Sentenza 5/2025 (ECLI:IT:COST:2025:5)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattrice: SAN GIORGIO
Udienza Pubblica del 26/11/2024;    Decisione  del 26/11/2024
Deposito del 24/01/2025;   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 135, c. 1°, lett. q-quater), dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 02/07/2010, n. 104.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ord. 145/2024


Pronuncia

SENTENZA N. 5

ANNO 2025


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, nel procedimento vertente tra Cirsa Italia spa e altri e Agenzia delle dogane e dei monopoli – Direzione interregionale per il Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e Ministero dell’economia e delle finanze, con ordinanza del 17 giugno 2024, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visti gli atti di costituzione di Gamenet spa, Palabingo srl e Cirsa Italia spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell’udienza pubblica del 26 novembre 2024 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;

uditi gli avvocati Luca Giacobbe per Palabingo srl e Cirsa Italia spa, Fabio Cintioli per Gamenet spa e l’avvocato dello Stato Laura Paolucci per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 26 novembre 2024.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2024, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76, 111 e 125 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo).

Il rimettente riferisce di essere investito della cognizione del ricorso, azionato da Palabingo srl e Cirsa spa, contro il «silenzio inadempimento serbato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Territoriale Piemonte, la Liguria e Valle d’Aosta, sede di Torino» in ordine ad un’istanza avanzata dalla prima delle due società ricorrenti.

Quest’ultima, in forza di contratti stipulati (in data 24 aprile e 24 maggio 2018) con la controinteressata Gamenet spa, concessionaria pubblica per la gestione telematica del gioco lecito, svolge e gestisce l’attività concernente i relativi apparecchi da gioco, ubicati all’interno di due «Sale bingo» di sua proprietà nel territorio dei Comuni di Alessandria e di Serravalle Scrivia. Approssimandosi la scadenza dei contratti, Palabingo srl aveva manifestato alla controparte l’intenzione di avvalersi della rete telematica di altro concessionario, Cirsa Italia spa, previa sostituzione degli apparecchi videoterminali. Ne era derivata una controversia civile, decisa con sentenza del Tribunale ordinario di Roma del 7 ottobre 2023, con la quale era stato accertato l’avvenuto esaurimento dei rapporti obbligatori tra le parti, afferenti all’attività di gioco lecito esercitata nei due menzionati locali.

Palabingo srl aveva, quindi, rivolto un’istanza all’amministrazione delle dogane e dei monopoli, presso la competente sede territoriale, diretta a ottenere «l’avvio del procedimento amministrativo con intimazione a carico del concessionario Gamenet s.p.a. di richiedere l’annullamento del relativo titolo autorizzativo correlato alla raccolta di gioco nelle Sale Bingo della ricorrente Palabingo S.r.l., pena, entro 30 giorni, l’adozione del provvedimento conclusivo di revoca del titolo autorizzativo predetto per consentire l’ingresso del nuovo Concessionario Cirsa Italia S.p.A.».

In assenza di riscontro a tale istanza, pur dopo il sollecito del 28 febbraio 2024, Palabingo srl e Cirsa Italia spa avevano adito il TAR rimettente. Nel costituirsi in giudizio, l’amministrazione resistente e la controinteressata avevano eccepito l’incompetenza territoriale del TAR Piemonte in virtù di quanto stabilisce l’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, cod. proc. amm., che devolve «alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma», «le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

1.1.– Il giudice a quo, premessa la considerazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata – posto che esso non potrebbe «prendere cognizione della controversia, in quanto, stando al diritto positivo primario vigente, il Collegio dovrebbe pregiudizialmente spogliarsi della controversia per trasmetterla al Tribunale amministrativo del Lazio prima di qualsiasi altra decisione» –, nel merito, muove dal richiamo alla sentenza di questa Corte n. 174 del 2014 che, su rimessione dello stesso TAR Piemonte, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione oggi censurata «nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

Viene ricordato nell’ordinanza di rimessione che già la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) aveva prescelto, quale criterio principale di riparto della competenza tra i tribunali amministrativi regionali, quello dell’efficacia territoriale dell’atto impugnato («con la sola eccezione degli atti statali di carattere nazionale rimessa al tribunale amministrativo regionale con sede a Roma»). Tale impianto, fa notare il rimettente, è rimasto sostanzialmente invariato con la disciplina dettata, nel 2010, dal codice del processo amministrativo.

Si osserva altresì che una prima previsione di competenza funzionale del TAR Lazio, sede di Roma (da adesso in poi: TAR Lazio), introdotta dall’art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74 (Modifica alle norme sul sistema elettorale e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), relativo alla competenza sui provvedimenti in materia di status dei magistrati ordinari adottati dal relativo organo di autogoverno, è stata ritenuta compatibile con gli artt. 3, 24 e 125 Cost. con la sentenza di questa Corte n. 189 del 1992. A tale pronuncia sono seguite altre previsioni legislative che hanno concentrato presso il TAR Lazio «ulteriori competenze funzionali inderogabili», fino a giungere all’attuale complessiva disciplina dettata dagli artt. 14 e 135 cod. proc. amm.

Il rimettente, nel riportare alcuni passaggi della motivazione della citata sentenza n. 174 del 2014, riguardanti il sindacato sulla non irragionevolezza delle norme processuali che derogano al sistema di riparto della competenza territoriale, richiama il «criterio rigoroso» di valutazione adottato dalla giurisprudenza di questa Corte sin dalla sentenza n. 237 del 2007. Infatti, precisa il rimettente, «ove non vi fossero limiti alla previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, il principio del decentramento della giustizia amministrativa e dell’individuazione del giudice di primo grado sulla base del criterio territoriale, a livello regionale, sarebbe esposto al rischio di essere svuotato di concreto significato». Come indicato dalla sentenza n. 159 del 2014, tale rigorosa valutazione deve passare attraverso l’apprezzamento di «uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie)», dell’esistenza di «una connessione razionale rispetto al fine perseguito» e, infine, della necessità della deroga «rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa».

Il giudice a quo ritiene che, alla stregua di tale ratio decidendi, la concentrazione dinanzi al TAR Lazio di tutte le controversie concernenti provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in danaro sia affetta da irragionevolezza e leda il principio del giudice naturale precostituito per legge, in violazione degli artt. 3 e 25 Cost. (recte: 25, primo comma, Cost.), e che inoltre essa confligga con l’art. 111 Cost. sul «diritto di impugnazione» e con l’art. 125 Cost. sulla «competenza dei tribunali amministrativi territoriali».

Il Collegio rimettente sospetta, altresì, il contrasto della disposizione censurata con l’art. 76 Cost., essendo la stessa «contenut[a] nel decreto delegato dall’articolo 44» della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile). Nel richiamato art. 44, non si rileverebbe «il minimo spunto, più correttamente principio o criterio direttivo, che abbia indotto il legislatore delegato ad inserire la previsione della competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in materia di provvedimenti sui giochi pubblici con vincita in denaro».

Viene, dunque, sollecitata a questa Corte una pronuncia che completi la declaratoria di illegittimità costituzionale della menzionata lettera q-quater) dell’art. 135 cod. proc. amm., limitata dalla sentenza n. 174 del 2014 alla sola seconda parte della stessa (relativa ai provvedimenti dell’autorità di polizia). Infatti, si osserva che nella specie «il rilascio di nuove diverse autorizzazioni all’esercizio di due “case da gioco” lecite preesistenti, situate l’una ad Alessandria, l’altra a Serravalle Scrivia, sono questioni che investono i poteri della Direzione Territoriale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e non direttamente dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, non rispondono a un criterio generale di rilascio delle autorizzazioni riguardante l’intero territorio dello Stato, non concernono affatto questioni di particolari prerogative costituzionali come il governo del personale di magistratura oppure la necessità che si formi una giurisprudenza necessariamente univoca, come nel caso delle autorità indipendenti».

2.– Con atto depositato il 2 settembre 2024 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa erariale eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità delle questioni sollevate dal TAR Piemonte per «vizio di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza». L’eccezione viene articolata in quattro diversi profili. Anzitutto, si lamenta la violazione del «principio di autosufficienza», in quanto l’ordinanza di rimessione si sarebbe limitata a richiamare il precedente di questa Corte di cui alla sentenza n. 174 del 2014, e avrebbe altresì richiamato per relationem le ordinanze di rimessione dell’epoca senza riportarne i passaggi argomentativi.

In secondo luogo, si osserva che il rimettente assume come determinante, ai fini della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, la sentenza di questa Corte n. 174 del 2014 senza alcuna valutazione autonoma circa il rilievo che la stessa pronuncia presenterebbe con riguardo al caso di specie e senza alcuna illustrazione delle ragioni per le quali i parametri costituzionali evocati sarebbero violati.

Ancora, il rimettente avrebbe omesso di individuare e valutare il quadro normativo di riferimento e di ricostruire la genesi della disposizione censurata, introdotta, nel testo dell’art. 135 cod. proc. amm., dall’art. 10, comma 9-ter, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, nella prospettiva di un intervento di ampio respiro in materia di giochi, e non con il d.lgs. n. 104 del 2010.

Infine, il rimettente avrebbe omesso di compiere un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione.

Nel merito, a giudizio dell’Avvocatura, le questioni non sarebbero fondate.

In ordine alla dedotta violazione dell’art. 3 Cost., si osserva che il caso in esame non potrebbe essere assimilato a quello dei provvedimenti adottati dalle questure, oggetto della sentenza di questa Corte n. 174 del 2014. L’individuazione, per la materia de qua, della competenza funzionale del TAR Lazio non sarebbe irragionevole, avuto riguardo sia alla «distribuzione delle competenze amministrative concentrata su un livello centrale o ultraregionale della Agenzia delle dogane e dei monopoli», sia alla «connessione delle funzioni di pertinenza della predetta Agenzia con l’attività di raccolta di capitali» a livello nazionale ed europeo, «in un settore particolarmente soggetto ad infiltrazioni criminali, potenzialmente destinatario del riciclaggio dei proventi derivanti da attività illecite». Qualunque «intervento giurisdizionale» sulle situazioni soggettive relative alla raccolta del gioco, che coinvolga l’Agenzia e i suoi concessionari, avrebbe infatti «ricadute in ambito nazionale» e i «giudicati di segno diverso per vicende sovrapponibili possono causare importanti alterazioni del mercato nazionale del gioco pubblico, comportando disparità tra concessionari che gestiscono lo stesso gioco». Si richiama, a titolo esemplificativo, l’«imponente contenzioso instaurato dai concessionari del gioco del bingo avverso l’imposizione di canoni per la gestione del gioco in proroga».

La scelta legislativa adottata con la norma in esame consentirebbe la «necessaria visione d’insieme» dell’Amministrazione sulla gestione dei giochi a livello nazionale, e sarebbe coerente con l’attribuzione della relativa competenza amministrativa ad una Agenzia che ha carattere di amministrazione centrale ed è articolata sul territorio con uffici di competenza sovraregionale, i cui atti hanno rilievo nazionale. Della esigenza di una tale visione d’insieme si troverebbe conferma nelle norme contenute nell’art. 10 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito (il cui comma 9-ter, come precisato, ha inserito la disposizione censurata nel codice del processo amministrativo), che il legislatore ha introdotto anche per conformare il nostro ordinamento ai principi stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone, in materia di gare per le concessioni di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi.

La ratio della concentrazione della competenza in capo al TAR Lazio, conclusivamente, sarebbe «la spiccata specialità, la particolare rilevanza nazionale, e la centralizzazione amministrativa nella gestione del settore dei giochi in funzione della salvaguardia della continuità delle entrate erariali derivanti dal gioco pubblico e dell’esigenza di omogeneizzazione dell’azione amministrativa in applicazione di norme di legge che bilanciano sull’intero territorio nazionale il diritto di iniziativa economica privata e l’interesse fiscale con il diritto alla salute». Da ciò anche la «necessità di una tendenziale uniformità della giurisprudenza amministrativa fin dalle pronunce di primo grado e la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione».

Non sarebbe fondata, poi, neanche la questione sollevata in riferimento all’art. 25 Cost., posto che il principio della naturale precostituzione del giudice, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lungi dall’ancorarsi ad un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice stesso alla vicenda da giudicare, mirerebbe ad assicurare l’individuazione del giudice competente sulla base di criteri predeterminati, in via generale, dalla legge.

«[P]alesemente infondata» sarebbe, poi, la censura di violazione dell’art. 111 Cost., con riferimento al «diritto di impugnazione», posto che la contestata competenza funzionale del TAR Lazio non determinerebbe alcun impedimento a tale diritto.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 125 Cost., l’Avvocatura richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’attribuzione di competenze funzionali al TAR Lazio è compatibile con quel parametro a condizione che non sia alterato, nel suo assetto di fondo, il sistema di giustizia amministrativa e purché si configurino (come accadrebbe nella specie) ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di riparto della competenza tra gli organi di primo grado.

Infine, in ordine alla censura di eccesso di delega legislativa, l’Avvocatura parimenti ne sostiene la mancanza di fondamento richiamando, in proposito, la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art. 76 Cost. riguarda esclusivamente i rapporti tra legge delegante e legge delegata. Nel caso di specie – si fa notare – la disposizione censurata è stata introdotta da una legge successiva al codice del processo amministrativo, non legata da alcun vincolo con la legge di delega del 2009.

3.– Nel giudizio innanzi a questa Corte si sono costituite, con atto collettivo, depositato il 2 settembre 2024, le due parti ricorrenti del giudizio a quo, Palabingo srl e Cirsa Italia spa.

Ricostruito il quadro fattuale di riferimento, nel quale è sorta la controversia portata alla cognizione del TAR Piemonte, esse affermano di condividere i dubbi argomentati dal giudice rimettente quanto alla legittimità costituzionale della norma che ha concentrato, presso il TAR Lazio, la competenza in ordine a tutti i provvedimenti emessi dall’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.

Nel sottolineare il carattere squisitamente locale della controversia da loro azionata, attinente «a provvedimenti emessi non già da un’autorità centrale, ma da un’autorità periferica», aventi effetti «circoscritti al solo territorio di Alessandria e Serravalle», le parti svolgono argomenti che ripercorrono le censure sollevate dal rimettente. In particolare, quanto alla denunciata violazione degli artt. 3, 25 e 125 Cost., viene ricordato che l’espressione utilizzata dalla disposizione censurata («provvedimenti emessi dall’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro») è tale da ricomprendere non solo atti amministrativi emessi dall’autorità centrale, aventi ad oggetto «il governo dei giochi pubblici in ambito nazionale», ma anche, ed in larga parte, «attività tecnico-operative sintetizzabili per lo più nella verifica dei requisiti amministrativi (soggettivi od oggettivi) necessari per operare in tale delicato settore, curate dalle diramazioni territoriali dell’Agenzia».

In tale quadro, si fa anche presente che l’Agenzia menzionata «possiede una articolazione multilivello particolarmente complessa» che contempla una direzione generale centrale (avente il compito di governare la materia dei giochi pubblici mediante adozione di atti normativi, direttive, pareri e circolari di carattere generale, oltre al compito di controllo circa l’esercizio della raccolta delle singole tipologie di giochi), «venti direzioni territoriali regionali nonché un centinaio di uffici territoriali provinciali» (cui spetterebbero, invece, poteri ispettivi, di controllo e accertamento con dimensione prettamente locale).

La devoluzione del sindacato di legittimità di tali provvedimenti esclusivamente alla competenza del TAR Lazio non potrebbe essere giustificata da un principio di “straordinarietà”, né dalla esigenza di fronteggiare una situazione di emergenza. Nemmeno potrebbe invocarsi un interesse alla uniformità della giurisprudenza amministrativa fin dal primo grado di giudizio, non essendo tale uniformità garantita dall’attuale riparto di competenze, tenuto anche conto che le probabilità di pronunce contrastanti tra i vari uffici giudiziari dislocati sul territorio non sarebbe «superiore a quanto accade nella generalità delle controversie attribuite alla cognizione dei giudici amministrativi territoriali». Peraltro, il carattere di uniformità sarebbe comunque garantito dalle pronunce del Consiglio di Stato, e, in particolare, dell’Adunanza plenaria.

Infine, quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 76 Cost., si osserva che tra i principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge n. 69 del 2009 non è rinvenibile alcun elemento tale da abilitare il legislatore delegato a riformare l’istituto della competenza.

4.– Nel giudizio si è altresì costituita la controinteressata Gamenet spa, già parte nel processo principale, che ha concluso per la inammissibilità e, nel merito, per la non fondatezza delle questioni.

Anzitutto, assume che l’ordinanza di rimessione, sia carente di motivazione sulla non manifesta infondatezza. Essa non illustrerebbe le ragioni della dedotta violazione dei parametri di legittimità costituzionale evocati, limitandosi a richiamarli «tutti insieme e senza chiarire sotto quali profili e per quali ragioni vi sarebbe un contrasto con ciascuna di tali norme costituzionali». Donde l’inammissibilità delle questioni sollevate.

Nel merito, queste sarebbero comunque non fondate, alla luce dell’«esigenza di un’amministrazione unitaria e coordinata» nella materia rimessa alla competenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La parte mette a confronto la fattispecie odierna con quelle che hanno formato oggetto sia della sentenza n. 159 del 2014 di questa Corte (che ha dichiarato non fondate le questioni concernenti l’attribuzione, alla sede di Roma del TAR Lazio, della competenza funzionale inderogabile sulle controversie relative ai provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di cui all’art. 135, comma 1, lettera p, cod. proc. amm.), sia della sentenza n. 174 del 2014, di poco successiva (che, invece, ha accolto, come già riferito, la questione concernente la seconda parte della lettera q-quater dell’art. 135 cod. proc. amm., relativa alla competenza del TAR Lazio sui provvedimenti emessi dall’autorità di polizia in materia di giochi pubblici).

Nel richiamare tali precedenti, la parte sottolinea gli elementi, rispettivamente, di affinità e di diversità rispetto al caso in esame, non mancando di evidenziare che la richiamata sentenza n. 174 del 2014 «ha distinto la diversa tipologia» dei provvedimenti dell’autorità di polizia (per i quali questa Corte ha ripristinato la competenza dei TAR locali) e dei provvedimenti dell’amministrazione dei monopoli (per i quali, invece, è attualmente prevista la competenza funzionale inderogabile del TAR centrale).

La parte, infine, si sofferma sulla questione dell’eccesso di delega (art. 76 Cost.), in ordine alla quale deduce l’inammissibilità per non avere l’ordinanza di rimessione considerato che la lettera q-quater) è stata inserita nell’art. 135 cod. proc. amm. da una fonte successiva a quella delegata. Sicché il giudice a quo avrebbe «ricostruito in maniera non corretta il quadro normativo di riferimento».

5.– Con memoria depositata il 4 novembre 2024 il Presidente del Consiglio dei ministri ha svolto ulteriori difese.

Dopo aver ribadito l’eccezione di inammissibilità (per inadeguatezza della motivazione spesa dall’ordinanza di rimessione a sostegno della non manifesta infondatezza), la difesa dello Stato ha ulteriormente approfondito le ragioni di merito a sostegno della non fondatezza delle questioni sollevate dal TAR Piemonte.

In particolare, ha sottolineato che l’oggetto del giudizio a quo riguarda «provvedimenti di competenza di una articolazione periferica di ADM (l’Ufficio territoriale ADM del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta)»: situazione, questa, che non sarebbe sufficiente «per ravvisare una analogia col precedente citato dal giudice rimettente» (ossia, con la sentenza n. 174 del 2014), «in quanto si tratta di una articolazione periferica priva di autonomia e soggettività giuridica, avente competenza ultraregionale e deputata ad applicare sul territorio di propria competenza le disposizioni generali della sede centrale di ADM». Anzi – si evidenzia – proprio tale precedente, in un passaggio della motivazione, avrebbe operato, quanto al regime della competenza processuale, una netta distinzione tra gli atti «di autorità centrali (e in particolare […] quelli emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, previsti dalla prima parte della stessa lettera q-quater dell’art. 135, comma 1)» e i provvedimenti del questore, di cui alla seconda parte della norma, che, in quanto caratterizzati dal «carattere squisitamente locale degli interessi coinvolti», questa Corte ha ricondotto alla competenza dei TAR periferici.

Gli atti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli – si sottolinea – «vengono adottati nell’esercizio di una funzione di regolazione nazionale del settore giochi che tiene conto degli interessi economici dell’Erario, della necessità di contrastare il gioco illegale e del fenomeno della ludopatia attraverso l’opportuna distribuzione delle sale gioco sull’intero territorio nazionale». Ciò rifletterebbe le ragioni che sorreggono la riserva, allo Stato, del monopolio sulle attività di organizzazione ed esercizio dei giochi e delle scommesse (di cui all’art. 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, recante «Disciplina delle attività di giuoco»), da rinvenirsi nell’ordine pubblico e sociale, nella sicurezza delle persone «ed in particolare dei minori di fronte al gioco e ai suoi potenziali effetti nocivi, come la dipendenza e la ludopatia». Nella stessa direzione, si ricorda anche la «rilevanza economica» del settore che «costituisce, altresì, fonte importante di gettito finanziario per lo Stato».

6.– Con memoria depositata il 5 novembre 2024, Gamenet spa ha riferito in ordine agli «ultimi sviluppi» del processo a quo.

Preliminarmente, la parte ha ricordato che, all’esito della camera di consiglio dell’11 giugno 2024, tenuta dinanzi al TAR Piemonte per la decisione della domanda cautelare avanzata nel giudizio a quo, il rimettente ha adottato contestualmente due ordinanze: con la prima, pubblicata lo stesso giorno, ha respinto la domanda cautelare per mancanza del requisito del fumus boni iuris, dando però atto della propria decisione di sollevare, con separata ordinanza, questione di legittimità costituzionale sull’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm.; con la seconda, pubblicata qualche giorno dopo, ha in effetti sollevato le odierne questioni dinanzi a questa Corte. Successivamente, le parti ricorrenti (Cirsa Italia spa e Palabingo srl), soccombenti nel giudizio cautelare, hanno tuttavia proposto appello cautelare dinanzi al Consiglio di Stato. Nel giudizio di appello, le parti appellate hanno riproposto l’eccezione di incompetenza del TAR Piemonte.

Il Consiglio di Stato, sezione sesta, con ordinanza 20 settembre 2024, n. 3524, proprio in applicazione dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm., ha ritenuto fondata l’eccezione di incompetenza del TAR Piemonte, affermando dunque la competenza del TAR Lazio.

A fronte di tale decisione – riferisce la parte – Cirsa Italia spa e Palabingo srl hanno notificato ricorso per riassunzione dinanzi al TAR Lazio, ai sensi dell’art. 16, comma 3, cod. proc. amm.: di conseguenza, conclude l’esponente, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Piemonte sarebbe ormai «inammissibile per irrilevanza a causa del difetto di competenza del giudice rimettente», dinanzi al quale la controversia principale non è più pendente.

7.– In data 5 novembre 2024 le parti ricorrenti del giudizio a quo hanno depositato l’atto notarile, del 16 settembre 2024, recante la «fusione per incorporazione» di Palabingo srl (incorporata) e di Cirsa Retail srl (incorporante).


Considerato in diritto

1.– Il TAR Piemonte dubita della legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm., limitatamente alla prima parte, che devolve alla competenza inderogabile del TAR per il Lazio «le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

Il giudice a quo è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del silenzio serbato dalla Direzione territoriale per il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (avente sede in Torino), in merito all’avvicendamento, presso due sale da gioco situate nella Provincia di Alessandria, del concessionario per la raccolta del gioco del “bingo”. In base alla disposizione censurata, la competenza a decidere spetterebbe al TAR Lazio, innanzi al quale, dunque, le parti andrebbero rimesse con provvedimento dello stesso giudice adìto.

Secondo la prospettazione del rimettente, tuttavia, la riserva di competenza funzionale al TAR Lazio per tutti i giudizi riguardanti i provvedimenti dell’amministrazione dei monopoli in materia di giochi con vincita in denaro contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e del giudice naturale precostituito per legge, di cui agli artt. 3 e 25, primo comma, Cost., con il «diritto di impugnazione» (viene richiamato l’art. 111 Cost.), con la previsione della «competenza dei tribunali amministrativi territoriali» di cui all’art. 125 Cost., e con l’art. 76 Cost., per violazione dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione n. 69 del 2009.

Il giudice a quo richiama la sentenza di questa Corte n. 174 del 2014, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della seconda parte della disposizione in esame, che parimenti devolveva alla competenza funzionale inderogabile del TAR le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

2.– Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità, per difetto di rilevanza delle odierne questioni, sollevata dalla controinteressata Gamenet spa con la memoria depositata il 5 novembre 2024.

La parte evidenzia che, in ordine alla decisione sul processo principale, il TAR Piemonte – proprio in applicazione dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm. – è stato dichiarato incompetente con l’ordinanza 20 settembre 2024, n. 3524, resa in sede di appello cautelare dalla sezione sesta del Consiglio di Stato. La controversia, ormai riassunta dalle parti dinanzi al TAR Lazio, non sarebbe dunque «più pendente dinanzi al giudice rimettente che aveva sollevato la questione di costituzionalità», con conseguente irrilevanza delle questioni dallo stesso sollevate.

L’eccezione non è fondata.

Di recente questa Corte ha affermato che la decisione sulla competenza, pur assunta in sede di impugnazione in via definitiva, non ostacola la potestà del giudice di primo grado di dubitare della legittimità costituzionale della norma che disciplina il riparto di competenza (sentenza n. 163 del 2024). Deve quindi ritenersi, in linea di principio, che il TAR Lazio, indicato come giudice competente dal Consiglio di Stato, ben potrebbe a propria volta rimettere in discussione la questione sulla competenza qualora gli sorgessero dubbi in ordine alla legittimità costituzionale della norma che quella competenza ad esso attribuisce. Pertanto, nell’ipotesi in cui una questione di legittimità costituzionale sia stata già sollevata, nell’ambito della medesima controversia, dal giudice di primo grado antagonista (nel caso odierno: dal TAR Piemonte), occorre concludere che la decisione del giudice di appello, con la quale quel giudice rimettente è stato spogliato della competenza pur nelle more della decisione di questa Corte, non recide il vincolo di rilevanza. Il giudizio principale deve infatti svolgersi sul presupposto dell’individuazione del giudice competente (ancora sentenza n. 163 del 2024), e tale presupposto forma oggetto, ancorché in via indiretta, proprio delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.

Né può assumere rilievo la circostanza che il giudizio a quo sia stato ormai riassunto dinanzi al TAR Lazio, ad opera delle parti già costituite presso il giudice rimettente. Va infatti ribadito quanto questa Corte ha affermato in una fattispecie similare, in cui il giudizio a quo – nelle more della decisione incidentale – era stato riassunto, all’esito del regolamento di giurisdizione, presso un giudice appartenente ad altra giurisdizione. In applicazione del principio di autonomia del giudizio di legittimità costituzionale, deve infatti ritenersi che, «[c]osì come l’estinzione del giudizio principale non ha effetti sul giudizio davanti a questa Corte […], allo stesso modo su quest’ultimo giudizio non può produrre effetti di sorta la eventuale riassunzione del giudizio a quo davanti al giudice» la cui competenza sia stata indicata dal Consiglio di Stato – come accade nel caso odierno – in sede di appello avverso il rigetto della misura cautelare (sentenza n. 236 del 2015).

3.– Ancora in via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità, formulata dall’Avvocatura generale dello Stato e da Gamenet spa, limitatamente alla questione sollevata in riferimento all’art. 111 Cost.

L’ordinanza di rimessione, infatti, ne ha omesso qualsivoglia illustrazione, limitandosi a riportare, tra parentesi, un breve inciso («diritto di impugnazione») il quale, tuttavia, risulta privo di un oggettivo aggancio con la restante parte della motivazione. La censura, pertanto, è del tutto carente di motivazione quanto al requisito della non manifesta infondatezza (da ultimo, sentenza n. 110 del 2024, punto 4.2. del Considerato in diritto), il quale richiede che «i parametri siano evocati in maniera non apodittica e generica e che siano specificati i motivi per cui si ritenga verificata la violazione delle norme costituzionali, a pena di manifesta inammissibilità delle questioni proposte (ex multis, ordinanze n. 159 del 2021 e n. 261 del 2012)» (ordinanza n. 127 del 2024).

4.– I rimanenti profili di inammissibilità, fatti ancora valere dalla difesa statale e da quella di Gamenet spa con riguardo alla motivazione del giudice a quo (che risulterebbe inadeguata e incompleta), non possono invece essere condivisi.

L’ordinanza di rimessione ha infatti descritto a sufficienza le circostanze di fatto da cui originano le odierne questioni e, quanto al requisito della non manifesta infondatezza, ha adeguatamente argomentato mediante il richiamo di alcuni passaggi della motivazione della sentenza di questa Corte n. 174 del 2014, resa in un caso che si assume analogo. La correttezza di simile assunto attiene, come è evidente, al merito delle questioni e non all’ammissibilità delle stesse. Al contempo, il rimettente non ha mancato di fornire una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento, specie con riguardo all’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in tema di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. Pur omettendo di richiamare l’art. 10, comma 9-ter, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, cui si deve l’introduzione della lettera q-quater) nell’art. 135 cod. proc. amm. (aspetto sul quale si tornerà nei successivi paragrafi, nell’esaminare il merito della questione), il giudice a quo ha tracciato in modo chiaro ed esaustivo i termini delle censure sollevate, ben oltre la soglia dell’ammissibilità. Né gli si può rimproverare di non aver tentato un’interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione censurata, atteso il tenore letterale e perentorio di quest’ultima, che devolve alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio tutti i provvedimenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in materia di giochi con vincita in denaro, senza consentire alcuna esclusione di sorta.

5.– Nel merito, le questioni sollevate dal TAR Piemonte, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 76 e 125 Cost., non sono fondate.

5.1.– Portata pregiudiziale assume la censura relativa al preteso vulnus all’art. 76 Cost., sotto il profilo della violazione della delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009. Essa – come da costante giurisprudenza di questa Corte – deve essere scrutinata per prima, in quanto investe il corretto esercizio della funzione legislativa (da ultimo, sentenza n. 98 del 2024).

La questione non è fondata per il dirimente rilievo che la lettera q-quater) dell’art. 135 cod. proc. amm., rispetto alla quale si contesta la mancata rispondenza ai principi ed ai criteri direttivi di cui alla legge-delega n. 69 del 2009, è stata inserita, nell’attuale testo normativo, non dal decreto delegato, ma da una fonte successiva. L’aggiunta, infatti, si deve all’art. 10, comma 9-ter, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ossia ad una disposizione non legata da vincoli di sorta con la legge di delegazione.

Si deve ribadire, in proposito, che il parametro costituzionale evocato dal rimettente (l’art. 76 Cost.) «regge soltanto i rapporti fra legge delegante e decreto legislativo delegato, ed è pertanto fuor d’opera assumerlo “quale stregua del giudizio di costituzionalità, qualora sia questione di una norma contenuta in un atto estraneo a quei rapporti”» (ordinanza n. 45 del 2006; e in precedenza, ordinanze n. 253 del 2005, n. 294 e n. 159 del 2004).

5.2.– Non sono fondate neanche le questioni sollevate in ordine agli artt. 3 e 125 Cost., che il rimettente argomenta in modo congiunto.

La trattazione unitaria dei due parametri, invero, si impone in base a quanto costantemente affermato da questa Corte nelle precedenti pronunce aventi a oggetto i casi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. Come correttamente premette il rimettente, ogni deroga al criterio che impone l’articolazione territoriale dell’organizzazione della giustizia amministrativa, ai sensi dell’art. 125, secondo comma, Cost., deve: a) rispondere a «uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie)»; b) essere «contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito»; c) risultare «necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa» (sentenza n. 159 del 2014, punto 3.4. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 182 e n. 174 del 2014). Si impone, dunque, «un criterio rigoroso» di scrutinio (sentenza n. 237 del 2007), da articolarsi secondo la logica del giudizio di proporzionalità (ancora, sentenza n. 159 del 2014), che rinviene il proprio alveo, per l’appunto, nell’art. 3 Cost.

Tanto premesso, l’esame della questione deve prendere le mosse dalla sentenza n. 174 del 2014, con la quale questa Corte, come ricordato dal giudice rimettente, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm. limitatamente alla previsione della sua seconda parte, che devolveva alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

L’elemento centrale della richiamata decisione è rappresentato dalla considerazione della natura esclusivamente «periferica» dell’autorità amministrativa – la questura – chiamata a rilasciare le autorizzazioni per l’esercizio del gioco lecito, di cui all’art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

Ha assunto decisivo rilievo, inoltre, il «carattere squisitamente locale» degli interessi coinvolti nell’operato dell’amministrazione, carattere cui deve corrispondere, sul piano della tutela giurisdizionale, la necessaria articolazione territoriale della giustizia amministrativa, richiesta dall’art. 125, secondo comma, Cost.

Diversa è, in tale prospettiva, la situazione che viene in rilievo nella fattispecie sottoposta all’odierno esame della Corte. Le controversie di cui oggi si discute sono quelle che hanno ad oggetto gli atti, afferenti alla vasta materia dei «giochi pubblici con vincita in denaro», emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, autorità avente carattere indiscutibilmente “centrale”, pur se articolata in più sedi dislocate sul territorio. Si tratta di una competenza ad ampio raggio, i cui confini sono stati delineati dal legislatore all’esito di una lunga e frammentata elaborazione normativa, approdata ad una organica sistemazione con il decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41 (Disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza, ai sensi dell’articolo 15 della legge 9 agosto 2023, n. 111).

L’intervento dell’Agenzia, in particolare, abbraccia tre settori fondamentali. Vi sono ricomprese, anzitutto, le funzioni di regolazione del mercato del gioco lecito, attraverso le quali si realizza il “governo” dei titoli concessori (artt. 6 e seguenti del d.lgs. n. 41 del 2024): dall’emanazione dei relativi bandi, alla gestione delle procedure di gara, fino al rilascio del provvedimento finale di concessione. In secondo luogo, assumono rilievo le funzioni di contrasto al gioco illegale (ad esempio, quelle previste dall’art. 22 del d.lgs. n. 41 del 2024) e quelle di prevenzione, anche in chiave di lotta contro la ludopatia (art. 7 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189). Ancora, spettano all’Agenzia competenze di natura fiscale e tributaria, ad esempio quelle concernenti l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, disciplinata dal decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288), con estensione, altresì, ai provvedimenti che dispongono la chiusura degli esercizi insolventi (art. 31, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili», convertito, con modificazioni, in legge 19 dicembre 2019, n. 157). L’Agenzia è altresì competente in merito all’accertamento e ai controlli in materia di prelievo erariale unico (PREU), previste dagli artt. 39, commi 13 e 13-bis, e 39-quater del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326: competenze rispetto alle quali non sono affatto irrilevanti la persona e le vicende del concessionario, ancorché esse si dispieghino a livello locale.

In questo quadro complessivo, deve dunque ritenersi che gli atti in questione, pur emanati da una delle direzioni territoriali in cui si articola l’organizzazione dell’Agenzia, sono funzionali al soddisfacimento di interessi di natura pubblica riferiti ora al necessario coordinamento amministrativo, strumentale alla gestione unitaria delle concessioni sull’intero territorio nazionale, ora ad esigenze di ordine pubblico e di sicurezza mirate soprattutto al contrasto, anche preventivo, della criminalità e del fenomeno della ludopatia, ora, infine, agli interessi dell’erario.

Ne è plastica esemplificazione la situazione che fa da sfondo al processo a quo, in cui l’operato della competente direzione territoriale dell’Agenzia, pur riguardando il distacco di un concessionario dal collegamento telematico attivo presso le due sale situate nella Provincia di Alessandria, ha inteso fornire applicazione agli indirizzi e ai criteri emanati, a livello centrale, dalle direzioni generali dell’Agenzia medesima (con modalità che, comunque, sono contestate in quel giudizio, per profili che spetterà al TAR approfondire). Si tratta, quindi, di atti applicativi che, anche a livello territoriale, riflettono le istanze pubbliche sopra ricordate, le quali trascendono gli interessi squisitamente locali (sentenza n. 159 del 2014).

Alla luce di quanto esposto, deve quindi concludersi che la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, prevista dalla lettera q-quater), prima parte, dell’art. 135 cod. proc. amm., non determina un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa. Invero, la concentrazione, presso un unico tribunale, di tutte le controversie in esame risponde all’esigenza, costituzionalmente rilevante, di evitare che i singoli atti dell’Agenzia, pur se espressivi delle esigenze di natura generale poc’anzi ricordate, siano impugnabili dinanzi ai diversi TAR locali (a seconda – ad esempio – della regione in cui si trova ubicata la sala presso la quale un determinato concessionario distribuisce il gioco al pubblico), «a detrimento della visione d’insieme» (ancora sentenza n. 159 del 2014).

5.3.– Non è, infine, fondata la questione relativa alla violazione dell’art. 25 Cost. per presunta lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge, enunciato dal primo comma di tale disposizione.

Già in passato, in sede di sindacato di legittimità costituzionale di altre disposizioni che, in relazione a determinate controversie, hanno accentrato la competenza giurisdizionale di primo grado in capo al TAR Lazio, questa Corte ha fatto richiamo alla propria costante giurisprudenza sul principio del giudice naturale precostituito per legge, secondo cui tale parametro, «lungi dall’ancorarsi a un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice alla vicenda da giudicare, deve interpretarsi unicamente come volto ad assicurare l’individuazione del giudice competente in base a criteri predeterminati, in via generale, dalla legge» (sentenza n. 159 del 2014; negli stessi termini, anche sentenza n. 182 del 2014). Si è quindi, più volte, ribadito che tale precetto costituzionale può considerarsi rispettato quando, come nella specie, «l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge e la sua competenza sia definita sulla base di criteri generali fissati in anticipo, nel rispetto della riserva di legge (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011)» (sentenza n. 159 del 2014, punto 3.7. del Considerato in diritto; e in precedenza, nello stesso senso, sentenza n. 237 del 2007).

In questa sede, pertanto, non può che confermarsi tale indirizzo, con conseguente non fondatezza della questione avente ad oggetto la presunta violazione dell’art. 25, primo comma, Cost.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all’art. 111 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, cod. proc. amm., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 76 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 2024.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA