

2.1.– Le censure prospettano innanzitutto che l’immediatezza della pronuncia di estinzione cui è chiamato il giudice possa vulnerare sia il principio costituzionale della tutela dei crediti erariali e delle pubbliche finanze (artt. 53, 81 e 97, comma primo, Cost.), sia quello di garanzia del giusto processo (art. 111 Cost.), sia quello di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), per l’equiparazione tra le situazioni di chi abbia assolto interamente all’onere di versamento e di chi invece, ammesso al pagamento rateale, abbia optato per il versamento immediato della sola prima rata, stabilendo il comma 194 che la definizione agevolata si perfezioni comunque con tale pagamento parziale.

La disposizione in esame, assumono le Corti rimettenti, darebbe luogo a una nuova causa di estinzione del processo legata ad un fatto rimesso alla esclusiva volontà del contribuente, dovendo il giudice necessariamente dichiarare estinto il giudizio anche a fronte del pagamento di una sola rata.

Resterebbe svilita la ratio deflattiva del contenzioso tributario e sarebbe violato il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), chiamandosi due contribuenti di pari capacità a corrispondere importi diversi; ma sarebbe leso anche il principio di equilibrio del bilancio (art. 81, commi primo e terzo, Cost.), in considerazione dei riflessi negativi sulle previsioni annuali di competenza delle entrate erariali e della mancata predisposizione di un fondo di compensazione (pur a fronte, nelle intenzioni del legislatore, di un possibile incremento delle entrate sul versante della cassa).

L’automaticità dell’estinzione pregiudicherebbe, inoltre, la parità delle condizioni delle parti processuali (art. 111, secondo comma, Cost.). Ancora, vi sarebbe contrasto con gli artt. 3, 24, commi primo e secondo, e 111 Cost. giacché l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, prevedendo che l’estinzione venga dichiarata con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio, derogherebbe al regime generale dettato dall’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, finendo per determinare la irretrattabilità dell’ordinanza collegiale di estinzione, in tal modo privando di rimedi impugnatori l’amministrazione finanziaria in caso di mancata ammissione o di mancato assolvimento degli obblighi di pagamento rateale.

L’estinzione automatica del processo colliderebbe ulteriormente con gli artt. 3, 23, 24, 53 e 81 Cost. e con gli artt. 6, 13 e 17 CEDU, in quanto essa va adottata dal giudice senza nemmeno tener conto dell’esito amministrativo della definizione e dell’eventuale diniego, ai sensi dell’art. 1, comma 200, della legge n. 197 del 2022. Vi sarebbe conflitto altresì con l’art. 23 Cost., in quanto la disposizione censurata sarebbe nella sostanza un’ennesima misura di condono fiscale che indebolirebbe irragionevolmente il sistema tributario.

Le ordinanze di rimessione ipotizzano anche una contrarietà della disposizione censurata all’art. 111 Cost., in relazione al divieto dell’abuso di diritto ex art. 17 CEDU ed al diritto a un ricorso effettivo ex art. 13 CEDU, per l’aggravio giurisdizionale posto a carico dell’amministrazione finanziaria.

L’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 produrrebbe, ancora, lesioni del principio di tutela dei crediti erariali e delle pubbliche finanze (artt. 53, 81 e 97, comma primo, Cost.), in quanto inciderebbe anche su quei giudizi, in specie in grado di appello, nei quali parte ricorrente o appellante è l’agente della riscossione o l’amministrazione finanziaria o l’ente pubblico che vanta il credito tributario, i quali hanno interesse alla sollecita conclusione nel merito della controversia per poter definire il credito fiscale. La dichiarazione di adesione alla definizione agevolata del contribuente resistente o appellato, verrebbe, invece, a determinare una compromissione del diritto di difesa delle amministrazioni impositrici (con violazione dell’art. 24 Cost.) e della parità delle parti nel processo (con violazione dell’art. 111 Cost.), ed ancora degli artt. 3 e 97 Cost., in particolare determinando, se intervenuta in appello nell’ambito di giudizio già definito in primo grado con decisione favorevole al contribuente stesso, la cristallizzazione della situazione giuridica sostanziale come definita dalla sentenza di merito impugnata, in forza dell’art. 338 cod. proc. civ.

Si prospetta, infine, una ingiustificata lesione della parità di trattamento delle parti processuali, con compromissione degli interessi finanziari dell’Unione europea, collidendo l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 con gli artt. 10, 11, 80, 81, 97 Cost., con l’art. K.3 TUE, giacché la ingiustificata disparità di trattamento processuale tra le ragioni del credito erariale e quelle del contribuente, allorché il processo tributario verta su questioni inerenti a imposte armonizzate, le quali hanno rilevanza sovranazionale, inciderebbe sul principio della concorrenza e quindi sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione.

3.– Le questioni inerenti all’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, sono poi relative alla prevista impugnabilità dell’eventuale diniego della definizione agevolata dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia o che abbia dichiarato l’estinzione, nonché alla individuazione del medesimo diniego della definizione quale motivo di revocazione del provvedimento di estinzione.

Di tale disciplina le ordinanze di rimessione lamentano: la compressione del diritto di difesa per il fatto che la competenza sull’impugnazione del diniego di definizione agevolata viene attribuita al giudice del processo pendente anche ove si tratti di un giudizio di appello, sicché la valutazione di legittimità di tale diniego si svolgerebbe «in unica e sola istanza», precludendo la possibilità di una revisione della prima decisione giurisdizionale, nonostante la natura latamente afflittiva del provvedimento negativo in esame; la eccentricità del nuovo «motivo speciale» di revocazione avverso il provvedimento ordinatorio di estinzione rispetto ai modelli processuali dei giudizi civili e tributari; ancora lo squilibrio della posizione processuale dell’amministrazione finanziaria rispetto a quella del contribuente.

4.– I sei giudizi hanno ad oggetto le medesime disposizioni e pongono identiche questioni, sicché ne appare opportuna la riunione, ai fini di una decisione congiunta.

5.– Occorre premettere un quadro di sintesi della disciplina normativa nella quale si inseriscono le disposizioni censurate.

5.1.– La legge n. 197 del 2022 contiene le norme relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e al bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025.

Essa contiene, tra l’altro, numerosi interventi di carattere strutturale volti a dare attuazione al Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR.

Nella relazione alla legge di bilancio si riporta quanto emergente da quella sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2021, circa i ricorsi pendenti, il valore complessivo, l’anzianità ed il tasso di smaltimento degli stessi, con attenzione particolare alla posizione dell’Agenzia delle entrate, che risulta essere l’ente impositore coinvolto nel maggior numero di controversie.

In questo quadro, la legge di bilancio 2023 ha previsto diverse tipologie di definizioni agevolate e chiusure delle liti pendenti.

6.– I tratti essenziali della definizione agevolata disciplinata nei commi da 186 a 205 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, tra i quali sono collocate le disposizioni censurate, possono essere così di seguito delineati.

6.1.– Sotto il profilo dell’ambito operativo, l’istituto è applicabile, ai sensi dell’art. 1, comma 186, della citata legge, nelle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, comprese quelle innanzi alla Corte di cassazione o al giudice di rinvio, alla data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 2023). Tali controversie, secondo quanto disposto dal successivo comma 191, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo proporzionato al valore della controversia (da determinare ai sensi del comma 2 dell’art. 12 del d.lgs. n. 546 del 1992: importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato o importo delle sanzioni che siano oggetto esclusivo della lite). Più specificamente, la definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge e per le quali alla data della presentazione della domanda di cui al comma 186 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (art. 1, comma 192, della citata legge).

Sono comunque escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte: le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (art. 1, comma 193).

6.2.– I commi da 187 a 190 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 fissano le percentuali dell’importo proporzionato al valore della controversia, da determinare in relazione ai diversi gradi e al concreto svolgimento del processo (ricorso pendente in primo grado; soccombenza integrale della competente Agenzia fiscale, oppure soccombenza parziale o ripartita, nelle pronunce già rese; pendenza dinanzi alla Corte di cassazione).

Il successivo comma 196 precisa che dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio e che la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

6.3.– I commi 194 e 195 dettano le regole procedimentali. La domanda di definizione agevolata doveva essere presentata entro il 30 settembre 2023, una per «ciascuna controversia autonoma». La nozione di «controversia autonoma» viene spiegata come «quella relativa a ciascun atto impugnato».

La definizione agevolata si perfeziona automaticamente con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti (se ce ne sono da versare), come sopra quantificati, entro la data indicata. Nel caso in cui gli importi dovuti superino l’ammontare di mille euro è ammesso il pagamento rateale.

In tale ultimo caso, la definizione agevolata si intende espressamente perfezionata con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine del 30 settembre 2023.

Il medesimo comma 194 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 prescrive che, ove sia ammesso il pagamento rateale, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997. Quest’ultimo, nel disciplinare le modalità di versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione, al comma 4 stabilisce che in ipotesi di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973. L’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, relativo agli inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate, al secondo comma prescrive che, in caso di rateazione ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997, il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

6.4.– I commi da 196 a 199 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 regolano gli effetti processuali della presentazione e del perfezionamento della domanda di definizione agevolata.

Ai sensi del comma 196, gli effetti della definizione perfezionata «prevalgono» su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge.

Il comma 197 stabilisce che le controversie definibili non siano sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere della definizione agevolata. In tal caso il processo resta sospeso fino al 10 ottobre 2023 ed entro la stessa data il contribuente ha l’onere di depositare, presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata.

Il comma 199 prevede, invece, per le controversie definibili la sospensione dei termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione, a scadere tra la data di entrata in vigore della legge e il 31 ottobre 2023. Questa sospensione dei termini opera automaticamente, a prescindere dal concreto intento del contribuente di avvalersene, trovando, dunque, il suo presupposto applicativo sufficiente nell’astratta definibilità della lite pendente.

Il legislatore non ha quindi introdotto una sospensione automatica delle controversie pendenti, ma ha subordinato l’eventualità di tale effetto all’apposita richiesta del contribuente di volersi avvalere della definizione agevolata, conseguendo solo a tale richiesta, in ragione della parallela vicenda amministrativa destinata ad incidere sulla causa, l’aprirsi di uno stato di quiescenza del processo fino al 10 ottobre 2023, data ultima per la presentazione della domanda di definizione corredata dal versamento degli importi dovuti o quanto meno della prima rata.

6.5.– Il censurato comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 stabilisce, poi, che nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata presso l’organo giurisdizionale adito, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione.

Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate, identicamente a quanto disposto in via generale dal comma 3 dell’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992 per i casi di cessazione della materia del contendere conseguenti alla definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge.

6.6.– I commi 200 e 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 disciplinano gli effetti processuali dell’evoluzione negativa del procedimento amministrativo di definizione agevolata.

Come si è visto, il legislatore, modellando la definizione agevolata di cui ai commi 186 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, non ha scelto la soluzione di una sospensione impropria del processo pendente in attesa degli esiti della vicenda incidentale di natura amministrativa, benché tali esiti siano certamente destinati a incidere sulla controversia. E, al fine di perseguire l’obiettivo della più sollecita deflazione del carico delle controversie tributarie pendenti, il comma 194 ha disposto che il procedimento di definizione agevolata «si perfeziona con la presentazione della domanda […] e con il pagamento degli importi dovuti […] entro il 30 settembre 2023», ovvero, «[n]el caso di versamento rateale […] si perfeziona con la presentazione della domanda […] e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata» entro il medesimo termine.

Il comma 200 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 considera l’eventualità di un successivo diniego della definizione agevolata, che l’amministrazione finanziaria, evidentemente quale conseguenza dell’espletamento dell’attività di controllo successivo circa la regolarità della domanda e la ricorrenza dei presupposti richiesti dal comma 186 e seguenti per la validità della definizione, avrebbe potuto notificare entro il 30 settembre 2024, e prevede che tale diniego sopravvenuto possa essere impugnato entro sessanta giorni dalla sua notificazione dinanzi al medesimo organo giurisdizionale presso cui pende la controversia. Il diniego della definizione non incide, quindi, sul perfezionamento del procedimento, ormai maturato per come descritto, ma ne fa cessare la produzione degli effetti.

Il comma 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 ha invece delineato un apposito rimedio giurisdizionale per l’ipotesi che, a seguito dell’attività di controllo dell’amministrazione successiva al perfezionamento della definizione agevolata e degli eventuali inadempimenti nel pagamento degli importi dovuti dal contribuente, venga meno il presupposto conciliativo della lite.

Infatti, ai sensi del comma 201, l’effetto estintivo che il perfezionamento e l’iniziale efficacia della definizione agevolata determinano sulla controversia pendente, in ipotesi di sopravvenuto diniego proveniente dall’amministrazione, può essere travolto mediante un procedimento di revocazione del provvedimento di estinzione, che si deve svolgere congiuntamente all’eventuale impugnazione del diniego, restando entrambi i giudizi affidati al giudice che ha dichiarato l’estinzione e soggetti al medesimo termine per impugnare di sessanta giorni dalla notificazione del diniego stesso.

7.– Tanto premesso, le eccezioni di inammissibilità delle questioni poste dall’Avvocatura generale dello Stato sono solo in parte da accogliere.

7.1.– Sono effettivamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni inerenti all’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, non essendo le Corti rimettenti chiamate a fare immediata applicazione di tali disposizioni, le quali presuppongono che la domanda di definizione sia stata respinta e indicano come il diniego e il provvedimento di estinzione possano essere impugnati.

Al momento in cui sono stati promossi gli incidenti di legittimità costituzionale in esame, nei giudizi principali non era da applicare l’art. 1, commi 200 e 201, della legge n. 197 del 2022, non risultando, peraltro, neppure specificato dalle ordinanze di rimessione che vi fosse stata ammissione al pagamento rateale dell’importo da versare per la definizione agevolata.

Ciò rende meramente eventuali e ipotetiche, e dunque premature, le censure prospettate al riguardo dalle Corti rimettenti.

Per costante orientamento di questa Corte, la questione incidentale è, infatti, prematura, se l’applicazione della norma denunciata è solo eventuale e successiva (tra le tante, per l’omogeneità delle fattispecie, sentenza n. 141 del 2022; ordinanza n. 410 del 2007).

7.2.– Sono del pari inammissibili le questioni concernenti l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate in riferimento agli artt. 10, 11, 80, 81, 97 Cost., all’art. K.3 TUE e agli artt. 113 e seguenti TFUE.

Le Corti rimettenti, nel prospettare la possibile compromissione degli interessi finanziari dell’Unione europea, allorché il processo tributario verta su questioni inerenti a imposte armonizzate, omettono una completa ricostruzione del quadro normativo, giacché non considerano il disposto del comma 193 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, in forza del quale sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte: le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020; l’IVA riscossa all’importazione; le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Le ordinanze di rimessione (ad eccezione di quella iscritta al n. 59 reg. ord. 2024, che accenna a una cartella di pagamento relativa ad IVA) denotano pure una insufficiente descrizione delle fattispecie oggetto dei giudizi principali, in quanto non specificano se le questioni concernano tributi costituenti «risorse proprie» dell’Unione europea, così da comportare i vincoli per gli Stati membri nella gestione e riscossione dell’imposta, come pure l’inderogabilità della disciplina interna del tributo.

7.3.– Del pari, sono inammissibili, per erronea individuazione del parametro, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate in riferimento all’art. 111 Cost., in relazione al principio di parità delle parti nel processo ex art. 6 CEDU, al divieto dell’abuso di diritto ex art. 17 CEDU e al diritto a un ricorso effettivo ex art. 13 CEDU, per l’aggravio giurisdizionale posto a carico dell’amministrazione finanziaria.

Invero, la violazione di disposizioni della CEDU non può essere veicolata attraverso il richiamo, contenuto nelle ordinanze di rimessione, all’art. 111 Cost. Peraltro, anche a voler considerare l’evocazione delle fonti convenzionali quali ausilio interpretativo e parametro integratore delle disposizioni costituzionali, le questioni sarebbero del pari inammissibili per carenza di motivazione adeguata circa le specifiche ragioni di contrasto con i principi presidiati dai parametri sovranazionali interposti.

7.4.– E ancora, deve dichiararsi l’inammissibilità, per genericità della motivazione sulla non manifesta infondatezza, delle questioni prospettate con riferimento alla violazione del principio di equilibrio del bilancio di cui agli artt. 81, primo e terzo comma, e 97, primo comma, Cost., in considerazione dei riflessi negativi sulle previsioni annuali di competenza delle entrate erariali e della mancata predisposizione di un fondo di compensazione (pur a fronte, nelle intenzioni del legislatore, di un possibile incremento delle entrate).

Invero, le censure sono, da un lato, prive di alcun riferimento alle previsioni della legge di bilancio relative alle entrate derivanti dall’applicazione della disposizione censurata, e, dall’altro, non tengono conto della previsione di cui all’art. 1, comma 194, della stessa legge n. 197 del 2022, per effetto della quale, in caso di mancato pagamento delle rate successive alla prima, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997 e, per il richiamo in esso contenuto, all’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, con conseguente decadenza del contribuente inadempiente dalla rateizzazione del pagamento delle imposte dovute e nuova iscrizione a ruolo dei tributi non corrisposti.

7.5.– Manifestamente inammissibile è altresì la censura con la quale si denuncia la violazione dell’art. 23 Cost., per assoluta inconferenza del parametro.

Le Corti rimettenti, invero, ritengono sussistente una violazione dell’evocato parametro sul rilievo che la disposizione censurata sarebbe nella sostanza un’ennesima misura di condono fiscale che indebolirebbe irragionevolmente il sistema tributario. È evidente come rispetto a tale censura sia del tutto estraneo l’art. 23 Cost., il quale stabilisce che «[n]essuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».

7.6.– Deve, invece, essere disattesa l’eccezione di inammissibilità delle questioni inerenti all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, articolate sotto il profilo della erronea individuazione della disposizione da denunciare.

Tale rilievo di inammissibilità si fonda sul dato che, pur avendo le Corti rimettenti censurato unicamente l’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, le censure investono il contenuto precettivo di ulteriori disposizioni, e in particolare: del comma 194 dello stesso art. 1, e cioè della disposizione a tenore della quale, nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 settembre 2023; e del comma 197, il quale stabilisce che il contribuente, ove avesse richiesto la sospensione del processo, avrebbe dovuto poi depositare, presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pendeva la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della sola prima rata. Da tale considerazione discenderebbe che i rimettenti avrebbero dovuto individuare le norme da censurare nel combinato disposto dell’art. 1, commi 194, 197 e 198, della legge n. 197 del 2022, imponendosi, ai fini della verifica delle denunciate illegittimità, uno scrutinio unitario sul contenuto precettivo delle tre disposizioni.

Al contrario di quanto eccepito dalla difesa statale, deve ritenersi che le censure siano correttamente rivolte al solo art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, il quale, pur se correlato ai commi 194 e 197, rimane dotato di autonoma e distinta portata precettiva. Il thema decidendum, del resto, va identificato «tenendo conto della motivazione e dell’intero contesto dell’ordinanza di rimessione» (tra le tante, sentenze n. 142 e n. 12 del 2023; nello stesso senso, sentenza n. 35 del 2023).

7.7.– Le ulteriori eccezioni opposte dall’Avvocatura, genericamente afferenti alla carente descrizione delle fattispecie dei giudizi principali e alla incompleta ricostruzione del quadro normativo non appaiono ostative allo scrutinio nel merito delle questioni, che sarà di seguito compiuto, sia pure nei limiti in cui la prospettazione cumulativa della lesione dei parametri costituzionali evocati dai rimettenti consente di enucleare, con riferimento ad alcuni di essi, una sufficiente illustrazione delle ragioni per cui la normativa censurata integrerebbe la loro violazione (tra le tante, sentenze n. 220 del 2023, n. 257, n. 256, n. 182, n. 81 e n. 31 del 2022).

8.– Limitando quindi l’esame al profilo dei parametri di cui agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., con riferimento ai quali soltanto le ordinanze di rimessione rivelano una sufficiente illustrazione delle ragioni per cui il censurato comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 integrerebbe la loro violazione, le questioni non sono fondate.

9.– Va dapprima ribadito che la disciplina della definizione agevolata contenuta nei commi da 186 a 205 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 deve essere letta nell’ambito del più ampio contesto degli interventi di carattere strutturale attuativi degli impegni assunti nel PNRR e nel Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR e trova origine e giustificazione nella situazione critica dello stato del contenzioso tributario, risultante anche dalla relazione alla legge oggetto del presente giudizio.

L’evidente finalità principale di tale disciplina è, quindi, quella di conseguire rapidamente gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi tributari pendenti, in attuazione degli impegni assunti nel PNRR e nel Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR.

Considerata l’ampia discrezionalità legislativa nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute, l’estinzione immediata delle liti fiscali definite anche con il pagamento della sola prima rata dell’importo dovuto appare in armonia con i declinati obiettivi, evitando stasi nello svolgimento dei processi. In questo senso, particolarmente significativa è la chiara esclusione di un generale effetto sospensivo dei processi interessati dal procedimento di definizione agevolata, essendo la scelta rimessa, ma per un tempo determinato, al contribuente.

10.– Con la richiesta di definizione anticipata, il contribuente compie una libera scelta per poter fruire della chiusura della controversia tributaria da lui instaurata, con il pagamento di un importo proporzionato al valore della stessa, secondo una percentuale che tiene conto degli esiti dei precedenti gradi di giudizio. Il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, disponendo che il processo è dichiarato estinto in caso di deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, tiene conto della situazione in atto alla quale si lega la concessione del beneficio. La definizione opera, in sostanza, dal momento in cui il contribuente la chiede adempiendo regolarmente alle condizioni imposte dalla legge.

La non irragionevolezza del comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 e la confutazione del denunciato squilibrio della posizione delle parti in danno dell’amministrazione finanziaria (artt. 3, 24 e 111 Cost.) si traggono dall’interpretazione sistematica della disposizione censurata con i commi 194, 196, 200 e 201 dello stesso articolo, i quali disciplinano gli eventuali effetti sostanziali e processuali dell’evoluzione negativa del procedimento amministrativo di definizione agevolata.

L’estinzione stabilita dal comma 198 rappresenta una forma atipica di definizione dell’obbligazione fiscale mediante pagamento in misura predefinita, dalla quale deriva la chiusura della res litigiosa. Il contribuente accede alla procedura, manifestando all’amministrazione la propria volontà di aderire alla definizione attraverso un’apposita domanda e di estinguere il debito in unica soluzione o, nei casi stabiliti, in forma rateizzata. Il legislatore rimette al giudice di verificare l’effettivo perfezionamento della definizione agevolata e di pronunciare l’estinzione all’esito di tale verifica (si veda la sentenza di questa Corte n. 141 del 2022).

La domanda di definizione agevolata rileva come la manifestazione di volontà del contribuente di chiudere la vicenda processuale preferendo versare un importo determinato in base ai criteri stabiliti dalla legge. Il mancato pagamento delle somme dovute comporta, per contro, la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, e dunque il venir meno degli effetti della procedura di definizione agevolata, con correlata ripresa dell’attività ordinaria accertativa e sanzionatoria da parte dell’Agenzia delle entrate.

Giova ricordare che questa Corte, con riferimento alla disciplina dell’estinzione del processo tributario, prevista dall’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, ha riconosciuto la «spiccata specificità» di tale processo rispetto a quello civile e amministrativo, «correlata sia alla configurazione dell’organo decidente sia al rapporto sostanziale oggetto del giudizio. Rapporto che attiene alla fondamentale ed imprescindibile esigenza dello Stato di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso l’attività dell’Amministrazione finanziaria, la quale ha il potere-dovere di provvedere, con atti autoritativi, all’accertamento ed alla pronta riscossione dei tributi» (sentenza n. 53 del 1998).

A differenza del regime generale predisposto dall’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 ha, dunque, previsto che, a seguito del perfezionamento della definizione agevolata, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione.

Orbene, l’asimmetria o l’eterogeneità dei modelli dell’estinzione nel processo civile e in quello tributario hanno trovato costante conferma nella interpretazione dei diversi provvedimenti legislativi volti a favorire la definizione delle liti fiscali pendenti, nel senso che in questi casi la declaratoria di estinzione del giudizio accertativa della intervenuta “definizione” di una controversia tributaria importa la caducazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali resi nel processo relativo.

La procedura di definizione mira ad incentivare i pagamenti non ancora effettuati, mediante la concessione di benefici (di solito, la riduzione della misura dovuta), collegando, per ragioni connesse ad esigenze della finanza pubblica, il pieno effetto liberatorio dell’obbligazione all’adempimento anche solo parziale (tra le tante, sentenza n. 416 del 2000).

10.1.– I dubbi sui possibili pregiudizi che i rimettenti prefigurano a detrimento delle esigenze di tutela dei crediti erariali e delle pubbliche finanze nell’eventualità che il contribuente, dopo il pagamento della prima rata, resti inadempiente rispetto alle rate successive, possono agevolmente essere superati alla luce del disposto del comma 194 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, ove si prevede, nel caso in cui è ammesso il pagamento rateale, l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997, il quale, nel disciplinare le modalità di versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione, al comma 4 stabilisce che in ipotesi di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, che comportano l’iscrizione a ruolo del debito residuo, degli interessi e delle relative sanzioni.

10.2.– Quanto al timore che la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata della lite pendente, se intervenuta nel giudizio di appello, aggravi intollerabilmente la posizione dell’amministrazione finanziaria soccombente in primo grado, in forza dell’art. 338 cod. proc. civ., occorre dare adeguato rilievo al disposto del comma 196, seconda parte, dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, ove si prescrive che gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Il medesimo comma 196 precisa, peraltro, che dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio e che la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

10.3.– Circa l’asserita inoppugnabilità dell’ordinanza collegiale dichiarativa dell’estinzione e l’abuso che si assume perpetrabile in danno dell’amministrazione finanziaria parte del giudizio, deve rilevarsi che le censure dei giudici a quibus muovono da un’erronea ricostruzione della portata del comma 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, con riguardo all’interesse e alla correlata legittimazione della medesima amministrazione finanziaria a sperimentare il rimedio della revocazione dell’estinzione a seguito del diniego della definizione.

Il tenore letterale del citato comma 201 non esclude che l’amministrazione finanziaria possa azionare, senza attendere le iniziative del contribuente, lo strumento della revocazione nei casi di diniego di definizione.

Invero, fermo che la definizione agevolata si perfeziona sin dal momento della presentazione della domanda e del pagamento dell’intero importo dovuto o della prima rata, e che essa diviene efficace nella controversia tributaria pendente subordinatamente alla produzione in giudizio della domanda e dell’attestazione del pagamento, provocandone l’estinzione, il comma 200 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 contempla l’eventualità di un successivo diniego della definizione espresso dall’amministrazione finanziaria, il quale ne fa cessare l’efficacia. In tal caso, mentre il medesimo comma 200 attribuisce l’impugnazione del diniego di definizione alla cognizione del giudice presso cui pende la lite principale, il successivo comma 201 configura un procedimento di revocazione del provvedimento di estinzione, che si deve svolgere congiuntamente all’eventuale impugnazione del diniego.

La scelta di affidare contestualmente il giudizio di impugnazione del diniego di definizione e la revocazione del provvedimento dichiarativo dell’estinzione alla competenza funzionale del giudice che ha reso quest’ultimo, essendo peraltro le impugnazioni accomunate anche dalla decorrenza del termine di proponibilità (sessanta giorni dalla notificazione del diniego), conferma la stretta connessione tra la domanda di definizione e la lite fiscale già pendente, segnata dapprima dall’estinzione del processo per effetto della presentazione della domanda di definizione e del pagamento dell’importo, anche rateale, stabilito, e poi, ove necessario, dalla prosecuzione della controversia in conseguenza del provvedimento di diniego della definizione.

Si tratta di scelta che non appare né arbitraria, né manifestamente irragionevole, attesi gli effetti che sulla sorte del giudizio principale estinto è in grado di dispiegare la soluzione sia dell’impugnativa del diniego di definizione sia della revocazione dell’estinzione stessa. Tale scelta risulta altresì in linea con precedenti interventi legislativi di analoga portata e appare giustificata dalla stretta connessione ravvisabile tra domanda di definizione e controversia pendente (ordinanza n. 107 del 2007).

10.4.– Il comma 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 ha così previsto l’ipotesi che l’ufficio finanziario, a fronte di una ordinanza di estinzione della lite fiscale pendente per intervenuta cessazione della materia del contendere, intenda poi chiedere la revoca di tale provvedimento giudiziale, per aver rilevato successivamente l’insussistenza dei presupposti della definizione agevolata, con ripristino della sottostante controversia. La menzionata disposizione ha ritenuto di configurare per tale evenienza una ipotesi tipica di revocazione avverso un provvedimento che, del resto, indipendentemente dalla sua forma (decreto del presidente della sezione o ordinanza in camera di consiglio), ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie legale tipica di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito di definizione delle pendenze tributarie) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l’ordinamento processuale riconosce alla sentenza.

Il giudice della revocazione, che può essere investito contemporaneamente anche della simmetrica impugnazione del diniego di definizione (dal cui accoglimento discenderebbe l’eliminazione della ragione di fatto del contrapposto motivo revocatorio), valuta se sia venuto meno quel determinato fatto esterno al processo costituente elemento essenziale della fattispecie estintiva, e, nel caso che la definizione agevolata sia stata (legittimamente) rifiutata dall’amministrazione finanziaria, elide qualsiasi valore del provvedimento di estinzione, dando poi seguito al giudizio rescissorio sulla lite fiscale.

Quanto alla legittimazione a proporre le due azioni, è il contribuente che ha interesse a dolersi del diniego della definizione agevolata, trattandosi di un atto amministrativo idoneo ad esplicitare la volontà negativa dell’amministrazione rispetto all’istanza da lui avanzata, avendo invece l’amministrazione stessa la legittimazione passiva (sostanziale e processuale) in ordine al ricorso proposto dal contribuente.

Viceversa, la revocazione del provvedimento di estinzione motivata con il diniego della definizione è esperibile, appunto, dall’amministrazione finanziaria, la quale non voglia sentirsi più vincolata, dopo il sopravvenuto diniego della definizione agevolata, all’esecuzione di una conciliazione annullata, né privata della facoltà di ripristinare la sottostante controversia per far valere la propria originaria pretesa tributaria.

Resta ferma, peraltro, la possibilità che, in caso di mancato pagamento, da parte del contribuente, delle rate successive alla prima, l’amministrazione finanziaria iscriva a ruolo, come previsto dall’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, i residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dando così luogo ad un nuovo procedimento finalizzato alla riscossione di quanto dovuto.

11.– Deve, infine, escludersi la sussistenza della denunciata violazione del principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.).

Infatti, i commi da 187 a 190 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 fissano l’entità dell’importo da versare per conseguire la definizione agevolata in modo coerente con i presupposti economici cui le rispettive imposizioni sono collegate, e dunque rispettano il principio dell’eguaglianza tributaria.

La scelta della definizione agevolata è stata favorita dal legislatore perché da essa possono discendere sia un tempestivo introito finanziario, benché in misura ridotta rispetto a quella astrattamente ricavabile, sia la deflazione del contenzioso (così, ad esempio, ordinanze n. 109 del 2009 e n. 550 del 2000).

Le ordinanze di rimessione paventano unicamente l’effetto di riduzione delle entrate finanziarie derivante dalle definizioni agevolate, senza dare adeguato rilievo all’evidente interesse dello Stato alla deflazione del contenzioso tributario, nonostante quest’ultima possa generare risparmi di spesa.

D’altra parte, dal rilievo che l’art. 1, comma 194, della legge n. 197 del 2022 dispone che, in caso di mancato pagamento delle rate successive alla prima, operano i rimedi previsti dall’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973 e sia quindi possibile l’iscrizione a ruolo degli importi residui, discende pianamente la erroneità della prospettazione dei rimettenti, in base alla quale la previsione della estinzione del processo per effetto della definizione agevolata non solo in caso di pagamento dell’intero importo dovuto, ma anche dell’importo corrispondente alla sola prima rata, determinerebbe una violazione del principio di eguaglianza tra i contribuenti e del principio di capacità contributiva.

L’importo eventualmente non versato, infatti, ben potrà essere recuperato dall’amministrazione finanziaria. Pertanto, la dichiarazione di estinzione del processo per effetto della definizione agevolata di cui all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 non comporta l’estinzione del credito tributario conseguente al mancato integrale pagamento degli importi dovuti per la definizione stessa.

La disposizione censurata non si riduce, quindi, a un intervento contrario al valore costituzionale del dovere tributario e tale da recare pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione (sentenze n. 66 del 2022, n. 120 del 2021 e n. 288 del 2019).

12.– In definitiva, la declaratoria di estinzione del processo, che il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 correla al deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, risulta frutto di una scelta non irragionevole nell’ottica di favorire l’immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e di incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, e neppure comporta alcun effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa o lesione delle condizioni di parità delle parti nel processo.

13.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., devono quindi essere dichiarate non fondate.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 200 e 201, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 97, primo comma, e 111 della Costituzione e agli artt. 6, 13 e 17 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli artt. 10, 11, 80, 81 e 97 Cost., all’art. 113 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e all’art. K.3 del Trattato sull’Unione europea (TUE), dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, con le ordinanze indicate in epigrafe;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli artt. 81, primo e terzo comma, 97, primo comma, e 111 Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6, 13 e 17 CEDU, dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, con le ordinanze indicate in epigrafe;

4) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevata, in riferimento all’art. 23 Cost., dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, con le ordinanze indicate in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quattordicesima, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 ottobre 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2024

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA