Ordinanza 21/2025 (ECLI:IT:COST:2025:21)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore: ANTONINI - PITRUZZELLA
Udienza Pubblica del 28/01/2025;    Decisione  del 10/02/2025
Deposito del 20/02/2025;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 1, commi da 115° a 119°, della legge 29/12/2022, n. 197.
Massime: 
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Atti decisi: ordd. 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 208 e 239/2024


Pronuncia

ORDINANZA N. 21

ANNO 2025


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda ter, con sette ordinanze del 16 gennaio 2024, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Messina, sezione 14, con ordinanza del 9 ottobre 2024 e dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Trieste, sezione 1, con ordinanza del 13 novembre 2024, iscritte, rispettivamente, ai numeri da 65 a 71, 208 e 239 del registro ordinanze 2024 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 18, 19, 46 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visti gli atti di costituzione di Acea produzione spa, Andromeda Pv srl e altri, Esso italiana srl, Engie Italia spa e altri, Tamoil Italia spa, Engycalor energia calore srl, Energie spa, B&G servizi rete ed Extrarete srl e Som spa;

visti gli atti di intervento di Olimpia srl a socio unico e Verona service srl, nonché del Presidente del Consiglio dei ministri;

uditi nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2025 i Giudici relatori Luca Antonini e Giovanni Pitruzzella;

uditi gli avvocati Nico Moravia per Engycalor energia calore srl; Fabio Cintioli per Acea produzione spa; Aristide Police per Engie Italia spa e altri, Giulio Enea Vigevani per Tamoil Italia spa; Giorgio Fraccastoro per Andromeda Pv srl e altri; Germana Cassar per Energie spa; Antonio Lirosi per Esso italiana srl; Giuseppe Pizzonia per Acea produzione spa; Marco Miccinesi per Tamoil Italia spa; Livia Salvini e Davide De Girolamo per Esso italiana srl e altri; gli avvocati dello Stato Salvatore Faraci, Roberta Guizzi e Mattia Cherubini per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2025.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 16 gennaio 2024 (iscritta al n. 65 reg. ord. 2024), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda ter, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 53 e 117, primo comma, della Costituzione questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025).

1.1.– Il rimettente espone che Acea produzione spa, società esercente nel territorio dello Stato, per la successiva rivendita, l’attività di produzione di energia elettrica, ha impugnato tre atti amministrativi: la circolare dell’Agenzia delle entrate 23 febbraio 2023, n. 4/E, che ha fornito i primi chiarimenti conseguenti all’introduzione del contributo di solidarietà di cui all’art. 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022; la risoluzione dell’Agenzia delle entrate 14 marzo 2023, n. 15/E, che ha istituito il codice tributo relativo al versamento del contributo di solidarietà; nonché il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 28 febbraio 2023, n. 55523/2023, con il quale è stato approvato il modello di dichiarazione “Redditi 2023-SC”.

1.2.– Il rimettente, prima di illustrare i profili relativi alla rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni, evidenzia che il giudizio involge questioni sia di legittimità costituzionale che di compatibilità delle disposizioni interne con la normativa unionale, in astratto idonee a fondare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

1.3.– Il TAR Lazio, dopo avere respinto le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato, deduce, in punto di rilevanza, che, senza l’introduzione nell’ordinamento interno del contributo di solidarietà, la società ricorrente non sarebbe stata incisa dal relativo obbligo tributario e, soprattutto, l’Agenzia delle entrate non avrebbe emanato la circolare e gli altri atti gravati.

1.4.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene, in primo luogo, che la disposizione censurata violi l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con il regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia (di seguito, anche regolamento).

Quest’ultimo avrebbe specificamente individuato i soggetti nei cui confronti applicare le diverse misure del tetto sui ricavi di mercato, gravante sui produttori di energia rinnovabile (artt. 6 e 7), e del contributo di solidarietà temporaneo, gravante sulle imprese e le stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria (art. 14).

Il considerando n. 45 del regolamento spiegherebbe la ragione di tale differenziazione della platea soggettiva delle misure, rinvenibile nella diversità delle pratiche commerciali e del quadro normativo dei rispettivi settori.

Per contro, il legislatore italiano, ponendosi in aperto contrasto con il regolamento, avrebbe deciso di applicare il contributo di solidarietà a soggetti ulteriori.

1.5.– Secondo il TAR Lazio, poi, non potrebbe ritenersi che il legislatore nazionale abbia comunque adottato una misura nazionale equivalente, come consentito dall’art. 14, paragrafo 2, del regolamento.

Infatti, il considerando n. 63, nell’enunciare che «[u]na misura nazionale dovrebbe considerarsi soggetta a norme analoghe a quelle che si applicano al contributo di solidarietà qualora riguardi attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione», avrebbe chiarito che misure nazionali equivalenti sarebbero solo quelle «ricadenti sullo stesso specifico settore della estrazione e della raffineria, caratterizzato dalle proprie dinamiche di impresa che giustificano la misura».

1.6.– Il rimettente ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto anche con gli artt. 3 e 53 Cost., per violazione dei principi di uguaglianza, di proporzionalità, di ragionevolezza e di capacità contributiva.

1.7.– In primo luogo, secondo il TAR Lazio, il contributo straordinario includerebbe, nella base di calcolo, anche voci non correlate agli extraprofitti derivanti dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici.

1.8.– Sempre con riferimento alla individuazione della base imponibile, la disciplina del contributo straordinario sarebbe poi in contrasto con il principio di capacità contributiva, là dove non considera che una parte dell’incremento dei profitti realizzati nel 2022 rispetto alla media dei precedenti quattro anni non sarebbe dovuta a una maggiore capacità reddituale, ma alla riespansione dei consumi energetici, contrattisi negli anni 2020 e 2021, a causa della pandemia da COVID-19.

1.9.– Altro profilo di contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. risiederebbe nella duplicazione di imposta conseguente alla contestuale applicazione, per quattro mesi (da gennaio ad aprile del 2022), del contributo straordinario di cui all’art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, come modificato dall’art. 55 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91.

Ricorrerebbe una ulteriore duplicazione di imposta, ma limitatamene al mese di dicembre 2022, per i gestori degli impianti alimentati da fonti non rinnovabili, gravati dal tetto sui ricavi di cui all’art. 1, comma 30, della legge n. 197 del 2022.

1.10.– Gli artt. 3 e 53 Cost. sarebbero violati, sotto altro profilo, in ragione dell’assenza di correlazione tra la definizione della base imponibile e la finalità perseguita dal contributo di solidarietà, dal momento che quest’ultimo, imposto ai soggetti i cui ricavi derivino, almeno per il settantacinque per cento, dalle attività indicate dall’art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022, graverebbe anche sulla parte di profitti derivanti da attività che non hanno alcun collegamento con il presupposto del tributo.

1.11.– Infine, un ulteriore e distinto profilo di contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. sussisterebbe in relazione all’art. 1, comma 118, della legge n. 197 del 2022, secondo cui «[i]l contributo di solidarietà non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive», perché tale previsione si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, «secondo cui i costi sostenuti nell’esercizio dell’impresa – se inerenti – devono essere deducibili ai fini del reddito d’impresa».

2.– Con ulteriori sei ordinanze (iscritte ai numeri 66, 67, 68, 69, 70 e 71 reg. ord. 2024), il TAR Lazio ha sollevato identiche questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022.

2.1.– Dalle ordinanze si evince che a proporre ricorso nei giudizi a quibus erano state: a) quattordici società (Andromeda PV srl, Breva wind srl, Calabria solar srl, Conza wnergia srl, Erg wolica adriatica srl, Erg eolica Faeto srl, Erg eolica ginestra srl, Erg solar Piemonte 3 srl, Isab energy solare srl, Lucus power srl, San Mauro srl, Spv parco eolico aria del vento srl, Taca wind srl e Windcap srl), che fanno parte di un gruppo industriale attivo nella produzione di energia eolica e solare (ordinanza iscritta al n. 66 reg. ord. 2024); b) Esso italiana srl, attiva nel settore petrolifero (ordinanza iscritta al n. 67 reg. ord. 2024); c) Engie Italia spa, Engie global markets e Meltemi energia srl, attive nel settore della produzione di energia elettrica e gas, ovvero della rivendita o importazione di energia elettrica o gas (ordinanza iscritta al n. 68 reg. ord. 2024); d) Tamoil Italia spa, attiva nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti, nonché di combustibili per riscaldamento (ordinanza iscritta al n. 69 reg. ord. 2024); e) Engycalor energia calore srl, attiva nel settore della commercializzazione e distribuzione di prodotti petroliferi, oltre che gestore di un impianto per lo stoccaggio e transito di bitumi (ordinanza iscritta al n. 70 reg. ord. 2024); f) Energie spa, società che svolge la propria attività nel settore del mercato dell’energia elettrica, in quanto titolare di sei impianti idroelettrici e di un impianto fotovoltaico (ordinanza iscritta al n. 71 reg. ord. 2024).

2.2.– Le argomentazioni a sostegno delle questioni sollevate sono identiche a quelle svolte nell’ordinanza iscritta al n. 65 reg. ord. 2024, con le seguenti precisazioni.

Secondo il TAR Lazio (ordinanze iscritte al n. 66 e al n. 71 reg. ord. del 2024), nello specifico settore delle società che producono energia rinnovabile, il legislatore nazionale aveva già previsto una limitazione dei ricavi mediante un meccanismo di «compensazione “a due vie”», con l’art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022, n. 25.

Ciò renderebbe più evidente, rispetto a tali soggetti, la violazione del regolamento, poiché il «legislatore comunitario ha inteso […] introdurre due misure distinte, per finalità e presupposti, non sovrapponibili tra loro, individuando nel tetto ai ricavi, pari a 180 €/MWh, “la misura più appropriata per preservare il funzionamento del mercato interno dell’energia elettrica, in quanto consente di mantenere una concorrenza basata sui prezzi tra i produttori di energia elettrica che usano tecnologie diverse, in particolare per le energie rinnovabili” (considerando n. 27)».

Secondo il rimettente, poi, l’applicazione ai gestori degli impianti fotovoltaici incentivati e agli impianti rinnovabili in esercizio da prima del 2010 sia del contributo di solidarietà che del meccanismo di compensazione a due vie, di cui all’art. 15-bis del d.l. n. 4 del 2022, come convertito, comporterebbe un duplice prelievo tributario, in violazione degli artt. 3 e 53 Cost.

3.– In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità, sotto diversi profili, e la non fondatezza delle questioni.

4.‒ In tutti i giudizi si sono costituite le parti private dei giudizi principali, svolgendo considerazioni adesive alle prospettazioni del rimettente e di tenore sostanzialmente analogo.

4.1.‒ In sintesi e per quanto in questa sede maggiormente rileva, il regolamento avrebbe inteso assoggettare al contributo di solidarietà solo gli operatori che svolgono attività nel settore Oil & Gas e, in particolare, le attività upstream dell’estrazione e della raffinazione.

L’intento del legislatore unionale sarebbe stato quello di prevedere misure differenziate: il tetto sui ricavi per le imprese che operano nel settore della produzione di energia elettrica “inframarginale” e il contributo di solidarietà per quelle che operano nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione.

Tanto al fine di non creare effetti distorsivi della concorrenza nonché di preservare e incentivare gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, necessari per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione ed affidabilità del sistema individuati dalla politica energetica europea.

Il legislatore nazionale, disattendendo le previsioni del regolamento, avrebbe per contro introdotto il contributo di solidarietà anche a carico degli operatori del settore dell’energia elettrica (in aggiunta al tetto sui ricavi di cui all’art. 1, comma 30, della legge n. 197 del 2022), oltre che dei soggetti downstream della catena Oil & Gas.

4.2.‒ Non potrebbe ritenersi che la misura adottata sia «equivalente» a quella imposta dal regolamento, poiché, secondo il considerando n. 63, l’equivalenza va circoscritta alle attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione.

Peraltro, il legislatore nazionale avrebbe ampliato la base imponibile e innalzato l’aliquota applicabile, in tal modo introducendo un prelievo più afflittivo e gravoso di quello previsto dal regolamento.

4.3.‒ Engycalor energia calore srl (ordinanza iscritta al n. 70 reg. ord. 2024), nel suo atto di costituzione in giudizio, ha prospettato diverse censure di invalidità del regolamento, postulando la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 del TFUE.

5.– Anche la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Messina, sezione 14, con ordinanza del 9 ottobre 2024, iscritta al n. 208 reg. ord. 2024, nonché la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Trieste, sezione 1, con ordinanza del 13 novembre 2024, iscritta al n. 239 reg. ord. 2024, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost.

5.1.– In entrambi i giudizi a quibus, è stato impugnato il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate sull’istanza delle ricorrenti di rimborso dell’importo versato a titolo di contributo di solidarietà.

5.2.– I rimettenti dubitano della legittimità costituzionale delle disposizioni censurate per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., per ragioni identiche a quelle prospettate dal TAR Lazio.

Sussisterebbe, altresì, la violazione del principio di uguaglianza dei soggetti incisi, in quanto il contributo di solidarietà grava sull’intero settore energetico, comprendendo, oltre ai produttori (soggetti price makers), anche i distributori (soggetti price takers), sebbene l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici abbia favorito solo i primi.

6.– In entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità e la non fondatezza delle questioni, con argomentazioni identiche a quelle illustrate con riferimento alle ordinanze di rimessione del TAR Lazio.

7.– Nei rispettivi giudizi si sono costituite le parti ricorrenti nei giudizi principali B&G servizi rete ed Extrarete srl, operante nel settore dei prodotti petroliferi, e Som spa, operante nel mercato della distribuzione stradale di benzine e gasoli per autotrazione.

Le parti, precisato di non svolgere attività di estrazione di gas o petrolio, né tantomeno di raffinazione, hanno aderito alle prospettazioni dei giudici rimettenti, istando per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

8.– Nei giudizi sono state depositate opinioni scritte, a titolo di amicus curiae, che hanno sviluppato argomentazioni adesive alle censure dei rimettenti; nei giudizi aventi ad oggetto le ordinanze iscritte ai numeri 65, 66, 68 e 71 reg. ord. 2024, hanno altresì depositato atto di intervento ad adiuvandum Olimpia srl a socio unico e Verona Service srl.

9.– Le parti costituite e l’Avvocatura interveniente hanno depositato memorie scritte, con cui hanno ulteriormente illustrato le rispettive posizioni difensive.

10.– Ai sensi dell’art. 10, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, sono stati formulati specifici quesiti alle parti costituite, che hanno risposto oralmente all’udienza pubblica.


Considerato in diritto

1.– Le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe hanno ad oggetto le medesime disposizioni e pongono questioni in larga parte coincidenti, sicché va disposta la riunione dei giudizi per una loro trattazione congiunta.

2.− Questa Corte deve pronunciarsi, tra le altre, sulla questione, formulata dal TAR Lazio, se l’art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022, sia costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui sottopone a un contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2022 anche soggetti ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione dal regolamento (UE) 2022/1854, ossia le imprese e le stabili organizzazioni dell’Unione che «svolgono, in sostanza, la parte prevalente dell’attività nei settori della estrazione e della raffineria».

Il citato art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022 stabilisce che: «[a]l fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori, è istituito per l’anno 2023 un contributo di solidarietà temporaneo, determinato ai sensi del comma 116, a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica, dei soggetti che esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi. Il contributo è dovuto, altresì, dai soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea. Il contributo non è dovuto dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché dalle piccole imprese e dalle microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata dal codice ATECO 47.30.00. Il contributo è dovuto se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attività indicate nei periodi precedenti».

3.− Secondo il TAR rimettente, le disposizioni censurate, allargando la platea dei soggetti passivi individuati dagli artt. 2, numero 17, e 14 del citato regolamento, si porrebbero in contrasto con esso e, conseguentemente, con l’art. 117, primo comma, Cost., che, unitamente all’art. 11 Cost., vincola il legislatore nazionale al rispetto del diritto dell’Unione europea.

Più in particolare, secondo il rimettente, il regolamento – introdotto per fronteggiare la grave crisi del mercato energetico che tra il 2021 e il 2022 ha colpito l’intera Unione europea – sarebbe stato concepito quale risposta necessariamente unitaria, dal momento che «[m]isure nazionali “non coordinate potrebbero incidere sul funzionamento del mercato interno dell’energia, mettendo in pericolo la sicurezza dell’approvvigionamento e determinando ulteriori aumenti dei prezzi negli Stati membri più colpiti dalla crisi” (considerando n. 9)».

Partendo da tale premessa, il TAR Lazio ritiene che il contributo di solidarietà – anche alla luce dei considerando numeri 14, 45, 50 e 51, oltre che della stessa proposta della Commissione europea del 14 settembre 2022 COM(2022) 473 final di regolamento del Consiglio relativa a un intervento di emergenza per far fronte al rincaro dei prezzi dell’energia – non possa essere esteso a soggetti della catena energetica diversi da quelli individuati dai citati artt. 2, numero 17, e 14 del regolamento, perché tale misura, nella logica del regolamento medesimo, si attaglierebbe esclusivamente ai soggetti upstream della catena energetica, operanti nei settori Oil & Gas dell’estrazione e della raffinazione.

Solo costoro, infatti, a fronte di una invarianza di costi, avrebbero registrato i windfall profits, ossia extraprofitti congiunturali occasionati dalla crisi energetica.

Di tanto vi sarebbe traccia nel considerando n. 45, ove si afferma che «[l]e pratiche commerciali e il quadro normativo nel settore dell’energia elettrica sono nettamente diversi da quelli che vigono per i combustibili fossili. Dato che con l’introduzione del tetto sui ricavi di mercato s’intende riprodurre l’esito del mercato che i produttori potrebbero attendersi se le catene di approvvigionamento mondiali funzionassero normalmente, ossia senza le interruzioni dell’approvvigionamento di gas verificatesi da febbraio 2022, è necessario che la misura destinata ai produttori di energia elettrica si applichi ai ricavi ottenuti dalla generazione di energia elettrica. Il contributo di solidarietà temporaneo dovrebbe invece applicarsi alle imprese e alle stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, dal momento che tale contributo è diretto alla loro redditività, in netto aumento rispetto agli anni scorsi».

Sempre secondo il TAR Lazio, poi, la misura nazionale non potrebbe considerarsi equivalente, poiché, come si ricaverebbe dal considerando n. 63, «l’equivalenza è testualmente fissata tra misure ricadenti sullo stesso specifico settore della estrazione e della raffineria, caratterizzato dalle proprie dinamiche di impresa che giustificano la misura».

4.− Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, per contro, che il contributo di solidarietà introdotto dal legislatore sarebbe una misura nazionale equivalente.

Secondo la difesa statale, in particolare, il considerando n. 63, nel riferire l’equivalenza al solo settore upstream della catena energetica, porrebbe una «presunzione» relativa. Resterebbe possibile considerare equivalenti misure che si rivolgano anche a soggetti diversi, ove questi risultino avere goduto di extraprofitti congiunturali, al pari di quelli presi in considerazione dalla disciplina unionale.

A supportare tale conclusione militerebbe la stessa base legale del regolamento, ossia l’art. 122, paragrafo 1, TFUE, che avrebbe legittimato un intervento «eccezionale» ed «emergenziale», incidente su una materia, quale quella della politica fiscale e, in particolare, delle imposte e dei prelievi gravanti sui redditi (imposizione diretta), altrimenti rientrante nella competenza «esclusiva» degli Stati membri.

Per tutto quanto non espressamente rientrante nel campo di applicazione del regolamento, tale competenza, quindi, non sarebbe stata o non avrebbe in alcun modo potuto essere incisa.

5.− Le diverse parti costituitesi (e gli amici curiae) hanno aderito alle prospettazioni del rimettente, seguendone, nella sostanza, la medesima traiettoria interpretativa.

6.− Non preclude l’esame del merito della questione il rilievo, operato dall’Avvocatura generale dello Stato, che il regolamento sarebbe dotato di efficacia diretta.

Come di recente ribadito (sentenze n. 7 e n. 1 del 2025, n. 210 e n. 181 del 2024), il giudice, ove ravvisi l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione dotato di efficacia diretta, può non applicare la normativa interna, all’occorrenza previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia (art. 267 TFUE), ovvero sollevare una questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.

In generale, la competenza di questa Corte non può in alcun modo ostacolare o limitare il potere dei giudici comuni di proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia e di non applicare la legge statale incompatibile con il diritto dell’Unione (CGUE, grande sezione, sentenze 22 febbraio 2022, in causa C-430/21, RS, e 22 giugno 2010, in cause riunite C-188-10 e C-189/10, Melki e Abdeli).

Ove, però, il giudice comune decida di sollevare una questione di legittimità costituzionale, questa Corte non potrà esimersi dal rispondere, con gli strumenti che le sono propri e che comprendono una vasta gamma di tecniche decisorie, alle censure che investono la violazione di una norma europea (contenuta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nei trattati o anche di diritto derivato, come nel caso di specie), che presenti un nesso con interessi o princìpi di rilievo costituzionale, così da assicurare il “tono costituzionale” della questione sollevata.

In questo caso, come rilevato dalla stessa Corte di giustizia, giudice del rinvio non è il giudice chiamato a pronunciarsi direttamente sulle controversie principali, bensì il giudice costituzionale «a cui è stata rimessa una questione di puro diritto – indipendente dai fatti addotti dinanzi al giudice di merito – questione alla quale esso deve rispondere alla luce sia delle norme di diritto nazionale che delle norme del diritto dell’Unione al fine di fornire non solo al proprio giudice del rinvio, ma anche all’insieme dei giudici italiani, una pronuncia dotata di effetti erga omnes, vincolante tali giudici in ogni controversia pertinente di cui potranno essere investiti. In tale contesto, l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio presenta un rapporto con l’oggetto della controversia di cui è investito che riguarda esclusivamente la legittimità costituzionale di disposizioni nazionali rispetto al diritto costituzionale nazionale letto alla luce del diritto dell’Unione» (CGUE, grande sezione, sentenza 2 settembre 2021, in causa C‑350/20, OD. e altri).

La sussistenza del tono costituzionale, nel caso di specie, è innegabile, anche perché tutti i rimettenti sollevano, con riferimento ai parametri “interni” di cui agli artt. 3 e 53 Cost., questioni coinvolgenti i principi costituzionali di uguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza e capacità contributiva.

7.− Riservata alla pronuncia definitiva la decisione tanto sulle restanti eccezioni preliminari sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato, quanto sulle questioni formulate da tutti i rimettenti in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., è necessario, per dirimere la censura di violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., interrogare la Corte di giustizia su alcuni profili interpretativi del citato regolamento (UE) 2022/1854.

In ordine alle censure sulla validità del regolamento prospettate dalla parte privata Engycalor energia calore srl (reg. ord. n. 70 del 2024), è necessario ricordare come di esse la Corte di giustizia sia stata già stata investita da altre Corti nazionali (C-358/24, Varo energy Belgium e altri, e C-533/24, Vermillon energy Ireland Ltd e altri). Ulteriori questioni pregiudiziali, vertenti sia sulla validità che sull’interpretazione del regolamento, sono state poste (C-467/242, Albron Catering BV), e in alcune di esse il giudice nazionale si interroga, come nel caso di specie, sulla compatibilità delle norme nazionali di attuazione con il regolamento medesimo (C-462/24, Braila Winds srl).

Ferma restando la competenza esclusiva della Corte di giustizia a decidere della invalidità del regolamento (CGUE, sentenza 22 ottobre 1987, in causa C-314/85, Foto-Frost), questa Corte, nel rispetto della giurisprudenza unionale, ritiene di aderire alla presunzione di legittimità del regolamento (CGUE, sentenza 5 ottobre 2004, in causa C475/01, Commissione/Grecia, punto 18; nonché, grande sezione, sentenza 21 giugno 2022, in causa C-817/19, ASBL, punto 86) e si riserva di valutare gli effetti di una eventuale dichiarazione di invalidità (CGUE, grande sezione, sentenza 8 settembre 2010, in causa C-409/06, Winner Wetten GmbH, punti da 53 a 69).

8.− Al fine di svolgere le valutazioni richieste in relazione alla compatibilità delle disposizioni del diritto nazionale censurate con quelle del diritto dell’Unione, è opportuno ora soffermarsi sul regolamento (UE) 2022/1854, e, in particolare, sul contesto storico nel quale ha trovato la genesi (infra, punto 8.1.), sulle sue finalità (infra, punto 8.2.), sulle disposizioni più immediatamente rilevanti ai fini dell’odierna questione di legittimità costituzionale (infra, punto 8.3.) e sugli spazi di manovra lasciati agli Stati membri (infra, punto 8.4.).

8.1.− Come si evince con chiarezza della lettura dei suoi stessi considerando, con tale regolamento, l’Unione europea ha inteso affrontare l’eccezionale crisi del settore energetico registratasi alla fine del 2021 e durante il 2022, quando il prezzo dell’energia elettrica, in tutta l’Unione, ha registrato una drastica impennata, superando ampiamente i livelli più alti mai raggiunti.

Tale crisi, come emerge dai medesimi considerando, è stata innescata non solo dall’aumento dei consumi derivante dalla fine della pandemia e dalle temperature eccezionalmente elevate registrate durante l’estate 2022, che hanno determinato una crescita della domanda di energia elettrica per il raffrescamento, ma anche e soprattutto dalla riduzione della fornitura del gas da parte della Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, e ciò in una situazione, ben nota, di dipendenza dell’Unione dall’approvvigionamento dalle fonti russe.

Il drastico aumento del prezzo del gas ha inciso su tutti i prodotti del settore energetico, compresi i combustibili fossili, e, soprattutto sul prezzo finale dell’energia elettrica prodotta anche dalle centrali a gas, spesso necessarie per soddisfare la domanda, per come ampiamente illustrato nella Relazione del 5 giugno 2023 COM(2023) 302 final della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul riesame degli interventi di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia in conformità del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio.

Per fronteggiare la situazione emergenziale, che interessava l’intero mercato energetico europeo, incidendo drasticamente sulle famiglie e sulle imprese, alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, avevano adottato diverse misure anticrisi. Tra queste, in particolare, il contributo di solidarietà contro il cosiddetto caro bollette, introdotto con l’art. 37 del d.l. n. 21 del 2022, come convertito, oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza di questa Corte n. 111 del 2024.

Al contempo, per affrontare l’emergenza, l’Unione europea interveniva prima con la Comunicazione della Commissione dell’8 marzo 2022 REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili; indi con la menzionata proposta di regolamento del Consiglio del 14 settembre 2022 COM(2022) 473 final, formulata dalla Commissione europea; infine, con il più volte citato regolamento (UE) 2022/1854, adottato sulla base giuridica dell’art. 122, paragrafo 1, TFUE.

Quest’ultima disposizione, appartenente al Capo 1 (Politica economica) del Titolo VIII (Politica economica e monetaria) della Parte terza del Trattato, consente al Consiglio di adottare, in casi eccezionali, a maggioranza assoluta e senza la consultazione del Parlamento, qualsiasi misura normativa e amministrativa adeguata alla situazione emergenziale, «in uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri», «in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia».

8.2.− Il regolamento nei suoi considerando spiega, in più punti e approfonditamente, le finalità che esso persegue e che si possono così riassumere:

– mitigare gli effetti dell’aumento insostenibile dei prezzi dell’energia sui consumatori e sulle imprese (considerando numeri 6, 8, 9, 11, 12, 14, 25, 46, 47, 56, 57, 58, 59 e 64);

– sostenere le finanze pubbliche degli Stati membri, sì da consentire agli stessi, e in particolare a quelli con minor margine di manovra di bilancio, di avere fondi sufficienti a garantire tale mitigazione degli effetti in favore delle famiglie e delle imprese, colpendo i soggetti che hanno ritratto sovraprofitti inaspettati dal descritto contesto di crisi energetica (considerando numeri 6, 11, 12, 14, 46, 50 e 51);

– delineare un quadro di interventi omogenei e coordinati su tutto il territorio dell’Unione, al fine di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas e prodotti energetici, e di evitare, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, una disparità di trattamento tra i cittadini e le imprese europee, nonché la frammentazione del mercato interno dell’energia, strutturalmente interconnesso (considerando numeri 6, 7, 9, 10, 11, 12, 14, 25, 46, 57 e 72);

– evitare che il forte rincaro dei prezzi dell’energia alimenti l’inflazione generale nell’eurozona e determini un rallentamento della crescita economica dell’Unione (considerando numeri 5, 8, 12 e 25), incidendo, in sostanza, sulla sua stabilità finanziaria e macroeconomica.

8.3.− Gli strumenti più importanti previsti dal regolamento, per raggiungere i predetti fini, sono – oltre all’adozione di misure volte alla riduzione della domanda di gas (articoli da 3 a 5) – il cosiddetto tetto sui ricavi di mercato (articoli da 6 a 11) e il contributo di solidarietà temporaneo (articoli da 14 a 18).

Secondo il regolamento, il tetto sui ricavi, fissato in 180 euro per MWh di energia prodotta, grava sui cosiddetti operatori energetici inframarginali (considerando numeri 11, 23 e 24), ossia sui produttori di energia elettrica generata da fonti con costi marginali inferiori (individuate dall’art. 7, paragrafo 1, nelle seguenti: energia eolica; energia solare, termica e fotovoltaica; energia geotermica; energia idroelettrica senza serbatoio; combustibili solidi o gassosi da biomassa, escluso il biometano; rifiuti; energia nucleare; lignite; prodotti del petrolio greggio; torba).

Il contributo di solidarietà, qualificato come misura temporanea «intesa ad attenuare l’impatto sugli Stati membri, sui consumatori e sulle imprese dell’andamento eccezionale dei prezzi nei mercati dell’energia» (art. 2, numero 19), grava, invece, sulle «imprese e stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione» (art. 14, paragrafo 1; e, negli stessi termini, art. 2, numero 19), ossia, ai sensi dell’art. 2, numero 17, sulle «imprese o stabili organizzazioni dell’Unione che generano almeno il 75% del loro fatturato da attività economiche nel settore dell’estrazione, della raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria».

Il regolamento, più in particolare, ha imposto (art. 14) agli Stati membri l’adozione del contributo di solidarietà, «nell’esercizio fiscale 2022 e/o nell’esercizio fiscale 2023», calcolato sugli utili imponibili che eccedono un aumento del venti per cento degli utili imponibili medi, determinati secondo la normativa tributaria nazionale, nei quattro esercizi fiscali precedenti alla sua introduzione (art. 15); prevedendo, altresì, un «tasso» pari ad almeno il trentatré per cento della base imponibile e stabilendo che il contributo si applica in aggiunta alle imposte e ai prelievi ordinari applicabili conformemente al diritto nazionale dello Stato membro (art. 16).

Il medesimo regolamento ha poi lasciato gli Stati membri liberi di adottare, in alternativa al contributo, misure nazionali equivalenti, ossia misure «che contribuiscano all’accessibilità economica dell’energia» (art. 2, numero 21), che «condividano obiettivi simili a quelli del contributo di solidarietà temporaneo […], siano soggette a norme analoghe e generino proventi comparabili o superiori ai proventi stimati del contributo di solidarietà» (art. 14, paragrafo 2).

In ordine alla nozione di misura equivalente, il considerando n. 63 afferma che «[l]’obiettivo della misura nazionale dovrebbe essere considerato simile all’obiettivo generale del contributo di solidarietà istituito dal presente regolamento quando consiste nel contribuire all’accessibilità economica dell’energia. Una misura nazionale dovrebbe considerarsi soggetta a norme analoghe a quelle che si applicano al contributo di solidarietà qualora riguardi attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, definisca una base, preveda un tasso e garantisca che i proventi della misura nazionale siano usati per finalità che sono simili a quelle del contributo di solidarietà».

L’art. 17, infine, indica molteplici modalità di utilizzo dei proventi del contributo di solidarietà temporaneo.

8.4.− È bene osservare, sin d’ora, che il regolamento, pur immediatamente precettivo e vincolante, riserva agli Stati membri ampi margini di autonomia nella sua attuazione.

Essi, infatti, quanto al contributo di solidarietà: a) possono scegliere l’annualità tassabile, che può essere tanto il 2022, quanto il 2023, ovvero entrambi; b) sono liberi di determinare il tasso applicabile, purché in misura non inferiore al trentatré per cento; c) scelgono la modalità di determinazione degli utili imponibili in base alla «normativa tributaria nazionale»; d) hanno facoltà di introdurre misure nazionali equivalenti, la cui base imponibile e il cui tasso non sono predeterminati; e) possono utilizzare i proventi del contributo e delle misure equivalenti, rispettivamente, per una qualsiasi delle finalità indicate dall’art. 17 o per finalità simili.

Quanto al tetto sui ricavi, in vigore dal 1° dicembre 2022 al 30 giugno 2023 (art. 22, paragrafo 2, lettera c), gli Stati membri possono: a) escludere alcune categorie di soggetti dall’ambito della sua applicazione (art. 7, paragrafi 3 e 4); b) applicarlo solo al novanta per cento dei ricavi di mercato che superano la soglia prevista dal regolamento (art. 7, paragrafo 4); c) mantenere o introdurre misure nazionali di crisi ulteriori, anche estendendo la platea soggettiva di riferimento (art. 8, paragrafo 1, lettere a, c ed e); d) fissare un tetto più elevato (art. 8, paragrafo 1, lettera b) o un tetto specifico per i produttori di energia elettrica prodotta da carbon fossile (art. 8, paragrafo 1, lettera d); individuare le specifiche misure a sostegno dei clienti finali di energia elettrica da adottare con i proventi del tetto (art. 10).

9.− Il legislatore nazionale, con l’art. 1, comma 30, della legge n. 197 del 2022, ha introdotto il tetto sui ricavi, in dichiarata attuazione del regolamento e uniformandosi alle sue prescrizioni, anche in punto di delimitazione della platea soggettiva e di durata temporale.

Quanto al contributo di solidarietà, l’art. 1, commi da 115 a 119, della medesima legge, ha introdotto, per il solo anno 2023, una misura fiscale equivalente, per come espressamente affermato nella relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2023-2025 A.C. 643 XIX legislatura (pagina 122).

Per determinare gli extraprofitti da assoggettare a tassazione, la base imponibile è stata individuata (art. 1, comma 116) negli utili imponibili dell’esercizio fiscale 2022 che eccedono del dieci per cento quelli imponibili medi dei quattro esercizi fiscali precedenti (si è quindi abbandonato il diverso criterio utilizzato per il precedente contributo straordinario per l’anno 2022 di cui all’art. 37 del d.l. n. 21 del 2022, come convertito). Il legislatore ha inoltre previsto che il contributo è dovuto se almeno il settantacinque percento dei ricavi derivi dalle attività da esso prese in considerazione (art. 1, comma 115).

L’aliquota applicata è pari al cinquanta per cento dell’ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle società relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. In ogni caso, l’ammontare del contributo straordinario non può essere superiore a una quota pari al venticinque per cento del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (art. 1, comma 116).

Quanto all’utilizzo dei proventi raccolti con la misura nazionale equivalente, la legge n. 197 del 2022 non prevede una destinazione specifica, il che nello Stato italiano (al pari di altri Stati membri) è imposto dal principio di universalità del bilancio, come constatato, del resto, dalla stessa Commissione nella sua relazione al Consiglio del 30 novembre 2023 COM (2023) 768 final sul capo III del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia.

L’Avvocatura generale dello Stato, nel rispondere in udienza ad appositi quesiti formulati da questa Corte, ha riferito che i proventi raccolti dallo Stato italiano con la misura in questione ammontano ad una cifra che oscilla tra 3.745.000,00 circa e 3.870.000,00 euro circa, mentre, ove la platea soggettiva fosse coincisa con quella individuata dal regolamento, nelle finanze pubbliche sarebbe confluita una somma stimata tra 1.701.000,00 circa e 1.912.000,00 euro circa.

L’Avvocatura generale dello Stato ha altresì affermato che gli interventi volti a mitigare gli effetti della crisi energetica sulle famiglie e sulle imprese hanno avuto un impatto sul bilancio dello Stato, per l’anno 2022, pari a circa quarantasette miliardi di euro e, per l’anno 2023, a circa ventisei miliardi di euro.

Tali dati, per quanto allo stato non verificati dalla Corte nel contraddittorio tra le parti, risultano confermati, quanto al 2022, dal dossier del servizio studi del Senato della Repubblica del marzo 2023 sugli «[e]ffetti finanziari per l’esercizio 2022 delle misure adottate contro il “caro energia”», ove si legge che l’impatto sul bilancio statale delle diverse iniziative legislative volte a mitigare gli effetti della crisi energetica su famiglie e imprese è pari a circa sessanta miliardi di euro, di cui 46,43 miliardi per misure direttamente rivolte a contenere la spesa per elettricità, gas e carburante (e 14,04 miliardi destinati a ulteriori misure volte a tutelare il potere di acquisto dei lavoratori e delle famiglie e a sostenere le imprese).

9.1.− Per quanto più specificamente rileva ai fini della questione di legittimità costituzionale in relazione alla quale si pongono i dubbi interpretativi da sottoporre alla Corte di giustizia, l’art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022 ha imposto la misura equivalente non solo ai soggetti che esercitano attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, ossia i cosiddetti «“operatori upstream” della filiera di fabbricazione e distribuzione dei prodotti derivati dagli idrocarburi», ma anche ai cosiddetti «“operatori downstream”», ossia i soggetti «che si collocano nella fase terminale della medesima filiera, operando nella commercializzazione e distribuzione dei prodotti finiti e dell’energia elettrica con essi generata» (così, il Presidente del Consiglio dei ministri nel suo atto di intervento).

Oggetto di contestazione, in particolare, è l’inclusione nella platea dei soggetti gravati dal contributo di solidarietà di cui all’art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022:

– da un lato, dei produttori (anche inframarginali) e rivenditori di energia elettrica, oltre che degli importatori e di coloro che introducono nel territorio dello Stato la medesima energia proveniente da altri Stati dell’Unione europea;

– dall’altro, dei distributori, rivenditori di prodotti petroliferi, rivenditori di gas metano e gas naturale, oltre che degli importatori e di coloro che introducono nel territorio dello Stato i medesimi beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea.

Con specifico riferimento ai produttori di energia elettrica già sottoposti al tetto sui ricavi, è bene, infine, notare che la contemporanea sottoposizione anche al contributo di solidarietà ha riguardato esclusivamente il mese di dicembre 2022.

Va altresì osservato che, in caso di superamento del tetto sui ricavi, gli importi restituiti al Gestore dei servizi energetici (GSE) e poi riversati nel bilancio dello Stato costituiscono componenti negativi del reddito di impresa e, in quanto tali, comunque non rilevano ai fini della determinazione della base imponibile del contributo di solidarietà, il che esclude una duplicazione d’imposta.

10.− Si tratta, quindi, di comprendere se le menzionate disposizioni del regolamento ostino, come affermano il rimettente e le parti, all’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della misura equivalente operata dall’art. 1, comma 115, della legge n. 197 del 2022.

10.1.− È vero che testualmente il regolamento prevede l’imposizione del contributo di solidarietà esclusivamente nei confronti delle imprese e delle stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione (artt. 1, 2, numero 17, e 14); mentre per gli operatori energetici inframarginali (e non per gli altri) prevede il tetto sui ricavi (artt. 1, 2, numeri 5 e 9, 6, 7 e 8).

È altresì vero che i considerando sembrano avvalorare la separazione “soggettiva” delle misure (numeri 11, 13, 14 e 15; numeri da 23 a 49; numeri da 50 a 59; numeri 64 e 65), motivandola con la diversità delle pratiche commerciali e del quadro di riferimento dei settori presi in considerazione dalle menzionate misure (n. 45).

Il considerando n. 63, dal canto suo, afferma che l’equivalenza (in punto di «norme analoghe») delle possibili misure nazionali «dovrebbe» ricorrere solo in relazione alle «attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione».

Più volte, nei considerando, si fa riferimento alla necessità di uno sforzo unitario, e coordinato dell’Unione, al fine di tutelare l’integrità e il funzionamento dell’interconnesso mercato interno dell’energia (numeri da 6 a 9, 10, 11, 14 e 15), di evitare gravi distorsioni (n. 11) e di mantenere condizioni di parità (n. 14).

Alla stregua di tali rilievi, dunque, si potrebbe ritenere che l’uniformità richiesta sia essenziale al fine di non frammentare il mercato interno e che il regolamento, pertanto, non lasci spazi di manovra agli Stati membri nell’estensione della platea soggettiva delle misure equivalenti al contributo di solidarietà, o quanto meno non consenta la sua estensione ai soggetti da esso presi in considerazione ai fini dell’imposizione del tetto sui ricavi: di qui la possibile incompatibilità, in tutto o in parte, con il regolamento della estensione della platea soggettiva operata dal legislatore italiano.

10.2.− Vi sono, tuttavia, diversi e significativi indici che potrebbero deporre, al contrario, per la riferibilità delle disposizioni nazionali censurate a quelle del diritto dell’Unione.

Va preliminarmente ricordato che il regolamento trova la sua base giuridica nell’art. 122, paragrafo 1, TFUE che, come noto, non consente al legislatore dell’Unione di adottare misure di armonizzazione.

Quest’ultimo non è dunque intervenuto al fine di armonizzare le legislazioni nazionali incidenti sul corretto funzionamento del mercato interno (art. 115 TFUE), né di adottare misure fiscali nell’esercizio della competenza dell’Unione in materia di energia (art. 194, paragrafo 3, TFUE), intervento che, in entrambi i casi, avrebbe richiesto l’unanimità e la previa consultazione del Parlamento.

Il legislatore dell’Unione è intervenuto, invece, con l’esclusivo fine di affrontare, in uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri, una situazione economica emergenziale coinvolgente l’intera eurozona. Con ciò lasciando intatta la generale competenza degli stessi Stati membri in materia di imposizione diretta, competenza che, tuttavia, deve essere esercitata in modo conforme al diritto dell’Unione e, in particolare, in maniera da non ostacolare il raggiungimento del mercato unico (CGUE, grande camera, sentenza 12 settembre 2006, in causa C196/04, Cadbury Schweppes plc e altri).

Coerentemente, il regolamento, pur essendo giustificato dalla necessità di adottare una risposta urgente e coordinata dell’Unione, non sembra pregiudicare la potestà degli Stati membri di adottare misure anche di natura fiscale, come illustrato al punto 8.4., prevedendo, sia pure nella sezione seconda dedicata al tetto sui ricavi (art. 8 e considerando numeri 40 e 41), la possibilità di mantenere o introdurre «misure nazionali di crisi» ulteriori nei confronti dei soggetti produttori inframarginali, nonché nei confronti di soggetti della catena energetica diversi da quelli individuati dal regolamento medesimo.

Il regolamento in esame rappresenta, dunque, un esempio di attuazione concreta dei valori solidaristici su cui si fonda l’Unione europea (artt. 2 e 3 TUE). Esso ha, infatti, come finalità ultima, quella di tutelare le imprese e le famiglie esposte alla crisi energetica.

In particolare, a differenza di altre disposizioni legislative che regolano il mercato energetico e sono rivolte unicamente alle istituzioni UE e agli Stati membri, il regolamento estende il suo campo di applicazione a imprese private, cittadini e consumatori, con l’obiettivo di alimentare, in una logica redistributiva, le finanze pubbliche degli Stati membri – in particolare di quelli con minore margine di manovra di bilancio – con i sovraprofitti delle imprese della catena energetica (considerando numeri 6, 11, 12, 14, 46, 50 e 51).

Partendo da queste premesse, ad avviso di questa Corte, in primo luogo, l’esigenza di garantire un eccezionale coordinamento impositivo sulla catena energetica per evitare (ulteriori) distorsioni al mercato interno, per quanto rilevante, dovrebbe essere contemperata con il principio di solidarietà e con gli altri interessi generali dell’Unione europea resi centrali dallo stesso regolamento, quali la tutela dei consumatori, delle imprese e delle famiglie, la stabilità economica delle finanze pubbliche degli Stati membri e dell’intera eurozona.

Del resto, la Corte di giustizia ha sempre riconosciuto agli Stati membri il potere di adottare misure che possano ulteriormente agevolare il raggiungimento degli scopi stabiliti dal legislatore europeo (CGUE, sentenza 11 luglio 2000, in causa C-473/98, Kemikalieinspektionen, punto 30; grande sezione, sentenza 19 novembre 2019, in causa C-609/17, TSN punti 34 e seguenti), a condizione che vengano applicate in maniera non discriminatoria e rispettino il principio di proporzionalità.

In secondo luogo, ad avviso di questa Corte, non possono non tenersi in considerazione le peculiarità del contesto energetico nazionale.

Da un lato, infatti, l’Italia è tra gli Stati membri più dipendenti dal gas naturale nel mix energetico nazionale (in misura pari al 48,6 per cento nell’anno 2022) e, per conseguenza, in quello stesso anno, l’aumento del prezzo del gas medesimo (che costituiva il 37,6 per cento della disponibilità energetica lorda) e dell’energia elettrica per i consumatori finali è stato tra i più alti registrati in Europa, nonostante gli interventi nazionali a sostegno delle imprese e delle famiglie.

Come riportato dalla relazione del luglio del 2023 del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica sulla situazione energetica nazionale nel 2022, «[r]iguardo ai prezzi pagati dalle imprese, il prezzo dell’energia elettrica rispetto al prezzo medio europeo è passato da 114,2 punti percentuali del 2020 a 118,8 punti nel 2021, per raggiungere infine i 145,8 punti percentuali nel 2022, mentre per il gas naturale il divario è passato da 86 punti percentuali del 2021 a 115 punti del 2022. Le famiglie italiane pagano, rispetto ai prezzi medi dell’Unione europea a 27 Paesi, un significativo sovrapprezzo (125,9 punti percentuali) per l’energia elettrica. Per il gas naturale il differenziale con il prezzo medio europeo si è mantenuto su valori elevati (115 punti percentuali) ma in leggera flessione nell’ultimo quadriennio (nel 2018 erano 125). Nel 2022 si sono registrati forti aumenti dei prezzi in particolare per le imprese: per l’energia elettrica un aumento del 72,8% rispetto al 2021, per il gas naturale del 163,6%». Rincari elevati si sono registrati anche per il prezzo dei carburanti.

Dall’altro, non vi sono sul territorio italiano attività estrattive di petrolio e nel settore del carbone particolarmente importanti (nell’anno 2022, secondo il GSE, tali attività coprivano, rispettivamente, solo l’1,16 per cento e l’8,34 per cento del mix energetico nazionale), da cui attingere sufficienti risorse per finanziare le misure a tutela delle imprese e delle famiglie ritenute necessarie dalla stessa Unione per far fronte alla situazione eccezionale di crisi (per come riferito dall’Avvocatura generale dello Stato, gli introiti che sarebbero derivati utilizzando la medesima platea soggettiva del regolamento sarebbero stati pari a circa la metà di quelli raccolti con la misura adottata dal legislatore).

Ne consegue che la scelta di imporre la misura equivalente ad ulteriori soggetti che pure hanno goduto di extraprofitti congiunturali durante la crisi energetica è legata alle peculiarità del contesto energetico nazionale e risponde alla menzionata finalità ultima del regolamento di finanziare misure nazionali volte a contribuire all’accessibilità economica dell’energia.

Alla luce di tali elementi, l’allargamento della platea soggettiva operato dal legislatore nazionale al fine di colpire gli extraprofitti congiunturali potrebbe essere ritenuto, nel contesto economico ed energetico nazionale, una misura equivalente o, comunque, manifestazione della generale competenza degli Stati membri in materia di fiscalità diretta esercitata nel rispetto del principio di solidarietà e delle finalità del regolamento.

11. – Da tutte le considerazioni che precedono emerge la necessità di richiedere alla Corte di giustizia l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che incidono sulla soluzione delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.

Il giudizio va pertanto sospeso e alla Corte di giustizia va sottoposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il seguente quesito:

– se gli artt. 1, 2 e 14 del regolamento (UE) 2022/1854, letti anche alla luce dei pertinenti considerando (in particolare, numeri da 6 a 12, 14, 15, 40, 41, 45, 46, 50, 51 e 63), ostino all’adozione di una misura nazionale equivalente al contributo di solidarietà quale quella prevista dall’art. 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui la misura medesima viene imposta anche ai produttori e rivenditori di energia elettrica, nonché ai distributori, rivenditori di prodotti petroliferi, ai rivenditori di gas metano e gas naturale, e a coloro che importano energia elettrica, gas naturale, gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea, ove costoro abbiano percepito extraprofitti congiunturali nell’anno 2022.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dispone di sottoporre, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alla Corte di giustizia dell’Unione europea, la seguente questione pregiudiziale:

– se gli artt. 1, 2 e 14 del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia, letti anche alla luce dei pertinenti considerando (in particolare, numeri da 6 a 12, 14, 15, 40, 41, 45, 46, 50, 51 e 63), ostino all’adozione di una misura nazionale equivalente al contributo di solidarietà quale quella prevista dall’art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nella parte in cui la misura medesima viene imposta anche ai produttori e rivenditori di energia elettrica, nonché ai distributori, rivenditori di prodotti petroliferi, ai rivenditori di gas metano e gas naturale, e a coloro che importano energia elettrica, gas naturale, gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea, ove costoro abbiano percepito extraprofitti congiunturali nell’anno 2022;

2) sospende il presente giudizio sino alla definizione della suddetta questione pregiudiziale;

3) ordina la trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Luca ANTONINI

Giovanni PITRUZZELLA, Redattori

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA