N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 2024
Ordinanza del 17 ottobre 2024 del Giudice di pace di Roma nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore di
Viterbo nei confronti di A.B.M..
Straniero - Espulsione amministrativa - Trattenimento dello
straniero, di cui non e' possibile eseguire con immediatezza
l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di
permanenza per i rimpatri (CPR) - Previsione che lo straniero e'
trattenuto con modalita' tali da assicurare la necessaria
informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno
rispetto della sua dignita', secondo quanto disposto dall'art. 21,
comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 - Denunciato rinvio, pressoche'
integrale, ad una fonte subordinata - Mancata previsione di una
disciplina puntuale dei "modi" del trattenimento amministrativo -
Omessa individuazione dell'autorita' giudiziaria competente al
controllo della legalita' dei "modi" di restrizione della liberta'
personale all'interno dei CPR.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), art. 14, comma 2.
(GU n. 47 del 20-11-2024)
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI ROMA
Sezione Stranieri
L'Ufficio del Giudice di pace di Roma, in persona del G.O.P.
dott.ssa Emanuela Artone, ha pronunciato la seguente ordinanza, nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore di
Viterbo ... in data ... nei confronti del cittadino straniero sig.
B.M.A. nato il ... in ... tra Questura di Roma rappresentato e difeso
dal f.d. ACC Matera Maria e B.M.A. nato il ... in ... rappresentato e
difeso dall'avv. Monica Fortuna nominato di fiducia.
I. Fatto.
Il Questore di Viterbo, con decreto emesso ai sensi dell'art. 14,
comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana - Serie generale - n. 191 del 18 agosto
1998, indicato nella presente ordinanza come T.U.I.), in data ...,
notificato il ..., ore ..., disponeva il trattenimento nel C.P.R.
(Centro di permanenza per i rimpatri) di ..., del cittadino straniero
in epigrafe indicato.
In data ..., ore ... la Questura di Roma, ai sensi dell'art. 14,
comma 1-bis, secondo capoverso del T.U.I. (decreto legislativo n.
286/1998 - Testo unico immigrazione), nel rispetto del termine di
quarantotto ore, chiedeva all'intestato ufficio di convalidare il
decreto suddetto, con il quale veniva disposto il trattenimento
amministrativo del cittadino straniero nel C.P.R. di ...
L'udienza per l'esame della richiesta di convalida, e' stata
aperta oggi 17 ottobre 2024, ore 9,30, nel rispetto del termine di
cui all'art. 14, comma 4 del T.U.I.
La sottoscritta giudicante, all'esito dell'udienza odierna ha
ritenuto che sussistono tutti i presupposti di cui agli artt. 13 e
14, decreto legislativo n. 286/1998, per accogliere la richiesta di
convalida del decreto del Questore di Viterbo.
La richiesta di convalida e' pervenuta all'intestato ufficio il
..., ore ...; il decreto del Questore di Viterbo e' stato emesso in
data ..., e notificato il ... ore ... . L'odierna udienza del 17
ottobre 2024 e' stata aperta alle ore 9,30, e celebrata senza
soluzione di continuita', con lettura dell'ordinanza alle ore 10,30
di oggi 17 ottobre 2024.
Pertanto, sussistono i presupposti «temporali» imposti dall'art.
14 del T.U.I.
Ad avviso della giudicante, risulta legittimamente emesso il
decreto del Questore di Viterbo che ha disposto il trattenimento nel
C.P.R. di ..., per il tempo strettamente necessario alla rimozione
degli impedimenti all'accompagnamento alla frontiera, atteso che -
come emerso nel corso dell'udienza - e' necessario procedere ad
accertamenti supplementari in ordine alla identita' e nazionalita'
dello straniero e acquisire un documento valido per l'espatrio;
inoltre, e' necessario acquisire il nulla-osta al rimpatrio per i
precedenti penali pendenti.
Il decreto di espulsione presupposto, emesso dal Prefetto di Roma
il ... e notificato in pari data ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter
del Testo unico immigrazione, non appare manifestamente illegittimo.
Il cittadino straniero era infatti destinatario di ulteriore decreto
di espulsione del ..., notificato in pari data, a seguito del quale
il Questore di Roma il ... disponeva con ordine, di lasciare l'Italia
entro sette giorni dalla notifica dell'atto (avvenuta in pari data),
e lo stesso si tratteneva nel territorio italiano senza giustificato
motivo.
Aggiungasi che il cittadino straniero risulta condannato per
reati di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, violenza
privata, furto in abitazione e furto con strappo, di cui agli artt.
628 cp 572 commi 1-2, codice penale, art. 610 codice penale, alla
pena della reclusione, con interdizione dall'esercizio di tutela e
curatela (anni quattro e mesi otto), e sospensione dall'esercizio
della patria potesta' (anni quattro e mesi otto). Risulta richiesto
il nulla-osta all'espulsione alla Procura della Repubblica di
Civitavecchia.
Non vi e' prova di cause di inespellibilita' ai sensi dell'art.
19 del T.U.I., alla luce di quanto osservato, in presenza di reati
ostativi; non vi e' prova dell'esistenza di valido titolo di
soggiorno.
Risulta depositato anche il certificato rilasciato il ...
dall'Azienda sanitaria locale di ..., che attesta l'idoneita' alla
vita in comunita' ristretta.
Ad avviso della giudicante, all'esito dell'udienza odierna,
risulta quindi provata la sussistenza di tutti i presupposti per la
convalida del decreto del questore in oggetto; tuttavia, dubitando
della legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2 del T.U.I.,
e' stato sospeso il giudizio, e pronunciata la seguente ordinanza.
Il G.O.P., all'esito dell'udienza odierna del 17 ottobre 2024 ha
quindi dato lettura dell'ordinanza (stesa in calce al verbale di
udienza), con la quale - sollevata di ufficio la questione di
costituzionalita' - ha sospeso il giudizio R.G. 61303 Anno 2024
avente ad oggetto la richiesta di convalida del decreto del Questore
di Viterbo del ... che dispone il trattenimento amministrativo nel
C.P.R.., del cittadino straniero in epigrafe indicato.
Il G.O.P. ha quindi depositato, contestualmente, la seguente
ordinanza.
II. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
Nel corso dell'udienza di convalida svolta in data odierna, e'
emersa la legittimita' del decreto del questore che ha disposto il
trattenimento del cittadino straniero nel C.P.R. di ..., l'efficacia
e la non manifesta infondatezza del titolo posto alla base del
decreto questorile, come sopra esposto (punto n. I della presente
ordinanza).
Non vi e' prova che il decreto di espulsione sia stato impugnato,
ne' vi e' prova di alcun provvedimento giurisdizionale che ne abbia
sospeso l'esecutivita'.
Non vi e' alcuna prova di cause di inespellibilita', ai sensi
dell'art. 19 del T.U.I.
Osserva inoltre il G.O.P. che sussistono tutti i presupposti
richiesti dall'art. 14, comma 1, decreto legislativo n. 286/1998 per
convalidare il descritto decreto del questore, che dispone la misura
del trattenimento nel C.P.R.
Invero, il cittadino straniero risulta privo di documenti, con la
conseguente impossibilita' di effettuare immediatamente il rimpatrio;
vi e' necessita' di effettuare accertamenti supplementari in ordine
alla sua identita' o nazionalita', di acquisire i documenti per il
viaggio e la disponibilita' di un mezzo di trasporto; inoltre,
essendo privo di documento, di lavoro e di dimora stabile, sussiste
il rischio di fuga normativamente definito, nell'art 13, comma 4-bis
del T.U.I.
Alla luce di quanto osservato, inoltre, non sussistono i
presupposti per l'applicabilita' della meno invasiva «misura
alternativa» della consegna del passaporto o dell'«obbligo di firma»
ex art. 14, comma 1-bis, primo capoverso, del T.U.I., ostandovi la
mancanza di documento di identita' e la sussistenza del rischio di
fuga.
Risulta pertanto rispettata la rigorosa tempistica imposta
dall'art. 14, comma 1-bis, secondo capoverso, del T.U.I. (quarantotto
ore + quarantotto), nonche' dal comma 3 del medesimo articolo.
In conclusione, sussistono tutti i presupposti formali,
sostanziali e temporali, previsti dall'art. 14 del T.U.I., per la
convalida del decreto del Questore di Viterbo del ...
In primo luogo, la normativa in esame (art. 14, comma 1 del
T.U.I.), prevede specifici casi che legittimano l'autorita'
amministrativa a disporre la misura del trattenimento nel C.P.R., ben
diversi da quelli che legittimano l'applicazione delle misure meno
coercitive menzionate nel comma 1-bis, primo capoverso, dell'articolo
menzionato.
Non vi sono margini per poter ritenere applicabile altre misure
cautelari meno invasive (le cosiddette «misure alternative» previste
dall'art. 14, comma 1-bis, primo capoverso, del T.U.I.), ostandovi
l'espressa lettera della legge, che richiede il possesso di un valido
documento identificativo, idoneo per l'espatrio. In claris non fit
interpretatio.
Correttamente, dunque, il questore ha applicato la misura del
trattenimento amministrativo nel C.P.R., sussistendone tutti i
presupposti legislativamente previsti, dal che dovrebbe conseguire
necessariamente l'accoglimento della richiesta di convalida, da parte
dell'intestato ufficio (si vedano anche le considerazioni svolte nel
punto I della presente ordinanza).
Da cio' consegue l'evidente rilevanza della questione di
costituzionalita' dell'art. 14, comma 2 del T.U.I., norma che deve
trovare applicazione nel caso in esame, posto che la convalida del
decreto questorile che dispone il trattenimento amministrativo,
comporterebbe la permanenza coatta dello straniero nel C.P.R. (Centro
di permanenza per i rimpatri) almeno per tre mesi (v. art. 14, comma
5 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998), in stato di
restrizione della liberta' personale, tutelata dall'art. 13 della
Costituzione, secondo modalita' a tutt'oggi non disciplinate da una
normativa di rango primario, in violazione della riserva di legge
prevista dalla citata norma della Costituzione italiana.
Il giudizio di convalida del trattenimento presso il C.P.R. -
Centro di permanenza rimpatri di Ponte Galeria, non puo' essere
portato a compimento, in difetto della pregiudiziale risoluzione del
dubbio di costituzionalita' qui prospettato, atteso che - come appena
evidenziato - all'accoglimento della richiesta di convalida, consegue
necessariamente la restrizione della liberta' personale del cittadino
straniero, diritto proclamato inviolabile dall'art. 13 della
Costituzione.
Occorre evidenziare nuovamente che, al momento del deposito della
presente ordinanza, non risulta ancora scaduto il termine di
complessive novantasei ore (quarantotto + quarantotto), imposto
dall'art. 14, commi 3-4 del T.U.I., come sopra evidenziato; ne'
potrebbe escludere la «rilevanza» della presente questione, il
successivo inevitabile decorso di tale brevissimo termine, previsto
dalla legge a pena di inefficacia del trattenimento.
Ed invero, come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenze n.
22/2022; n. 127/2021; n. 84/2021), in base al principio generale di
autonomia del giudizio incidentale di costituzionalita', quest'ultimo
non risente delle vicende di fatto successive all'ordinanza di
rimessione; la rilevanza delle questioni rispetto alla decisione del
processo a quo deve pertanto essere vagliata ex ante, con riferimento
al momento della prospettazione delle questioni stesse.
In conclusione, la questione prospettata e' indubbiamente
«rilevante», ai fini del presente giudizio.
III. Valutazione della non manifesta infondatezza delle questioni di
costituzionalita'. La «detenzione amministrativa» nei C.P.R. (Centri
di permanenza per i rimpatri).
La fattispecie in esame riguarda l'applicazione del
«trattenimento amministrativo» nel Centro di permanenza per i
rimpatri (C.P.R.), del cittadino straniero irregolarmente presente
nel territorio nazionale, contemplato dall'art. 14 del decreto
legislativo n. 286 del 25 luglio1998 (T.U.I., Testo unico
immigrazione).
Trattasi di detenzione «amministrativa» finalizzata al rimpatrio
della persona straniera irregolarmente presente nel territorio
nazionale, detenzione all'interno dei C.P.R. (Centri di permanenza
per i rimpatri), contemplati dall'art. 14, comma 1 del decreto
legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, cosi' denominati dalla legge
n. 46/2017 (decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 46/2017), in sostituzione dei precedenti «C.I.E.» di
cui alla legge n. 189/2002.
I C.P.R. (Centri di permanenza per rimpatri), pur menzionati
nell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, sono disciplinati
da fonti subordinate, di seguito indicate:
a) dagli artt. 20 e 21 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, «Regolamento recante norme di
attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, a norma dell'art. 1, comma 6 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286» (al quale rinvia, per quanto qui rileva, l'art.
14, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998);
b) dal decreto ministeriale n. 12700/2014, Regolamento per
l'organizzazione e la gestione dei centri, approvato con decreto del
Ministro dell'interno n. 12700 del 20 ottobre 2014;
c) dal decreto ministeriale del Ministero dell'interno 19
maggio 2022, cd «Direttiva Lamorgese».
Secondo quanto riconosciuto dalla Corte di giustizia, Grande
Sezione, 8 novembre 2022, nelle cause C-704/20 e C-39/21 (nonche', in
nuce, dalla Corte costituzionale, sentenza n. 105/2001) il
«trattenimento» in questione, e' istituto di diritto amministrativo,
correlato alla commissione di un illecito da parte del migrante
(ingresso o permanenza nel territorio dello Stato) e finalizzato al
suo controllo fisico.
Il trattenimento, poiche' viene eseguito in centri finalizzati al
rimpatrio, e' una misura che comporta la privazione della liberta'
personale, al di fuori della materia penale, ritenuta compatibile con
gli artt. 13 della Costituzione e 5 CEDU, a condizione che la
procedura sia regolare.
Nel caso in esame, in applicazione di tale normativa, il Questore
di Roma, con comunicazione ai sensi dell'art. 14, comma 3 del T.U.I.,
ha trasmesso all'intestato Ufficio del Giudice di pace di Roma, nel
termine previsto di quarantotto ore, copia degli atti e la richiesta
di convalida del trattenimento nel C.P.R. di ..., disposto con il
decreto del questore ai sensi dell'art. 14, comma 1 del T.U.I.
L'intestato ufficio ha quindi fissato l'udienza odierna per il
giudizio di convalida, ai sensi dell'art. 14, comma 4 del T.U.I., nel
rispetto del termine di quarantotto ore prescritto nello stesso
comma.
Come sopra rilevato, sussistono tutti i presupposti
specificamente previsti dall'art. 14, comma 1 del T.U.I. (che
disciplina i «casi» del trattenimento, in conformita' con l'art. 13
della Costituzione), per accogliere la richiesta del Questore di
Roma, di convalida del decreto questorile che ha disposto il
trattenimento del cittadino straniero presso il C.P.R. di ...
Questa giudicante, tuttavia, dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 2 del T.U.I. (genericamente
dedicato ai «modi» del trattenimento amministrativo), posto che la
convalida del decreto questorile che dispone il trattenimento
amministrativo, comporta la permanenza coatta dello straniero nel
C.P.R. (Centro di permanenza per i rimpatri) per tre mesi,
prorogabile in un periodo di complessivi diciotto mesi (v. art. 14,
comma 5 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998), in stato di
restrizione della liberta' personale, tutelata dall'art. 13 della
Costituzione, secondo modalita' e procedimenti a tutt'oggi non
puntualmente disciplinati da una normativa di rango primario, in
violazione della riserva assoluta di legge prevista dall'art. 13,
comma 2 della Costituzione italiana, della riserva rinforzata di
legge di cui all'art. 10, comma 2 della Costituzione, e in violazione
altresi' del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione, in
relazione agli artt. 2 della Costituzione, 13 della Costituzione, 24
della Costituzione, 25, comma 1 della Costituzione, 111, comma 1
della Costituzione), con riferimento al caso analogo della detenzione
in sede penale, disciplinata dall'Ordinamento penitenziario (legge n.
354/1975), per la quale il controllo sulla legalita' delle modalita'
di trattenimento e' garantita dalla Magistratura di sorveglianza,
organo specializzato nella materia (art. 102, comma 2 della
Costituzione).
III.1 Analisi della normativa in oggetto.
Vengono qui in rilievo, principalmente: come parametri di
riferimento, l'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, e l'art.
3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10, comma 2
della Costituzione; l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (decreto
legislativo n. 286/1998), di cui si dubita della conformita' al
dettato costituzionale.
III.1.1 L'art. 13 della Costituzione italiana.
La Corte costituzionale (sentenza n. 238/1996), ha affermato che
la liberta' personale e' un diritto rientrante tra i valori supremi,
quale indefettibile nucleo essenziale dell'individuo; e' un diritto
fondamentale dell'uomo in quanto tale.
L'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 13 della
Costituzione e' la «liberta' personale» di ogni individuo, proclamata
«inviolabile».
Per «liberta' personale», si intende la liberta' di ogni
individuo di disporre liberamente del proprio corpo, diritto di
habeas corpus, e la connessa liberta' di autodeterminazione (liberta'
morale).
Al riguardo infatti, la norma tutela esplicitamente la persona
«comunque sottoposta a restrizioni di liberta'», da ogni forma di
«violenza fisica e morale» (si legga il dato testuale-letterale
dell'art. 13, comma 4 della Costituzione).
Le stesse espressioni letterali utilizzate dal costituente, per
la loro ampiezza e categoricita', rendono evidente che la norma
intende tutelare l'essere umano in quanto tale, da qualsiasi forma di
restrizione della sua liberta' personale.
Ci si riferisce alle espressioni utilizzate nel comma 2 dell'art.
13 della Costituzione, di seguito riportate:
«Non e' ammessa forma alcuna di ...»; «ne' qualsiasi altra
restrizione ...».
Il costituente adotta al riguardo una formula ampia ed aperta,
con l'intento evidente di fornire tutela piena ed incondizionata
contro tutte le forme, (comunque denominate), di restrizione della
liberta' personale, quali la «detenzione», l'«ispezione o
perquisizione personale».
A tal fine, con norma di chiusura, espressamente include,
nell'oggetto della tutela costituzionale, «qualsiasi altra
restrizione della liberta' personale».
Si tratta, come e' evidente, di un ampio catalogo aperto, che
include ogni forma, comunque denominata, di limitazione della
liberta' personale dell'individuo, trattandosi di diritto assoluto ed
inviolabile.
Concludendo sul punto, la restrizione della liberta' personale in
cui si concreta il trattenimento amministrativo nei C.P.R. (Centri
per i rimpatri), disposto ai sensi dell'art. 14 del decreto
legislativo n. 286/1998, rientra a pieno titolo nella copertura
dell'art. 13 della Costituzione italiana, quanto meno, nelle «altre
restrizioni della liberta' personale», menzionate nel comma 2
dell'art. 13 della Costituzione.
Passando all'esame dell'ambito soggettivo di applicazione
dell'art. 13 della Costituzione, esso va senza dubbio inteso come
l'essere umano in quanto tale, a prescindere - per quanto qui rileva
- anche dal requisito della cittadinanza, o della «regolare presenza»
nel territorio nazionale.
Invero, la «liberta' personale», oggetto della tutela apprestata
dall'art. 13 della Costituzione, rientra nel nucleo dei diritti
inviolabili dell'uomo in quanto tale, riconosciuti e garantiti dalla
Repubblica italiana nell'art. 2 della Costituzione (si veda al
riguardo, tra le altre, Corte costituzionale, sentenza n. 238/1996),
dalle fonti internazionali e dell'U.E. (es. art. 3 Dichiarazione
universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948, UDHR; art. 5 CEDU,
etc.).
Pertanto, indiscutibilmente, anche il cittadino straniero
irregolarmente presente nel territorio della Repubblica italiana,
gode della tutela apprestata dall'art. 13 della Costituzione, in
favore di tutti gli esseri umani.
In ordine alla disciplina dettata dall'art. 13 della
Costituzione, e alle «garanzie» predisposte dal costituente a tutela
dell'inviolabile diritto alla liberta' personale, si osserva quanto
segue.
L'art. 13 della Costituzione:
a) proclama solennemente che la liberta' personale e'
«inviolabile» (art. 13, comma 1 della Costituzione);
b) conseguentemente, vieta in generale, e categoricamente,
qualsiasi forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale, o
«restrizione della liberta' personale» (art. 13 della Costituzione,
comma 2);
c) prevede una riserva (assoluta) di legge per i «casi» di
restrizione (comunque denominata), della liberta' personale, da
considerarsi «eccezionali», alla luce del divieto sancito in via
generale, con annessa «riserva di giurisdizione»;
d) prevede una riserva (assoluta) di legge per i «modi» di
restrizione (comunque denominata), della liberta' personale, con
annessa «riserva di giurisdizione»;
e) per tali eccezionali «casi» e «modi» legislativamente
previsti, l'art. 13 della Costituzione impone una specifica procedura
a garanzia, sancendo che la restrizione della liberta' personale
debba essere previamente disposta con atto motivato dell'autorita'
giudiziaria (riserva di giurisdizione): art. 13 della Costituzione,
comma 2, in relazione al comma 3;
f) l'art. 13, comma 3 della Costituzione, contempla poi la
possibilita' che il provvedimento di restrizione della liberta'
personale venga adottato in prima battuta dall'autorita'
amministrativa, prevedendo una serie di stringenti garanzie, e la
necessita' della convalida da parte dell'autorita' giudiziaria entro
un brevissimo termine, a pena di perdita di efficacia.
Per i casi eccezionali di necessita' ed urgenza, indicati
tassativamente dalla legge, puo' quindi essere riconosciuto il potere
dell'autorita' amministrativa di pubblica sicurezza, di adottare
provvedimenti «provvisori» che incidono sulla liberta' personale.
In tal caso, l'autorita' amministrativa ha l'obbligo di
comunicare all'autorita' giudiziaria entro quarantotto ore detto
provvedimento provvisorio, a pena di perdita di efficacia dello
stesso, e nel termine di ulteriori quarantotto ore, se non
convalidato dall'autorita' giudiziaria, si intendera' revocato, e
privo di ogni effetto (art. 13, comma 3 della Costituzione).
In sintesi, l'art. 13 della Costituzione, a garanzia
dell'inviolabile diritto alla liberta' personale, prevede:
una riserva assoluta di legge su casi e modi di
«restrizione», eccezionalmente consentita, della liberta' personale;
una riserva di giurisdizione;
una procedura ad hoc, con stringenti brevi termini per la
convalida, nel caso in cui il controllo giurisdizionale avvenga «ex
post», a pena di perdita di efficacia del provvedimento che limita la
liberta' personale.
In ordine alla riserva di legge prevista dall'art. 13, comma 2
della Costituzione, la stessa e' pacificamente riconosciuta come
«riserva di legge assoluta» (v., tra le altre: Corte costituzionale
n. 22/2022; Corte costituzionale n. 177/1980; Corte costituzionale n.
238/1996), come si desume:
dall'espressione letterale utilizzata («nei soli casi e modi
previsti dalla legge»), che non sembra lasciare alcun significativo
spazio di intervento, al cd «Potere esecutivo», (autorita' di Governo
o amministrativa), nel determinare il contenuto della normativa in
questione;
dalla natura stessa del diritto tutelato, la liberta'
personale, espressamente proclamato inviolabile dall'art. 13 della
Costituzione, e rientrante nel catalogo dei diritti fondamentali di
cui all'art. 2 della Costituzione italiana.
L'assolutezza e l'inviolabilita' del diritto fondamentale
alla liberta' personale, trovano testuale riscontro nelle garanzie
apprestate dal costituente, che si premura di imporre la riserva
assoluta di legge, estesa alla disciplina di «casi e modi», e la
connessa e coerente riserva di giurisdizione.
Lo scopo perseguito dal costituente, e' di ridurre al minimo
i poteri dell'autorita' di pubblica sicurezza, e di circoscrivere la
discrezionalita' dell'autorita' giudiziaria, sia con riguardo ai
«casi», che ai «modi» dell'eccezionale restrizione della liberta'
fisica della persona.
Il diritto alla liberta' personale, solennemente proclamato
inviolabile, garantito dalla riserva assoluta di legge (fonte
primaria statale, v. Corte costituzionale sentenza n. 22/2022), deve
infatti - metaforicamente - avere dinanzi a se' unicamente il potere
legislativo, attribuito al Parlamento italiano, massima espressione
del sistema democratico.
Pertanto, non puo' residuare, in ragione della proclamata
inviolabilita', alcun significativo spazio, demandato alla
discrezionalita' di poteri diversi da quello legislativo.
E' dunque soltanto la «legge» che puo' e deve individuare
specificamente i «casi» (le ipotesi), e i «modi» (modalita',
procedure, garanzie giurisdizionali, di controllo di legalita' da
parte dell'autorita' giudiziaria), per le restrizioni della liberta'
personale, che integrano - ai sensi dell'art. 13, comma 2 della
Costituzione - «eccezioni» alla proclamata «inviolabilita'» di tale
fondamentale diritto.
La riserva di legge sancita dall'art. 13, comma 2 della
Costituzione e' «assoluta», la disciplina e' riservata alla legge del
Parlamento italiano, con esclusione di altre fonti.
Come e' noto, e ribadito da autorevole dottrina, nelle
materie riservate in via assoluta alla legge, resta escluso
l'esercizio del potere regolamentare, salvo che si tratti di
regolamenti di stretta esecuzione.
***
Che si tratti di riserva assoluta di legge (art. 13 della
Costituzione), e che sussista la necessita' che la legge preveda e
disciplini compiutamente i «modi», oltre che i «casi», della misura
che incide sulla liberta' personale, risulta confermato anche dalla
recente sentenza n. 22/2022 della Corte costituzionale, in un caso
analogo (la privazione di liberta' nelle «REMS»).
La privazione della liberta' nelle «REMS», e' senza dubbio un
caso analogo al trattenimento amministrativo nel C.P.R., ai sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1992, trattandosi sempre
della restrizione della liberta' personale, identico bene supremo,
egualmente tutelato e garantito, in entrambi i casi, dall'art. 13
della Costituzione.
Invero, con riferimento all'analoga questione relativa alla
Misura di sicurezza del Ricovero provvisorio presso una residenza per
l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), sulla cui esecuzione
e' chiamato a sovraintendere il Magistrato di sorveglianza, nella
sentenza citata (n. 22/2022 della Corte costituzionale), si ribadisce
la necessita' di applicare all'intera disciplina il principio della
riserva di legge.
Nella sentenza della Corte costituzionale n. 22/2022,
relativa al citato caso ritenuto analogo:
si conferma l'inderogabilita' della riserva assoluta di
legge, estesa ai «modi», oltre che ai «casi», di restrizione della
liberta' personale;
si chiarisce che la riserva assoluta di legge statale, deve
intendersi estesa, alla luce dell'art. 13, secondo comma della
Costituzione, alla previsione non solo dei «casi», ma anche, almeno
nel loro nucleo essenziale, dei «modi» con cui la misura di sicurezza
(nel nostro caso, il trattenimento amministrativo nel C.P.R., ai
sensi dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998), puo'
restringere la liberta' personale del soggetto che vi sia sottoposto;
si afferma «la necessita' che la legge preveda anche i
"modi", oltre che i "casi", di applicazione della misura restrittiva
della liberta' personale, e che il trattamento al quale la persona e'
sottoposta sia descritto e disciplinato dalla legge».
Si riportano testualmente alcuni passi della motivazione di
tale sentenza (Corte costituzionale n. 22/2022), sul punto:
«allorche' la misura (nel caso in esame, il trattenimento
nel C.P.R.) sia configurata dalla legge come "coattiva" - potendo il
suo destinatario essere costretto con la forza a sottoporvisi, sia
pure entro il limite segnato dal rispetto della persona umana -, si
applicano le garanzie dell'art. 13 della Costituzione, che tutela in
via generale la liberta' personale, posta in causa in ogni caso di
coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona; di qui la
necessita' che la legge preveda anche i "modi", oltre che i "casi",
di applicazione della misura restrittiva della liberta' personale, e
che il trattamento al quale la persona e' sottoposta sia descritto e
disciplinato dalla legge»;
(...) «l'attuale disciplina di assegnazione alle REMS
contrasta con la riserva assoluta di legge in materia di misure di
sicurezza e di trattamenti sanitari obbligatori, in quanto i "modi"
di esecuzione della misura restano pressoche' esclusivamente affidati
a fonti subordinate e accordi tra il Governo e le autonomie
territoriali»;
«la legge non puo' non farsi carico della necessita' di
disciplinare in modo chiaro, e uniforme sul territorio, il ruolo e i
poteri della Magistratura di sorveglianza rispetto al trattamento
degli internati e ai loro strumenti di tutela giurisdizionale nei
confronti delle relative amministrazioni (...)».
III.1.2 L'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 (Testo unico
immigrazione - T.U.I.).
Come e' noto, il Testo unico immigrazione (decreto legislativo n.
286/1998), e' stato emanato in attuazione della delega contenuta
nell'art. 47, comma 1 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
L'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, riproduce quindi,
pedissequamente, l'art. 12 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
L'art. 14, comma 2, decreto legislativo n. 286/1998, nel testo
attualmente vigente, contiene le modifiche apportate dall'art. 3,
comma 4 del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (convertito in
legge n. 173/2020).
L'art. 14, comma 1 T.U.I., rappresenta una delle eccezionali
ipotesi contemplate dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, essendo
attribuito all'autorita' di pubblica sicurezza (questore), il potere
del tutto eccezionale di adottare il provvedimento provvisorio che
integra la restrizione della liberta' personale, segnatamente il
decreto che dispone «che lo straniero sia trattenuto per il tempo
strettamente necessario presso il Centro di permanenza per i
rimpatri» (...).
La norma e' conforme all'art. 13, commi 2 e 3 della Costituzione,
indicando l'autorita' giudiziaria competente al controllo (ex post)
della sussistenza dei «casi» (il Giudice di pace, v. art. 14, comma 3
del T.U.I.), e disciplinando specificamente «i casi» che legittimano
il trattenimento (v. art. 14, comma 1 del T.U.I.), elencando al
riguardo:
1) le ipotesi ex art. 13, comma 4-bis del T.U.I., che
concretano il «rischio di fuga» normativamente previsto (mancato
possesso di passaporto o altro documento equipollente in corso di
validita'; mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la
disponibilita' di un alloggio ove possa essere agevolmente
rintracciato; avere in precedenza dichiarato o attestato falsamente
le proprie generalita'; non avere ottemperato ad uno dei
provvedimenti emessi dalla competente autorita', in applicazione
dell'art. 13, commi 5 e 13 T.U.I., nonche' dell'art. 14; avere
violato anche una delle misure di cui al comma 5.2 - le cd «misure
alternative»);
2) la necessita' di prestare soccorso allo straniero, o
3) di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla
sua identita' o nazionalita' ovvero
4) acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilita'
di un mezzo di trasporto idoneo.
Ulteriore delimitazione dell'eccezionale potere conferito dalla
fonte primaria all'autorita' amministrativa, si rinviene nell'art.
14, comma 1.1 del T.U.I., che, sempre in adempimento alla riserva di
legge assoluta, elenca specificamente le categorie di soggetti
(pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero cittadini di
Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione), per i
quali il «trattenimento» deve essere disposto con priorita', ed
indica i precisi parametri normativi per l'accertamento incidentale
di tali presupposti.
Ancora, la normativa in oggetto (art. 14, commi 3-4 del T.U.I.,
in combinato disposto con l'art. 14, comma 1), e' conforme all'art.
13, comma 3 della Costituzione, imponendo all'autorita' di pubblica
sicurezza (questore), di trasmettere copia degli atti al Giudice di
pace territorialmente competente per la convalida, senza ritardo e
comunque entro quarantotto ore dall'adozione del provvedimento; la
convalida, ai sensi del comma 4, dovra' avvenire nel termine
perentorio delle successive quarantotto ore, a pena di perdita di
efficacia del provvedimento del questore che ha disposto il
trattenimento ai sensi dell'art. 14, comma 1 del T.U.I.
Ai sensi dell'art. 14, comma 5 del T.U.I., la convalida comporta
la permanenza nel centro (C.P.R.) per un periodo di complessivi tre
mesi, (che peraltro e' suscettibile di proroghe di ulteriori tre mesi
in tre mesi, per una durata massima di diciotto mesi, limite massimo
ammesso dalla direttiva 2008/115/CE).
***
Come sopra evidenziato, dalla lettera dell'art. 14 del decreto
legislativo n. 286/1998, emerge che la permanenza del cittadino
straniero nel C.P.R. (Centro di permanenza per i rimpatri), integra
una «restrizione della liberta' personale», tutelata dall'art. 13
della Costituzione italiana (v. in tal senso anche Corte
costituzionale, sentenza n. 105/2001).
Il trattenimento nel Centro di permanenza per i rimpatri (che
attualmente puo' avere una durata massima di diciotto mesi), integra
una limitazione della libera disponibilita' del corpo della persona,
dunque e' misura che incide sulla liberta' fisica dell'individuo.
L'avvenuta «restrizione della liberta' personale» del cittadino
straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato, oggetto
della tutela apprestata dall'art. 13 della Costituzione, e'
confermata dalla natura del trattenimento amministrativo,
cristallizzata:
nell'art. 14, comma 7 del T.U.I., ove si prevede
espressamente: a) il potere dell'autorita' amministrativa (questore),
di adottare «efficaci misure di vigilanza affinche' lo straniero non
si allontani indebitamente dal centro», e di eseguire coattivamente
tali misure avvalendosi della forza pubblica (per impedire
l'allontanamento del cittadino straniero dal Centro di permanenza per
i rimpatri); b) inoltre all'autorita' amministrativa e' attribuito il
potere di provvedere, «nel caso la misura sia violata, a ripristinare
il trattenimento mediante l'adozione di un nuovo provvedimento di
trattenimento»;
nel dato testuale-letterale dell'art. 14, comma 4 del T.U.I.,
ove si prevede che, per regola, l'interessato sia «condotto» nel
luogo in cui il giudice tiene l'udienza, (ferma la liberta' di non
comparire davanti al giudice per rendere dichiarazioni, art. 14,
comma 4, ultima parte);
nella disciplina contenuta nell'art. 14, commi 3 e 4 del
T.U.I., sopra descritta, che ricalca pedissequamente il dettato
costituzionale (art. 13, comma 3 della Costituzione), nell'imporre la
rigorosa tempistica, con scansione temporale rigidamente
predeterminata dal legislatore, per la convalida «ex post» da parte
dell'autorita' giudiziaria, da eseguirsi nel termine massimo di
novantasei ore (quarantotto ore + quarantotto ore), oltre alla
previsione delle fondamentali garanzie processuali analoghe al
processo penale, in conformita' con il diritto di difesa tutelato
dall'art. 24 della Costituzione (difesa di ufficio, e patrocinio a
spese dello Stato, che in questo caso e' riconosciuto ex lege: v.
art. 14, comma 4 del T.U.I.).
In conclusione, dal dato testuale-letterale emerge che il
trattenimento amministrativo contemplato nell'art. 14, comma 1 del
T.U.I., nei Centri di permanenza per i rimpatri, integra l'ipotesi di
«altre restrizioni della liberta' personale» dell'individuo,
menzionate nell'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana (v.
Corte costituzionale, sentenza n. 105/2001), che al riguardo impone
una riserva di giurisdizione («atto motivato dell'autorita'
giudiziaria», su «casi e modi»), e una riserva assoluta di legge
(«nei soli casi e modi previsti dalla legge»), in ragione
dell'inviolabilita' del diritto fondamentale tutelato da tale norma.
Si tratta indubbiamente di una riserva «assoluta» di legge, unica
garanzia di tutela piena, effettiva, coerente con l'inviolabilita'
del diritto (assoluto), alla liberta' personale (v. Corte
costituzionale n. 177-1980; Corte costituzionale n. 238-1996; Corte
costituzionale n. 22-2022).
IV. Prima questione di costituzionalita'. Sulla violazione, ad opera
dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998 - T.U.I.
della «riserva assoluta di legge» imposta dall'art. 13, comma 2 della
Costituzionale, in materia di liberta' personale («modi» di
restrizione della liberta' personale).
Si premette che, ad avviso del giudice a quo, la «riserva di
legge» risulta rispettata (dall'art. 14 del T.U.I.), soltanto
riguardo ai «casi», richiamati dall'art. 13, comma 2 della
Costituzione.
Al riguardo, infatti, l'art. 14, comma 1 del T.U.I., elenca
specificamente e puntualmente le ipotesi che legittimano il questore
a disporre il trattenimento amministrativo nei C.P.R. (si vedano le
considerazioni sopra svolte).
Risultano dunque specificamente indicati i «casi» della
eccezionale restrizione della liberta' personale (v. art. 14, comma 1
del T.U.I.), individuato il giudice competente al controllo
giurisdizionale della sussistenza di tali «casi» (v. art. 14, comma 3
del T.U.I.), e prevista la rigorosa scansione temporale per la
convalida, in sede giudiziaria, del trattenimento previamente
disposto dall'autorita' amministrativa (v. art. 14, commi 3-4 del
T.U.I.).
Si dubita, invece, della conformita' dell'art. 14, comma 2 del
T.U.I., all'art. 13, comma 2 della Costituzione, che sancisce la
riserva assoluta di legge anche riguardo ai «modi» della restrizione
della liberta' personale, consentita soltanto in via «eccezionale».
Si rammenta che il secondo comma dell'art. 14 del decreto
legislativo n. 286/1998, riproduceva pedissequamente l'art. 12, comma
2 della legge n. 40/1998, testo poi modificato dall'art. 3, comma 4,
decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito in legge n.
173/2020.
Riguardo ai «modi» della restrizione della liberta' personale,
l'art. 14, comma 2 cit., qui sostanzialmente tace, salvo il
riferimento generico (e in definitiva «superfluo»), a principi di
carattere generale, la cui applicazione e' pacificamente riconosciuta
nel nostro ordinamento giuridico; vi e' poi un espresso rinvio ad una
fonte subordinata.
Aggiungasi che, in ogni caso, il rinvio generico alla fonte
secondaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999), non
potrebbe comunque valere per l'individuazione del giudice competente
al controllo dei «modi» del trattenimento amministrativo, riservata
alla legge, dall'art. 25, comma 1 della Costituzione (come anche il
processo dinanzi allo stesso giudice: v. art. 111, comma 1 della
Costituzione).
L'art. 14, comma 2 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998
(come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a), decreto-legge 21
ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 18
dicembre 2020, n. 173), si limita infatti a disporre che: «lo
straniero e' trattenuto nel centro presso cui sono assicurati
adeguati standard igienico sanitari e abitativi con modalita' tali da
assicurare la necessaria informazione relativa al suo status
l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignita', secondo quanto
disposto dall'art. 21, comma 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto dall'art.
2, comma 6, e' assicurata in ogni caso la liberta' di corrispondenza
anche telefonica con l'esterno».
A tale quadro, ben poco aggiunge l'art. 14, comma 2-bis,
prevedendo che: «lo straniero trattenuto puo' rivolgere istanze o
reclami orali o scritti anche in busta chiusa al garante nazionale e
ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone private della
liberta' personale».
Le norme appena menzionate (art. 14, commi 2 e 2-bis del decreto
legislativo n. 286/1998), non soddisfano i requisiti di precisione,
implicitamente imposti dalla riserva assoluta di legge; risulta poi
totalmente omessa l'individuazione dell'autorita' giudiziaria
competente al controllo di legalita' dei «modi» di privazione della
liberta' personale, parimenti oggetto di riserva assoluta di legge
(art. 25, comma 1 della Costituzione), con ripercussioni sul
principio di eguaglianza, sul diritto di difesa, sulla tutela del
diritto alla salute dei soggetti in stato di detenzione
amministrativa.
Come riconosciuto da autorevole dottrina, nelle materie riservate
in via assoluta alla legge, resta escluso l'esercizio del potere
regolamentare, salvo che si tratti di regolamenti di stretta
esecuzione.
Tale disciplina, va confrontata con quella dettata nel caso
analogo di limitazione della liberta' personale, dall'Ordinamento
penitenziario (legge n. 354/1975), che regola puntualmente le
modalita' in cui deve svolgersi la detenzione in sede penale, e le
connesse garanzie, in conformita' con la riserva di legge assoluta
prevista dall'art. 13, comma 2 della Costituzione (v. Corte
costituzionale, n. 26/1999), e con gli artt. 24 della Costituzione,
25, comma 1 della Costituzione, 111, comma 1 della Costituzione
(l'O.P., per il caso analogo, contempla anche ruolo e poteri della
Magistratura di sorveglianza: v. artt. 68 e seguenti della legge n.
354/1975).
Al contrario, per la detenzione amministrativa, l'unica fonte
primaria (art. 14 del Testo unico immigrazione, decreto legislativo
n. 286/1998), non prevede ne' i «modi», ne' i procedimenti a garanzia
dei diritti del trattenuto, ne' individua l'autorita' giudiziaria
competente al controllo dei «modi» di privazione della liberta'
personale, per tutto l'arco temporale in cui si protrae il
trattenimento all'interno del C.P.R.
La tutela del cittadino straniero che si trovi in stato di
«restrizione della liberta' personale» all'interno dei C.P.R., e per
tutta la durata della detenzione amministrativa, e' sostanzialmente
affidata - nella situazione attuale - alla fonte secondaria (art. 21,
decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999, intitolato
«modalita' del trattenimento», richiamato dall'art. 14, comma 2 del
decreto legislativo n. 286/1998), e alle altre fonti gerarchicamente
subordinate, sopra richiamate.
In conclusione, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., viola la riserva
assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2 della Costituzione,
rinviando pressoche' integralmente a fonti subordinate, per la
disciplina dei «modi» di privazione della liberta' personale,
omettendo inoltre di individuare l'autorita' giudiziaria competente
al controllo di legalita' dei «modi», e di disciplinare ruolo e
poteri di tale giudice.
Nei «modi» in questione, rientrano necessariamente le modalita'
del trattenimento, le procedure, le garanzie giurisdizionali a tutela
dei diritti dei trattenuti, analiticamente disciplinati nel caso
analogo della detenzione «penale», dall'Ordinamento penitenziario
(legge n. 354/1975).
Tanto premesso (e anche alla luce della sentenza della Corte
costituzionale n. 22/2022 sulle REMS, resa in caso ritenuto analogo
al presente), il giudice a quo ritiene non manifestamente infondato
il dubbio di legittimita' costituzionale, per contrasto dell'art. 14,
comma 2 del T.U.I., con l'art. 13, comma 2 della Costituzione, atteso
che:
la detenzione amministrativa e' prevista dall'art. 14, commi
1-2, decreto legislativo n. 286/1998 (T.U.I. - Testo unico
immigrazione), unica fonte di rango primario che la disciplina;
l'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, non
ha contenuto precettivo, limitato ad indicazioni generiche e di
principio, e affida pressoche' esclusivamente alla fonte subordinata
(art. 21, comma 8, decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1999, n. 394), i «modi» di esecuzione del «trattenimento
amministrativo» nei C.P.R., in contrasto con la riserva assoluta di
legge imposta dall'art 13, comma 2 della Costituzione;
nell'art. 14 in questione, risulta infatti omesso l'elenco
dei diritti dei soggetti «trattenuti», ed omessa la previsione
dell'annessa disciplina; non si menzionano, ne' si descrivono, le
modalita' del trattenimento, le garanzie procedimentali e
giurisdizionali, a tutela di tali diritti;
nell'art. 14 in questione, non risulta individuata alcuna
autorita' giudiziaria competente al controllo di legalita' dei «modi»
del trattenimento amministrativo (come ad es. la Magistratura di
sorveglianza, indicata nella legge sull'Ordinamento penitenziario,
legge n. 354/1975, nel caso ritenuto analogo, esaminato da Corte
costituzionale, n. 22/2022);
non risultano quindi disciplinati ne' ruolo, ne' i poteri
dell'autorita' giudiziaria competente, rispetto al controllo dei
«modi» del trattenimento dei cittadini stranieri «irregolari», in
stato di detenzione amministrativa;
il rinvio operato dall'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n. 286/1998, alle indicate fonti subordinate, si risolve
in una tecnica per aggirare la riserva assoluta di legge prevista
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione.
La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2 della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza di una fonte di
rango primario, che contenga precetti specifici, sufficientemente
precisi, in guisa tale da porre stringenti vincoli alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in coerenza con il
diritto fondamentale tutelato dagli artt. 2 della Costituzione e 13
della Costituzione (liberta' personale).
Il termine di comparazione e' certamente costituito - per le
fattispecie analoghe di restrizione della liberta' personale - dalla
normativa contenuta nell'O.P., Ordinamento penitenziario (legge 26
luglio 1975, n. 354 - fonte primaria), con analitica disciplina delle
modalita' della detenzione negli istituti penitenziari, e norme
riguardanti anche ruolo e compiti della Magistratura di sorveglianza.
Pertanto, non e' sufficiente, per superare il dubbio di
legittimita' costituzionale, l'interpretazione «estensiva», che
individua nel Giudice di pace tale autorita' giudiziaria, posto che
la legge (art. 14, comma secondo del decreto legislativo n.
286/1998), non disciplina ne' il ruolo ne' i poteri del Giudice di
pace rispetto al trattamento degli stranieri «trattenuti» nei C.P.R.,
in stato di detenzione amministrativa; inoltre, ostano a tale
soluzione anche le ulteriori norme della Costituzione, che prevedono
la riserva di legge (v. artt. 25, comma 1 della Costituzione, e 111,
comma 1 della Costituzione).
Ed infatti, l'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, si
limita ad individuare nel Giudice di pace il giudice competente al
controllo dei «casi» di trattenimento amministrativo, mentre, in
relazione ai «modi» del trattenimento amministrativo, la fonte
primaria tace del tutto.
Aggiungasi che l'art. 10, comma 2 della Costituzione prevede
anche una riserva «rinforzata» di legge, imponendo che la condizione
giuridica dello straniero sia regolata dalla legge, in conformita'
delle norme e dei trattati internazionali.
In conclusione, la questione di legittimita' dell'art. 14, comma
2 del T.U.I., per contrasto con la riserva assoluta di legge sui
«modi» di restrizione della liberta' personale, imposta dall'art. 13,
comma 2 della Costituzione, non e' manifestamente infondata, ad
avviso del giudice a quo.
V. Seconda questione di costituzionalita': sulla violazione, ad opera
dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998 - T.U.I.
del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), con
riferimento al diritto alla liberta' personale proclamato inviolabile
dagli artt. 2 della Costituzione e 13 della Costituzione, al diritto
di difesa dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, precostituito
per legge (art. 24 della Costituzione; 25, comma 1 della
Costituzione; 111, comma 1 della Costituzione), e al diritto alla
salute (art. 32 della Costituzione). Ingiustificata disparita' di
trattamento, con la situazione, sostanzialmente identica, della
detenzione in sede penale, analiticamente disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), per la quale il
controllo sulla legalita' delle modalita' della restrizione, e'
garantita dalla Magistratura di sorveglianza, organo specializzato
nella materia (art. 102, comma 2 della Costituzione).
Il giudice a quo dubita altresi' della legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 2 del T.U.I., per violazione del
principio di eguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui, omettendo di disciplinare i «modi» del
trattenimento amministrativo nei C.P.R., ed omettendo di prevedere la
competenza, il ruolo e i poteri dell'autorita' giudiziaria deputata
alla tutela dei diritti dei soggetti in stato di detenzione
amministrativa, attua una ingiustificata ed irragionevole disparita'
di trattamento, con la situazione, sostanzialmente identica, dei
soggetti in stato di detenzione «penale» nelle strutture carcerarie,
puntualmente disciplinata dall'Ordinamento penitenziario (legge n.
354/1975).
Non si puo' dubitare del fatto che il principio di eguaglianza,
sancito nell'art. 3 della Costituzione italiana, valga anche per lo
straniero, rispetto al cittadino italiano, nella sfera dei diritti
inviolabili, tra cui la liberta' personale (v. combinato disposto
degli artt. 2, 3 e 10, comma 2 della Costituzione; v. sentenze della
Corte costituzionale, n. 120/1967; n. 21/1968; n. 54 del 1979; n.
231/2001; n. 432/2005).
La denunziata disparita' di trattamento, e' cosi' sintetizzata.
Per gli stranieri irregolarmente presenti nel territorio
nazionale, che si trovino in stato di «detenzione amministrativa»,
all'interno dei C.P.R. (Centri per i rimpatri), la disciplina di
rango «primario», e' dettata esclusivamente dall'art. 14, comma 2 del
decreto legislativo n. 286/1998, che:
in violazione della riserva assoluta di legge imposta
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, non disciplina i «modi»
della privazione della liberta' personale all'interno dei C.P.R.
limitandosi ad enunciare principi generali il cui richiamo e'
superfluo, e rinvia pressoche' integralmente, per la disciplina, alla
fonte secondaria (art. 21, comma 8, decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394);
omette del tutto di individuare l'autorita' giudiziaria
competente alla tutela dei diritti del cittadino straniero trattenuto
nei C.P.R., omissione per la quale a fortiori non puo' valere il
suddetto rinvio alla fonte subordinata, per l'esistenza di plurime
norme della Costituzione, che impongono la riserva di legge (art. 25,
comma 1 della Costituzione; art. 111, comma 1 della Costituzione;
art. 13, comma 2 della Costituzione).
In particolare ed in sintesi, l'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n. 286/1998, omette di prevedere e disciplinare:
i «modi» del trattenimento, ossia omette del tutto di
descrivere e disciplinare il trattamento al quale la persona e'
sottoposta, omette di elencare i diritti riconosciuti ai trattenuti
all'interno dei C.P.R., le procedure a garanzia, gli strumenti di
tutela giurisdizionale nei confronti dell'amministrazione; omette di
indicare le garanzie del trattenuto, i suoi diritti durante il
periodo di detenzione amministrativa;
non individua gli standard minimi di tutela (anche con
riferimento al fondamentale diritto alla salute), dei soggetti
trattenuti nei C.P.R., in relazione ai quali, il parametro di
legittimita' e' senza dubbio costituito dalla normativa contenuta
nell'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), e dalla CEDU, che
il legislatore italiano e' tenuto a rispettare (art. 117, comma 1
della Costituzione);
omette di indicare le modalita' di tutela dei suoi diritti
fondamentali (incluso il diritto alla salute), all'interno dei
C.P.R., e durante tutto il periodo del trattenimento; i procedimenti
di audizione e decisione riguardanti il trattenuto, i rimedi
giurisdizionali avverso le violazioni di tali diritti, potenzialmente
perpetrate all'interno dei C.P.R.;
omette di individuare l'autorita' giudiziaria
(specializzata), competente alla tutela dei diritti del soggetto in
stato di detenzione amministrativa nei C.P.R., e competente rispetto
alla gestione e al trattamento di tali soggetti; omette quindi anche
di disciplinare ruolo, compiti e poteri dell'autorita' giudiziaria in
questione.
Come e' evidente, sussiste un vero e proprio vuoto normativo
(fonte primaria), realizzato dall'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n. 286/1998, in forza del quale, i «modi» del
trattenimento all'interno dei C.P.R., l'esercizio e la tutela dei
diritti degli stranieri trattenuti nei C.P.R., sono demandati alla
discrezionalita' di Prefettura, Questura, ed enti privati gestori dei
C.P.R., senza la garanzia di un effettivo controllo giurisdizionale
del trattamento: risulta infatti omessa anche la previsione di un
controllo giurisdizionale analogo a quello esercitato dalla
Magistratura di sorveglianza, prevista dall'Ordinamento penitenziario
(v. artt. 68 e seguenti, legge n. 354/1975).
Al contrario, la situazione dei soggetti detenuti all'interno
delle strutture carcerarie, e' puntualmente disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (fonte primaria, legge n. 354/1975),
che in sintesi prevede e disciplina i diritti dei detenuti, le
garanzie sul trattamento penitenziario, i rimedi giurisdizionali, e
prevede la competenza della Magistratura di sorveglianza
(«specializzata»), deputata al controllo sulla legalita' delle
modalita' della restrizione della liberta' personale, alla tutela
giurisdizionale dei diritti dei detenuti.
Quindi, per i detenuti all'interno degli istituti carcerari in
sede penale, la fonte primaria (Ordinamento penitenziario), in
conformita' con gli artt. 13, comma 2 della Costituzione, e 24 della
Costituzione, disciplina analiticamente i «modi» della detenzione, e
al riguardo individua ruolo e compiti della Magistratura di
sorveglianza (v., ad es. artt. 11, comma 4, 13, 14-ter, 35, 35-bis,
35-ter, 68 e seguenti, della legge n. 354/1975).
Sussiste quindi una irragionevole ed ingiustificata disparita' di
trattamento, tra situazioni sostanzialmente eguali (trattenuti nei
C.P.R., a titolo di «detenzione amministrativa», ai sensi dell'art.
14, comma 1 del decreto legislativo n. 286/1998; detenuti negli
istituti penitenziari ex art. 59, legge n. 354/1975, a titolo di
«detenzione penale»), in violazione dell'art. 3 della Costituzione,
con riferimento al diritto alla liberta' personale proclamato
inviolabile dagli artt. 2 della Costituzione e 13 della Costituzione,
al diritto di difesa dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale,
precostituito per legge (art. 24 della Costituzione; 25, comma 1
della Costituzione; 111, comma 1 della Costituzione), e al diritto
alla salute (art. 32 della Costituzione).
Come chiarito da risalente ed autorevole dottrina, il principio
di eguaglianza costituisce presupposto essenziale dei diritti
fondamentali dell'uomo, tutelati dall'art. 2 della Costituzione, tra
cui la liberta' personale, proclamata inviolabile dall'art. 13 della
Costituzione.
Le evidenziate (macroscopiche) omissioni di disciplina di rango
primario, concretate dall'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.
286/1998, e l'espresso rinvio, pressoche' integrale ed
incondizionato, alla fonte subordinata, oltre a contrastare con la
riserva assoluta di legge (art. 13, comma 2 della Costituzione),
integrano altresi', contemporaneamente - ad avviso della rimettente -
la diretta violazione del principio di eguaglianza sancito nell'art.
3 della Costituzione, con riferimento ai diritti inviolabili alla
liberta' personale, (tutelato dagli artt. 2 della Costituzione e 13
della Costituzione), al diritto di difesa dinanzi ad un giudice terzo
ed imparziale, precostituito per legge (art. 24 della Costituzione;
25, comma 1 della Costituzione; 111, comma 1 della Costituzione), e
al diritto alla salute (art. 32 della Costituzione).
Tali fondamentali diritti, risultano inevitabilmente compromessi,
dall'assenza di una disciplina di rango primario, circa i «modi» del
trattenimento nei C.P.R., e dalla mancata previsione dell'autorita'
giurisdizionale («specializzata»), deputata al controllo del rispetto
dei diritti fondamentali dei trattenuti.
L'evidenziata diversita' di trattamento, risulta ingiustificata
ed irragionevole, riguardando fattispecie sostanzialmente analoghe.
Si osserva, infatti, che entrambe le due categorie di soggetti,
sono in stato di restrizione della liberta' personale, bene giuridico
leso, costituzionalmente protetto (art. 13 della Costituzione), che
e' identico, sia per i trattenuti all'interno dei C.P.R. (detenzione
amministrativa, art. 14, comma 1 del T.U.I.), sia per i detenuti
negli istituti penitenziari (detenzione in sede penale, disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario).
Entrambe le categorie di soggetti (in stato di detenzione
amministrativa e di detenzione «penale»), subiscono la restrizione
del medesimo diritto proclamato inviolabile, la liberta' personale e
fisica (tutelata dagli artt. 2 della Costituzione e 13 della
Costituzione), con inevitabili ripercussioni sul diritto di salute
(art. 32 della Costituzione), e sul diritto di difesa garantito
dall'art. 24 della Costituzione (parimenti inviolabile).
Del resto, la limitazione della liberta' fisica all'interno dei
C.P.R., al pari di quella che avviene all'interno delle strutture
carcerarie gestite dallo Stato, si protrae per un significativo arco
temporale (attualmente, massimo diciotto mesi), nel corso del quale
possono naturalmente verificarsi gli episodi piu' disparati, che
inevitabilmente coinvolgono molteplici diritti fondamentali dell'uomo
(salute, liberta' fisica e morale, diritto di difesa).
La situazione in cui si trovano le due categorie di soggetti, e'
quindi sostanzialmente identica, concretandosi nella restrizione
della liberta' personale, che rientra nell'alveo di applicazione
dell'art. 13, comma 2 della Costituzione.
L'art. 13, comma 2 della Costituzione impone, in entrambi i casi
(sostanzialmente identici), l'esistenza di una dettagliata disciplina
di rango primario, di competenza del Parlamento della Repubblica
(massima espressione del sistema democratico), a tutela dei diritti
fondamentali necessariamente coinvolti, durante lo stato di
restrizione della liberta' personale, a tal fine restando
indifferente la natura, «amministrativa» o «penale», del titolo del
trattenimento.
Alla identita' di situazioni, e del diritto sostanziale
costituzionalmente tutelato (liberta' personale), nella detenzione
«penale» ed amministrativa», corrispondono tuttavia,
irragionevolmente, discipline diverse, sia per la fonte da cui
promanano (primaria e secondaria), sia per la evidenziata carenza
assoluta di disciplina e di tutela, anche giurisdizionale, per la
«detenzione amministrativa».
Come rilevato, sussiste una significativa lacuna normativa circa
la tutela dei diritti dei trattenuti all'interno dei C.P.R., che e'
sostanzialmente demandata, dall'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n. 286/1998, alle fonti subordinate, alla
discrezionalita' del «potere esecutivo», nonche' delle Prefetture,
Questure, ed enti gestori dei C.P.R., oltretutto senza la
possibilita' di un tempestivo ed effettivo controllo giurisdizionale.
L'aver omesso di dettare una puntuale disciplina di rango
primario, determina l'ingiustificato ed irragionevole trattamento
deteriore dei soggetti in stato di detenzione amministrativa,
all'interno dei C.P.R., rispetto ai soggetti in stato di detenzione
«penale» all'interno delle strutture carcerarie, e la violazione, da
parte dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, di
una pluralita' di norme della Costituzione italiana.
Emblematico, al riguardo, il recente caso, oggetto di censura
della Corte europea dei diritti umani, la quale, con decisione n.
17499 del 3 luglio 2024, ha accolto una istanza ai sensi dell'art. 39
del regolamento della Corte, di emissione di provvedimento cautelare
in via di urgenza, a tutela del diritto di salute di una cittadina
straniera trattenuta all'interno del C.P.R., con violazione degli
standard imposti dall'art. 3 CEDU (caso cagionato, in estrema
sintesi, dalle evidenziate, macroscopiche lacune legislative, anche
con riferimento alla mancanza di una autorita' giudiziaria
specificamente deputata alla tutela dei diritti dei trattenuti - tra
cui il diritto alla salute - dotata di validi strumenti di tempestivo
controllo).
Si tratta, come e' evidente, di situazioni identiche, trattate
irragionevolmente in modo diverso atteso che l'inviolabile diritto
alla liberta' personale, come i diritti alla salute, alla difesa,
all'esistenza di un giudice naturale precostituito per legge, sono
egualmente riconosciuti e garantiti ad entrambe le categorie di
soggetti dagli artt. 2 della Costituzione, 13 della Costituzione, 32
della Costituzione, e 24 della Costituzione, 25, comma 1 della
Costituzione, indifferente restando la contingente ragione che abbia
determinato la restrizione della liberta' personale dell'individuo.
Ed invero, il dettato costituzionale (art. 13 della
Costituzione), non contiene alcuna differenza di disciplina, a
seconda della concreta motivazione (illecito penale o
amministrativo), che abbia determinato lo stato di restrizione della
liberta' personale dell'individuo, nella detenzione «amministrativa»,
o «penale».
Ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit.
Non a caso l'art. 13 della Costituzione italiana, con formula di
chiusura fa riferimento a «qualsiasi altra restrizione della liberta'
personale», con cio' rendendo evidente la volonta' del costituente di
apprestare identica tutela, ad ogni forma di restrizione della
liberta' personale dell'individuo, proclamata inviolabile, restando
del tutto indifferente (ai fini dell'art. 13 della Costituzione), la
motivazione che abbia determinato la restrizione in questione.
Si rammenta che, in ordine al canone della ragionevolezza, si
ritiene in generale che la disparita' di trattamento sia
«giustificata», se necessaria per il perseguimento di «fini
costituzionali», ossia finalita' rivolte alla realizzazione di valori
costituzionalmente riconosciuti.
Il giudice a quo, ritiene al riguardo che l'evidenziata e
notevole disparita' di trattamento di cui si discute, sia
ingiustificata ed irragionevole, poiche' non necessaria per il
perseguimento di «fini costituzionali».
La difesa dei confini nazionali dall'immigrazione «irregolare»,
con i rischi che essa indubbiamente comporta per la sicurezza
pubblica, anche se intesa quale legittimo «fine costituzionale», non
potrebbe che essere considerato «subalterno», rispetto alla
necessita' di tutelare e garantire il bene supremo della liberta'
personale dell'individuo, diritto inviolabile che spetta agli uomini
in quanto tali, in eguale metaforica «misura».
E l'eguaglianza, come insegnato, costituisce presupposto
essenziale dei diritti inviolabili dell'uomo, tra cui spicca la
liberta' personale.
Per tali motivi, la necessita' di contrastare l'«immigrazione
irregolare», non puo' essere considerata valido criterio di
differenziazione, per l'adozione di discipline diverse, ostandovi
l'inviolabilita', con efficacia erga omnes, del diritto alla liberta'
personale, riconosciuto all'essere umano in quanto tale.
Pertanto, ad avviso del giudice a quo, le evidenziate gravi
omissioni, contenute nell'unica fonte primaria sui «modi» del
trattenimento nei C.P.R., ossia l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (Testo
unico immigrazione - decreto legislativo n. 286/1998), e le
conseguenti rilevanti diversita' di disciplina rispetto a quella
dettata dall'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), per i
detenuti negli istituti penitenziari, integrano violazione della
riserva assoluta di legge (art. 13, comma 2 della Costituzione), con
diretta ripercussione e violazione del principio di eguaglianza
sancito nell'art. 3 della Costituzione, per irragionevole ed
ingiustificata disparita' di trattamento, con riferimento al caso
analogo della detenzione nelle strutture carcerarie, disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), e in
relazione ai diritti inviolabili tutelati negli artt. 13 della
Costituzione, 24 della Costituzione, 25, comma 1 della Costituzione,
32 della Costituzione.
In conclusione, il giudice a quo ritiene non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, per violazione della
riserva di legge imposta dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, e
per violazione, altresi' del principio di eguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10,
comma 2 della Costituzione, in relazione agli artt. 2 della
Costituzione, 13 della Costituzione, 32 della Costituzione, 24 della
Costituzione, 25, comma 1 della Costituzione, 111, comma 1 della
Costituzione, in rapporto all'analoga fattispecie del trattamento dei
detenuti all'interno degli istituti penitenziari in sede penale,
disciplinati dall'Ordinamento penitenziario.
VI. Sulla impossibilita' di una interpretazione costituzionalmente
orientata.
La possibilita' di una interpretazione conforme a Costituzione
del menzionato art. 14, comma 2, decreto legislativo n. 286/1998, non
risulta percorribile, in considerazione della natura stessa del
dubbio in oggetto, che riguarda fondamentalmente la violazione della
riserva di legge assoluta, prevista dall'art. 13, comma 2 della
Costituzione, alla quale consegue la violazione dell'art. 3 della
Costituzione, con riferimento agli artt. 2 della Costituzione, 13
della Costituzione, 32 della Costituzione, 24 della Costituzione, 25,
comma 1 della Costituzione, 111, comma 1 della Costituzione, per le
ragioni evidenziate.
Si dubita infatti della legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, per la violazione della
competenza esclusiva del Parlamento della Repubblica, per violazione
della riserva assoluta di fonte primaria, imposta dall'art. 13, comma
2 della Costituzione, nel senso sopra esposto.
Quanto al disposto dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo
n. 286/1998, si osserva che - secondo il noto brocardo «Ubi lex
voluit dixit, ubi noluit tacuit» - le generiche indicazioni contenute
dalla norma, non possono essere certamente colmate dall'interprete,
trattandosi di eccezionale limitazione della liberta' personale,
costituzionalmente tutelata anche con riserva di legge.
Inoltre, il rinvio pressoche' incondizionato alla fonte
secondaria e' testuale, espresso ed inequivocabile (v. art. 14, comma
2 del T.U.I.).
In via sistematica, si osserva - tra l'altro - che l'art. 16,
commi 6-7 del decreto legislativo n. 286/1998, per i casi di
espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla
detenzione, nei casi di avvenuta identificazione dello straniero,
richiama la competenza della Magistratura di sorveglianza, e
specifica che lo straniero resta nell'istituto penitenziario in stato
di detenzione, sino a quando non siano stati acquisiti i necessari
documenti di viaggio; nel caso in cui invece lo straniero detenuto
(da scarcerare in tempi brevi) non sia stato ancora identificato,
trova applicazione l'istituto del trattenimento amministrativo nel
C.P.R. contemplato nell'art. 14, commi 1-1.1 - 2-2-bis - 3-4-5 del
decreto legislativo n. 286/1998, e dunque anche l'art. 14, comma 2,
norma che, ad avviso del giudice a quo, contrasta con l'art. 13,
comma 2 della Costituzione.
E' evidente che non e' percorribile alcuna interpretazione
costituzionalmente orientata di tale normativa, essendo comunque
inibito all'interprete di colmare lacune che - nella previsione
espressa del costituente - devono essere oggetto di regolamentazione
dettata dalla fonte primaria (riserva assoluta di legge).
Riguardo all'individuazione del giudice competente, non e'
sufficiente (ne' percorribile), per superare il dubbio di
legittimita' costituzionale, l'interpretazione (estensiva) che
individua nel Giudice di pace tale autorita' giudiziaria, posto che
la legge non prevede specificamente questa competenza, non disciplina
ne' il ruolo ne' i poteri del Giudice di pace rispetto al controllo
sulla legalita' delle modalita' di trattamento degli stranieri, in
stato di detenzione amministrativa, all'interno dei C.P.R., ne'
disciplina gli strumenti di tutela giurisdizionale dei trattenuti nei
confronti degli enti amministrativi che gestiscono i C.P.R. (sul
punto si richiama, in motivazione, la sentenza della Corte
costituzionale n. 22/2022).
Ad ogni modo, tale opzione interpretativa non e' percorribile,
anche alla luce delle ulteriori disposizioni costituzionali che
impongono la riserva di legge, in ordine alla costituzione del
giudice, alla sua competenza, e al procedimento giurisdizionale per
la tutela dei diritti (art. 25, comma 1 della Costituzione; art. 111,
comma 1 della Costituzione).
Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi 3 e 4
del T.U.I.) unicamente la competenza del Giudice di pace per il
controllo giurisdizionale dei «casi» di restrizione della liberta'
personale, rientranti nella cd «detenzione amministrativa» nei
C.P.R., mentre l'art. 14, comma 2 del T.U.I., tace sui «modi».
E' appena il caso di rilevare che non soccorre l'istituto del
«riesame», previsto dall'art. 15 della «Direttiva rimpatri»,
2008/115/UE, istituto che va ricondotto alla competenza del Giudice
di pace gia' individuata dall'art. 14, commi 3 e 4 del decreto
legislativo n. 286/1998, trattandosi di modifica dell'ordinanza del
giudice, che ha deciso in ordine alla sussistenza dei «casi» di
limitazione della liberta' personale, elencati nell'art. 14, comma 1
del T.U.I.
Infatti, il constatato «vuoto legislativo», si colloca sul
diverso piano evidenziato, concernendo la mancata previsione,
nell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, di un
giudice competente al controllo dei «modi» di restrizione della
liberta' personale, nel corso della «detenzione amministrativa», per
i quali, parimenti, l'art. 13, comma 2 della Costituzione, prevede
una riserva di legge.
Anche per tale motivo, quindi, il vuoto legislativo non puo'
affatto essere colmato applicando l'istituto del «riesame», previsto
dall'art. 15 della «Direttiva rimpatri», 2008/115/UE.
***
In conclusione, lo strumento interpretativo non puo' essere
validamente utilizzato, per superare il dubbio di legittimita'
costituzionale.
Nell'analogo caso dei detenuti nelle strutture carcerarie (o
istituti penitenziari), la fonte primaria (Ordinamento penitenziario,
legge 26 luglio 1975, n. 354), prevede sezioni specializzate di
sorveglianza all'interno dei tribunali, la Magistratura di
sorveglianza (v. artt. 68 e seguenti, O.P.), organo specializzato,
dotato di validi strumenti di tempestiva tutela, che assicura la
corretta gestione e la tutela dei diritti dei detenuti, in
considerazione dei plurimi beni costituzionalmente protetti (liberta'
personale, diritto alla salute, diritto di difesa), coinvolti nello
stato di restrizione della liberta' fisica dell'individuo, protratto
nel tempo, all'interno di strutture gestite dallo Stato.
In estrema sintesi, non vi e' alcuno spazio per una
interpretazione (estensiva) conforme alla Costituzione, atteso che il
contrasto sussiste con la riserva di legge assoluta, sancita
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, anche con riferimento ai
«modi» di restrizione della liberta' personale.
VII. Conclusioni.
Il dubbio di legittimita' riguarda l'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n. 286/1998 (come sostituito dall'art. 3, comma 4,
lettera a), decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173) che, riguardo ai
«modi» della detenzione amministrativa nei C.P.R. (Centro di
permanenza per i rimpatri), si limita, quanto al contenuto
precettivo, ad indicazioni generiche e di principio, rinviando ad una
fonte subordinata per la regolamentazione (art. 21, comma 8 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999, e
Regolamento per l'organizzazione e la gestione dei centri approvato
con decreto ministeriale del Ministro dell'interno, n. 12700 del 20
ottobre 2014).
L'art. 14, comma 2 non ha contenuto precettivo, contiene
indicazioni generali e di principio, che violano la riserva di legge
prevista dall'art. 13, comma 2 della Costituzione sui «modi» di
privazione della liberta' personale.
Il rinvio operato dall'art. 14, comma 2 del decreto legislativo
n. 286/1998, alle indicate fonti subordinate, si risolve in una
tecnica per aggirare la riserva assoluta di legge prevista dall'art.
13 della Costituzione.
La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2 della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza di una fonte di
rango primario, che contenga precetti specifici, sufficientemente
precisi, in guisa tale da porre stringenti vincoli alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in coerenza con il
diritto fondamentale tutelato dagli artt. 2 della Costituzione e 13
della Costituzione (liberta' personale).
In conclusione, l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (Testo unico
immigrazione), contiene enunciazioni generali e di principio, non
conformi allo standard di precisione imposto dalla riserva assoluta
di legge sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, in materia
di privazione della liberta' personale, essendo inidonee a porre un
vincolo alla discrezionalita' della pubblica amministrazione.
Quanto al contenuto dello «standard minimo» di precisione, il
raffronto non puo' che essere operato con riferimento alle norme
tutte contenute nell'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975),
dettate per il caso sostanzialmente analogo della detenzione «penale»
negli istituti penitenziari, di cui agli artt. 59 e seguenti, O.P.,
oltre che alle fonti sovranazionali e alla CEDU, in considerazione
del vincolo per il legislatore ordinario, sancito dall'art. 117,
comma 1 della Costituzione.
In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I. si pone come una
«norma in bianco», che rinvia pressoche' incondizionatamente alla
fonte subordinata, in violazione della riserva assoluta di legge
sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, anche con
riferimento ai «modi» di restrizione della liberta' personale.
Inoltre, come sopra evidenziato, l'art. 14, comma 2 del T.U.I.
(decreto legislativo n. 286/1998), non indica l'autorita' giudiziaria
competente in relazione al controllo di legalita' delle «modalita'»
di privazione della liberta' personale.
Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi 3-4 del
T.U.I.) unicamente la competenza del Giudice di pace per il controllo
giurisdizionale dei «casi» di restrizione della liberta' personale
rientranti nella cd «detenzione amministrativa» nei C.P.R., mentre
tace sui «modi» di restrizione della liberta' personale.
Al riguardo, come sopra rilevato, non risulta percorribile alcuna
interpretazione «costituzionalmente conforme».
La irragionevole differenza di disciplina, con le analoghe
fattispecie disciplinate dall'Ordinamento penitenziario (detenzione
«penale» nelle strutture penitenziarie ex art. 59, O.P.), appare
dunque evidente.
Ed invero, anche nel caso delle «REMS», ritenuto analogo al
presente, la Corte costituzionale (sentenza n. 22 anno 2022), in
motivazione ribadiva testualmente che «la legge non puo' non farsi
carico della necessita' di disciplinare in modo chiaro, e uniforme
sul territorio, il ruolo e i poteri della Magistratura di
sorveglianza rispetto al trattamento degli internati e ai loro
strumenti di tutela giurisdizionale nei confronti delle relative
amministrazioni (...)».
Come sopra evidenziato, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., non indica
l'autorita' giudiziaria competente in relazione ai «modi» del
trattenimento nei C.P.R., ne' indica ruolo e poteri del giudice in
materia.
In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (decreto legislativo
n. 286/1998), si pone in contrasto con l'art. 13, comma 2 della
Costituzione per violazione della riserva di legge, per violazione
altresi' del principio di eguaglianza e ragionevolezza, (art. 3 della
Costituzione), in rapporto all'analoga fattispecie della detenzione
all'interno delle strutture carcerarie (disciplinata dall'Ordinamento
penitenziario), nella parte in cui non prevede ne' disciplina i
«modi» del trattenimento amministrativo, non prevede ne' disciplina
ruolo e compiti dell'autorita' giudiziaria competente al controllo di
legalita' dei «modi» in questione, rinviando sostanzialmente «in
bianco» alle fonti subordinate.
***
In conclusione, ad avviso del giudice a quo, le questioni poste
non sono manifestamente infondate.
Questa giudicante dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 14, comma 2 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998
(genericamente dedicato ai «modi» del trattenimento amministrativo),
per violazione:
1) della riserva assoluta di legge prevista dall'art. 13,
comma 2 della Costituzione italiana. Invero, soltanto la «legge»,
fonte primaria, puo' e deve individuare i «modi» (modalita',
procedure, garanzie giurisdizionali) di restrizione della liberta'
personale.
L'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998 viola
la riserva assoluta di legge, imposta anche per i «modi» di
restrizione della liberta' personale; viola quindi la competenza
esclusiva del Parlamento della Repubblica, massima espressione del
sistema democratico;
2) del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione,
in combinato disposto con l'art. 10, comma 2 della Costituzione, con
riferimento agli artt. 2 della Costituzione, 13 della Costituzione,
24 della Costituzione, 25, comma 1 della Costituzione, 111, comma 1
della Costituzione), per irragionevole disparita' di trattamento con
il caso analogo della detenzione in sede penale, puntualmente
disciplinata dall'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), per
la quale - tra l'altro - la tutela giurisdizionale dei detenuti e'
garantita dalla Magistratura di sorveglianza, organo specializzato
nella materia (art. 102, comma 2 della Costituzione).
P.Q.M.
Il G.O.P. - Giudice di pace di Roma, visti gli artt. 134 della
Costituzione, 137 della Costituzione, art. 1, legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1; 23 e seguenti, legge n. 87/1953,
Ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate:
1) solleva di ufficio la questione di legittimita'
costituzionale, per violazione della riserva assoluta di legge
prevista dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, dell'art. 14,
comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, T.U.I.), nella parte in cui
non disciplina puntualmente i «modi» e i procedimenti per la
restrizione della liberta' personale all'interno dei C.P.R. (Centri
di permanenza per i rimpatri); nella parte in cui non prevede i
diritti e le forme di tutela dei trattenuti; nella parte in cui non
indica l'autorita' giudiziaria competente al controllo dei «modi» di
restrizione della liberta' personale, dei cittadini stranieri in
stato di «detenzione amministrativa», all'interno dei C.P.R., e alla
tutela giurisdizionale dei loro diritti; nella parte in cui non
disciplina il ruolo e i poteri di tale autorita' giudiziaria; nella
parte in cui rinvia, pressoche' integralmente, ad una fonte
subordinata (art. 21, comma 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394).
Il tutto, in contrasto con la riserva assoluta di legge
prevista dall'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, in
materia di liberta' personale, diritto assoluto ed inviolabile, e
dall'art. 5, comma 1 della CEDU (Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950), in rapporto all'art. 117, comma 1
della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione;
2) solleva di ufficio la questione di legittimita'
costituzionale, dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), per violazione del principio di eguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10,
comma 2 della Costituzione, con riferimento al diritto alla liberta'
personale proclamato inviolabile dagli artt. 2 della Costituzione e
13 della Costituzione, al diritto di difesa dinanzi ad un giudice
terzo ed imparziale, precostituito per legge, contemplato dagli artt.
24 della Costituzione; 25, comma 1 della Costituzione; 111, comma 1
della Costituzione, e al diritto alla salute (art. 32 della
Costituzione), nella parte in cui omette di dettare la disciplina dei
«modi» del trattenimento amministrativo, e omette di individuare
l'autorita' giudiziaria competente al controllo della legalita' di
tali «modi» di restrizione della liberta' personale, rinviando
pressoche' integralmente alle fonti subordinate, omissioni che
attuano una irragionevole disparita' di trattamento, con la
fattispecie analoga della detenzione in sede penale, negli istituti
penitenziari, puntualmente disciplinata dall'Ordinamento
penitenziario (legge n. 354/1975), che prevede anche ruolo e compiti
della Magistratura di sorveglianza;
3) sospende il presente giudizio;
4) dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale
della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso;
5) manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al cittadino straniero, al difensore e alla Questura di
Roma, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica, e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Roma, 17 ottobre 2024
Il G.O.P. ‒ Giudice di pace di Roma: Artone