Sentenza 46/2025 (ECLI:IT:COST:2025:46)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore: ANTONINI
Camera di Consiglio del 10/03/2025;    Decisione  del 10/03/2025
Deposito del 17/04/2025;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 17, c. 1°, del decreto legislativo 13/04/1999, n. 112, come sostituito dall'art. 32, c. 1°, lett. a), del decreto-legge 29/11/2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28/01/2009, n. 2.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ord. 78/2024


Pronuncia

SENTENZA N. 46

ANNO 2025


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, promosso dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, sezione 3, nel procedimento vertente tra Edil Maber srl e l’Agenzia delle entrate - Riscossione, con ordinanza del 6 marzo 2024, iscritta al n. 78 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 marzo 2025 il Giudice relatore Luca Antonini;

deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2025.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 6 marzo 2024, iscritta al n. 78 reg. ord. 2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, sezione 3 (di seguito: CGT Liguria), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2.

La disposizione censurata, nella versione applicabile, ad avviso del rimettente, al caso di specie, disponeva (in combinato disposto con l’art. 5, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha ridotto di un punto la percentuale dell’aggio), la remunerazione dell’attività degli agenti della riscossione con un aggio pari all’otto per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, «a carico del debitore: a) in misura del 4,65 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella. In tal caso, la restante parte dell’aggio è a carico dell’ente creditore; b) integralmente, in caso contrario».

1.1.– Il rimettente espone che dette questioni sono sorte a seguito di un ricorso proposto dalla società Edil Maber srl avverso l’iscrizione ipotecaria eseguita dall’Agenzia delle entrate - Riscossione su alcuni immobili di proprietà della società. Quest’ultima ha prospettato diverse ragioni di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, fra cui la mancata notifica degli atti prodromici e l’illegittima applicazione degli oneri di riscossione. Il giudizio di primo grado si è concluso con il rigetto del ricorso, essendo stata accertata la regolare notifica degli atti prodromici e ritenuti non fondati i restanti motivi. La società ha quindi proposto appello.

La CGT Liguria illustra brevemente i vari motivi di appello, accennando di avere riscontrato un mero «fumus di infondatezza» salvo per quello, sul quale si sofferma funditus, relativo all’illegittimità dell’atto impugnato «nella parte in cui si richiedono somme a titolo di “oneri di riscossione”».

2.– In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia che la società ha contestato «il quantum richiesto a titolo di “aggio esattoriale”, costituente parte dell’intero importo presupposto all’iscrizione ipotecaria», per cui dall’eventuale accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale conseguirebbe «l’accoglimento dell’appello sullo specifico punto».

3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, la CGT Liguria evidenzia che, sebbene con la sentenza n. 120 del 2021 questa Corte ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sarebbe tuttavia pervenuta a tale conclusione dopo avere riscontrato che il meccanismo di remunerazione del compenso per l’attività esattoriale «degenera nel paradosso di addossare su una limitata platea di contribuenti, individuati in ragione della loro solvenza (tardiva rispetto alla fase dell’accertamento dei tributi), il peso di una solidarietà né proporzionata, né ragionevole, perché originata, in realtà, dall’ingente costo della “sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti” (Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, deliberazione 8 aprile 2021, n. 4, pagina 9) nei confronti dei contribuenti insolventi».

Il rimettente richiama, altresì, il passaggio motivazionale in cui la pronuncia ha precisato che «questa situazione di inefficienza della riscossione coattiva, che incide negativamente su una fase essenziale della dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, non solo si riflette di fatto sulla ragionevolezza e proporzionalità dell’aggio, ma determina altresì una grave compromissione, in particolare, del dovere tributario».

Osserva quindi che questa Corte, sebbene con la citata sentenza ha ritenuto di non potere porre rimedio «[a]l riscontrato vulnus degli evocati valori costituzionali […] dato che, come detto, il quomodo delle soluzioni attinge, in ogni caso, alla discrezionalità del legislatore», dichiarando, conseguentemente, inammissibili le questioni, ha, al tempo stesso, rimarcato «ancora una volta, l’indifferibilità della riforma, al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell’aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione», rivolgendo un invito al legislatore statale a provvedere a riformare i meccanismi legislativi della riscossione coattiva.

4.– Secondo il rimettente questo monito sarebbe rimasto senza riscontro e, per tale ragione, sarebbe oramai «indifferibile un nuovo intervento della Corte costituzionale» sulla materia già trattata con sentenza n. 120 del 2021.

4.1.– Pertanto, il giudice a quo ripropone, in sostanza, le stesse questioni di legittimità costituzionale che, sulla norma in oggetto, erano state sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia con ordinanza del 5 giugno 2019 (iscritta al reg. ord. n. 85 del 2020) e sulla quale questa Corte si è, appunto, pronunciata con la sentenza n. 120 del 2021.

4.2.– In primo luogo, la disposizione censurata violerebbe l’art. 3 Cost. perché la previsione di un aggio di riscossione, pari a una percentuale fissa delle somme riscosse, non consentirebbe, in modo irragionevole, di commisurare la remunerazione dell’agente di riscossione al costo effettivo del servizio, tanto che l’aggio sarebbe dovuto anche in assenza di costi. Inoltre, nel caso di tributi di importo esiguo o di ammontare elevato, si verrebbe a determinare una remunerazione, rispettivamente, largamente inferiore o superiore ai costi, senza neppure il ragionevole correttivo costituito da un tetto massimo e minimo idoneo a determinarne un ancoraggio ai costi del servizio, nonché da un rapporto inversamente proporzionale all’ammontare della somma da riscuotere.

4.3.– Vi sarebbe anche la violazione dell’art. 23 Cost. perché l’aggio si risolverebbe in una prestazione patrimoniale imposta, per la quale, tuttavia, mancherebbe una previsione legislativa volta a determinarne il presupposto e la misura e, quindi, a limitare la discrezionalità dell’ente impositore.

4.4.– La violazione dell’art. 24 Cost. è prospettata in considerazione del fatto che non sarebbe imposto all’agente di riscossione di indicare, nel dettaglio degli addebiti, gli atti esecutivi compiuti in ogni singolo procedimento di riscossione, non consentendo così di valutare la proporzionalità o la necessità dell’attività svolta dall’agente, con conseguente limitazione dei diritti di difesa del contribuente.

4.5.– Sarebbe poi violato l’art. 53 Cost. perché i compensi di riscossione si risolverebbero in una prestazione patrimoniale imposta non proporzionale al dovere del cittadino di concorrere alle spese pubbliche, peraltro in contrasto anche con il criterio della progressività.

4.6.– La violazione dell’art. 76 Cost. è prospettata facendo riferimento al fatto che la disposizione censurata, nel fissare un aggio in una misura percentuale fissa delle somme dovute dal contribuente, senza prevedere alcuna verifica puntuale e precisa dei costi realmente sostenuti per la riscossione dei ruoli, avrebbe violato il principio di delega disposto dall’art. 1, comma 2, lettera e), della legge 28 settembre 1998, n 337 (Delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione), che aveva previsto un sistema di compensi collegati alle somme iscritte a ruolo effettivamente riscosse, alla tempestività della riscossione e ai costi della riscossione, normalizzati secondo criteri individuati dal Ministero delle finanze.

4.7.– Infine, la disposizione denunciata lederebbe i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

5.– Il giudice a quo giustifica la nuova rimessione sull’assunto «della prolungata inerzia del legislatore che, ignorando il pressante invito della Corte per oltre tre anni – che, nel “comune senso e sentire”, pare un termine ragionevolmente congruo e sufficiente – non ha introdotto alcuna riforma idonea a riallineare la vigente attuale normativa al dettato costituzionale».

6.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto di dichiarare le questioni inammissibili o, comunque, non fondate.

6.1.– La difesa statale eccepisce l’inammissibilità delle questioni per i seguenti motivi.

In primo luogo, le questioni sarebbero inammissibili in quanto basate «sul presupposto di fatto – del tutto erroneo – che il legislatore dopo la sentenza n. 120 del 2021 non sia intervenuto nella materia de qua», mentre la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) ha modificato la disciplina relativa alla copertura degli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione, intervenendo proprio sulla disposizione di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 112 del 1999.

L’art. 1, comma 15, della legge n. 234 del 2021 ha, infatti, sostituito il citato art. 17, prevedendo che «[a]l fine di assicurare il funzionamento del servizio nazionale della riscossione, per il progressivo innalzamento del tasso di adesione spontanea agli obblighi tributari e per il presidio della funzione di deterrenza e contrasto dell’evasione, l’agente della riscossione ha diritto alla copertura dei costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione a valere sulle risorse a tal fine stanziate sul bilancio dello Stato». Pertanto, secondo la difesa statale, a seguito delle intervenute modifiche all’art. 17 del d.lgs. n. 112 del 1999, che trovano applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2022 e per i carichi affidati dopo il 31 dicembre 2021 (secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 16, della legge n. 234 del 2021), la copertura dei costi di gestione del servizio nazionale di riscossione «viene, quindi, ormai assicurata mediante appositi stanziamenti di risorse a carico del bilancio dello Stato».

È vero che, aggiunge la difesa statale, la nuova formulazione dell’art. 17 non è applicabile al giudizio a quo, perché, secondo l’art. 1, comma 17, della legge n. 234 del 2021, «[p]er i carichi affidati fino al 31 dicembre 2021 restano fermi, nella misura e secondo la ripartizione previste dalle disposizioni vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge: a) l’aggio e gli oneri di riscossione dell’agente della riscossione […]».

Ma il giudice rimettente avrebbe, allora, dovuto censurare quest’ultima disposizione «in relazione alla valenza innovativa e non retroattiva della modifica», sicché la questione prospettata sarebbe «affetta da aberratio ictus», con conseguente inammissibilità della questione.

In secondo luogo, la difesa statale eccepisce un difetto di rilevanza, poiché nei giudizi di merito le cartelle di pagamento, prodromiche all’iscrizione ipotecaria, sarebbero state regolarmente notificate e non impugnate, per cui la CGT Liguria avrebbe dovuto rilevare «l’inammissibilità del ricorso introduttivo ai sensi degli artt. 19 e 21 del d.lgs. 546 del 1992».

Infine, le questioni sarebbero inammissibili anche perché il rimettente non invocherebbe un intervento meramente caducatorio ma, con un petitum oscuro e indeterminato, mirerebbe «a ridisegnare la disciplina del compenso dell’agente di riscossione».

6.2.– Per la difesa statale, inoltre, le questioni sarebbero non fondate.

Con riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost., infatti, al fine di valutare la ragionevolezza della normativa nel suo complesso, bisognerebbe tenere conto anche dell’ulteriore intervento normativo di cui all’art. 1, commi 231 e seguenti, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), con il quale è stata consentita la definizione agevolata anche dei debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, corrispondendo gli importi dovuti a titolo di capitale e di rimborso delle spese esecutive e di notificazione, con esclusione delle somme maturate a titolo di aggio.

Anche la questione di legittimità costituzionale relativa alla violazione dell’art. 23 Cost. non sarebbe fondata, in quanto, diversamente da quanto prospettato dal giudice rimettente, la misura del compenso sarebbe stabilita dalla legge in una specifica percentuale dell’importo recuperato, variabile, peraltro, solo in dipendenza del tempo del pagamento.

Circa la questione relativa alla violazione dell’art. 24 Cost., la difesa statale evidenzia che erroneamente il giudice rimettente ritiene che l’aggio debba essere ancorato esclusivamente alla singola attività esecutiva e, dunque, al costo variabile: in realtà, l’aggio previsto dall’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, avrebbe la funzione di remunerare i costi fissi di organizzazione e di mantenimento del servizio nazionale della riscossione garantito dall’agente della riscossione, il quale non si limita alla sola notifica dell’atto impositivo, ma svolge attività più complesse.

Sarebbero non fondate anche le questioni sollevate per l’asserita violazione degli artt. 53 e 76 Cost.: la prima perché muoverebbe dalla erronea qualificazione dell’aggio come prestazione patrimoniale imposta, la seconda in quanto la disposizione censurata sarebbe stata successivamente oggetto di interventi legislativi, rispetto ai quali non sussisterebbero più i vincoli che astringono solo l’emanazione del decreto legislativo attuativo.

Infine, la violazione dell’art. 97 Cost. sarebbe prospettata sulla base di un presupposto erroneo, quello, cioè, della prolungata inerzia del legislatore, circostanza, tuttavia, contraddetta dall’intervento di cui all’art. 1, comma 15, della legge n. 234 del 2021, che si inscriverebbe nelle direttrici indicate dalla sentenza n. 120 del 2021.


Considerato in diritto

1.‒ Con ordinanza del 6 marzo 2024 (iscritta al reg. ord. n. 78 del 2024), la CGT Liguria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 Cost. questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008, come convertito.

Il rimettente premette che, sebbene la sentenza di questa Corte n. 120 del 2021 abbia dichiarato inammissibili questioni del tutto analoghe, al contempo ha rimarcato «l’indifferibilità della riforma, al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell’aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione», rivolgendo un pressante monito al legislatore statale per provvedere a riformare i meccanismi legislativi della riscossione coattiva.

1.1.‒ Secondo il rimettente questo monito sarebbe rimasto senza riscontro, e, pertanto, essendo ormai trascorsi tre anni, sarebbe indifferibile un nuovo intervento di questa Corte.

1.2.‒ Ripropone quindi, in sostanza, le stesse questioni di legittimità costituzionale che, sulla norma in oggetto, erano state sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia con ordinanza del 5 giugno 2019 (iscritta al reg. ord. n. 85 del 2020), in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 Cost. e sulla quale questa Corte si è già pronunciata con l’indicata sentenza n. 120 del 2021.

2.‒ Sull’ammissibilità delle questioni, va osservato quanto segue.

L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito innanzitutto l’inammissibilità delle questioni sollevate per aberratio ictus.

L’eccezione non è fondata.

Il giudice a quo ha rivolto l’attenzione e conseguentemente prospettato le questioni di legittimità costituzionale nei confronti della norma applicabile ratione temporis alla controversia che era chiamato a decidere, ovvero l’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del d.l. n. 185 del 2008, come convertito.

Dal tenore complessivo dell’ordinanza di rimessione emerge, da un lato, che l’omesso riferimento al recente intervento del legislatore, con cui è stato decretato il superamento dell’aggio di riscossione, è dipeso dal suo effetto solo pro futuro, ovvero a decorrere dal 1° gennaio 2022.

Dall’altro, che il rimettente ha altresì valutato la perdurante vigenza, ratione temporis, dell’aggio di riscossione, proprio in quanto espressamente disposta dall’art. 1, comma 17, della legge n. 234 del 2021: tale disposizione, quindi, è stata implicitamente considerata nell’iter logico del giudice a quo, che si è, in realtà, riferito al combinato disposto di quest’ultima disposizione con quella censurata.

Non è pertanto corretta la prospettazione di inammissibilità per aberratio ictus, perché il rimettente non censura una disposizione diversa da quella effettivamente applicabile al giudizio a quo (fra le altre, sentenze n. 15 del 2020 e n. 109 del 2019).

Nemmeno fondata è l’eccezione di inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, perché il rimettente si è limitato a rilevare un mero fumus riguardo alla regolare notifica delle cartelle di pagamento.

Erra infine la difesa erariale quando sostiene l’indeterminatezza e oscurità del petitum, dal momento che l’intervento richiesto dal rimettente è chiaramente di tipo caducatorio.

3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.

Questa Corte, con la sentenza n. 120 del 2021, in riferimento alle censure allora sollevate sull’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito, ha evidenziato che «il meccanismo di finanziamento della funzione di riscossione degenera nel paradosso di addossare su una limitata platea di contribuenti, individuati in ragione della loro solvenza (tardiva rispetto alla fase dell’accertamento dei tributi), il peso di una solidarietà né proporzionata, né ragionevole, perché originata, in realtà, dall’ingente costo della “sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti” (Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, deliberazione 8 aprile 2021, n. 4, pagina 9) nei confronti dei contribuenti insolventi».

Ha quindi precisato che «questa situazione di inefficienza della riscossione coattiva, che incide negativamente su una fase essenziale della dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, non solo si riflette di fatto sulla ragionevolezza e proporzionalità dell’aggio, ma determina altresì una grave compromissione, in particolare, del dovere tributario».

La Corte, pur avendo riscontrato un vulnus ai suddetti principi costituzionali, ha tuttavia reso una dichiarazione di inammissibilità, affermando che la riforma del meccanismo di finanziamento della funzione della riscossione, sebbene necessaria quanto all’an, è rimessa, quanto al quomodo, «in prima battuta» alla discrezionalità del legislatore, poiché «[l]e modalità con cui ciò potrebbe avvenire – superando i profili di irragionevolezza della censurata disciplina dell’aggio […] e garantendo risorse adeguate alla funzione pubblica della riscossione – possono però essere molteplici».

Ha altresì evidenziato come i «principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna) hanno, del resto, da tempo superato l’istituto dell’aggio e posto a carico della fiscalità generale le ingenti risorse necessarie al corretto funzionamento della riscossione».

4.– Il legislatore è stato sollecito nel raccogliere il pressante invito rivolto da questa Corte.

Con l’art. 1, comma 15, della legge n. 234 del 2021 ha, infatti, modificato la disciplina relativa alla copertura degli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione. Ha realizzato tale obiettivo intervenendo nuovamente sull’art. 17 del d.lgs. n. 112 del 1999 e in particolare: a) ha abrogato l’istituto dell’aggio di riscossione; b) ha posto il relativo costo a carico della fiscalità generale e c) ha lasciato a carico del debitore unicamente le quote derivanti dalle spese per le eventuali attività cautelari ed esecutive per il recupero delle somme insolute, nonché quelle dovute a titolo di spese di notifica della cartella di pagamento e degli eventuali ulteriori atti di riscossione.

Dalla relazione illustrativa alla nuova disposizione emerge che l’intervento legislativo è stato precipuamente diretto a dar seguito alla ricordata pronuncia di questa Corte, in quanto vi si legge che la «sentenza (n. 120 del 2021), ha evidenziato al Legislatore l’opportunità di valutare se l’istituto dell’aggio mantenga ancora “una sua ragion d’essere – posto che rischia di far ricadere su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un’attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati – o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema”», per cui «risulta necessario procedere con un adeguamento del sistema di remunerazione dell’Agente della riscossione – al pari delle altre Agenzie fiscali – attraverso una dotazione con oneri a carico del bilancio dello Stato che assicuri il funzionamento dell’ente e la copertura dei relativi costi (commi da 2 a 6). Tale sistema, peraltro, risulta anche idoneo a garantire l’equilibrio della gestione finanziaria dell’ente che presenta spesso criticità correlate al ritardato o addirittura mancato pagamento da parte degli Enti Creditori delle spese sostenute per le attività di riscossione svolte (rimborsi spese per procedure di recupero e diritti di notifica) […]».

5.– È bensì vero che la nuova formulazione dell’art. 17 non è applicabile al giudizio a quo perché l’art. 1, comma 17, della legge n. 234 del 2021 ha espressamente disposto che «[p]er i carichi affidati fino al 31 dicembre 2021 restano fermi, nella misura e secondo la ripartizione previste dalle disposizioni vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge: a) l’aggio e gli oneri di riscossione dell’agente della riscossione […]».

La circostanza che il legislatore non abbia conferito efficacia retroattiva a tale modifica non inficia, tuttavia, la legittimità costituzionale della norma censurata dal rimettente (che quindi continua a essere applicabile al giudizio a quo).

La richiamata sentenza n. 120 del 2021 di questa Corte, infatti, appartiene al genus delle pronunce qualificate dalla dottrina di “inammissibilità di sistema”, in quanto, pur riscontrando una dubbia compatibilità con i parametri costituzionali evocati, non si risolvono con una dichiarazione di illegittimità costituzionale, ma rimettono, in prima battuta, alla discrezionalità del legislatore (così, fra le altre, sentenze n. 130 e n. 71 del 2023 e n. 22 del 2022) il quomodo del necessario intervento – che può realizzarsi secondo un ventaglio di soluzioni plausibili – finalizzato a rimuovere il riscontrato vulnus.

Da questo presupposto deriva che, nel caso di specie, per dare seguito allo specifico invito formulato pro futuro dalla stessa sentenza, il legislatore non era tenuto a intervenire in modo retroattivo, come invece ritiene il giudice rimettente, dal momento che anche la disciplina dell’efficacia temporale rientrava nella sua discrezionalità.

5.1.– Al rilievo del carattere dirimente di questa considerazione deve, in ogni caso, essere aggiunto che una valutazione retrospettiva non è, peraltro, del tutto mancata nel complessivo intervento del legislatore.

Nel regime introdotto dall’art. 1, commi 231 e seguenti, della legge n. 197 del 2022 in materia di definizione agevolata delle cartelle di pagamento, il comma 231 prevede, infatti, che: «[f]ermo restando quanto previsto dai commi da 222 a 227, i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possono essere estinti senza corrispondere le somme affidate all’agente della riscossione a titolo di interessi e di sanzioni, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e le somme maturate a titolo di aggio ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, versando le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento».

In questi termini è stato quindi consentito al debitore di estinguere il proprio debito pregresso provvedendo solo al pagamento delle somme dovute a titolo di capitale e di quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella, senza, invece, dovere corrispondere gli interessi, le sanzioni, la mora e, per quel che qui rileva, l’aggio e gli oneri di riscossione.

Tale possibilità di procedere alla cosiddetta “rottamazione” senza dovere corrispondere, tra l’altro, l’aggio e gli oneri di riscossione concerne proprio le cartelle di pagamento – come quelle in considerazione nel giudizio a quo – che continuano a essere sottoposte al precedente regime, fondato, appunto, sulla remunerazione del servizio di riscossione a carico del contribuente.

In altre parole, se, da un lato, il legislatore non ha rimosso in modo retroattivo l’aggio, ha comunque consentito, dall’altro, che, l’aggio richiesto secondo il precedente regime possa non essere corrisposto qualora il contribuente ritenga di avvalersi della specifica disciplina di favore.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), come sostituito dall’art. 32, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, sezione 3, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA