Reg. ord. n. 149 del 2024 pubbl. su G.U. del 28/08/2024 n. 35

Ordinanza del Tribunale di Padova  del 24/05/2024

Tra: M. C.



Oggetto:

Processo penale – Sospensione del procedimento con messa alla prova – Delitti di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Mancato inserimento nel novero dei reati di cui all'art. 550, comma 2, lettera c), cod. proc. pen. (Casi di citazione diretta a giudizio), ai fini della possibilità di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova - Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di istigazione, proselitismo e induzione all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all’art. 82, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 – Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza - Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.




Norme impugnate:

codice penale  Art. 168 bis  in combinato disposto con

codice di procedura penale  Art. 550 

decreto del Presidente della Repubblica  del 09/10/1990  Num. 309  Art. 73   Co.



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 27   Co.



Udienza Pubblica del 11 giugno 2025 rel. MARINI


Testo dell'ordinanza

N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2024

Ordinanza del 24 maggio 2024 del Tribunale di Padova nel procedimento
penale a carico di M. C.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R.  n.  309  del  1990
  (Produzione,   traffico   e   detenzione   illeciti   di   sostanze
  stupefacenti o psicotrope) - Mancato  inserimento  nel  novero  dei
  reati di cui all'art. 550, comma 2, lettera  c),  cod.  proc.  pen.
  (Casi di citazione diretta a giudizio). 
- Codice penale, art. 168-bis, in combinato disposto con  l'art.  550
  del codice di procedura penale  e  con  l'art.  73,  comma  5,  del
  decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). 


(GU n. 35 del 28-08-2024)

 
                         TRIBUNALE DI PADOVA 
                           Sezione penale 
 
    Ordinanza  con  cui  si   solleva   questione   di   legittimita'
costituzionale del combinato  disposto  degli  articoli  168-bis  del
codice penale - 550 del  codice  di  procedura  penale  -  73,  comma
quinto, decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  con
riferimento agli articoli 3 e 27, comma terzo della Costituzione. 
    Il Tribunale di Padova,  in  composizione  monocratica,  premesso
che: 
        in data ... C.M. e' stato presentato in giudizio con il  rito
direttissimo a seguito del suo  arresto  in  flagranza,  avvenuto  il
giorno prima, per il  delitto  di  cui  all'art.  73,  comma  quinto,
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,  in  quanto
deteneva ai fini di cessione 51,65 grammi di hashish, suddivisi in 11
panetti, nonche' materiale per il confezionamento dello  stupefacente
in singole dosi; 
        il tribunale ha convalidato l'arresto, sussistendo ne tutti i
presupposti, senza tuttavia applicare alcuna misura cautelare, attesa
la giovanissima eta' dell'imputato (maggiorenne da pochi mesi)  e  la
totale assenza di precedenti a suo carico,  non  solo  giudiziari  ma
anche di polizia; 
        in fase preliminare all'apertura del dibattimento, la  difesa
ha chiesto la concessione del termine  a  difesa  previsto  dall'art.
558, comma 7 del codice di procedura penale; 
        alla successiva udienza del  28  marzo  2024,  l'imputato  ha
chiesto di essere ammesso al rito speciale della messa alla prova  di
cui agli articoli 168-bis e successivi del codice penale e 464-bis  e
seguenti del codice di procedura penale,  depositando  documentazione
inerente all'attivazione della procedura (ai sensi dell'art.  141-ter
disp. att. del codice di procedura penale), eccependo contestualmente
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis del codice  penale,
che preclude l'accesso al rito  speciale  richiesto  per  il  delitto
contestato all'imputato. 
    Il p.m. si e' riservato di esprime il proprio parere in merito  e
allo  stesso  modo  il  tribunale  si  e'   riservato   di   valutare
l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  dell'eccezione  sollevata  dalla
difesa dell'imputato; 
        in data 3 maggio 2024, il p.m. ha fatto pervenire il  proprio
parere, ritenendo la questione infondata; 
        il tribunale, atteso che le motivazioni e l'indicazione delle
disposizioni costituzionali violate  esplicitate  nell'istanza  della
difesa sono condivisibili solo in parte, solleva d'ufficio  questione
di legittimita' costituzionale e pertanto dispone la sospensione  del
procedimento con trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale,
per i motivi e nei termini che seguono. 
1. - Sulla rilevanza della questione. 
    E' necessario premettere che l'istituto della  messa  alla  prova
prevede la possibilita' per l'imputato di ottenere  l'estinzione  del
reato, ponendo in essere condotte finalizzate all'eliminazione  delle
conseguenze del reato, risarcendo il danno ed effettuando  lavori  di
pubblica utilita'. 
    La messa alla prova dell'imputato puo' essere concessa  solo  ove
il giudice ritenga possibile formulare una prognosi favorevole  circa
la futura astensione da  parte  dell'imputato  dalla  commissione  di
ulteriori reati e ancor prima non vi siano elementi per una pronuncia
di proscioglimento ai sensi dell'art. 129  del  codice  di  procedura
penale (art. 464-quater, comma 3 del codice di procedura penale). 
    Trattandosi  nel  caso  di   specie   di   giudizio   conseguente
all'arresto in flagranza -  arresto  che  e'  stato  convalidato,  in
quanto sono stati ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza
a carico dell'arrestato come emergenti dal verbale di arresto e dagli
atti allegati allo stesso -, una prima condizione e' soddisfatta, non
essendovi  elementi  che  consentano   di   ritenere   infondata   la
contestazione  del  p.m.   o   che   comportino   una   sentenza   di
proscioglimento per improcedibilita' dell'azione o di estinzione  del
reato. 
    Quanto  all'ulteriore  condizione,  ovvero  che   sia   possibile
formulare un  giudizio  prognostico  nel  senso  che  l'imputato  non
commettera'  altri  reati,   si   osserva   che   quella   contestata
all'imputato costituisce la prima violazione dei precetti penali, non
essendo egli mai stato  ne'  segnalato  ne'  indagato  ne'  tantomeno
condannato per altri  reati,  inoltre,  la  sua  giovane  eta'  e  il
contegno serbato in udienza di convalida dell'arresto -  in  sede  di
interrogatorio, ha confessato il  fatto  e  manifestato  non  solo  a
parole ma anche piangendo il proprio  rammarico  e  il  pentimento  -
consentono  ancor  piu'  di  ritenere  improbabile   che   l'imputato
commettera' altri fatti delittuosi. 
    Anche tale presupposto, dunque, puo' dirsi sussistente  nel  caso
di specie. 
    La recente modifica intervenuta sul  quinto  comma  dell'art.  73
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (di cui  all'art.
4, comma terzo, decreto-legge 20 marzo 2023, n. 123, convertito dalla
legge 13 novembre 2023, n. 159), che ha innalzato il  limite  massimo
di pena previsto per detta ipotesi delittuosa - portandolo da quattro
anni di reclusione a cinque anni -, tuttavia, impedisce  all'imputato
di accedere all'istituto della messa alla  prova,  in  quanto  l'art.
168-bis del codice penale lo consente per  i  soli  reati  punti  con
«pena edittale detentiva non superiore nel massimo  a  quattro  anni,
sola, congiunta o alternativa alla pena  pecuniaria»  oppure  «per  i
delitti indicati dal comma 2 dell'art. 550 del  codice  di  procedura
penale» ovvero per i delitti per i quali  e'  prevista  la  citazione
diretta a giudizio da parte del p.m. 
    Ebbene, l'innalzamento  del  massimo  edittale  previsto  per  la
violazione dell'art. 73, comma quinto, decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 ha comportato la conseguenza che il delitto de
quo e' sfuggito all'ambito di applicazione dell'istituto della  messa
alla prova. 
    La questione gia' profilata dalla difesa  e  sollevata  d'ufficio
dalla scrivente ha pertanto rilevanza nel  caso  di  specie,  poiche'
unico ostacolo  all'ammissione  dell'imputato  alla  sospensione  del
procedimento con messa alla prova e' proprio  la  mancata  previsione
(mediante rinvio ai  criteri  sopra  menzionati)  del  reato  di  cui
all'art. 73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 nel novero dei reati per i quali l'art. 168-bis  del  codice
penale puo' trovare applicazione, essendo soddisfatti tutti gli altri
requisiti. 
2. - Sulla non manifesta infondatezza. 
    Quanto   alla   non    manifesta    infondatezza,    l'esclusione
dell'imputato dall'applicazione di  detto  istituto  premiale  appare
incostituzionale, in quanto - per i  motivi  meglio  esplicitati  nel
prosieguo  -  comporta  una  disparita'  di  trattamento  rispetto  a
situazioni analoghe, oltre che a porsi in contrasto con la  finalita'
rieducativa di cui all'art. 27 della Costituzione. 
    Non  si  ritiene  invece  superi  il  vaglio  di  non   manifesta
infondatezza - e quindi non viene rimessa al vaglio della Corte -  la
censura,  sollevata  dalla  difesa,  in  relazione  alla   violazione
dell'art.  31,  comma  secondo  della  Costituzione   (tutela   della
gioventu'), in quanto la  circostanza  che  l'imputato  sia  da  poco
maggiorenne non impone un trattamento  privilegiato,  equiparabile  a
quello  previsto  per  i  minorenni.  E'  infatti  connaturato  nella
fissazione di un limite un trattamento diverso al  superamento  dello
stesso, senza che cio' renda privo di  giustificazione  il  discrimen
(si pensi, per restare nell'ambito del diritto penale, alle soglie di
punibilita' previste per i delitti  fiscali;  alla  soglia  di  tasso
alcolemico che differenzia le ipotesi di illecito amministrativo e di
reato; alla soglia di punibilita' per  il  delitto  di  cui  all'art.
316-ter del codice  penale,  ecc.);  tanto  piu'  avuto  riguardo  al
compimento dei diciotto anni  di  eta',  che  costituisce  una  tappa
fondamentale nella vita di un individuo, poiche' e' in  quel  momento
che acquisisce la piena capacita'  di  agire,  dovendosi  considerare
ormai una persona adulta. La norma di cui  all'art.  163  del  codice
penale, che prevede un innalzamento del limite di pena per  cui  puo'
essere disposta la sospensione condizionale (a due anni  e  sei  mesi
per gli infraventunenni, anziche' di soli due anni) costituisce norma
eccezionale e non si ritiene possa  essere  presa  in  considerazione
quale  tertium  comparationis  per  sostenere   l'incostituzionalita'
dell'assenza  di  un  trattamento  privilegiato  per   gli   imputati
neomaggiorenni. 
3. - Sulle disposizioni costituzionali violate. 
    Si ritiene che la disciplina risultante  dal  combinato  disposto
degli articoli  168-bis  del  codice  penale  -  550  del  codice  di
procedura penale - 73, comma quinto,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 sia contraria ai  principi  di  uguaglianza  e
ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di finalita' rieducativa
della pena (art. 27 della Costituzione). 
    Quanto al principio di uguaglianza e  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, infatti, si evidenzia che  la  recente
riforma introdotta con decreto legislativo  n.  150  del  2022  aveva
ampliato il novero dei reati per i  quali  puo'  essere  disposta  la
sospensione del  procedimento  con  messa  alla  prova,  tra  l'altro
inserendo alla lettera c) del secondo comma dell'art. 550 del  codice
di procedura  penale  (casi  di  citazione  diretta  a  giudizio)  la
fattispecie  prevista  dall'art.  82,  primo   comma,   decreto   del
Presidente della  Repubblica  n.  309/1990,  proprio  in  materia  di
delitti concernenti le sostanze stupefacenti. 
    Il delitto previsto dal primo comma del citato art. 82 punisce la
condotta di chi «pubblicamente istiga all'uso  illecito  di  sostanze
stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attivita'
di proselitismo per tale uso delle predette sostanze,  ovvero  induce
una persona all'uso medesimo» con la pena della reclusione da  uno  a
sei anni, oltre alla multa. 
    Ebbene e' di  immediata  evidenza  come  la  disposizione  teste'
citata preveda una condotta lesiva dello stesso bene giuridico di cui
alle condotte sanzionate dal comma quinto dell'art. 73  del  medesimo
testo unico sugli stupefacenti, in quanto si tratta  di  un'attivita'
di persuasione all'uso  di  sostanze  stupefacenti  o  psicotrope,  a
fronte di condotte di produzione, di  immissione  nel  mercato  e  di
cessione o di detenzione ai fini di cessione delle medesime sostanze. 
    Eppure, colui che e' accusato di aver commesso il reato di cui al
primo comma dell'art. 82 decreto del Presidente della  Repubblica  n.
309/1990 e' ammesso allo speciale rito della messa alla prova e cio',
nonostante il  delitto  in  parola  sia  punito  con  la  pena  della
reclusione da uno a sei anni, ovvero con pena superiore nel minimo  e
nel massimo a quella dell'art. 73, comma quinto, del  medesimo  testo
normativo. 
    Ne discende l'evidente  disparita'  di  trattamento  tra  le  due
fattispecie: benche' aventi ad  oggetto  identico  bene  giuridico  e
nonostante lo stesso legislatore abbia ritenuto piu' grave il delitto
di cui all'art. 82 decreto del Presidente  della  Repubblica  citato,
sanzionandolo con pena edittale maggiore, solo  per  quest'ultimo  e'
possibile accedere all'istituto della messa alla prova. 
    Detto irragionevole trattamento differenziato potrebbe costituire
una conseguenza non contemplata dall'intervento  legislativo  che  ha
innalzato la pena massima del delitto de quo: per  quanto  si  ricava
dai lavori preparatori (cfr. pag. 31 del dossier n. 155 - legislatura
19ª del servizio studi del Senato della Repubblica), questa e'  stata
modificata  al  fine  di  consentire  l'applicazione   della   misura
cautelare della custodia in carcere (prima esclusa ai sensi dell'art.
280  del  codice  di  procedura  penale),  senza  che   siano   stati
espressamente considerati i risvolti che  tale  novella  comporta  in
relazione all'applicazione di altre disposizioni. 
    Si osserva, infatti, che prima della riforma del 2023 il  delitto
di cui all'art.  73,  comma  quinto,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 rientrava nelle ipotesi di citazione diretta a
giudizio da parte del pubblico ministero, in  quanto  ricompreso  per
pena massima edittale (allora di quattro anni) nelle ipotesi  di  cui
al primo comma dell'art. 550 del codice di procedura penale e  dunque
per un rinvio ad poenam e dunque automatico, senza menzione  espressa
della fattispecie. 
    A seguito dell'ultima riforma, invece,  l'ipotesi  delittuosa  di
cui al citato art. 73 sfugge alla previsione dell'art. 550 del codice
di procedura penale, primo e secondo  comma,  in  quanto  esorbita  i
limiti di pena per il primo comma e non e'  previsto  nominativamente
nell'elenco di cui al secondo comma. 
    Si tratta dunque di un effetto della riforma  non  immediatamente
evidente, in quanto mero riflesso dell'aumento  della  pena  edittale
massima. 
    Tuttavia, quand'anche l'esclusione della fattispecie  di  cui  si
discute dal novero dei reati per i quali  e'  prevista  la  citazione
diretta del p.m. e dei reati per i quali e' consentita la sospensione
del procedimento con messa alla prova dell'imputato fosse  frutto  di
una precisa e consapevole scelta del legislatore, si osserva  che,  a
mente del  principio  di  ragionevolezza  e  di  uguaglianza  di  cui
all'art.  3  della  Costituzione,  tale  scelta  sarebbe   ugualmente
incostituzionale, in quanto si tratterebbe di una scelta arbitraria e
non gia' discrezionale. 
    Non si intravvedono motivi, infatti, per cui il  responsabile  (o
colui che si assume tale) del  piu'  grave  delitto  di  istigazione,
proselitismo e induzione al reato di persona minore, di cui  all'art.
82 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, debba  godere
della possibilita' di estinguere il reato a  seguito  di  sospensione
del procedimento con messa alla prova, mentre  colui  che  si  assume
abbia commesso il delitto - meno grave - di cui  all'art.  73,  comma
quinto del medesimo decreto si veda preclusa tale possibilita'. 
    L'ingiustificata esclusione  del  reato  previsto  dall'art.  73,
comma quinto, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990
dall'istituto della messa alla prova dell'imputato comporta anche  la
violazione dell'art. 27 della Costituzione, in quanto  contrasta  con
la finalita' rieducativa della pena. 
    Com'e'  noto,  l'istituto  della  messa   alla   prova   comporta
l'elisione delle conseguenze del reato e  il  recupero  dell'imputato
mediante prestazione di attivita'  a  favore  della  collettivita'  e
dunque mira alla sua rieducazione, anticipata rispetto alla  pena  ed
anzi sostitutiva della stessa, dal momento che il  buon  esito  della
messa alla  prova  e'  causa  di  estinzione  del  reato,  realizzata
mediante forme alternative al carcere e con un programma «su misura». 
    La pretermissione del reato di cui ci si occupa dall'ambito della
messa alla prova contrasta dunque con il finalismo rieducativo  della
pena, non permettendo a chi - come nel caso di specie - si trova  per
la  prima  volta  a  giudizio  di  riparare  alla  propria  condotta,
attraverso un  programma  appositamente  elaborato  di  concerto  con
l'Ufficio locale dell'esecuzione penale  esterna,  comprensivo  dello
svolgimento di lavori di pubblica utilita',  con  cio'  riducendo  il
pericolo di reiterazione dell'illecito e reinserendo l'imputato nella
societa'. 
    Si  precisa,  infine,  che   non   e'   possibile   una   diversa
interpretazione delle disposizioni in senso conforme a  Costituzione,
in quanto da un lato non e' possibile in via interpretativa aumentare
arbitrariamente i limiti edittali dell'art. 168-bis del codice penale
per la sospensione con messa alla prova  dell'imputato,  dal  momento
che il legislatore ha ritenuto - in tal  caso,  legittimamente  -  di
limitare lo speciale rito premiale ai  soli  reati  considerati  meno
gravi, in quanto puniti con pena massima al di sotto della soglia dei
quattro  anni  di  pena  detentiva   e   tale   soglia   non   appare
irragionevole, dall'altro non e' possibile interpretare  diversamente
l'art. 550 del codice di procedura penale, in quanto si tratta di  un
elenco tassativo. 
    In  conclusione,  si  ritiene  la   questione   di   legittimita'
costituzionale del combinato  disposto  degli  articoli  168-bis  del
codice penale, 550 del codice di procedura penale e 73, comma quinto,
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309,  per
violazione degli articoli 3 e 27, comma terzo della Costituzione,  in
particolare per il mancato inserimento alla lettera c) dell'art.  550
del codice di procedura penale (casi di citazione diretta a giudizio)
della fattispecie p. e p. dall'art. 73,  comma  quinto,  decreto  del
Presidente  della   Repubblica   n.   309/1990,   rilevante   e   non
manifestamente infondata. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 seguenti, legge 11
marzo 1953, n. 87, solleva questione di  legittimita'  costituzionale
del combinato disposto degli articoli 168-bis del codice penale,  550
del codice di procedura  penale  e  73,  comma  quinto,  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309,  per  violazione
degli articoli 3 e 27, comma terzo della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, con sospensione del giudizio in corso. 
    Manda la cancelleria affinche' provveda a notificare la  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e a comunicarla ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera  dei  deputati,
dando atto che la stessa e' stata  letta  in  udienza  alla  presenza
delle parti. 
      Padova, 24 maggio 2024 
 
                        Il Giudice: Chillemi