Reg. ord. n. 210 del 2024 pubbl. su G.U. del 20/11/2024 n. 47

Ordinanza del Giudice di pace di Roma  del 17/10/2024

Tra: A. B.M. C/ Questura di Roma



Oggetto:

Straniero – Immigrazione – Espulsione amministrativa – Trattenimento dello straniero, di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – Previsione che lo straniero è trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 - Mancata previsione di una disciplina puntuale dei “modi” e dei procedimenti per la restrizione della libertà personale all’interno dei CPR – Mancata previsione dei diritti e delle forme di tutela dei trattenuti - Omessa indicazione dell’autorità giudiziaria competente al controllo della legalità dei “modi” di restrizione della libertà personale all’interno dei CPR - Mancata previsione della disciplina del ruolo e dei poteri di tale autorità giudiziaria – Denunciato rinvio, pressoché integrale, ad una fonte subordinata – Violazione del principio della riserva assoluta di legge, anche convenzionale, in materia di libertà personale.


- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 2, come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a), del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173.


- Costituzione, artt. 13, secondo comma, 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), art. 5, paragrafo 1.



Straniero – Immigrazione – Espulsione amministrativa – Trattenimento dello straniero, di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – Previsione che lo straniero è trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 – Mancata previsione di una disciplina dei “modi” del trattenimento amministrativo – Omessa individuazione dell’autorità giudiziaria competente al controllo della legalità di tali “modi” di restrizione della libertà personale, rinviando, pressoché integralmente, ad una fonte subordinata – Irragionevole disparità di trattamento rispetto alla detenzione negli istituti penitenziari disciplinata dall’ordinamento penitenziario, che prevede anche ruolo e compiti della magistratura di sorveglianza – Violazione del principio di uguaglianza, con riferimento al diritto alla libertà personale, al diritto di difesa dinanzi ad un giudice terzo e imparziale e al diritto alla salute.


- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 2, come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a), del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173.


- Costituzione, artt. 3 e 10, secondo comma, in combinato disposto, con riferimento agli artt. 2, 13, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma.



Norme impugnate:

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 14   Co.  come sostituito dall'

decreto-legge  del 21/10/2020  Num. 130  Art.  Co. 4 lett. a)  convertito con modificazioni in

legge  del 18/12/2020  Num. 173



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 10   Co.

Costituzione  Art. 13 

Costituzione  Art. 13   Co.

Costituzione  Art. 24 

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 32 

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 5 par.1



Camera di Consiglio del 9 giugno 2025 rel. PETITTI


Testo dell'ordinanza

N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 2024

Ordinanza del 17 ottobre  2024  del  Giudice  di  pace  di  Roma  nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore  di
Viterbo nei confronti di A.B.M.. 
 
Straniero  -  Espulsione   amministrativa   -   Trattenimento   dello
  straniero, di  cui  non  e'  possibile  eseguire  con  immediatezza
  l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di
  permanenza per i rimpatri (CPR) - Previsione che  lo  straniero  e'
  trattenuto  con  modalita'  tali  da   assicurare   la   necessaria
  informazione relativa  al  suo  status,  l'assistenza  e  il  pieno
  rispetto della sua dignita', secondo quanto disposto dall'art.  21,
  comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 - Denunciato rinvio, pressoche'
  integrale, ad una fonte subordinata -  Mancata  previsione  di  una
  disciplina puntuale dei "modi" del trattenimento  amministrativo  -
  Omessa  individuazione  dell'autorita'  giudiziaria  competente  al
  controllo della legalita' dei "modi" di restrizione della  liberta'
  personale all'interno dei CPR. 
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), art. 14, comma 2. 


(GU n. 47 del 20-11-2024)

 
                 UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI ROMA 
                          Sezione Stranieri 
 
    L'Ufficio del Giudice di pace di  Roma,  in  persona  del  G.O.P.
dott.ssa Emanuela Artone, ha pronunciato la seguente  ordinanza,  nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore  di
Viterbo ... in data ... nei confronti del  cittadino  straniero  sig.
B.M.A. nato il ... in ... tra Questura di Roma rappresentato e difeso
dal f.d. ACC Matera Maria e B.M.A. nato il ... in ... rappresentato e
difeso dall'avv. Monica Fortuna nominato di fiducia. 
I. Fatto. 
    Il Questore di Viterbo, con decreto emesso ai sensi dell'art. 14,
comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione  dello  straniero,  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana - Serie generale - n.  191  del  18  agosto
1998, indicato nella presente ordinanza come T.U.I.),  in  data  ...,
notificato il ..., ore ..., disponeva  il  trattenimento  nel  C.P.R.
(Centro di permanenza per i rimpatri) di ..., del cittadino straniero
in epigrafe indicato. 
    In data ..., ore ... la Questura di Roma, ai sensi dell'art.  14,
comma 1-bis, secondo capoverso del  T.U.I.  (decreto  legislativo  n.
286/1998 - Testo unico immigrazione), nel  rispetto  del  termine  di
quarantotto ore, chiedeva all'intestato  ufficio  di  convalidare  il
decreto suddetto, con  il  quale  veniva  disposto  il  trattenimento
amministrativo del cittadino straniero nel C.P.R. di ... 
    L'udienza per l'esame della  richiesta  di  convalida,  e'  stata
aperta oggi 17 ottobre 2024, ore 9,30, nel rispetto  del  termine  di
cui all'art. 14, comma 4 del T.U.I. 
    La sottoscritta giudicante,  all'esito  dell'udienza  odierna  ha
ritenuto che sussistono tutti i presupposti di cui agli  artt.  13  e
14, decreto legislativo n. 286/1998, per accogliere la  richiesta  di
convalida del decreto del Questore di Viterbo. 
    La richiesta di convalida e' pervenuta all'intestato  ufficio  il
..., ore ...; il decreto del Questore di Viterbo e' stato  emesso  in
data ..., e notificato il ... ore ...  .  L'odierna  udienza  del  17
ottobre 2024 e'  stata  aperta  alle  ore  9,30,  e  celebrata  senza
soluzione di continuita', con lettura dell'ordinanza alle  ore  10,30
di oggi 17 ottobre 2024. 
    Pertanto, sussistono i presupposti «temporali» imposti  dall'art.
14 del T.U.I. 
    Ad avviso della  giudicante,  risulta  legittimamente  emesso  il
decreto del Questore di Viterbo che ha disposto il trattenimento  nel
C.P.R. di ..., per il tempo strettamente  necessario  alla  rimozione
degli impedimenti all'accompagnamento alla frontiera,  atteso  che  -
come emerso nel corso  dell'udienza  -  e'  necessario  procedere  ad
accertamenti supplementari in ordine alla  identita'  e  nazionalita'
dello straniero e  acquisire  un  documento  valido  per  l'espatrio;
inoltre, e' necessario acquisire il nulla-osta  al  rimpatrio  per  i
precedenti penali pendenti. 
    Il decreto di espulsione presupposto, emesso dal Prefetto di Roma
il ... e notificato in pari data ai sensi dell'art. 14,  comma  5-ter
del Testo unico immigrazione, non appare manifestamente  illegittimo.
Il cittadino straniero era infatti destinatario di ulteriore  decreto
di espulsione del ..., notificato in pari data, a seguito  del  quale
il Questore di Roma il ... disponeva con ordine, di lasciare l'Italia
entro sette giorni dalla notifica dell'atto (avvenuta in pari  data),
e lo stesso si tratteneva nel territorio italiano senza  giustificato
motivo. 
    Aggiungasi che il  cittadino  straniero  risulta  condannato  per
reati di maltrattamenti  in  famiglia  o  verso  fanciulli,  violenza
privata, furto in abitazione e furto con strappo, di cui  agli  artt.
628 cp 572 commi 1-2, codice penale, art.  610  codice  penale,  alla
pena della reclusione, con interdizione dall'esercizio  di  tutela  e
curatela (anni quattro e mesi  otto),  e  sospensione  dall'esercizio
della patria potesta' (anni quattro e mesi otto).  Risulta  richiesto
il  nulla-osta  all'espulsione  alla  Procura  della  Repubblica   di
Civitavecchia. 
    Non vi e' prova di cause di inespellibilita' ai  sensi  dell'art.
19 del T.U.I., alla luce di quanto osservato, in  presenza  di  reati
ostativi;  non  vi  e'  prova  dell'esistenza  di  valido  titolo  di
soggiorno. 
    Risulta  depositato  anche  il  certificato  rilasciato  il   ...
dall'Azienda sanitaria locale di ..., che  attesta  l'idoneita'  alla
vita in comunita' ristretta. 
    Ad  avviso  della  giudicante,  all'esito  dell'udienza  odierna,
risulta quindi provata la sussistenza di tutti i presupposti  per  la
convalida del decreto del questore in  oggetto;  tuttavia,  dubitando
della legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2  del  T.U.I.,
e' stato sospeso il giudizio, e pronunciata la seguente ordinanza. 
    Il G.O.P., all'esito dell'udienza odierna del 17 ottobre 2024  ha
quindi dato lettura dell'ordinanza (stesa  in  calce  al  verbale  di
udienza), con la  quale  -  sollevata  di  ufficio  la  questione  di
costituzionalita' - ha sospeso  il  giudizio  R.G.  61303  Anno  2024
avente ad oggetto la richiesta di convalida del decreto del  Questore
di Viterbo del ... che dispone il  trattenimento  amministrativo  nel
C.P.R.., del cittadino straniero in epigrafe indicato. 
    Il G.O.P. ha  quindi  depositato,  contestualmente,  la  seguente
ordinanza. 
II. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Nel corso dell'udienza di convalida svolta in  data  odierna,  e'
emersa la legittimita' del decreto del questore che  ha  disposto  il
trattenimento del cittadino straniero nel C.P.R. di ...,  l'efficacia
e la non manifesta  infondatezza  del  titolo  posto  alla  base  del
decreto questorile, come sopra esposto (punto  n.  I  della  presente
ordinanza). 
    Non vi e' prova che il decreto di espulsione sia stato impugnato,
ne' vi e' prova di alcun provvedimento giurisdizionale che  ne  abbia
sospeso l'esecutivita'. 
    Non vi e' alcuna prova di cause  di  inespellibilita',  ai  sensi
dell'art. 19 del T.U.I. 
    Osserva inoltre il G.O.P.  che  sussistono  tutti  i  presupposti
richiesti dall'art. 14, comma 1, decreto legislativo n. 286/1998  per
convalidare il descritto decreto del questore, che dispone la  misura
del trattenimento nel C.P.R. 
    Invero, il cittadino straniero risulta privo di documenti, con la
conseguente impossibilita' di effettuare immediatamente il rimpatrio;
vi e' necessita' di effettuare accertamenti supplementari  in  ordine
alla sua identita' o nazionalita', di acquisire i  documenti  per  il
viaggio e la  disponibilita'  di  un  mezzo  di  trasporto;  inoltre,
essendo privo di documento, di lavoro e di dimora  stabile,  sussiste
il rischio di fuga normativamente definito, nell'art 13, comma  4-bis
del T.U.I. 
    Alla  luce  di  quanto  osservato,  inoltre,  non  sussistono   i
presupposti  per  l'applicabilita'  della   meno   invasiva   «misura
alternativa» della consegna del passaporto o dell'«obbligo di  firma»
ex art. 14, comma 1-bis, primo capoverso, del  T.U.I.,  ostandovi  la
mancanza di documento di identita' e la sussistenza  del  rischio  di
fuga. 
    Risulta  pertanto  rispettata  la  rigorosa  tempistica   imposta
dall'art. 14, comma 1-bis, secondo capoverso, del T.U.I. (quarantotto
ore + quarantotto), nonche' dal comma 3 del medesimo articolo. 
    In  conclusione,  sussistono   tutti   i   presupposti   formali,
sostanziali e temporali, previsti dall'art. 14  del  T.U.I.,  per  la
convalida del decreto del Questore di Viterbo del ... 
    In primo luogo, la normativa in  esame  (art.  14,  comma  1  del
T.U.I.),  prevede  specifici   casi   che   legittimano   l'autorita'
amministrativa a disporre la misura del trattenimento nel C.P.R., ben
diversi da quelli che legittimano l'applicazione  delle  misure  meno
coercitive menzionate nel comma 1-bis, primo capoverso, dell'articolo
menzionato. 
    Non vi sono margini per poter ritenere applicabile  altre  misure
cautelari meno invasive (le cosiddette «misure alternative»  previste
dall'art. 14, comma 1-bis, primo capoverso,  del  T.U.I.),  ostandovi
l'espressa lettera della legge, che richiede il possesso di un valido
documento identificativo, idoneo per l'espatrio. In  claris  non  fit
interpretatio. 
    Correttamente, dunque, il questore ha  applicato  la  misura  del
trattenimento  amministrativo  nel  C.P.R.,  sussistendone  tutti   i
presupposti legislativamente previsti, dal  che  dovrebbe  conseguire
necessariamente l'accoglimento della richiesta di convalida, da parte
dell'intestato ufficio (si vedano anche le considerazioni svolte  nel
punto I della presente ordinanza). 
    Da  cio'  consegue  l'evidente  rilevanza  della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 14, comma 2 del T.U.I.,  norma  che  deve
trovare applicazione nel caso in esame, posto che  la  convalida  del
decreto  questorile  che  dispone  il  trattenimento  amministrativo,
comporterebbe la permanenza coatta dello straniero nel C.P.R. (Centro
di permanenza per i rimpatri) almeno per tre mesi (v. art. 14,  comma
5  del  T.U.I. -  decreto  legislativo  n.  286/1998),  in  stato  di
restrizione della liberta' personale,  tutelata  dall'art.  13  della
Costituzione, secondo modalita' a tutt'oggi non disciplinate  da  una
normativa di rango primario, in violazione  della  riserva  di  legge
prevista dalla citata norma della Costituzione italiana. 
    Il giudizio di convalida del  trattenimento  presso  il  C.P.R. -
Centro di permanenza rimpatri  di  Ponte  Galeria,  non  puo'  essere
portato a compimento, in difetto della pregiudiziale risoluzione  del
dubbio di costituzionalita' qui prospettato, atteso che - come appena
evidenziato - all'accoglimento della richiesta di convalida, consegue
necessariamente la restrizione della liberta' personale del cittadino
straniero,  diritto  proclamato  inviolabile   dall'art.   13   della
Costituzione. 
    Occorre evidenziare nuovamente che, al momento del deposito della
presente  ordinanza,  non  risulta  ancora  scaduto  il  termine   di
complessive  novantasei  ore  (quarantotto  +  quarantotto),  imposto
dall'art. 14, commi 3-4  del  T.U.I.,  come  sopra  evidenziato;  ne'
potrebbe  escludere  la  «rilevanza»  della  presente  questione,  il
successivo inevitabile decorso di tale brevissimo  termine,  previsto
dalla legge a pena di inefficacia del trattenimento. 
    Ed invero, come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenze  n.
22/2022; n. 127/2021; n. 84/2021), in base al principio  generale  di
autonomia del giudizio incidentale di costituzionalita', quest'ultimo
non risente  delle  vicende  di  fatto  successive  all'ordinanza  di
rimessione; la rilevanza delle questioni rispetto alla decisione  del
processo a quo deve pertanto essere vagliata ex ante, con riferimento
al momento della prospettazione delle questioni stesse. 
    In  conclusione,  la  questione  prospettata   e'   indubbiamente
«rilevante», ai fini del presente giudizio. 
III. Valutazione della non manifesta infondatezza delle questioni  di
costituzionalita'. La «detenzione amministrativa» nei C.P.R.  (Centri
di permanenza per i rimpatri). 
    La   fattispecie   in   esame   riguarda    l'applicazione    del
«trattenimento  amministrativo»  nel  Centro  di  permanenza  per   i
rimpatri (C.P.R.), del cittadino  straniero  irregolarmente  presente
nel  territorio  nazionale,  contemplato  dall'art.  14  del  decreto
legislativo  n.  286  del  25   luglio1998   (T.U.I.,   Testo   unico
immigrazione). 
    Trattasi di detenzione «amministrativa» finalizzata al  rimpatrio
della  persona  straniera  irregolarmente  presente  nel   territorio
nazionale, detenzione all'interno dei C.P.R.  (Centri  di  permanenza
per i rimpatri),  contemplati  dall'art.  14,  comma  1  del  decreto
legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, cosi' denominati  dalla  legge
n. 46/2017 (decreto-legge n. 13/2017, convertito, con  modificazioni,
dalla legge n. 46/2017), in sostituzione dei precedenti  «C.I.E.»  di
cui alla legge n. 189/2002. 
    I C.P.R. (Centri di  permanenza  per  rimpatri),  pur  menzionati
nell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998,  sono  disciplinati
da fonti subordinate, di seguito indicate: 
        a) dagli artt. 20 e  21  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n.  394,  «Regolamento  recante  norme  di
attuazione  del  testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero, a norma dell'art. 1, comma 6 del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286» (al quale rinvia, per quanto qui rileva,  l'art.
14, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998); 
        b) dal decreto ministeriale n.  12700/2014,  Regolamento  per
l'organizzazione e la gestione dei centri, approvato con decreto  del
Ministro dell'interno n. 12700 del 20 ottobre 2014; 
        c) dal decreto  ministeriale del  Ministero  dell'interno  19
maggio 2022, cd «Direttiva Lamorgese». 
    Secondo quanto riconosciuto  dalla  Corte  di  giustizia,  Grande
Sezione, 8 novembre 2022, nelle cause C-704/20 e C-39/21 (nonche', in
nuce,  dalla  Corte  costituzionale,   sentenza   n.   105/2001)   il
«trattenimento» in questione, e' istituto di diritto  amministrativo,
correlato alla commissione di  un  illecito  da  parte  del  migrante
(ingresso o permanenza nel territorio dello Stato) e  finalizzato  al
suo controllo fisico. 
    Il trattenimento, poiche' viene eseguito in centri finalizzati al
rimpatrio, e' una misura che comporta la  privazione  della  liberta'
personale, al di fuori della materia penale, ritenuta compatibile con
gli artt. 13 della  Costituzione  e  5  CEDU,  a  condizione  che  la
procedura sia regolare. 
    Nel caso in esame, in applicazione di tale normativa, il Questore
di Roma, con comunicazione ai sensi dell'art. 14, comma 3 del T.U.I.,
ha trasmesso all'intestato Ufficio del Giudice di pace di  Roma,  nel
termine previsto di quarantotto ore, copia degli atti e la  richiesta
di convalida del trattenimento nel C.P.R. di  ...,  disposto  con  il
decreto del questore ai sensi dell'art. 14, comma 1 del T.U.I. 
    L'intestato ufficio ha quindi fissato l'udienza  odierna  per  il
giudizio di convalida, ai sensi dell'art. 14, comma 4 del T.U.I., nel
rispetto del termine  di  quarantotto  ore  prescritto  nello  stesso
comma. 
    Come   sopra   rilevato,   sussistono   tutti    i    presupposti
specificamente  previsti  dall'art.  14,  comma  1  del  T.U.I.  (che
disciplina i «casi» del trattenimento, in conformita' con  l'art.  13
della Costituzione), per accogliere  la  richiesta  del  Questore  di
Roma,  di  convalida  del  decreto  questorile  che  ha  disposto  il
trattenimento del cittadino straniero presso il C.P.R. di ... 
    Questa   giudicante,   tuttavia,   dubita   della    legittimita'
costituzionale  dell'art.  14,  comma  2  del  T.U.I.  (genericamente
dedicato ai «modi» del trattenimento amministrativo),  posto  che  la
convalida  del  decreto  questorile  che  dispone  il   trattenimento
amministrativo, comporta la permanenza  coatta  dello  straniero  nel
C.P.R.  (Centro  di  permanenza  per  i  rimpatri)  per   tre   mesi,
prorogabile in un periodo di complessivi diciotto mesi (v.  art.  14,
comma 5 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998),  in  stato  di
restrizione della liberta' personale,  tutelata  dall'art.  13  della
Costituzione,  secondo  modalita'  e  procedimenti  a  tutt'oggi  non
puntualmente disciplinati da una  normativa  di  rango  primario,  in
violazione della riserva assoluta di  legge  prevista  dall'art.  13,
comma 2 della Costituzione  italiana,  della  riserva  rinforzata  di
legge di cui all'art. 10, comma 2 della Costituzione, e in violazione
altresi' del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione,  in
relazione agli artt. 2 della Costituzione, 13 della Costituzione,  24
della Costituzione, 25, comma 1  della  Costituzione,  111,  comma  1
della Costituzione), con riferimento al caso analogo della detenzione
in sede penale, disciplinata dall'Ordinamento penitenziario (legge n.
354/1975), per la quale il controllo sulla legalita' delle  modalita'
di trattenimento e' garantita  dalla  Magistratura  di  sorveglianza,
organo  specializzato  nella  materia  (art.  102,  comma   2   della
Costituzione). 
III.1 Analisi della normativa in oggetto. 
    Vengono  qui  in  rilievo,  principalmente:  come  parametri   di
riferimento, l'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, e l'art.
3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art.  10,  comma  2
della  Costituzione;  l'art.  14,  comma  2   del   T.U.I.   (decreto
legislativo n. 286/1998), di  cui  si  dubita  della  conformita'  al
dettato costituzionale. 
III.1.1 L'art. 13 della Costituzione italiana. 
    La Corte costituzionale (sentenza n. 238/1996), ha affermato  che
la liberta' personale e' un diritto rientrante tra i valori  supremi,
quale indefettibile nucleo essenziale dell'individuo; e'  un  diritto
fondamentale dell'uomo in quanto tale. 
    L'ambito   oggettivo   di   applicazione   dell'art.   13   della
Costituzione e' la «liberta' personale» di ogni individuo, proclamata
«inviolabile». 
    Per  «liberta'  personale»,  si  intende  la  liberta'  di   ogni
individuo di disporre  liberamente  del  proprio  corpo,  diritto  di
habeas corpus, e la connessa liberta' di autodeterminazione (liberta'
morale). 
    Al riguardo infatti, la norma tutela  esplicitamente  la  persona
«comunque sottoposta a restrizioni di liberta'»,  da  ogni  forma  di
«violenza fisica e  morale»  (si  legga  il  dato  testuale-letterale
dell'art. 13, comma 4 della Costituzione). 
    Le stesse espressioni letterali utilizzate dal  costituente,  per
la loro ampiezza e  categoricita',  rendono  evidente  che  la  norma
intende tutelare l'essere umano in quanto tale, da qualsiasi forma di
restrizione della sua liberta' personale. 
    Ci si riferisce alle espressioni utilizzate nel comma 2 dell'art.
13 della Costituzione, di seguito riportate: 
        «Non e' ammessa forma alcuna di ...»;  «ne'  qualsiasi  altra
restrizione ...». 
    Il costituente adotta al riguardo una formula  ampia  ed  aperta,
con l'intento evidente di  fornire  tutela  piena  ed  incondizionata
contro tutte le forme, (comunque denominate),  di  restrizione  della
liberta'   personale,   quali   la   «detenzione»,   l'«ispezione   o
perquisizione personale». 
    A  tal  fine,  con  norma  di  chiusura,  espressamente  include,
nell'oggetto   della   tutela   costituzionale,   «qualsiasi    altra
restrizione della liberta' personale». 
    Si tratta, come e' evidente, di un  ampio  catalogo  aperto,  che
include  ogni  forma,  comunque  denominata,  di  limitazione   della
liberta' personale dell'individuo, trattandosi di diritto assoluto ed
inviolabile. 
    Concludendo sul punto, la restrizione della liberta' personale in
cui si concreta il trattenimento amministrativo  nei  C.P.R.  (Centri
per  i  rimpatri),  disposto  ai  sensi  dell'art.  14  del   decreto
legislativo n. 286/1998,  rientra  a  pieno  titolo  nella  copertura
dell'art. 13 della Costituzione italiana, quanto meno,  nelle  «altre
restrizioni  della  liberta'  personale»,  menzionate  nel  comma   2
dell'art. 13 della Costituzione. 
    Passando  all'esame  dell'ambito   soggettivo   di   applicazione
dell'art. 13 della Costituzione, esso va  senza  dubbio  inteso  come
l'essere umano in quanto tale, a prescindere - per quanto qui  rileva
- anche dal requisito della cittadinanza, o della «regolare presenza»
nel territorio nazionale. 
    Invero, la «liberta' personale», oggetto della tutela  apprestata
dall'art. 13 della  Costituzione,  rientra  nel  nucleo  dei  diritti
inviolabili dell'uomo in quanto tale, riconosciuti e garantiti  dalla
Repubblica italiana  nell'art.  2  della  Costituzione  (si  veda  al
riguardo, tra le altre, Corte costituzionale, sentenza n.  238/1996),
dalle fonti internazionali e  dell'U.E.  (es.  art.  3  Dichiarazione
universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948, UDHR; art. 5 CEDU,
etc.). 
    Pertanto,  indiscutibilmente,  anche   il   cittadino   straniero
irregolarmente presente nel  territorio  della  Repubblica  italiana,
gode della tutela apprestata  dall'art.  13  della  Costituzione,  in
favore di tutti gli esseri umani. 
    In  ordine   alla   disciplina   dettata   dall'art.   13   della
Costituzione, e alle «garanzie» predisposte dal costituente a  tutela
dell'inviolabile diritto alla liberta' personale, si  osserva  quanto
segue. 
    L'art. 13 della Costituzione: 
        a)  proclama  solennemente  che  la  liberta'  personale   e'
«inviolabile» (art. 13, comma 1 della Costituzione); 
        b) conseguentemente, vieta in  generale,  e  categoricamente,
qualsiasi forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale, o
«restrizione della liberta' personale» (art. 13  della  Costituzione,
comma 2); 
        c) prevede una riserva (assoluta) di legge per  i  «casi»  di
restrizione  (comunque  denominata),  della  liberta'  personale,  da
considerarsi «eccezionali», alla luce  del  divieto  sancito  in  via
generale, con annessa «riserva di giurisdizione»; 
        d) prevede una riserva (assoluta) di legge per  i  «modi»  di
restrizione (comunque  denominata),  della  liberta'  personale,  con
annessa «riserva di giurisdizione»; 
        e) per tali  eccezionali  «casi»  e  «modi»  legislativamente
previsti, l'art. 13 della Costituzione impone una specifica procedura
a garanzia, sancendo che  la  restrizione  della  liberta'  personale
debba essere previamente disposta con  atto  motivato  dell'autorita'
giudiziaria (riserva di giurisdizione): art. 13  della  Costituzione,
comma 2, in relazione al comma 3; 
        f) l'art. 13, comma 3 della Costituzione,  contempla  poi  la
possibilita' che  il  provvedimento  di  restrizione  della  liberta'
personale   venga   adottato   in   prima   battuta    dall'autorita'
amministrativa, prevedendo una serie di  stringenti  garanzie,  e  la
necessita' della convalida da parte dell'autorita' giudiziaria  entro
un brevissimo termine, a pena di perdita di efficacia. 
        Per i casi eccezionali di  necessita'  ed  urgenza,  indicati
tassativamente dalla legge, puo' quindi essere riconosciuto il potere
dell'autorita' amministrativa  di  pubblica  sicurezza,  di  adottare
provvedimenti «provvisori» che incidono sulla liberta' personale. 
        In tal  caso,  l'autorita'  amministrativa  ha  l'obbligo  di
comunicare all'autorita'  giudiziaria  entro  quarantotto  ore  detto
provvedimento provvisorio, a  pena  di  perdita  di  efficacia  dello
stesso,  e  nel  termine  di  ulteriori  quarantotto  ore,   se   non
convalidato dall'autorita' giudiziaria,  si  intendera'  revocato,  e
privo di ogni effetto (art. 13, comma 3 della Costituzione). 
    In  sintesi,   l'art.   13   della   Costituzione,   a   garanzia
dell'inviolabile diritto alla liberta' personale, prevede: 
        una  riserva  assoluta  di  legge   su   casi   e   modi   di
«restrizione», eccezionalmente consentita, della liberta' personale; 
        una riserva di giurisdizione; 
        una procedura ad hoc, con stringenti  brevi  termini  per  la
convalida, nel caso in cui il controllo giurisdizionale  avvenga  «ex
post», a pena di perdita di efficacia del provvedimento che limita la
liberta' personale. 
    In ordine alla riserva di legge prevista dall'art.  13,  comma  2
della Costituzione, la  stessa  e'  pacificamente  riconosciuta  come
«riserva di legge assoluta» (v., tra le altre:  Corte  costituzionale
n. 22/2022; Corte costituzionale n. 177/1980; Corte costituzionale n.
238/1996), come si desume: 
        dall'espressione letterale utilizzata («nei soli casi e  modi
previsti dalla legge»), che non sembra lasciare  alcun  significativo
spazio di intervento, al cd «Potere esecutivo», (autorita' di Governo
o amministrativa), nel determinare il contenuto  della  normativa  in
questione; 
        dalla  natura  stessa  del  diritto  tutelato,  la   liberta'
personale, espressamente proclamato inviolabile  dall'art.  13  della
Costituzione, e rientrante nel catalogo dei diritti  fondamentali  di
cui all'art. 2 della Costituzione italiana. 
        L'assolutezza e  l'inviolabilita'  del  diritto  fondamentale
alla liberta' personale, trovano testuale  riscontro  nelle  garanzie
apprestate dal costituente, che si  premura  di  imporre  la  riserva
assoluta di legge, estesa alla disciplina di  «casi  e  modi»,  e  la
connessa e coerente riserva di giurisdizione. 
        Lo scopo perseguito dal costituente, e' di ridurre al  minimo
i poteri dell'autorita' di pubblica sicurezza, e di circoscrivere  la
discrezionalita' dell'autorita'  giudiziaria,  sia  con  riguardo  ai
«casi», che ai «modi»  dell'eccezionale  restrizione  della  liberta'
fisica della persona. 
        Il diritto alla liberta' personale,  solennemente  proclamato
inviolabile,  garantito  dalla  riserva  assoluta  di  legge   (fonte
primaria statale, v. Corte costituzionale sentenza n. 22/2022),  deve
infatti - metaforicamente - avere dinanzi a se' unicamente il  potere
legislativo, attribuito al Parlamento italiano,  massima  espressione
del sistema democratico. 
        Pertanto, non puo' residuare,  in  ragione  della  proclamata
inviolabilita',   alcun   significativo   spazio,   demandato    alla
discrezionalita' di poteri diversi da quello legislativo. 
        E' dunque soltanto la «legge» che  puo'  e  deve  individuare
specificamente  i  «casi»  (le  ipotesi),  e  i  «modi»   (modalita',
procedure, garanzie giurisdizionali, di  controllo  di  legalita'  da
parte dell'autorita' giudiziaria), per le restrizioni della  liberta'
personale, che integrano - ai  sensi  dell'art.  13,  comma  2  della
Costituzione - «eccezioni» alla proclamata «inviolabilita'»  di  tale
fondamentale diritto. 
        La riserva di legge  sancita  dall'art.  13,  comma  2  della
Costituzione e' «assoluta», la disciplina e' riservata alla legge del
Parlamento italiano, con esclusione di altre fonti. 
        Come e'  noto,  e  ribadito  da  autorevole  dottrina,  nelle
materie  riservate  in  via  assoluta  alla  legge,   resta   escluso
l'esercizio  del  potere  regolamentare,  salvo  che  si  tratti   di
regolamenti di stretta esecuzione. 
 
                                 *** 
 
        Che si tratti di riserva assoluta di  legge  (art.  13  della
Costituzione), e che sussista la necessita' che la  legge  preveda  e
disciplini compiutamente i «modi», oltre che i «casi»,  della  misura
che incide sulla liberta' personale, risulta confermato  anche  dalla
recente sentenza n. 22/2022 della Corte costituzionale,  in  un  caso
analogo (la privazione di liberta' nelle «REMS»). 
        La privazione della liberta' nelle «REMS», e' senza dubbio un
caso analogo al trattenimento amministrativo  nel  C.P.R.,  ai  sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1992, trattandosi  sempre
della restrizione della liberta' personale,  identico  bene  supremo,
egualmente tutelato e garantito, in entrambi  i  casi,  dall'art.  13
della Costituzione. 
        Invero, con riferimento all'analoga questione  relativa  alla
Misura di sicurezza del Ricovero provvisorio presso una residenza per
l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), sulla  cui  esecuzione
e' chiamato a sovraintendere il  Magistrato  di  sorveglianza,  nella
sentenza citata (n. 22/2022 della Corte costituzionale), si ribadisce
la necessita' di applicare all'intera disciplina il  principio  della
riserva di legge. 
        Nella  sentenza  della  Corte  costituzionale   n.   22/2022,
relativa al citato caso ritenuto analogo: 
          si conferma l'inderogabilita'  della  riserva  assoluta  di
legge, estesa ai «modi», oltre che ai «casi»,  di  restrizione  della
liberta' personale; 
          si chiarisce che la riserva assoluta di legge statale, deve
intendersi estesa,  alla  luce  dell'art.  13,  secondo  comma  della
Costituzione, alla previsione non solo dei «casi», ma  anche,  almeno
nel loro nucleo essenziale, dei «modi» con cui la misura di sicurezza
(nel nostro caso, il  trattenimento  amministrativo  nel  C.P.R.,  ai
sensi  dell'art.  14  del  decreto  legislativo  n.  286/1998),  puo'
restringere la liberta' personale del soggetto che vi sia sottoposto; 
          si afferma «la necessita' che  la  legge  preveda  anche  i
"modi", oltre che i "casi", di applicazione della misura  restrittiva
della liberta' personale, e che il trattamento al quale la persona e'
sottoposta sia descritto e disciplinato dalla legge». 
        Si riportano testualmente alcuni passi della  motivazione  di
tale sentenza (Corte costituzionale n. 22/2022), sul punto: 
          «allorche' la misura (nel caso in esame,  il  trattenimento
nel C.P.R.) sia configurata dalla legge come "coattiva" - potendo  il
suo destinatario essere costretto con la forza  a  sottoporvisi,  sia
pure entro il limite segnato dal rispetto della persona umana  -,  si
applicano le garanzie dell'art. 13 della Costituzione, che tutela  in
via generale la liberta' personale, posta in causa in  ogni  caso  di
coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona;  di  qui  la
necessita' che la legge preveda anche i "modi", oltre che  i  "casi",
di applicazione della misura restrittiva della liberta' personale,  e
che il trattamento al quale la persona e' sottoposta sia descritto  e
disciplinato dalla legge»; 
          (...)  «l'attuale  disciplina  di  assegnazione  alle  REMS
contrasta con la riserva assoluta di legge in materia  di  misure  di
sicurezza e di trattamenti sanitari obbligatori, in quanto  i  "modi"
di esecuzione della misura restano pressoche' esclusivamente affidati
a  fonti  subordinate  e  accordi  tra  il  Governo  e  le  autonomie
territoriali»; 
          «la legge non puo' non farsi  carico  della  necessita'  di
disciplinare in modo chiaro, e uniforme sul territorio, il ruolo e  i
poteri della Magistratura di  sorveglianza  rispetto  al  trattamento
degli internati e ai loro strumenti  di  tutela  giurisdizionale  nei
confronti delle relative amministrazioni (...)». 
III.1.2 L'art. 14 del decreto legislativo n.  286/1998  (Testo  unico
immigrazione - T.U.I.). 
    Come e' noto, il Testo unico immigrazione (decreto legislativo n.
286/1998), e' stato emanato  in  attuazione  della  delega  contenuta
nell'art. 47, comma 1 della legge 6 marzo 1998, n. 40. 
    L'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, riproduce  quindi,
pedissequamente, l'art. 12 della legge 6 marzo 1998, n. 40. 
    L'art. 14, comma 2, decreto legislativo n.  286/1998,  nel  testo
attualmente vigente, contiene le  modifiche  apportate  dall'art.  3,
comma 4 del decreto-legge 21 ottobre  2020,  n.  130  (convertito  in
legge n. 173/2020). 
    L'art. 14, comma 1  T.U.I.,  rappresenta  una  delle  eccezionali
ipotesi contemplate dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, essendo
attribuito all'autorita' di pubblica sicurezza (questore), il  potere
del tutto eccezionale di adottare il  provvedimento  provvisorio  che
integra la restrizione  della  liberta'  personale,  segnatamente  il
decreto che dispone «che lo straniero sia  trattenuto  per  il  tempo
strettamente  necessario  presso  il  Centro  di  permanenza  per   i
rimpatri» (...). 
    La norma e' conforme all'art. 13, commi 2 e 3 della Costituzione,
indicando l'autorita' giudiziaria competente al controllo  (ex  post)
della sussistenza dei «casi» (il Giudice di pace, v. art. 14, comma 3
del T.U.I.), e disciplinando specificamente «i casi» che  legittimano
il trattenimento (v. art. 14,  comma  1  del  T.U.I.),  elencando  al
riguardo: 
        1) le ipotesi  ex  art.  13,  comma  4-bis  del  T.U.I.,  che
concretano il «rischio  di  fuga»  normativamente  previsto  (mancato
possesso di passaporto o altro documento  equipollente  in  corso  di
validita'; mancanza di idonea documentazione  atta  a  dimostrare  la
disponibilita'  di  un  alloggio   ove   possa   essere   agevolmente
rintracciato; avere in precedenza dichiarato o  attestato  falsamente
le  proprie  generalita';  non   avere   ottemperato   ad   uno   dei
provvedimenti emessi  dalla  competente  autorita',  in  applicazione
dell'art. 13, commi 5  e  13  T.U.I.,  nonche'  dell'art.  14;  avere
violato anche una delle misure di cui al comma 5.2 -  le  cd  «misure
alternative»); 
        2) la necessita' di prestare soccorso allo straniero, o 
        3) di effettuare accertamenti supplementari  in  ordine  alla
sua identita' o nazionalita' ovvero 
        4) acquisire i documenti per il viaggio o  la  disponibilita'
di un mezzo di trasporto idoneo. 
    Ulteriore delimitazione dell'eccezionale potere  conferito  dalla
fonte primaria all'autorita' amministrativa,  si  rinviene  nell'art.
14, comma 1.1 del T.U.I., che, sempre in adempimento alla riserva  di
legge  assoluta,  elenca  specificamente  le  categorie  di  soggetti
(pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero cittadini di
Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione), per  i
quali il «trattenimento»  deve  essere  disposto  con  priorita',  ed
indica i precisi parametri normativi per  l'accertamento  incidentale
di tali presupposti. 
    Ancora, la normativa in oggetto (art. 14, commi 3-4  del  T.U.I.,
in combinato disposto con l'art. 14, comma 1), e'  conforme  all'art.
13, comma 3 della Costituzione, imponendo all'autorita'  di  pubblica
sicurezza (questore), di trasmettere copia degli atti al  Giudice  di
pace territorialmente competente per la convalida,  senza  ritardo  e
comunque entro quarantotto ore dall'adozione  del  provvedimento;  la
convalida,  ai  sensi  del  comma  4,  dovra'  avvenire  nel  termine
perentorio delle successive quarantotto ore, a  pena  di  perdita  di
efficacia  del  provvedimento  del  questore  che  ha   disposto   il
trattenimento ai sensi dell'art. 14, comma 1 del T.U.I. 
    Ai sensi dell'art. 14, comma 5 del T.U.I., la convalida  comporta
la permanenza nel centro (C.P.R.) per un periodo di  complessivi  tre
mesi, (che peraltro e' suscettibile di proroghe di ulteriori tre mesi
in tre mesi, per una durata massima di diciotto mesi, limite  massimo
ammesso dalla direttiva 2008/115/CE). 
 
                                 *** 
 
    Come sopra evidenziato, dalla lettera dell'art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998,  emerge  che  la  permanenza  del  cittadino
straniero nel C.P.R. (Centro di permanenza per i  rimpatri),  integra
una «restrizione della liberta'  personale»,  tutelata  dall'art.  13
della  Costituzione  italiana  (v.   in   tal   senso   anche   Corte
costituzionale, sentenza n. 105/2001). 
    Il trattenimento nel Centro di permanenza  per  i  rimpatri  (che
attualmente puo' avere una durata massima di diciotto mesi),  integra
una limitazione della libera disponibilita' del corpo della  persona,
dunque e' misura che incide sulla liberta' fisica dell'individuo. 
    L'avvenuta «restrizione della liberta' personale»  del  cittadino
straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato, oggetto
della  tutela  apprestata  dall'art.  13   della   Costituzione,   e'
confermata   dalla   natura   del    trattenimento    amministrativo,
cristallizzata: 
        nell'art.  14,  comma  7   del   T.U.I.,   ove   si   prevede
espressamente: a) il potere dell'autorita' amministrativa (questore),
di adottare «efficaci misure di vigilanza affinche' lo straniero  non
si allontani indebitamente dal centro», e di  eseguire  coattivamente
tali  misure  avvalendosi  della   forza   pubblica   (per   impedire
l'allontanamento del cittadino straniero dal Centro di permanenza per
i rimpatri); b) inoltre all'autorita' amministrativa e' attribuito il
potere di provvedere, «nel caso la misura sia violata, a ripristinare
il trattenimento mediante l'adozione di  un  nuovo  provvedimento  di
trattenimento»; 
        nel dato testuale-letterale dell'art. 14, comma 4 del T.U.I.,
ove si prevede che, per  regola,  l'interessato  sia  «condotto»  nel
luogo in cui il giudice tiene l'udienza, (ferma la  liberta'  di  non
comparire davanti al giudice  per  rendere  dichiarazioni,  art.  14,
comma 4, ultima parte); 
        nella disciplina contenuta nell'art. 14,  commi  3  e  4  del
T.U.I., sopra  descritta,  che  ricalca  pedissequamente  il  dettato
costituzionale (art. 13, comma 3 della Costituzione), nell'imporre la
rigorosa   tempistica,   con    scansione    temporale    rigidamente
predeterminata dal legislatore, per la convalida «ex post»  da  parte
dell'autorita' giudiziaria,  da  eseguirsi  nel  termine  massimo  di
novantasei ore  (quarantotto  ore  +  quarantotto  ore),  oltre  alla
previsione  delle  fondamentali  garanzie  processuali  analoghe   al
processo penale, in conformita' con il  diritto  di  difesa  tutelato
dall'art. 24 della Costituzione (difesa di ufficio,  e  patrocinio  a
spese dello Stato, che in questo caso e'  riconosciuto  ex  lege:  v.
art. 14, comma 4 del T.U.I.). 
    In  conclusione,  dal  dato  testuale-letterale  emerge  che   il
trattenimento amministrativo contemplato nell'art. 14,  comma  1  del
T.U.I., nei Centri di permanenza per i rimpatri, integra l'ipotesi di
«altre  restrizioni   della   liberta'   personale»   dell'individuo,
menzionate nell'art. 13, comma  2  della  Costituzione  italiana  (v.
Corte costituzionale, sentenza n. 105/2001), che al  riguardo  impone
una  riserva  di   giurisdizione   («atto   motivato   dell'autorita'
giudiziaria», su «casi e modi»), e  una  riserva  assoluta  di  legge
(«nei  soli  casi  e  modi  previsti  dalla   legge»),   in   ragione
dell'inviolabilita' del diritto fondamentale tutelato da tale norma. 
    Si tratta indubbiamente di una riserva «assoluta» di legge, unica
garanzia di tutela piena, effettiva,  coerente  con  l'inviolabilita'
del  diritto  (assoluto),   alla   liberta'   personale   (v.   Corte
costituzionale n. 177-1980; Corte costituzionale n.  238-1996;  Corte
costituzionale n. 22-2022). 
IV. Prima questione di costituzionalita'. Sulla violazione, ad  opera
dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998  -  T.U.I.
della «riserva assoluta di legge» imposta dall'art. 13, comma 2 della
Costituzionale,  in  materia  di  liberta'   personale   («modi»   di
restrizione della liberta' personale). 
    Si premette che, ad avviso del giudice  a  quo,  la  «riserva  di
legge»  risulta  rispettata  (dall'art.  14  del  T.U.I.),   soltanto
riguardo  ai  «casi»,  richiamati  dall'art.  13,   comma   2   della
Costituzione. 
    Al riguardo, infatti, l'art.  14,  comma  1  del  T.U.I.,  elenca
specificamente e puntualmente le ipotesi che legittimano il  questore
a disporre il trattenimento amministrativo nei C.P.R. (si  vedano  le
considerazioni sopra svolte). 
    Risultano  dunque  specificamente   indicati   i   «casi»   della
eccezionale restrizione della liberta' personale (v. art. 14, comma 1
del  T.U.I.),  individuato  il  giudice   competente   al   controllo
giurisdizionale della sussistenza di tali «casi» (v. art. 14, comma 3
del T.U.I.), e  prevista  la  rigorosa  scansione  temporale  per  la
convalida,  in  sede  giudiziaria,  del   trattenimento   previamente
disposto dall'autorita' amministrativa (v. art.  14,  commi  3-4  del
T.U.I.). 
    Si dubita, invece, della conformita' dell'art. 14,  comma  2  del
T.U.I., all'art. 13, comma 2  della  Costituzione,  che  sancisce  la
riserva assoluta di legge anche riguardo ai «modi» della  restrizione
della liberta' personale, consentita soltanto in via «eccezionale». 
    Si rammenta  che  il  secondo  comma  dell'art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998, riproduceva pedissequamente l'art. 12, comma
2 della legge n. 40/1998, testo poi modificato dall'art. 3, comma  4,
decreto-legge 21  ottobre  2020,  n.  130,  convertito  in  legge  n.
173/2020. 
    Riguardo ai «modi» della restrizione  della  liberta'  personale,
l'art.  14,  comma  2  cit.,  qui  sostanzialmente  tace,  salvo   il
riferimento generico (e in definitiva  «superfluo»),  a  principi  di
carattere generale, la cui applicazione e' pacificamente riconosciuta
nel nostro ordinamento giuridico; vi e' poi un espresso rinvio ad una
fonte subordinata. 
    Aggiungasi che, in ogni  caso,  il  rinvio  generico  alla  fonte
secondaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999), non
potrebbe comunque valere per l'individuazione del giudice  competente
al controllo dei «modi» del trattenimento  amministrativo,  riservata
alla legge, dall'art. 25, comma 1 della Costituzione (come  anche  il
processo dinanzi allo stesso giudice: v.  art.  111,  comma  1  della
Costituzione). 
    L'art. 14, comma 2 del T.U.I. - decreto legislativo  n.  286/1998
(come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a),  decreto-legge  21
ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
dicembre 2020, n.  173),  si  limita  infatti  a  disporre  che:  «lo
straniero  e'  trattenuto  nel  centro  presso  cui  sono  assicurati
adeguati standard igienico sanitari e abitativi con modalita' tali da
assicurare  la  necessaria  informazione  relativa  al   suo   status
l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignita',  secondo  quanto
disposto dall'art. 21, comma  8  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto  dall'art.
2, comma 6, e' assicurata in ogni caso la liberta' di  corrispondenza
anche telefonica con l'esterno». 
    A  tale  quadro,  ben  poco  aggiunge  l'art.  14,  comma  2-bis,
prevedendo che: «lo straniero trattenuto  puo'  rivolgere  istanze  o
reclami orali o scritti anche in busta chiusa al garante nazionale  e
ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone private della
liberta' personale». 
    Le norme appena menzionate (art. 14, commi 2 e 2-bis del  decreto
legislativo n. 286/1998), non soddisfano i requisiti  di  precisione,
implicitamente imposti dalla riserva assoluta di legge;  risulta  poi
totalmente   omessa   l'individuazione   dell'autorita'   giudiziaria
competente al controllo di legalita' dei «modi» di  privazione  della
liberta' personale, parimenti oggetto di riserva  assoluta  di  legge
(art.  25,  comma  1  della  Costituzione),  con  ripercussioni   sul
principio di eguaglianza, sul diritto di  difesa,  sulla  tutela  del
diritto  alla  salute   dei   soggetti   in   stato   di   detenzione
amministrativa. 
    Come riconosciuto da autorevole dottrina, nelle materie riservate
in via assoluta alla legge,  resta  escluso  l'esercizio  del  potere
regolamentare,  salvo  che  si  tratti  di  regolamenti  di   stretta
esecuzione. 
    Tale disciplina, va  confrontata  con  quella  dettata  nel  caso
analogo di limitazione  della  liberta'  personale,  dall'Ordinamento
penitenziario  (legge  n.  354/1975),  che  regola  puntualmente   le
modalita' in cui deve svolgersi la detenzione in sede  penale,  e  le
connesse garanzie, in conformita' con la riserva  di  legge  assoluta
prevista  dall'art.  13,  comma  2  della  Costituzione   (v.   Corte
costituzionale, n. 26/1999), e con gli artt. 24  della  Costituzione,
25, comma 1 della  Costituzione,  111,  comma  1  della  Costituzione
(l'O.P., per il caso analogo, contempla anche ruolo  e  poteri  della
Magistratura di sorveglianza: v. artt. 68 e seguenti della  legge  n.
354/1975). 
    Al contrario, per la  detenzione  amministrativa,  l'unica  fonte
primaria (art. 14 del Testo unico immigrazione,  decreto  legislativo
n. 286/1998), non prevede ne' i «modi», ne' i procedimenti a garanzia
dei diritti del trattenuto,  ne'  individua  l'autorita'  giudiziaria
competente al controllo  dei  «modi»  di  privazione  della  liberta'
personale,  per  tutto  l'arco  temporale  in  cui  si   protrae   il
trattenimento all'interno del C.P.R. 
    La tutela del cittadino  straniero  che  si  trovi  in  stato  di
«restrizione della liberta' personale» all'interno dei C.P.R., e  per
tutta la durata della detenzione amministrativa,  e'  sostanzialmente
affidata - nella situazione attuale - alla fonte secondaria (art. 21,
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  394/1999,  intitolato
«modalita' del trattenimento», richiamato dall'art. 14, comma  2  del
decreto legislativo n. 286/1998), e alle altre fonti  gerarchicamente
subordinate, sopra richiamate. 
    In conclusione, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., viola  la  riserva
assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della  Costituzione,
rinviando  pressoche'  integralmente  a  fonti  subordinate,  per  la
disciplina  dei  «modi»  di  privazione  della  liberta'   personale,
omettendo inoltre di individuare l'autorita'  giudiziaria  competente
al controllo di legalita' dei  «modi»,  e  di  disciplinare  ruolo  e
poteri di tale giudice. 
    Nei «modi» in questione, rientrano necessariamente  le  modalita'
del trattenimento, le procedure, le garanzie giurisdizionali a tutela
dei diritti dei  trattenuti,  analiticamente  disciplinati  nel  caso
analogo della  detenzione  «penale»,  dall'Ordinamento  penitenziario
(legge n. 354/1975). 
    Tanto premesso (e anche alla  luce  della  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 22/2022 sulle REMS, resa in caso  ritenuto  analogo
al presente), il giudice a quo ritiene non  manifestamente  infondato
il dubbio di legittimita' costituzionale, per contrasto dell'art. 14,
comma 2 del T.U.I., con l'art. 13, comma 2 della Costituzione, atteso
che: 
        la detenzione amministrativa e' prevista dall'art. 14,  commi
1-2,  decreto  legislativo  n.  286/1998  (T.U.I.   -   Testo   unico
immigrazione), unica fonte di rango primario che la disciplina; 
        l'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  non
ha contenuto precettivo,  limitato  ad  indicazioni  generiche  e  di
principio, e affida pressoche' esclusivamente alla fonte  subordinata
(art. 21, comma 8, decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto
1999,  n.  394),  i   «modi»   di   esecuzione   del   «trattenimento
amministrativo» nei C.P.R., in contrasto con la riserva  assoluta  di
legge imposta dall'art 13, comma 2 della Costituzione; 
        nell'art. 14 in questione, risulta  infatti  omesso  l'elenco
dei diritti  dei  soggetti  «trattenuti»,  ed  omessa  la  previsione
dell'annessa disciplina; non si menzionano,  ne'  si  descrivono,  le
modalita'   del   trattenimento,   le   garanzie   procedimentali   e
giurisdizionali, a tutela di tali diritti; 
        nell'art. 14 in questione,  non  risulta  individuata  alcuna
autorita' giudiziaria competente al controllo di legalita' dei «modi»
del trattenimento amministrativo (come  ad  es.  la  Magistratura  di
sorveglianza, indicata nella  legge  sull'Ordinamento  penitenziario,
legge n. 354/1975, nel caso  ritenuto  analogo,  esaminato  da  Corte
costituzionale, n. 22/2022); 
        non risultano quindi disciplinati ne'  ruolo,  ne'  i  poteri
dell'autorita' giudiziaria  competente,  rispetto  al  controllo  dei
«modi» del trattenimento dei  cittadini  stranieri  «irregolari»,  in
stato di detenzione amministrativa; 
        il  rinvio  operato  dall'art.  14,  comma  2   del   decreto
legislativo n. 286/1998, alle indicate fonti subordinate, si  risolve
in una tecnica per aggirare la riserva  assoluta  di  legge  prevista
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione. 
    La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza  di  una  fonte  di
rango primario, che  contenga  precetti  specifici,  sufficientemente
precisi,  in  guisa   tale   da   porre   stringenti   vincoli   alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in  coerenza  con  il
diritto fondamentale tutelato dagli artt. 2 della Costituzione  e  13
della Costituzione (liberta' personale). 
    Il termine di comparazione e'  certamente  costituito  -  per  le
fattispecie analoghe di restrizione della liberta' personale -  dalla
normativa contenuta nell'O.P., Ordinamento  penitenziario  (legge  26
luglio 1975, n. 354 - fonte primaria), con analitica disciplina delle
modalita' della  detenzione  negli  istituti  penitenziari,  e  norme
riguardanti anche ruolo e compiti della Magistratura di sorveglianza. 
    Pertanto,  non  e'  sufficiente,  per  superare  il   dubbio   di
legittimita'  costituzionale,  l'interpretazione   «estensiva»,   che
individua nel Giudice di pace tale autorita' giudiziaria,  posto  che
la  legge  (art.  14,  comma  secondo  del  decreto  legislativo   n.
286/1998), non disciplina ne' il ruolo ne' i poteri  del  Giudice  di
pace rispetto al trattamento degli stranieri «trattenuti» nei C.P.R.,
in  stato  di  detenzione  amministrativa;  inoltre,  ostano  a  tale
soluzione anche le ulteriori norme della Costituzione, che  prevedono
la riserva di legge (v. artt. 25, comma 1 della Costituzione, e  111,
comma 1 della Costituzione). 
    Ed infatti, l'art. 14 del decreto  legislativo  n.  286/1998,  si
limita ad individuare nel Giudice di pace il  giudice  competente  al
controllo dei «casi»  di  trattenimento  amministrativo,  mentre,  in
relazione  ai  «modi»  del  trattenimento  amministrativo,  la  fonte
primaria tace del tutto. 
    Aggiungasi che l'art. 10,  comma  2  della  Costituzione  prevede
anche una riserva «rinforzata» di legge, imponendo che la  condizione
giuridica dello straniero sia regolata dalla  legge,  in  conformita'
delle norme e dei trattati internazionali. 
    In conclusione, la questione di legittimita' dell'art. 14,  comma
2 del T.U.I., per contrasto con la  riserva  assoluta  di  legge  sui
«modi» di restrizione della liberta' personale, imposta dall'art. 13,
comma 2 della  Costituzione,  non  e'  manifestamente  infondata,  ad
avviso del giudice a quo. 
V. Seconda questione di costituzionalita': sulla violazione, ad opera
dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998  -  T.U.I.
del  principio  di  eguaglianza  (art.  3  della  Costituzione),  con
riferimento al diritto alla liberta' personale proclamato inviolabile
dagli artt. 2 della Costituzione e 13 della Costituzione, al  diritto
di difesa dinanzi ad un giudice terzo  ed  imparziale,  precostituito
per  legge  (art.  24  della  Costituzione;   25,   comma   1   della
Costituzione; 111, comma 1 della Costituzione),  e  al  diritto  alla
salute (art. 32 della  Costituzione).  Ingiustificata  disparita'  di
trattamento,  con  la  situazione,  sostanzialmente  identica,  della
detenzione    in    sede    penale,    analiticamente    disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), per la  quale  il
controllo sulla  legalita'  delle  modalita'  della  restrizione,  e'
garantita dalla Magistratura di  sorveglianza,  organo  specializzato
nella materia (art. 102, comma 2 della Costituzione). 
    Il   giudice   a   quo   dubita   altresi'   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 2 del T.U.I., per  violazione  del
principio di eguaglianza  sancito  nell'art.  3  della  Costituzione,
nella  parte  in  cui,  omettendo  di  disciplinare  i   «modi»   del
trattenimento amministrativo nei C.P.R., ed omettendo di prevedere la
competenza, il ruolo e i poteri dell'autorita'  giudiziaria  deputata
alla  tutela  dei  diritti  dei  soggetti  in  stato  di   detenzione
amministrativa, attua una ingiustificata ed irragionevole  disparita'
di trattamento, con  la  situazione,  sostanzialmente  identica,  dei
soggetti in stato di detenzione «penale» nelle strutture  carcerarie,
puntualmente disciplinata dall'Ordinamento  penitenziario  (legge  n.
354/1975). 
    Non si puo' dubitare del fatto che il principio  di  eguaglianza,
sancito nell'art. 3 della Costituzione italiana, valga anche  per  lo
straniero, rispetto al cittadino italiano, nella  sfera  dei  diritti
inviolabili, tra cui la liberta'  personale  (v.  combinato  disposto
degli artt. 2, 3 e 10, comma 2 della Costituzione; v. sentenze  della
Corte costituzionale, n. 120/1967; n. 21/1968; n.  54  del  1979;  n.
231/2001; n. 432/2005). 
    La denunziata disparita' di trattamento, e' cosi' sintetizzata. 
    Per  gli  stranieri  irregolarmente   presenti   nel   territorio
nazionale, che si trovino in stato  di  «detenzione  amministrativa»,
all'interno dei C.P.R. (Centri per  i  rimpatri),  la  disciplina  di
rango «primario», e' dettata esclusivamente dall'art. 14, comma 2 del
decreto legislativo n. 286/1998, che: 
        in  violazione  della  riserva  assoluta  di  legge   imposta
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione,  non  disciplina  i  «modi»
della privazione della  liberta'  personale  all'interno  dei  C.P.R.
limitandosi  ad  enunciare  principi  generali  il  cui  richiamo  e'
superfluo, e rinvia pressoche' integralmente, per la disciplina, alla
fonte secondaria (art. 21, comma  8,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394); 
        omette  del  tutto  di  individuare  l'autorita'  giudiziaria
competente alla tutela dei diritti del cittadino straniero trattenuto
nei C.P.R., omissione per la quale a  fortiori  non  puo'  valere  il
suddetto rinvio alla fonte subordinata, per  l'esistenza  di  plurime
norme della Costituzione, che impongono la riserva di legge (art. 25,
comma 1 della Costituzione; art. 111,  comma  1  della  Costituzione;
art. 13, comma 2 della Costituzione). 
    In particolare ed in sintesi, l'art.  14,  comma  2  del  decreto
legislativo n. 286/1998, omette di prevedere e disciplinare: 
        i  «modi»  del  trattenimento,  ossia  omette  del  tutto  di
descrivere e disciplinare il  trattamento  al  quale  la  persona  e'
sottoposta, omette di elencare i diritti riconosciuti  ai  trattenuti
all'interno dei C.P.R., le procedure a  garanzia,  gli  strumenti  di
tutela giurisdizionale nei confronti dell'amministrazione; omette  di
indicare le garanzie  del  trattenuto,  i  suoi  diritti  durante  il
periodo di detenzione amministrativa; 
        non individua  gli  standard  minimi  di  tutela  (anche  con
riferimento  al  fondamentale  diritto  alla  salute),  dei  soggetti
trattenuti nei  C.P.R.,  in  relazione  ai  quali,  il  parametro  di
legittimita' e' senza dubbio  costituito  dalla  normativa  contenuta
nell'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), e dalla CEDU, che
il legislatore italiano e' tenuto a rispettare  (art.  117,  comma  1
della Costituzione); 
        omette di indicare le modalita' di tutela  dei  suoi  diritti
fondamentali  (incluso  il  diritto  alla  salute),  all'interno  dei
C.P.R., e durante tutto il periodo del trattenimento; i  procedimenti
di  audizione  e  decisione  riguardanti  il  trattenuto,  i   rimedi
giurisdizionali avverso le violazioni di tali diritti, potenzialmente
perpetrate all'interno dei C.P.R.; 
        omette     di     individuare     l'autorita'     giudiziaria
(specializzata), competente alla tutela dei diritti del  soggetto  in
stato di detenzione amministrativa nei C.P.R., e competente  rispetto
alla gestione e al trattamento di tali soggetti; omette quindi  anche
di disciplinare ruolo, compiti e poteri dell'autorita' giudiziaria in
questione. 
    Come e' evidente, sussiste un  vero  e  proprio  vuoto  normativo
(fonte primaria),  realizzato  dall'art.  14,  comma  2  del  decreto
legislativo  n.  286/1998,  in  forza  del  quale,   i   «modi»   del
trattenimento all'interno dei C.P.R., l'esercizio  e  la  tutela  dei
diritti degli stranieri trattenuti nei C.P.R.,  sono  demandati  alla
discrezionalita' di Prefettura, Questura, ed enti privati gestori dei
C.P.R., senza la garanzia di un effettivo  controllo  giurisdizionale
del trattamento: risulta infatti omessa anche  la  previsione  di  un
controllo  giurisdizionale  analogo   a   quello   esercitato   dalla
Magistratura di sorveglianza, prevista dall'Ordinamento penitenziario
(v. artt. 68 e seguenti, legge n. 354/1975). 
    Al contrario, la situazione  dei  soggetti  detenuti  all'interno
delle   strutture   carcerarie,    e'    puntualmente    disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (fonte primaria, legge  n.  354/1975),
che in sintesi prevede  e  disciplina  i  diritti  dei  detenuti,  le
garanzie sul trattamento penitenziario, i rimedi  giurisdizionali,  e
prevede   la   competenza   della   Magistratura   di    sorveglianza
(«specializzata»),  deputata  al  controllo  sulla  legalita'   delle
modalita' della restrizione della  liberta'  personale,  alla  tutela
giurisdizionale dei diritti dei detenuti. 
    Quindi, per i detenuti all'interno degli  istituti  carcerari  in
sede  penale,  la  fonte  primaria  (Ordinamento  penitenziario),  in
conformita' con gli artt. 13, comma 2 della Costituzione, e 24  della
Costituzione, disciplina analiticamente i «modi» della detenzione,  e
al  riguardo  individua  ruolo  e  compiti  della   Magistratura   di
sorveglianza (v., ad es. artt. 11, comma 4, 13, 14-ter,  35,  35-bis,
35-ter, 68 e seguenti, della legge n. 354/1975). 
    Sussiste quindi una irragionevole ed ingiustificata disparita' di
trattamento, tra situazioni sostanzialmente  eguali  (trattenuti  nei
C.P.R., a titolo di «detenzione amministrativa», ai  sensi  dell'art.
14, comma 1 del  decreto  legislativo  n.  286/1998;  detenuti  negli
istituti penitenziari ex art. 59, legge  n.  354/1975,  a  titolo  di
«detenzione penale»), in violazione dell'art. 3  della  Costituzione,
con  riferimento  al  diritto  alla  liberta'  personale   proclamato
inviolabile dagli artt. 2 della Costituzione e 13 della Costituzione,
al diritto di difesa dinanzi  ad  un  giudice  terzo  ed  imparziale,
precostituito per legge (art. 24  della  Costituzione;  25,  comma  1
della Costituzione; 111, comma 1 della Costituzione),  e  al  diritto
alla salute (art. 32 della Costituzione). 
    Come chiarito da risalente ed autorevole dottrina,  il  principio
di  eguaglianza  costituisce  presupposto  essenziale   dei   diritti
fondamentali dell'uomo, tutelati dall'art. 2 della Costituzione,  tra
cui la liberta' personale, proclamata inviolabile dall'art. 13  della
Costituzione. 
    Le evidenziate (macroscopiche) omissioni di disciplina  di  rango
primario, concretate dall'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.
286/1998,   e   l'espresso   rinvio,    pressoche'    integrale    ed
incondizionato, alla fonte subordinata, oltre a  contrastare  con  la
riserva assoluta di legge (art.  13,  comma  2  della  Costituzione),
integrano altresi', contemporaneamente - ad avviso della rimettente -
la diretta violazione del principio di eguaglianza sancito  nell'art.
3 della Costituzione, con riferimento  ai  diritti  inviolabili  alla
liberta' personale, (tutelato dagli artt. 2 della Costituzione  e  13
della Costituzione), al diritto di difesa dinanzi ad un giudice terzo
ed imparziale, precostituito per legge (art. 24  della  Costituzione;
25, comma 1 della Costituzione; 111, comma 1 della  Costituzione),  e
al diritto alla salute (art. 32 della Costituzione). 
    Tali fondamentali diritti, risultano inevitabilmente compromessi,
dall'assenza di una disciplina di rango primario, circa i «modi»  del
trattenimento nei C.P.R., e dalla mancata  previsione  dell'autorita'
giurisdizionale («specializzata»), deputata al controllo del rispetto
dei diritti fondamentali dei trattenuti. 
    L'evidenziata diversita' di trattamento,  risulta  ingiustificata
ed irragionevole, riguardando fattispecie sostanzialmente analoghe. 
    Si osserva, infatti, che entrambe le due categorie  di  soggetti,
sono in stato di restrizione della liberta' personale, bene giuridico
leso, costituzionalmente protetto (art. 13 della  Costituzione),  che
e' identico, sia per i trattenuti all'interno dei C.P.R.  (detenzione
amministrativa, art. 14, comma 1 del  T.U.I.),  sia  per  i  detenuti
negli istituti penitenziari (detenzione in sede penale,  disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario). 
    Entrambe  le  categorie  di  soggetti  (in  stato  di  detenzione
amministrativa e di detenzione «penale»),  subiscono  la  restrizione
del medesimo diritto proclamato inviolabile, la liberta' personale  e
fisica  (tutelata  dagli  artt.  2  della  Costituzione  e  13  della
Costituzione), con inevitabili ripercussioni sul  diritto  di  salute
(art. 32 della Costituzione),  e  sul  diritto  di  difesa  garantito
dall'art. 24 della Costituzione (parimenti inviolabile). 
    Del resto, la limitazione della liberta' fisica  all'interno  dei
C.P.R., al pari di quella che  avviene  all'interno  delle  strutture
carcerarie gestite dallo Stato, si protrae per un significativo  arco
temporale (attualmente, massimo diciotto mesi), nel corso  del  quale
possono naturalmente verificarsi  gli  episodi  piu'  disparati,  che
inevitabilmente coinvolgono molteplici diritti fondamentali dell'uomo
(salute, liberta' fisica e morale, diritto di difesa). 
    La situazione in cui si trovano le due categorie di soggetti,  e'
quindi  sostanzialmente  identica,  concretandosi  nella  restrizione
della liberta' personale,  che  rientra  nell'alveo  di  applicazione
dell'art. 13, comma 2 della Costituzione. 
    L'art. 13, comma 2 della Costituzione impone, in entrambi i  casi
(sostanzialmente identici), l'esistenza di una dettagliata disciplina
di rango primario, di  competenza  del  Parlamento  della  Repubblica
(massima espressione del sistema democratico), a tutela  dei  diritti
fondamentali  necessariamente  coinvolti,   durante   lo   stato   di
restrizione  della  liberta'   personale,   a   tal   fine   restando
indifferente la natura, «amministrativa» o «penale», del  titolo  del
trattenimento. 
    Alla  identita'  di  situazioni,  e   del   diritto   sostanziale
costituzionalmente tutelato (liberta'  personale),  nella  detenzione
«penale»     ed     amministrativa»,     corrispondono      tuttavia,
irragionevolmente, discipline  diverse,  sia  per  la  fonte  da  cui
promanano (primaria e secondaria), sia  per  la  evidenziata  carenza
assoluta di disciplina e di tutela,  anche  giurisdizionale,  per  la
«detenzione amministrativa». 
    Come rilevato, sussiste una significativa lacuna normativa  circa
la tutela dei diritti dei trattenuti all'interno dei C.P.R.,  che  e'
sostanzialmente  demandata,  dall'art.  14,  comma  2   del   decreto
legislativo   n.   286/1998,    alle    fonti    subordinate,    alla
discrezionalita' del «potere esecutivo»,  nonche'  delle  Prefetture,
Questure,  ed  enti  gestori  dei   C.P.R.,   oltretutto   senza   la
possibilita' di un tempestivo ed effettivo controllo giurisdizionale. 
    L'aver  omesso  di  dettare  una  puntuale  disciplina  di  rango
primario, determina  l'ingiustificato  ed  irragionevole  trattamento
deteriore  dei  soggetti  in  stato  di  detenzione   amministrativa,
all'interno dei C.P.R., rispetto ai soggetti in stato  di  detenzione
«penale» all'interno delle strutture carcerarie, e la violazione,  da
parte dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  di
una pluralita' di norme della Costituzione italiana. 
    Emblematico, al riguardo, il recente  caso,  oggetto  di  censura
della Corte europea dei diritti umani, la  quale,  con  decisione  n.
17499 del 3 luglio 2024, ha accolto una istanza ai sensi dell'art. 39
del regolamento della Corte, di emissione di provvedimento  cautelare
in via di urgenza, a tutela del diritto di salute  di  una  cittadina
straniera trattenuta all'interno del  C.P.R.,  con  violazione  degli
standard  imposti  dall'art.  3  CEDU  (caso  cagionato,  in  estrema
sintesi, dalle evidenziate, macroscopiche lacune  legislative,  anche
con  riferimento  alla  mancanza   di   una   autorita'   giudiziaria
specificamente deputata alla tutela dei diritti dei trattenuti -  tra
cui il diritto alla salute - dotata di validi strumenti di tempestivo
controllo). 
    Si tratta, come e' evidente, di  situazioni  identiche,  trattate
irragionevolmente in modo diverso atteso  che  l'inviolabile  diritto
alla liberta' personale, come i diritti  alla  salute,  alla  difesa,
all'esistenza di un giudice naturale precostituito  per  legge,  sono
egualmente riconosciuti e  garantiti  ad  entrambe  le  categorie  di
soggetti dagli artt. 2 della Costituzione, 13 della Costituzione,  32
della Costituzione, e  24  della  Costituzione,  25,  comma  1  della
Costituzione, indifferente restando la contingente ragione che  abbia
determinato la restrizione della liberta' personale dell'individuo. 
    Ed   invero,   il   dettato   costituzionale   (art.   13   della
Costituzione),  non  contiene  alcuna  differenza  di  disciplina,  a
seconda   della   concreta    motivazione    (illecito    penale    o
amministrativo), che abbia determinato lo stato di restrizione  della
liberta' personale dell'individuo, nella detenzione «amministrativa»,
o «penale». 
    Ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit. 
    Non a caso l'art. 13 della Costituzione italiana, con formula  di
chiusura fa riferimento a «qualsiasi altra restrizione della liberta'
personale», con cio' rendendo evidente la volonta' del costituente di
apprestare identica  tutela,  ad  ogni  forma  di  restrizione  della
liberta' personale dell'individuo, proclamata  inviolabile,  restando
del tutto indifferente (ai fini dell'art. 13 della Costituzione),  la
motivazione che abbia determinato la restrizione in questione. 
    Si rammenta che, in ordine al  canone  della  ragionevolezza,  si
ritiene  in  generale  che   la   disparita'   di   trattamento   sia
«giustificata»,  se  necessaria  per  il   perseguimento   di   «fini
costituzionali», ossia finalita' rivolte alla realizzazione di valori
costituzionalmente riconosciuti. 
    Il giudice  a  quo,  ritiene  al  riguardo  che  l'evidenziata  e
notevole  disparita'  di  trattamento  di   cui   si   discute,   sia
ingiustificata  ed  irragionevole,  poiche'  non  necessaria  per  il
perseguimento di «fini costituzionali». 
    La difesa dei confini nazionali  dall'immigrazione  «irregolare»,
con i  rischi  che  essa  indubbiamente  comporta  per  la  sicurezza
pubblica, anche se intesa quale legittimo «fine costituzionale»,  non
potrebbe  che  essere   considerato   «subalterno»,   rispetto   alla
necessita' di tutelare e garantire il  bene  supremo  della  liberta'
personale dell'individuo, diritto inviolabile che spetta agli  uomini
in quanto tali, in eguale metaforica «misura». 
    E  l'eguaglianza,   come   insegnato,   costituisce   presupposto
essenziale dei diritti  inviolabili  dell'uomo,  tra  cui  spicca  la
liberta' personale. 
    Per tali motivi, la  necessita'  di  contrastare  l'«immigrazione
irregolare»,  non  puo'  essere  considerata   valido   criterio   di
differenziazione, per l'adozione  di  discipline  diverse,  ostandovi
l'inviolabilita', con efficacia erga omnes, del diritto alla liberta'
personale, riconosciuto all'essere umano in quanto tale. 
    Pertanto, ad avviso del  giudice  a  quo,  le  evidenziate  gravi
omissioni,  contenute  nell'unica  fonte  primaria  sui  «modi»   del
trattenimento nei C.P.R., ossia l'art. 14, comma 2 del T.U.I.  (Testo
unico  immigrazione  -  decreto  legislativo  n.  286/1998),   e   le
conseguenti rilevanti diversita'  di  disciplina  rispetto  a  quella
dettata dall'Ordinamento penitenziario (legge  n.  354/1975),  per  i
detenuti negli  istituti  penitenziari,  integrano  violazione  della
riserva assoluta di legge (art. 13, comma 2 della Costituzione),  con
diretta ripercussione  e  violazione  del  principio  di  eguaglianza
sancito  nell'art.  3  della  Costituzione,  per   irragionevole   ed
ingiustificata disparita' di trattamento,  con  riferimento  al  caso
analogo della detenzione  nelle  strutture  carcerarie,  disciplinata
dall'Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354),  e  in
relazione ai  diritti  inviolabili  tutelati  negli  artt.  13  della
Costituzione, 24 della Costituzione, 25, comma 1 della  Costituzione,
32 della Costituzione. 
    In conclusione, il  giudice  a  quo  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  14,
comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  per  violazione  della
riserva di legge imposta dall'art. 13, comma 2 della Costituzione,  e
per  violazione,  altresi'  del  principio  di  eguaglianza   sancito
dall'art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art.  10,
comma  2  della  Costituzione,  in  relazione  agli  artt.  2   della
Costituzione, 13 della Costituzione, 32 della Costituzione, 24  della
Costituzione, 25, comma 1 della  Costituzione,  111,  comma  1  della
Costituzione, in rapporto all'analoga fattispecie del trattamento dei
detenuti all'interno degli  istituti  penitenziari  in  sede  penale,
disciplinati dall'Ordinamento penitenziario. 
VI. Sulla impossibilita' di  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata. 
    La possibilita' di una interpretazione  conforme  a  Costituzione
del menzionato art. 14, comma 2, decreto legislativo n. 286/1998, non
risulta percorribile,  in  considerazione  della  natura  stessa  del
dubbio in oggetto, che riguarda fondamentalmente la violazione  della
riserva di legge assoluta,  prevista  dall'art.  13,  comma  2  della
Costituzione, alla quale consegue la  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione, con riferimento agli artt.  2  della  Costituzione,  13
della Costituzione, 32 della Costituzione, 24 della Costituzione, 25,
comma 1 della Costituzione, 111, comma 1 della Costituzione,  per  le
ragioni evidenziate. 
    Si dubita infatti della legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, per la violazione  della
competenza esclusiva del Parlamento della Repubblica, per  violazione
della riserva assoluta di fonte primaria, imposta dall'art. 13, comma
2 della Costituzione, nel senso sopra esposto. 
    Quanto al disposto dell'art. 14, comma 2 del decreto  legislativo
n. 286/1998, si osserva che -  secondo  il  noto  brocardo  «Ubi  lex
voluit dixit, ubi noluit tacuit» - le generiche indicazioni contenute
dalla norma, non possono essere certamente  colmate  dall'interprete,
trattandosi di  eccezionale  limitazione  della  liberta'  personale,
costituzionalmente tutelata anche con riserva di legge. 
    Inoltre,  il  rinvio   pressoche'   incondizionato   alla   fonte
secondaria e' testuale, espresso ed inequivocabile (v. art. 14, comma
2 del T.U.I.). 
    In via sistematica, si osserva - tra l'altro  -  che  l'art.  16,
commi 6-7  del  decreto  legislativo  n.  286/1998,  per  i  casi  di
espulsione a  titolo  di  sanzione  sostitutiva  o  alternativa  alla
detenzione, nei casi di  avvenuta  identificazione  dello  straniero,
richiama  la  competenza  della  Magistratura  di   sorveglianza,   e
specifica che lo straniero resta nell'istituto penitenziario in stato
di detenzione, sino a quando non siano stati  acquisiti  i  necessari
documenti di viaggio; nel caso in cui invece  lo  straniero  detenuto
(da scarcerare in tempi brevi) non  sia  stato  ancora  identificato,
trova applicazione l'istituto del  trattenimento  amministrativo  nel
C.P.R. contemplato nell'art. 14, commi 1-1.1 -  2-2-bis -  3-4-5  del
decreto legislativo n. 286/1998, e dunque anche l'art. 14,  comma  2,
norma che, ad avviso del giudice a  quo,  contrasta  con  l'art.  13,
comma 2 della Costituzione. 
    E'  evidente  che  non  e'  percorribile  alcuna  interpretazione
costituzionalmente orientata  di  tale  normativa,  essendo  comunque
inibito all'interprete di  colmare  lacune  che  -  nella  previsione
espressa del costituente - devono essere oggetto di  regolamentazione
dettata dalla fonte primaria (riserva assoluta di legge). 
    Riguardo  all'individuazione  del  giudice  competente,  non   e'
sufficiente  (ne'  percorribile),   per   superare   il   dubbio   di
legittimita'  costituzionale,   l'interpretazione   (estensiva)   che
individua nel Giudice di pace tale autorita' giudiziaria,  posto  che
la legge non prevede specificamente questa competenza, non disciplina
ne' il ruolo ne' i poteri del Giudice di pace rispetto  al  controllo
sulla legalita' delle modalita' di trattamento  degli  stranieri,  in
stato di  detenzione  amministrativa,  all'interno  dei  C.P.R.,  ne'
disciplina gli strumenti di tutela giurisdizionale dei trattenuti nei
confronti degli enti amministrativi  che  gestiscono  i  C.P.R.  (sul
punto  si  richiama,  in  motivazione,  la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 22/2022). 
    Ad ogni modo, tale opzione interpretativa  non  e'  percorribile,
anche alla  luce  delle  ulteriori  disposizioni  costituzionali  che
impongono la riserva  di  legge,  in  ordine  alla  costituzione  del
giudice, alla sua competenza, e al procedimento  giurisdizionale  per
la tutela dei diritti (art. 25, comma 1 della Costituzione; art. 111,
comma 1 della Costituzione). 
    Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi  3  e  4
del T.U.I.) unicamente la competenza  del  Giudice  di  pace  per  il
controllo giurisdizionale dei «casi» di  restrizione  della  liberta'
personale,  rientranti  nella  cd  «detenzione  amministrativa»   nei
C.P.R., mentre l'art. 14, comma 2 del T.U.I., tace sui «modi». 
    E' appena il caso di rilevare che  non  soccorre  l'istituto  del
«riesame»,  previsto  dall'art.  15   della   «Direttiva   rimpatri»,
2008/115/UE, istituto che va ricondotto alla competenza  del  Giudice
di pace gia' individuata dall'art.  14,  commi  3  e  4  del  decreto
legislativo n. 286/1998, trattandosi di modifica  dell'ordinanza  del
giudice, che ha deciso in  ordine  alla  sussistenza  dei  «casi»  di
limitazione della liberta' personale, elencati nell'art. 14, comma  1
del T.U.I. 
    Infatti,  il  constatato  «vuoto  legislativo»,  si  colloca  sul
diverso  piano  evidenziato,  concernendo  la   mancata   previsione,
nell'art. 14, comma 2 del decreto  legislativo  n.  286/1998,  di  un
giudice competente al  controllo  dei  «modi»  di  restrizione  della
liberta' personale, nel corso della «detenzione amministrativa»,  per
i quali, parimenti, l'art. 13, comma 2  della  Costituzione,  prevede
una riserva di legge. 
    Anche per tale motivo, quindi,  il  vuoto  legislativo  non  puo'
affatto essere colmato applicando l'istituto del «riesame»,  previsto
dall'art. 15 della «Direttiva rimpatri», 2008/115/UE. 
 
                                 *** 
 
    In conclusione,  lo  strumento  interpretativo  non  puo'  essere
validamente  utilizzato,  per  superare  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale. 
    Nell'analogo caso dei  detenuti  nelle  strutture  carcerarie  (o
istituti penitenziari), la fonte primaria (Ordinamento penitenziario,
legge 26 luglio 1975,  n.  354),  prevede  sezioni  specializzate  di
sorveglianza  all'interno   dei   tribunali,   la   Magistratura   di
sorveglianza (v. artt. 68 e seguenti,  O.P.),  organo  specializzato,
dotato di validi strumenti di  tempestiva  tutela,  che  assicura  la
corretta  gestione  e  la  tutela  dei  diritti  dei   detenuti,   in
considerazione dei plurimi beni costituzionalmente protetti (liberta'
personale, diritto alla salute, diritto di difesa),  coinvolti  nello
stato di restrizione della liberta' fisica dell'individuo,  protratto
nel tempo, all'interno di strutture gestite dallo Stato. 
    In  estrema  sintesi,  non  vi   e'   alcuno   spazio   per   una
interpretazione (estensiva) conforme alla Costituzione, atteso che il
contrasto  sussiste  con  la  riserva  di  legge  assoluta,   sancita
dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, anche  con  riferimento  ai
«modi» di restrizione della liberta' personale. 
VII. Conclusioni. 
    Il dubbio di legittimita' riguarda l'art. 14, comma 2 del decreto
legislativo n.  286/1998  (come  sostituito  dall'art.  3,  comma  4,
lettera a), decreto-legge 21 ottobre 2020, n.  130,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173) che, riguardo ai
«modi»  della  detenzione  amministrativa  nei  C.P.R.   (Centro   di
permanenza  per  i  rimpatri),  si  limita,   quanto   al   contenuto
precettivo, ad indicazioni generiche e di principio, rinviando ad una
fonte subordinata per la  regolamentazione  (art.  21,  comma  8  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999,  e
Regolamento per l'organizzazione e la gestione dei  centri  approvato
con decreto ministeriale del Ministro dell'interno, n. 12700  del  20
ottobre 2014). 
    L'art.  14,  comma  2  non  ha  contenuto  precettivo,   contiene
indicazioni generali e di principio, che violano la riserva di  legge
prevista dall'art. 13, comma  2  della  Costituzione  sui  «modi»  di
privazione della liberta' personale. 
    Il rinvio operato dall'art. 14, comma 2 del  decreto  legislativo
n. 286/1998, alle indicate  fonti  subordinate,  si  risolve  in  una
tecnica per aggirare la riserva assoluta di legge prevista  dall'art.
13 della Costituzione. 
    La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza  di  una  fonte  di
rango primario, che  contenga  precetti  specifici,  sufficientemente
precisi,  in  guisa   tale   da   porre   stringenti   vincoli   alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in  coerenza  con  il
diritto fondamentale tutelato dagli artt. 2 della Costituzione  e  13
della Costituzione (liberta' personale). 
    In conclusione, l'art.  14,  comma  2  del  T.U.I.  (Testo  unico
immigrazione), contiene enunciazioni generali  e  di  principio,  non
conformi allo standard di precisione imposto dalla  riserva  assoluta
di legge sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, in materia
di privazione della liberta' personale, essendo inidonee a  porre  un
vincolo alla discrezionalita' della pubblica amministrazione. 
    Quanto al contenuto dello «standard  minimo»  di  precisione,  il
raffronto non puo' che essere  operato  con  riferimento  alle  norme
tutte contenute nell'Ordinamento penitenziario (legge  n.  354/1975),
dettate per il caso sostanzialmente analogo della detenzione «penale»
negli istituti penitenziari, di cui agli artt. 59 e  seguenti,  O.P.,
oltre che alle fonti sovranazionali e alla  CEDU,  in  considerazione
del vincolo per il  legislatore  ordinario,  sancito  dall'art.  117,
comma 1 della Costituzione. 
    In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I.  si  pone  come  una
«norma in bianco», che  rinvia  pressoche'  incondizionatamente  alla
fonte subordinata, in violazione  della  riserva  assoluta  di  legge
sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, anche  con
riferimento ai «modi» di restrizione della liberta' personale. 
    Inoltre, come sopra evidenziato, l'art. 14, comma  2  del  T.U.I.
(decreto legislativo n. 286/1998), non indica l'autorita' giudiziaria
competente in relazione al controllo di legalita'  delle  «modalita'»
di privazione della liberta' personale. 
    Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi 3-4  del
T.U.I.) unicamente la competenza del Giudice di pace per il controllo
giurisdizionale dei «casi» di restrizione  della  liberta'  personale
rientranti nella cd «detenzione amministrativa»  nei  C.P.R.,  mentre
tace sui «modi» di restrizione della liberta' personale. 
    Al riguardo, come sopra rilevato, non risulta percorribile alcuna
interpretazione «costituzionalmente conforme». 
    La  irragionevole  differenza  di  disciplina,  con  le  analoghe
fattispecie disciplinate dall'Ordinamento  penitenziario  (detenzione
«penale» nelle strutture penitenziarie  ex  art.  59,  O.P.),  appare
dunque evidente. 
    Ed invero, anche nel  caso  delle  «REMS»,  ritenuto  analogo  al
presente, la Corte costituzionale (sentenza  n.  22  anno  2022),  in
motivazione ribadiva testualmente che «la legge non  puo'  non  farsi
carico della necessita' di disciplinare in modo  chiaro,  e  uniforme
sul  territorio,  il  ruolo  e  i  poteri   della   Magistratura   di
sorveglianza rispetto  al  trattamento  degli  internati  e  ai  loro
strumenti di tutela  giurisdizionale  nei  confronti  delle  relative
amministrazioni (...)». 
    Come sopra evidenziato, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., non indica
l'autorita'  giudiziaria  competente  in  relazione  ai  «modi»   del
trattenimento nei C.P.R., ne' indica ruolo e poteri  del  giudice  in
materia. 
    In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (decreto legislativo
n. 286/1998), si pone in contrasto  con  l'art.  13,  comma  2  della
Costituzione per violazione della riserva di  legge,  per  violazione
altresi' del principio di eguaglianza e ragionevolezza, (art. 3 della
Costituzione), in rapporto all'analoga fattispecie  della  detenzione
all'interno delle strutture carcerarie (disciplinata dall'Ordinamento
penitenziario), nella parte in  cui  non  prevede  ne'  disciplina  i
«modi» del trattenimento amministrativo, non prevede  ne'  disciplina
ruolo e compiti dell'autorita' giudiziaria competente al controllo di
legalita' dei «modi»  in  questione,  rinviando  sostanzialmente  «in
bianco» alle fonti subordinate. 
 
                                 *** 
 
    In conclusione, ad avviso del giudice a quo, le  questioni  poste
non sono manifestamente infondate. 
    Questa  giudicante  dubita  della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 14, comma 2 del T.U.I. - decreto  legislativo  n.  286/1998
(genericamente dedicato ai «modi» del trattenimento  amministrativo),
per violazione: 
        1) della riserva assoluta di  legge  prevista  dall'art.  13,
comma 2 della Costituzione italiana.  Invero,  soltanto  la  «legge»,
fonte  primaria,  puo'  e  deve  individuare  i  «modi»   (modalita',
procedure, garanzie giurisdizionali) di  restrizione  della  liberta'
personale. 
        L'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998  viola
la  riserva  assoluta  di  legge,  imposta  anche  per  i  «modi»  di
restrizione della liberta'  personale;  viola  quindi  la  competenza
esclusiva del Parlamento della Repubblica,  massima  espressione  del
sistema democratico; 
        2) del principio di eguaglianza (art. 3  della  Costituzione,
in combinato disposto con l'art. 10, comma 2 della Costituzione,  con
riferimento agli artt. 2 della Costituzione, 13  della  Costituzione,
24 della Costituzione, 25, comma 1 della Costituzione, 111,  comma  1
della Costituzione), per irragionevole disparita' di trattamento  con
il  caso  analogo  della  detenzione  in  sede  penale,  puntualmente
disciplinata dall'Ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975),  per
la quale - tra l'altro - la tutela giurisdizionale  dei  detenuti  e'
garantita dalla Magistratura di  sorveglianza,  organo  specializzato
nella materia (art. 102, comma 2 della Costituzione). 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il G.O.P. - Giudice di pace di Roma, visti gli  artt.  134  della
Costituzione, 137 della Costituzione, art. 1, legge costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1; 23 e seguenti, legge n. 87/1953, 
    Ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate: 
        1)  solleva  di  ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale,  per  violazione  della  riserva  assoluta  di  legge
prevista dall'art. 13, comma  2  della  Costituzione,  dell'art.  14,
comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero, T.U.I.), nella parte  in  cui
non  disciplina  puntualmente  i  «modi»  e  i  procedimenti  per  la
restrizione della liberta' personale all'interno dei  C.P.R.  (Centri
di permanenza per i rimpatri); nella  parte  in  cui  non  prevede  i
diritti e le forme di tutela dei trattenuti; nella parte in  cui  non
indica l'autorita' giudiziaria competente al controllo dei «modi»  di
restrizione della liberta'  personale,  dei  cittadini  stranieri  in
stato di «detenzione amministrativa», all'interno dei C.P.R., e  alla
tutela giurisdizionale dei loro  diritti;  nella  parte  in  cui  non
disciplina il ruolo e i poteri di tale autorita'  giudiziaria;  nella
parte  in  cui  rinvia,  pressoche'  integralmente,  ad   una   fonte
subordinata (art. 21,  comma  8  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394). 
        Il tutto, in contrasto  con  la  riserva  assoluta  di  legge
prevista dall'art.  13,  comma  2  della  Costituzione  italiana,  in
materia di liberta' personale, diritto  assoluto  ed  inviolabile,  e
dall'art.  5,  comma  1  della  CEDU  (Convenzione  europea  per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950), in rapporto all'art. 117, comma 1
della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione; 
        2)  solleva  di  ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale, dell'art. 14, comma  2  del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), per  violazione  del  principio  di  eguaglianza  sancito
dall'art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art.  10,
comma 2 della Costituzione, con riferimento al diritto alla  liberta'
personale proclamato inviolabile dagli artt. 2 della  Costituzione  e
13 della Costituzione, al diritto di difesa  dinanzi  ad  un  giudice
terzo ed imparziale, precostituito per legge, contemplato dagli artt.
24 della Costituzione; 25, comma 1 della Costituzione; 111,  comma  1
della  Costituzione,  e  al  diritto  alla  salute  (art.  32   della
Costituzione), nella parte in cui omette di dettare la disciplina dei
«modi» del trattenimento  amministrativo,  e  omette  di  individuare
l'autorita' giudiziaria competente al controllo  della  legalita'  di
tali  «modi»  di  restrizione  della  liberta'  personale,  rinviando
pressoche'  integralmente  alle  fonti  subordinate,  omissioni   che
attuano  una  irragionevole  disparita'  di   trattamento,   con   la
fattispecie analoga della detenzione in sede penale,  negli  istituti
penitenziari,     puntualmente     disciplinata      dall'Ordinamento
penitenziario (legge n. 354/1975), che prevede anche ruolo e  compiti
della Magistratura di sorveglianza; 
        3) sospende il presente giudizio; 
        4) dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale
della presente ordinanza e degli atti del  procedimento,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; 
        5) manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al cittadino straniero, al difensore  e  alla  Questura  di
Roma, nonche' al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica, e per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
          Roma, 17 ottobre 2024 
 
             Il G.O.P. ‒ Giudice di pace di Roma: Artone