Reg. ord. n. 212 del 2024 pubbl. su G.U. del 20/11/2024 n. 47

Ordinanza del Giudice di pace di Roma  del 17/10/2024

Tra: M.F. A.G. C/ Questura di Roma



Oggetto:

Straniero – Immigrazione – Espulsione amministrativa – Trattenimento dello straniero, di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – Previsione che lo straniero è trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 – Mancata previsione di una disciplina puntuale dei “modi” e dei procedimenti per la restrizione della libertà personale all’interno dei CPR – Mancata previsione dei diritti e delle forme di tutela dei trattenuti - Omessa indicazione dell’autorità giudiziaria competente al controllo della legalità dei “modi” di restrizione della libertà personale all’interno dei CPR – Mancata previsione della disciplina del ruolo e dei poteri di tale autorità giudiziaria – Denunciato rinvio, pressoché integrale, ad una fonte subordinata – Violazione del principio della riserva assoluta di legge, anche convenzionale, in materia di libertà personale.


- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 2, come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a), del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173.


- Costituzione, artt. 13, secondo comma, 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), art. 5, paragrafo 1.



Straniero – Immigrazione – Espulsione amministrativa – Trattenimento dello straniero, di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – Previsione che lo straniero è trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 – Mancata previsione di una disciplina dei “modi” del trattenimento amministrativo – Omessa individuazione dell’autorità giudiziaria competente al controllo della legalità di tali “modi” di restrizione della libertà personale, rinviando, pressoché integralmente, ad una fonte subordinata – Irragionevole disparità di trattamento rispetto alla detenzione negli istituti penitenziari disciplinata dall’ordinamento penitenziario, che prevede anche ruolo e compiti della magistratura di sorveglianza – Violazione del principio di uguaglianza, con riferimento al diritto alla libertà personale, al diritto di difesa dinanzi ad un giudice terzo e imparziale e al diritto alla salute.


- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 2, come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a), del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173.


- Costituzione, artt. 3 e 10, secondo comma, in combinato disposto, con riferimento agli artt. 2, 13, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma.



Norme impugnate:

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 14   Co.  come sostituito dall'

decreto-legge  del 21/10/2020  Num. 130  Art.  Co. 4 lett. a)  convertito con modificazioni in

legge  del 18/12/2020  Num. 173



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 10   Co.

Costituzione  Art. 13 

Costituzione  Art. 13   Co.

Costituzione  Art. 24 

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 32 

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 5 par.1



Camera di Consiglio del 9 giugno 2025 rel. PETITTI


Testo dell'ordinanza

N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 2024

Ordinanza del 17 ottobre  2024  del  Giudice  di  pace  di  Roma  nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore  di
Perugia nei confronti di M.F. A.G.. 
 
Straniero  -  Espulsione   amministrativa   -   Trattenimento   dello
  straniero, di  cui  non  e'  possibile  eseguire  con  immediatezza
  l'espulsione o il respingimento alla frontiera, presso un centro di
  permanenza per i rimpatri (CPR) - Previsione che  lo  straniero  e'
  trattenuto  con  modalita'  tali  da   assicurare   la   necessaria
  informazione relativa  al  suo  status,  l'assistenza  e  il  pieno
  rispetto della sua dignita', secondo quanto disposto dall'art.  21,
  comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 - Denunciato rinvio, pressoche'
  integrale, ad una fonte subordinata -  Mancata  previsione  di  una
  disciplina puntuale dei "modi" del trattenimento  amministrativo  -
  Omessa  individuazione  dell'autorita'  giudiziaria  competente  al
  controllo della legalita' dei "modi" di restrizione della  liberta'
  personale all'interno dei CPR. 
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), art. 14, comma 2. 


(GU n. 47 del 20-11-2024)

 
                 UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI ROMA 
                          sezione stranieri 
 
    L'Ufficio del giudice di pace di  Roma,  in  persona  del  G.O.P.
dott.ssa Emanuela Artone, ha pronunciato la seguente  ordinanza,  nel
procedimento di convalida del trattenimento disposto dal Questore  di
Perugia in data 15 ottobre 2024 nei confronti del cittadino straniero
signor A. G. M. F. nato in ... il ... 
    Tra Questura di Roma  rappresentato  e  difeso  dal  f.d.  Matera
Maria; 
    E A. G. M. F. nato in ... il ... 
    Rappresentato e difeso dall'avv. Giorgia Picuti  di  fiducia,  in
sostituzione dell'avv. Giulia Mercati di fiducia. 
I - Fatto. 
    Il Questore di Perugia, con decreto emesso ai sensi dell'art. 14,
comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero, in Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n.  191  del  18  agosto  1998,  indicato  nella  presente
ordinanza come T.U.I.), in data ...,  notificato  il  ...,  ore  ...,
disponeva il trattenimento nel C.P.R. (Centro  di  permanenza  per  i
rimpatri) di ..., del cittadino straniero in epigrafe indicato. 
    In data ..., ore ... la Questura di Roma, ai sensi dell'art.  14,
comma 1-bis, secondo capoverso del  T.U.I.  (decreto  legislativo  n.
286/1998 - testo unico immigrazione), nel  rispetto  del  termine  di
quarantotto ore, chiedeva all'intestato  ufficio  di  convalidare  il
decreto suddetto, con  il  quale  veniva  disposto  il  trattenimento
amministrativo del cittadino straniero nel C.P.R. di ... . 
    L'udienza per l'esame della  richiesta  di  convalida,  e'  stata
aperta oggi 17 ottobre 2024, ore 9,30, nel rispetto  del  termine  di
cui all'art. 14, comma 4 del T.U.I. 
    La sottoscritta giudicante,  all'esito  dell'udienza  odierna  ha
ritenuto che sussistono tutti i presupposti di cui agli art. 13 e 14,
decreto legislativo n.  286/1998,  per  accogliere  la  richiesta  di
convalida del decreto del Questore di Perugia. 
    La richiesta di convalida e' pervenuta all'intestato  ufficio  il
..., ore ...; il decreto del Questore di Perugia e' stato  emesso  in
data ..., e notificato il ... ore ...  .  L'odierna  udienza  del  17
ottobre 2024 e'  stata  aperta  alle  ore  9,30,  e  celebrata  senza
soluzione di continuita', con lettura dell'ordinanza alle  ore  12,00
di oggi 17 ottobre 2024. 
    Pertanto, sussistono i presupposti «temporali» imposti  dall'art.
14 del T.U.I. 
    Ad avviso della  giudicante,  risulta  legittimamente  emesso  il
decreto del Questore di Perugia che ha disposto il trattenimento  nel
CPR di ..., per il tempo strettamente necessario alla rimozione degli
impedimenti all'accompagnamento alla frontiera,  atteso  che  -  come
emerso nel corso  dell'udienza  -  egli  e'  socialmente  pericoloso,
destinatario di plurime sentenze di condanna, anche per produzione  e
traffico di sostanze stupefacenti, non ha dimostrato di avere redditi
da  fonte  lecita,  e  sussiste  il  rischio  di  fuga;  inoltre,  e'
necessario acquisire il nulla-osta  al  rimpatrio  per  i  precedenti
penali pendenti. 
    Il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Perugia  in  data
... ai sensi dell'art. 13, comma 2, lettera C del decreto legislativo
n.  286/1998,  non  e'  manifestamente  illegittimo.   Il   cittadino
straniero, risulta condannato alla pena della reclusione per  rapina,
lesioni personali, produzione e traffico  di  sostanze  stupefacenti,
per evasione, e ha a suo carico ulteriori precedenti di  polizia  per
rissa aggravata, e violazione del testo unico stupefacenti. 
    In  considerazione   dei   precedenti   penali   e   del   titolo
dell'espulsione (art. 13, comma 2, lettera C del decreto  legislativo
n. 286/1998) non risultava applicabile  la  misura  alternativa  meno
afflittiva, ostandovi l'espresso disposto dell'art. 14,  comma  1-bis
del decreto legislativo n. 286/1998. 
    In atti risultano depositate le  richieste  di  nulla-osta,  alla
Procura della Repubblica di Perugia. 
    Non vi e' prova di cause di inespellibilita' ai  sensi  dell'art.
19, del TUI, alla luce di quanto  osservato,  in  presenza  di  reati
ostativi,  ne'  vi  e'  prova  dell'esistenza  di  valido  titolo  di
soggiorno. Il ... , il Questore di  Perugia  rigettava  l'istanza  di
rinnovo  del  titolo  di  soggiorno;  inoltre,  non   vi   e'   prova
dell'impugnazione di tale provvedimento. 
    Risulta depositato anche il certificato  rilasciato  il  ...  dal
distretto sanitario di ..., che  attesta  l'idoneita'  alla  vita  in
comunita' ristretta. 
    Ad  avviso  della  giudicante,  all'esito  dell'udienza  odierna,
risulta quindi provata la sussistenza di tutti i presupposti  per  la
convalida del decreto del questore in  oggetto;  tuttavia,  dubitando
della legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2 del  TUI,  e'
stato sospeso il giudizio, e pronunciata la seguente ordinanza. 
    Il G.O.P., all'esito dell'udienza odierna del 17 ottobre 2024  ha
quindi dato lettura dell'ordinanza (stesa  in  calce  al  verbale  di
udienza), con la  quale  -  sollevata  di  ufficio  la  questione  di
costituzionalita' - ha sospeso  il  giudizio  R.G.  61324  anno  2024
avente ad oggetto la richiesta di convalida del decreto del  Questore
di Perugia del ... che dispone il  trattenimento  amministrativo  nel
C.P.R., del cittadino straniero in epigrafe indicato. 
    Il G.O.P. ha  quindi  depositato,  contestualmente,  la  seguente
ordinanza. 
II - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    Nel corso dell'udienza di convalida svolta in  data  odierna,  e'
emersa la legittimita' del decreto del questore che  ha  disposto  il
trattenimento del cittadino straniero nel C.P.R. di ...,  l'efficacia
e la non manifesta  infondatezza  del  titolo  posto  alla  base  del
decreto questorile, come sopra esposto (punto  n.  I  della  presente
ordinanza). 
    Non vi e' prova che il decreto di espulsione sia stato impugnato,
ne' vi e' prova di alcun provvedimento giurisdizionale che  ne  abbia
sospeso l'esecutivita'. 
    Non vi e' alcuna prova di cause  di  inespellibilita',  ai  sensi
dell'art. 19 del T.U.I. 
    Osserva  inoltre  il  GOP  che  sussistono  tutti  i  presupposti
richiesti dall'art. 14, comma 1, decreto legislativo n. 286/1998  per
convalidare il descritto decreto del questore, che dispone la  misura
del trattenimento nel CPR. 
    Invero, il cittadino straniero risulta destinatario  del  decreto
di espulsione, emesso ai sensi dell'art. 13, comma 2, lettera  C  del
decreto legislativo n. 286/1998; dalla  sua  condotta  pregressa,  si
evince che e' persona pericolosa per la sicurezza pubblica e l'ordine
pubblico. 
    Alla  luce  di  quanto  osservato,  inoltre,  non  sussistono   i
presupposti  per  l'applicabilita'  della   meno   invasiva   «misura
alternativa» della consegna del passaporto o dell'«obbligo di  firma»
ex art. 14, comma 1-bis, primo capoverso,  del  T.U.I.,  ostandovi  i
precedenti penali e il titolo  dell'espulsione  (art.  13,  comma  2,
lettera C del decreto legislativo n. 286/1998). 
    Non risultava infatti applicabile  la  misura  alternativa,  meno
afflittiva, ostandovi l'espresso disposto dell'art. 14,  comma  1-bis
del decreto legislativo n. 286/1998. 
    Risulta  inoltre  rispettata  la  rigorosa   tempistica   imposta
dall'art 14, comma 1-bis, secondo capoverso, del T.U.I. (48  ore+48),
nonche' dal comma 3 del medesimo articolo. 
    In  conclusione,  sussistono   tutti   i   presupposti   formali,
sostanziali e temporali,  previsti  dall'art.  14  del  TUI,  per  la
convalida del decreto del Questore di Perugia del ... . 
    In primo luogo, la normativa in  esame  (art.  14,  comma  1  del
T.U.I.),  prevede  specifici   casi   che   legittimano   l'autorita'
amministrativa a disporre la misura del trattenimento  nel  CPR,  ben
diversi da quelli che legittimano l'applicazione  delle  misure  meno
coercitive menzionate nel comma 1-bis, primo capoverso, dell'articolo
menzionato. 
    Non vi sono margini per poter ritenere applicabile  altre  misure
cautelari meno invasive (le cosiddette «misure alternative»  previste
dall'art. 14, comma 1-bis, primo  capoverso  del  T.U.I.),  ostandovi
l'espressa lettera della legge, come sopra evidenziato. In claris non
fit interpretatio. 
    Correttamente, dunque, il questore ha  applicato  la  misura  del
trattenimento  amministrativo  nel   CPR,   sussistendone   tutti   i
presupposti legislativamente previsti, dal  che  dovrebbe  conseguire
necessariamente l'accoglimento della richiesta di convalida, da parte
dell'intestato ufficio (si vedano anche le considerazioni svolte  nel
punto I della presente ordinanza). 
    Da  cio'  consegue  l'evidente  rilevanza  della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 14, comma 2 del T.U.I.,  norma  che  deve
trovare applicazione nel caso in esame, posto che  la  convalida  del
decreto  questorile  che  dispone  il  trattenimento  amministrativo,
comporterebbe la permanenza coatta dello straniero nel CPR (centro di
permanenza per i rimpatri) almeno per tre mesi (v. art. 14,  comma  5
del  T.U.I.  -  decreto  legislativo  n.  286/1998),  in   stato   di
restrizione della liberta' personale, tutelata  dall'art.  13  Cost.,
secondo modalita' a tutt'oggi non disciplinate da  una  normativa  di
rango primario, in violazione della riserva di legge  prevista  dalla
citata norma della Costituzione italiana. 
    Il giudizio di convalida del trattenimento  presso  il  C.P.R.  -
centro di permanenza rimpatri di ... ,  non  puo'  essere  portato  a
compimento, in difetto della pregiudiziale risoluzione del dubbio  di
costituzionalita'  qui  prospettato,  atteso  che   -   come   appena
evidenziato - all'accoglimento della richiesta di convalida, consegue
necessariamente la restrizione della liberta' personale del cittadino
straniero,  diritto  proclamato  inviolabile   dall'art.   13   della
Costituzione. 
    Occorre evidenziare nuovamente che, al momento del deposito della
presente  ordinanza,  non  risulta  ancora  scaduto  il  termine   di
complessive novantasei ore (48+48), imposto dall'art. 14,  commi  3-4
del  T.U.I.,  come  sopra  evidenziato;  ne'  potrebbe  escludere  la
«rilevanza»  della  presente  questione,  il  successivo  inevitabile
decorso di tale brevissimo termine, previsto dalla legge  a  pena  di
inefficacia del trattenimento. 
    Ed invero, come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenze  n.
22/2022; n. 127/2021; n. 84/2021), in base al principio  generale  di
autonomia del giudizio incidentale di costituzionalita', quest'ultimo
non risente  delle  vicende  di  fatto  successive  all'ordinanza  di
rimessione; la rilevanza delle questioni rispetto alla decisione  del
processo a quo deve pertanto essere vagliata ex ante, con riferimento
al momento della prospettazione delle questioni stesse. 
    In  conclusione,  la  questione  prospettata   e'   indubbiamente
«rilevante», ai fini del presente giudizio. 
III - Valutazione della non manifesta infondatezza delle questioni di
costituzionalita'. 
La «detenzione amministrativa» nei C.P.R. (centri di permanenza per i
rimpatri) 
    La   fattispecie   in   esame   riguarda    l'applicazione    del
«trattenimento  amministrativo»  nel  centro  di  permanenza  per   i
rimpatri (C.P.R.), del cittadino  straniero  irregolarmente  presente
nel  territorio  nazionale,  contemplato  dall'art.  14  del  decreto
legislativo  n.  286  del  25  luglio  1998  (T.U.I.,   testo   unico
immigrazione). 
    Trattasi di detenzione «amministrativa» finalizzata al  rimpatrio
della  persona  straniera  irregolarmente  presente  nel   territorio
nazionale, detenzione all'interno dei C.P.R.  (centri  di  permanenza
per i rimpatri),  contemplati  dall'art.  14,  comma  1  del  decreto
legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, cosi' denominati  dalla  legge
n. 46/2017 (decreto-legge n. 13/2017,  convertito  con  modificazioni
nella legge n. 46/2017), in sostituzione dei precedenti  «C.I.E.»  di
cui alla legge n. 189/2002. 
    I C.P.R. (centri di  permanenza  per  rimpatri),  pur  menzionati
nell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998,  sono  disciplinati
da fonti subordinate, di seguito indicate: 
        a) dagli articoli 20 e 21 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n.  394,  «Regolamento  recante  norme  di
attuazione  del  testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero, a norma dell'art. 1, comma 6 del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286» (al quale rinvia, per quanto qui rileva,  l'art.
14, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998); 
        b) dal decreto ministeriale n.  12700/2014,  regolamento  per
l'organizzazione e la gestione dei centri, approvato con decreto  del
Ministro dell'interno n. 12700 del 20 ottobre 2014; 
        c) dal decreto ministeriale  del  Ministero  dell'interno  19
maggio 2022, cd «Direttiva Lamorgese». 
    Secondo quanto riconosciuto  dalla  Corte  di  giustizia,  Grande
sezione, 8 novembre 2022, nelle cause C-704/20 e C-39/21 (nonche', in
nuce,  dalla  Corte  costituzionale,   sentenza   n.   105/2001)   il
«trattenimento» in questione, e' istituto di diritto  amministrativo,
correlato alla commissione di  un  illecito  da  parte  del  migrante
(ingresso o permanenza nel territorio dello Stato) e  finalizzato  al
suo controllo fisico. 
    Il trattenimento, poiche' viene eseguito in centri finalizzati al
rimpatrio, e' una misura che comporta la  privazione  della  liberta'
personale, al di fuori della materia penale, ritenuta compatibile con
gli articoli 13 Cost. e 5 CEDU, a condizione  che  la  procedura  sia
regolare. 
    Nel caso in esame, in applicazione di tale normativa, il Questore
di Roma, con comunicazione ai sensi dell'art 14, comma 3 del  T.U.I.,
ha trasmesso all'intestato Ufficio del giudice di pace di  Roma,  nel
termine previsto di quarantotto ore, copia degli atti e la  richiesta
di convalida del trattenimento nel C.P.R. di ... ,  disposto  con  il
decreto del questore ai sensi dell'art. 14, comma 1, del T.U.I. 
    L'intestato ufficio ha quindi fissato l'udienza  odierna  per  il
giudizio di convalida, ai sensi dell'art. 14, comma  4,  del  T.U.I.,
nel rispetto del termine di quarantotto ore prescritto  nello  stesso
comma. 
    Come   sopra   rilevato,   sussistono   tutti    i    presupposti
specificamente previsti dall'art. 14, comma 1 del TUI (che disciplina
i «casi» del trattenimento, in conformita' con l'art. 13 Cost.),  per
accogliere la richiesta  del  Questore  di  Roma,  di  convalida  del
decreto questorile che ha disposto  il  trattenimento  del  cittadino
straniero presso il CPR di ... . 
    Questa   giudicante,   tuttavia,   dubita   della    legittimita'
costituzionale  dell'art.  14,  comma  2  del  T.U.I.  (genericamente
dedicato ai «modi» del trattenimento amministrativo),  posto  che  la
convalida  del  decreto  questorile  che  dispone  il   trattenimento
amministrativo, comporta la permanenza  coatta  dello  straniero  nel
C.P.R.  (centro  di  permanenza  per  i  rimpatri)  per   tre   mesi,
prorogabile in un periodo di complessivi diciotto mesi (v.  art.  14,
comma 5 del T.U.I. - decreto legislativo n. 286/1998),  in  stato  di
restrizione della liberta' personale, tutelata  dall'art.  13  Cost.,
secondo  modalita'  e  procedimenti  a  tutt'oggi  non   puntualmente
disciplinati da una normativa di rango primario, in violazione  della
riserva assoluta di legge prevista dall'  art.  13,  comma  2,  della
Costituzione italiana, della  riserva  rinforzata  di  legge  di  cui
all'art. 10, comma 2 Cost., e in violazione altresi' del principio di
eguaglianza (art. 3, Cost., in relazione agli articoli 2, Cost.,  13,
Cost., 24 Cost., 25, comma  1,  Cost.,  111,  comma  1,  Cost.),  con
riferimento  al  caso  analogo  della  detenzione  in  sede   penale,
disciplinata dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975),  per
la  quale  il  controllo   sulla   legalita'   delle   modalita'   di
trattenimento e' garantita dalla magistratura di sorveglianza, organo
specializzato nella materia (art. 102, comma 2, Cost.). 
III.1 - Analisi della normativa in oggetto. 
    Vengono  qui  in  rilievo,  principalmente:  come  parametri   di
riferimento, l'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, e l'art.
3, Cost., in combinato disposto con l'art. 10, comma 2, Cost.;  l'art
14, comma 2 del T.U.I. (decreto legislativo n. 286/1998), di  cui  si
dubita della conformita' al dettato costituzionale. 
III.1.1 - L'art. 13 della Costituzione italiana. 
    La Corte costituzionale (sentenza n. 238/1996), ha affermato  che
la liberta' personale e' un diritto rientrante tra i valori  supremi,
quale indefettibile nucleo essenziale dell'individuo; e'  un  diritto
fondamentale dell'uomo in quanto tale. 
    L'ambito oggettivo di applicazione  dell'art.  13,  Cost.  e'  la
«liberta' personale» di ogni individuo, proclamata «inviolabile». 
    Per  «liberta'  personale»,  si  intende  la  liberta'  di   ogni
individuo di disporre  liberamente  del  proprio  corpo,  diritto  di
habeas corpus, e la connessa liberta' di autodeterminazione (liberta'
morale). 
    Al riguardo infatti, la norma tutela  esplicitamente  la  persona
«comunque sottoposta a restrizioni di liberta'»,  da  ogni  forma  di
«violenza fisica e  morale»  (si  legga  il  dato  testuale-letterale
dell'art. 13, comma 4, Cost.) 
    Le stesse espressioni letterali utilizzate dal  costituente,  per
la loro ampiezza e  categoricita',  rendono  evidente  che  la  norma
intende tutelare l'essere umano in quanto tale, da qualsiasi forma di
restrizione della sua liberta' personale. 
    Ci si riferisce alle espressioni utilizzate nel comma 2 dell'art.
13, Cost., di seguito riportate: 
    «Non e'  ammessa  forma  alcuna  di..»  ;  «ne'  qualsiasi  altra
restrizione..». 
    Il costituente adotta al riguardo una formula  ampia  ed  aperta,
con l'intento evidente di  fornire  tutela  piena  ed  incondizionata
contro tutte le forme, (comunque denominate),  di  restrizione  della
liberta'   personale,   quali   la   «detenzione»,   l'«ispezione   o
perquisizione personale». 
    A  tal  fine,  con  norma  di  chiusura,  espressamente  include,
nell'oggetto   della   tutela   costituzionale,   «qualsiasi    altra
restrizione della liberta' personale». 
    Si tratta, come e' evidente, di un  ampio  catalogo  aperto,  che
include  ogni  forma,  comunque  denominata,  di  limitazione   della
liberta' personale dell'individuo, trattandosi di diritto assoluto ed
inviolabile. 
    Concludendo sul punto, la restrizione della liberta' personale in
cui si concreta il trattenimento amministrativo  nei  C.P.R.  (centri
per i  rimpatri),  disposto  ai  sensi  dell'  art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998,  rientra  a  pieno  titolo  nella  copertura
dell'art. 13 della Costituzione italiana, quanto meno,  nelle  «altre
restrizioni  della  liberta'  personale»,  menzionate  nel  comma   2
dell'art. 13, Cost. 
    Passando  all'esame  dell'ambito   soggettivo   di   applicazione
dell'art. 13, Cost., esso va senza dubbio inteso come l'essere  umano
in quanto tale, a prescindere - per quanto qui  rileva  -  anche  dal
requisito  della  cittadinanza,  o  della  «regolare  presenza»   nel
territorio nazionale. 
    Invero, la «liberta' personale», oggetto della tutela  apprestata
dall'art. 13 della  Costituzione,  rientra  nel  nucleo  dei  diritti
inviolabili dell'uomo in quanto tale, riconosciuti e garantiti  dalla
Repubblica italiana  nell'art.  2  della  Costituzione  (si  veda  al
riguardo, tra le altre, Corte costituzionale, sentenza n.  238/1996),
dalle fonti internazionali e  dell'U.E.  (es.  art.  3  Dichiarazione
universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948, UDHR; art. 5 CEDU,
etc.). 
    Pertanto,  indiscutibilmente,  anche   il   cittadino   straniero
irregolarmente presente nel  territorio  della  Repubblica  italiana,
gode della tutela apprestata dall'art. 13, Cost., in favore di  tutti
gli esseri umani. 
    In ordine alla disciplina dettata dall'art.  13,  Cost.,  e  alle
«garanzie» predisposte  dal  costituente  a  tutela  dell'inviolabile
diritto alla liberta' personale, si osserva quanto segue. 
    L'art. 13, Cost.: 
        a)  proclama  solennemente  che  la  liberta'  personale   e'
«inviolabile» (art. 13, comma 1 Cost.); 
        b) conseguentemente, vieta in  generale,  e  categoricamente,
qualsiasi forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale, o
«restrizione della liberta' personale» (art. 13 Cost., comma 2); 
        c) prevede una riserva (assoluta) di legge per  i  «casi»  di
restrizione  (comunque  denominata),  della  liberta'  personale,  da
considerarsi «eccezionali», alla luce  del  divieto  sancito  in  via
generale, con annessa «riserva di giurisdizione»; 
        d) prevede una riserva (assoluta) di legge per  i  «modi»  di
restrizione (comunque  denominata),  della  liberta'  personale,  con
annessa «riserva di giurisdizione»; 
        e) per tali  eccezionali  «casi»  e  «modi»  legislativamente
previsti, l'art. 13, Cost. impone una specifica procedura a garanzia,
sancendo che la restrizione della  liberta'  personale  debba  essere
previamente disposta con  atto  motivato  dell'autorita'  giudiziaria
(riserva di giurisdizione): art. 13 Cost., comma 2, in  relazione  al
comma 3; 
        f) l'art. 13, comma 3, Cost., contempla poi  la  possibilita'
che il provvedimento di restrizione della  liberta'  personale  venga
adottato in prima battuta dall'autorita'  amministrativa,  prevedendo
una serie di stringenti garanzie, e la necessita' della convalida  da
parte dell'autorita' giudiziaria entro un brevissimo termine, a  pena
di perdita di efficacia. 
        Per i casi eccezionali di  necessita'  ed  urgenza,  indicati
tassativamente dalla legge, puo' quindi essere riconosciuto il potere
dell'autorita' amministrativa  di  pubblica  sicurezza,  di  adottare
provvedimenti «provvisori» che incidono sulla liberta' personale. 
        In tal  caso,  l'autorita'  amministrativa  ha  l'obbligo  di
comunicare all'autorita'  giudiziaria  entro  quarantotto  ore  detto
provvedimento provvisorio, a  pena  di  perdita  di  efficacia  dello
stesso,  e  nel  termine  di  ulteriori  quarantotto  ore,   se   non
convalidato dall'autorita' giudiziaria,  si  intendera'  revocato,  e
privo di ogni effetto (art. 13, comma 3, Cost.). 
    In sintesi, l'art. 13 Cost., a garanzia dell'inviolabile  diritto
alla liberta' personale, prevede: 
        una  riserva  assoluta  di  legge   su   casi   e   modi   di
«restrizione», eccezionalmente consentita, della liberta' personale; 
        una riserva di giurisdizione; 
        una procedura ad hoc, con stringenti  brevi  termini  per  la
convalida, nel caso in cui il controllo giurisdizionale  avvenga  «ex
post», a pena di perdita di efficacia del provvedimento che limita la
liberta' personale. 
    In ordine alla riserva di legge prevista dall'art.  13,  comma  2
Cost., la stessa e' pacificamente riconosciuta come «riserva di legge
assoluta» (v., tra le altre: Corte costituzionale, n. 22/2022;  Corte
costituzionale n. 177/1980; Corte costituzionale n.  238/1996),  come
si desume: 
        dall'espressione letterale utilizzata («nei soli casi e  modi
previsti dalla legge»), che non sembra lasciare  alcun  significativo
spazio di intervento, al cd «Potere esecutivo», (autorita' di Governo
o amministrativa), nel determinare il contenuto  della  normativa  in
questione; 
        dalla  natura  stessa  del  diritto  tutelato,  la   liberta'
personale, espressamente proclamato inviolabile dall'art. 13 Cost., e
rientrante nel catalogo dei diritti fondamentali di  cui  all'art.  2
della Costituzione italiana. 
    L'assolutezza e l'inviolabilita' del  diritto  fondamentale  alla
liberta'  personale,  trovano  testuale  riscontro   nelle   garanzie
apprestate dal costituente, che si  premura  di  imporre  la  riserva
assoluta di legge, estesa alla disciplina di  «casi  e  modi»,  e  la
connessa e coerente riserva di giurisdizione. 
    Lo scopo perseguito dal costituente, e' di ridurre  al  minimo  i
poteri dell'autorita' di pubblica sicurezza, e  di  circoscrivere  la
discrezionalita' dell'autorita'  giudiziaria,  sia  con  riguardo  ai
«casi», che ai «modi»  dell'eccezionale  restrizione  della  liberta'
fisica della persona. 
    Il  diritto  alla  liberta'  personale,  solennemente  proclamato
inviolabile,  garantito  dalla  riserva  assoluta  di  legge   (fonte
primaria statale, v. Corte costituzionale sentenza n. 22/2022),  deve
infatti - metaforicamente - avere dinanzi a se' unicamente il  potere
legislativo, attribuito al Parlamento italiano,  massima  espressione
del sistema democratico. 
    Pertanto,  non  puo'  residuare,  in  ragione  della   proclamata
inviolabilita',   alcun   significativo   spazio,   demandato    alla
discrezionalita' di poteri diversi da quello legislativo. 
    E' dunque  soltanto  la  «legge»  che  puo'  e  deve  individuare
specificamente  i  «casi»  (le  ipotesi),  e  i  «modi»   (modalita',
procedure, garanzie giurisdizionali, di  controllo  di  legalita'  da
parte dell'autorita' giudiziaria), per le restrizioni della  liberta'
personale, che integrano - ai sensi dell'art. 13,  comma  2  Cost.  -
«eccezioni» alla proclamata  «inviolabilita'»  di  tale  fondamentale
diritto. 
    La  riserva  di  legge  sancita  dall'art.  13,  comma  2   della
Costituzione e' «assoluta», la disciplina e' riservata alla legge del
Parlamento italiano, con esclusione di altre fonti. 
    Come e' noto, e ribadito da autorevole  dottrina,  nelle  materie
riservate in via assoluta alla legge, resta escluso  l'esercizio  del
potere regolamentare, salvo che si tratti di regolamenti  di  stretta
esecuzione. 
    Che si tratti di riserva assoluta di legge (art.  13,  Cost.),  e
che  sussista  la  necessita'  che  la  legge  preveda  e  disciplini
compiutamente i «modi», oltre che i «casi», della misura  che  incide
sulla liberta' personale,  risulta  confermato  anche  dalla  recente
sentenza n. 22/2022 della Corte costituzionale, in  un  caso  analogo
(la privazione di liberta' nelle «REMS»). 
    La privazione della liberta' nelle «REMS»,  e'  senza  dubbio  un
caso analogo al trattenimento amministrativo  nel  C.P.R.,  ai  sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1992, trattandosi  sempre
della restrizione della liberta' personale,  identico  bene  supremo,
egualmente tutelato e garantito, in entrambi  i  casi,  dall'art.  13
della Costituzione. 
    Invero,  con  riferimento  all'analoga  questione  relativa  alla
misura di sicurezza del ricovero provvisorio presso una residenza per
l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), sulla  cui  esecuzione
e' chiamato a sovraintendere il  Magistrato  di  sorveglianza,  nella
sentenza citata (n. 22/2022 della Corte costituzionale), si ribadisce
la necessita' di applicare all'intera disciplina il  principio  della
riserva di legge. 
    Nella sentenza della Corte costituzionale n. 22/2022, relativa al
citato caso ritenuto analogo: 
        si  conferma  l'inderogabilita'  della  riserva  assoluta  di
legge, estesa ai «modi», oltre che ai «casi»,  di  restrizione  della
liberta' personale; 
        si chiarisce che la riserva assoluta di legge  statale,  deve
intendersi estesa, alla luce dell'art. 13, secondo comma, Cost., alla
previsione non solo dei «casi», ma  anche,  almeno  nel  loro  nucleo
essenziale, dei «modi» con cui la misura  di  sicurezza  (nel  nostro
caso, il trattenimento amministrativo nel C.P.R., ai sensi  dell'art.
14 del decreto legislativo n. 286/1998), puo' restringere la liberta'
personale del soggetto che vi sia sottoposto; 
        si afferma «la  necessita'  che  la  legge  preveda  anche  i
"modi", oltre che i "casi", di applicazione della misura  restrittiva
della liberta' personale, e che il trattamento al quale la persona e'
sottoposta sia descritto e disciplinato dalla legge». 
    Si riportano testualmente alcuni passi della motivazione di  tale
sentenza (Corte costituzionale 22/2022), sul punto: 
        «allorche' la misura (nel caso in esame, il trattenimento nel
C.P.R.) sia configurata dalla legge come "coattiva" - potendo il  suo
destinatario essere costretto con la forza a sottoporvisi,  sia  pure
entro il limite segnato  dal  rispetto  della  persona  umana  -,  si
applicano le garanzie dell'art. 13 Cost., che tutela in via  generale
la liberta' personale, posta in causa in ogni caso di coercizione che
abbia ad oggetto il corpo della persona; di qui la necessita' che  la
legge preveda anche i "modi", oltre che  i  "casi",  di  applicazione
della  misura  restrittiva  della  liberta'  personale,  e   che   il
trattamento al  quale  la  persona  e'  sottoposta  sia  descritto  e
disciplinato dalla legge». 
        (....)  «l'attuale  disciplina  di  assegnazione  alle   REMS
contrasta con la riserva assoluta di legge in materia  di  misure  di
sicurezza e di trattamenti sanitari obbligatori, in quanto  i  "modi"
di esecuzione della misura restano pressoche' esclusivamente affidati
a  fonti  subordinate  e  accordi  tra  il  Governo  e  le  autonomie
territoriali». 
        «la legge non puo'  non  farsi  carico  della  necessita'  di
disciplinare in modo chiaro, e uniforme sul territorio, il ruolo e  i
poteri della magistratura di  sorveglianza  rispetto  al  trattamento
degli internati e ai loro strumenti  di  tutela  giurisdizionale  nei
confronti delle relative amministrazioni (..)». 
III 1.2 - L'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 (testo  unico
immigrazione - T.U.I.). 
    Come e' noto, il testo unico immigrazione (decreto legislativo n.
286/1998), e' stato emanato  in  attuazione  della  delega  contenuta
nell'art. 47, comma 1 della legge 6 marzo 1998, n. 40. 
    L'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, riproduce  quindi,
pedissequamente, l'art. 12, della legge 6 marzo 1998, n. 40. 
    L'art. 14, comma 2, decreto legislativo n.  286/1998,  nel  testo
attualmente vigente, contiene le  modifiche  apportate  dall'art.  3,
comma 4 del decreto-legge 21 ottobre  2020,  n.  130  (convertito  in
legge n. 173/2020). 
    L' art. 14, comma 1 T.U.I.,  rappresenta  una  delle  eccezionali
ipotesi contemplate dall'art. 13, comma 2, Cost., essendo  attribuito
all'autorita' di pubblica sicurezza (questore), il potere  del  tutto
eccezionale di adottare il provvedimento provvisorio che  integra  la
restrizione della liberta' personale,  segnatamente  il  decreto  che
dispone «che lo straniero sia trattenuto per  il  tempo  strettamente
necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri» (..). 
    La norma e' conforme all'art. 13, commi 2 e 3,  Cost.,  indicando
l'autorita' giudiziaria  competente  al  controllo  (ex  post)  della
sussistenza dei «casi» (il giudice di pace, v. art. 14, comma  3  del
T.U.I.), e disciplinando specificamente «i casi» che  legittimano  il
trattenimento  (v.  art.  14,  comma  1  del  T.U.I.),  elencando  al
riguardo: 
        1) le ipotesi  ex  art.  13,  comma  4-bis  del  T.U.I.,  che
concretano il «rischio  di  fuga»  normativamente  previsto  (mancato
possesso di passaporto o altro documento  equipollente  in  corso  di
validita'; mancanza di idonea documentazione  atta  a  dimostrare  la
disponibilita'  di  un  alloggio   ove   possa   essere   agevolmente
rintracciato; avere in precedenza dichiarato o  attestato  falsamente
le  proprie  generalita';  non   avere   ottemperato   ad   uno   dei
provvedimenti emessi  dalla  competente  autorita',  in  applicazione
dell'art. 13, commi 5 e 13 TUI, nonche' dell'art. 14;  avere  violato
anche una  delle  misure  di  cui  al  comma  5.2  -  le  cd  «misure
alternative»); 
        2) la necessita' di prestare soccorso allo straniero, o 
        3) di effettuare accertamenti supplementari  in  ordine  alla
sua identita' o nazionalita' ovvero 
        4) acquisire i documenti per il viaggio o  la  disponibilita'
di un mezzo di trasporto idoneo. 
    Ulteriore delimitazione dell'eccezionale potere  conferito  dalla
fonte primaria all'autorita' amministrativa,  si  rinviene  nell'art.
14, comma 1.1 del T.U.I., che, sempre in adempimento alla riserva  di
legge  assoluta,  elenca  specificamente  le  categorie  di  soggetti
(pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero cittadini di
Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione ), per i
quali il «trattenimento»  deve  essere  disposto  con  priorita',  ed
indica i precisi parametri normativi per  l'accertamento  incidentale
di tali presupposti. 
    Ancora, la normativa in oggetto (art. 14, commi 3-4  del  T.U.I.,
in combinato disposto con l'art. 14, comma 1), e'  conforme  all'art.
13, comma 3 Cost.,  imponendo  all'autorita'  di  pubblica  sicurezza
(questore), di trasmettere  copia  degli  atti  al  giudice  di  pace
territorialmente  competente  per  la  convalida,  senza  ritardo   e
comunque entro quarantotto ore dall'adozione  del  provvedimento;  la
convalida,  ai  sensi  del  comma  4,  dovra'  avvenire  nel  termine
perentorio delle successive quarantotto ore, a  pena  di  perdita  di
efficacia  del  provvedimento  del  questore  che  ha   disposto   il
trattenimento ai sensi dell'art. 14, comma 1 del T.U.I. 
    Ai sensi dell' art. 14, comma 5 del T.U.I., la convalida comporta
la permanenza nel centro (CPR) per  un  periodo  di  complessivi  tre
mesi, (che peraltro e' suscettibile di proroghe di ulteriori tre mesi
in tre mesi, per una durata massima di diciotto mesi, limite  massimo
ammesso dalla direttiva 2008/115/CE). 
    Come sopra evidenziato, dalla lettera dell'art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998,  emerge  che  la  permanenza  del  cittadino
straniero nel CPR (Centro di permanenza per i rimpatri), integra  una
«restrizione della liberta' personale», tutelata dall'art.  13  della
Costituzione italiana (v. in tal senso  anche  Corte  costituzionale,
sentenza n. 105/2001). 
    Il trattenimento nel centro di permanenza  per  i  rimpatri  (che
attualmente puo' avere una durata massima di diciotto mesi),  integra
una limitazione della libera disponibilita' del corpo della  persona,
dunque e' misura che incide sulla liberta' fisica dell'individuo. 
    L'avvenuta «restrizione della liberta' personale»  del  cittadino
straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato, oggetto
della tutela apprestata dall'art.  13,  Cost.,  e'  confermata  dalla
natura del trattenimento amministrativo, cristallizzata: 
        nell'art. 14, comma 7 del TUI, ove si prevede  espressamente:
a) il potere dell'autorita' amministrativa  (questore),  di  adottare
«efficaci misure di vigilanza affinche' lo straniero non si allontani
indebitamente dal centro», e di eseguire  coattivamente  tali  misure
avvalendosi della forza pubblica (per impedire  l'allontanamento  del
cittadino straniero dal centro di  permanenza  per  i  rimpatri);  b)
inoltre all'autorita'  amministrativa  e'  attribuito  il  potere  di
provvedere, «nel caso  la  misura  sia  violata,  a  ripristinare  il
trattenimento  mediante  l'adozione  di  un  nuovo  provvedimento  di
trattenimento». 
        nel dato testuale-letterale dell'art. 14, comma 4 del T.U.I.,
ove si prevede che, per  regola,  l'interessato  sia  «condotto»  nel
luogo in cui il giudice tiene l'udienza, (ferma la  liberta'  di  non
comparire davanti al giudice  per  rendere  dichiarazioni,  art.  14,
comma 4, ultima parte). 
        nella disciplina contenuta nell'art. 14,  commi  3  e  4  del
T.U.I., sopra  descritta,  che  ricalca  pedissequamente  il  dettato
costituzionale (art. 13, comma 3, Cost.),  nell'imporre  la  rigorosa
tempistica, con scansione temporale  rigidamente  predeterminata  dal
legislatore, per la  convalida  «ex  post»  da  parte  dell'autorita'
giudiziaria, da eseguirsi nel termine massimo di 96  ore  (48  ore+48
ore), oltre alla previsione delle fondamentali  garanzie  processuali
analoghe al processo penale, in conformita' con il diritto di  difesa
tutelato dall'art. 24 Cost. (difesa di ufficio, e patrocinio a  spese
dello Stato, che in questo caso e' riconosciuto ex lege: v. art.  14,
comma 4 del T.U.I.). 
    In  conclusione,  dal  dato  testuale-letterale  emerge  che   il
trattenimento amministrativo contemplato nell'art. 14,  comma  1  del
T.U.I., nei centri di permanenza per i rimpatri, integra l'ipotesi di
«altre  restrizioni   della   liberta'   personale»   dell'individuo,
menzionate nell'art. 13, comma  2  della  Costituzione  italiana  (v.
Corte costituzionale, sentenza n. 105/2001), che al  riguardo  impone
una  riserva  di   giurisdizione   («atto   motivato   dell'autorita'
giudiziaria», su «casi e modi»), e  una  riserva  assoluta  di  legge
(«nei  soli  casi  e  modi  previsti  dalla   legge»),   in   ragione
dell'inviolabilita' del diritto fondamentale tutelato da tale norma. 
    Si tratta indubbiamente di una riserva «assoluta» di legge, unica
garanzia di tutela piena, effettiva,  coerente  con  l'inviolabilita'
del  diritto  (assoluto)  ,  alla  liberta'   personale   (v.   Corte
costituzionale n. 177-1980; Corte costituzionale n.  238-1996;  Corte
costituzionale n. 22-2022). 
IV - Prima questione di costituzionalita'. 
Sulla  violazione,  ad  opera  dell'art.  14,  comma  2  del  decreto
legislativo n. 286/1998 - T.U.I. della «riserva  assoluta  di  legge»
imposta dall'art. 13, comma 2 Cost., in materia di liberta' personale
(«modi» di restrizione della liberta' personale). 
    Si premette che, ad avviso del giudice  a  quo,  la  «riserva  di
legge»  risulta  rispettata  (dall'art.  14  del  T.U.I.),   soltanto
riguardo ai «casi», richiamati dall'art. 13, comma 2, Cost. 
    Al riguardo, infatti, l'art.  14,  comma  1  del  T.U.I.,  elenca
specificamente e puntualmente le ipotesi che legittimano il  questore
a disporre il trattenimento amministrativo nei C.P.R. (si  vedano  le
considerazioni sopra svolte). 
    Risultano  dunque  specificamente   indicati   i   «casi»   della
eccezionale restrizione della liberta' personale (v. art. 14, comma 1
del  T.U.I.),  individuato  il  giudice   competente   al   controllo
giurisdizionale della sussistenza di tali «casi» (v. art. 14, comma 3
del T.U.I.), e  prevista  la  rigorosa  scansione  temporale  per  la
convalida,  in  sede  giudiziaria,  del   trattenimento   previamente
disposto dall'autorita' amministrativa (v. art. 14,  commi  3-4,  del
T.U.I.). 
    Si dubita, invece, della conformita' dell'art. 14,  comma  2  del
T.U.I., all'art. 13, comma 2, Cost., che sancisce la riserva assoluta
di legge anche riguardo ai «modi» della  restrizione  della  liberta'
personale, consentita soltanto in via «eccezionale». 
    Si rammenta  che  il  secondo  comma  dell'art.  14  del  decreto
legislativo n. 286/1998, riproduceva pedissequamente l'art. 12, comma
2 della legge n. 40/1998, testo poi modificato dall'art. 3, comma  4,
decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, conv. in legge n. 173/2020. 
    Riguardo ai «modi» della restrizione  della  liberta'  personale,
l'art.  14,  comma  2,  cit.,  qui  sostanzialmente  tace,  salvo  il
riferimento generico (e in definitiva  «superfluo»),  a  principi  di
carattere generale, la cui applicazione e' pacificamente riconosciuta
nel nostro ordinamento giuridico; vi e' poi un espresso rinvio ad una
fonte subordinata. 
    Aggiungasi che, in ogni  caso,  il  rinvio  generico  alla  fonte
secondaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999), non
potrebbe comunque valere per l'individuazione del giudice  competente
al controllo dei «modi» del trattenimento  amministrativo,  riservata
alla legge, dall'art. 25, comma 1,  Cost.  (come  anche  il  processo
dinanzi allo stesso giudice: v. art. 111, comma 1, Cost.). 
    L'art. 14, comma 2 del TUI  -  decreto  legislativo  n.  286/1998
(come sostituito dall'art. 3, comma 4, lettera a),  decreto-legge  21
ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
dicembre 2020, n.  173),  si  limita  infatti  a  disporre  che:  «lo
straniero  e'  trattenuto  nel  centro  presso  cui  sono  assicurati
adeguati standard igienico sanitari e abitativi con modalita' tali da
assicurare  la  necessaria  informazione  relativa  al   suo   status
l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignita',  secondo  quanto
disposto dall'art. 21, comma 8,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto  dall'art.
2, comma 6, e' assicurata in ogni caso la liberta' di  corrispondenza
anche telefonica con l'esterno». 
    A  tale  quadro,  ben  poco  aggiunge  l'art.  14,  comma  2-bis,
prevedendo che: «lo straniero trattenuto  puo'  rivolgere  istanze  o
reclami orali o scritti anche in busta chiusa al garante nazionale  e
ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone private della
liberta' personale». 
    Le norme appena menzionate (art. 14, commi 2 e 2-bis del  decreto
legislativo n. 286/1998), non soddisfano i requisiti  di  precisione,
implicitamente imposti dalla riserva assoluta di legge;  risulta  poi
totalmente   omessa   l'individuazione   dell'autorita'   giudiziaria
competente al controllo di legalita' dei «modi» di  privazione  della
liberta' personale, parimenti oggetto di riserva  assoluta  di  legge
(art. 25,  comma  1,  Cost.),  con  ripercussioni  sul  principio  di
eguaglianza, sul diritto di difesa, sulla  tutela  del  diritto  alla
salute dei soggetti in stato di detenzione amministrativa. 
    Come riconosciuto da autorevole dottrina, nelle materie riservate
in via assoluta alla legge,  resta  escluso  l'esercizio  del  potere
regolamentare,  salvo  che  si  tratti  di  regolamenti  di   stretta
esecuzione. 
    Tale disciplina, va  confrontata  con  quella  dettata  nel  caso
analogo di limitazione  della  liberta'  personale,  dall'ordinamento
penitenziario  (legge  n.  354/1975),  che  regola  puntualmente   le
modalita' in cui deve svolgersi la detenzione in sede  penale,  e  le
connesse garanzie, in conformita' con la riserva  di  legge  assoluta
prevista dall'art. 13, comma 2  Cost.  (v.  Corte  costituzionale  n.
26/1999), e con gli articoli 24 Cost., 25, comma 1, Cost., 111, comma
1, Cost. (l'O.P., per il caso analogo, contempla anche ruolo e poteri
della magistratura di sorveglianza: v. articoli 68 e  seguenti  della
legge n. 354/1975). 
    Al contrario, per la  detenzione  amministrativa,  l'unica  fonte
primaria (art. 14 del testo unico immigrazione,  decreto  legislativo
n. 286/1998), non prevede ne' i «modi», ne' i procedimenti a garanzia
dei diritti del trattenuto,  ne'  individua  l'autorita'  giudiziaria
competente al controllo  dei  «modi»  di  privazione  della  liberta'
personale,  per  tutto  l'arco  temporale  in  cui  si   protrae   il
trattenimento all'interno del C.P.R. 
    La tutela del cittadino  straniero  che  si  trovi  in  stato  di
«restrizione della liberta' personale» all'interno dei C.P.R., e  per
tutta la durata della detenzione amministrativa , e'  sostanzialmente
affidata - nella situazione attuale - alla fonte secondaria (art. 21,
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  394/1999,  intitolato
«modalita' del trattenimento», richiamato dall'art. 14, comma  2  del
decreto legislativo n. 286/1998), e alle altre fonti  gerarchicamente
subordinate, sopra richiamate. 
    In conclusione, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., viola  la  riserva
assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della  Costituzione,
rinviando  pressoche'  integralmente  a  fonti  subordinate,  per  la
disciplina  dei  «modi»  di  privazione  della  liberta'   personale,
omettendo inoltre di individuare l'autorita'  giudiziaria  competente
al controllo di legalita' dei  «modi»,  e  di  disciplinare  ruolo  e
poteri di tale giudice. 
    Nei «modi» in questione, rientrano necessariamente  le  modalita'
del trattenimento, le procedure, le garanzie giurisdizionali a tutela
dei diritti dei  trattenuti,  analiticamente  disciplinati  nel  caso
analogo della  detenzione  «penale»,  dall'ordinamento  penitenziario
(legge n. 354/1975). 
    Tanto premesso (e anche alla  luce  della  sentenza  della  Corte
costituzionale, n. 22/2022 sulle REMS, resa in caso ritenuto  analogo
al presente), il giudice a quo ritiene non  manifestamente  infondato
il dubbio di legittimita' costituzionale, per contrasto dell'art. 14,
comma 2 del T.U.I., con l'art. 13, comma 2, Cost., atteso che: 
        la detenzione amministrativa e' prevista dall'art. 14,  commi
1-2,  decreto  legislativo  n.  286/1998  (T.U.I.   -   testo   unico
immigrazione), unica fonte di rango primario che la disciplina; 
        l'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  non
ha contenuto precettivo,  limitato  ad  indicazioni  generiche  e  di
principio, e affida pressoche' esclusivamente alla fonte  subordinata
(art. 21, comma 8, decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto
1999,  n.  394),  i   «modi»   di   esecuzione   del   «trattenimento
amministrativo» nei C.P.R., in contrasto con la riserva  assoluta  di
legge imposta dall'art. 13, comma 2 della Costituzione; 
        nell'art. 14 in questione, risulta  infatti  omesso  l'elenco
dei diritti  dei  soggetti  «trattenuti»,  ed  omessa  la  previsione
dell'annessa disciplina; non si menzionano,  ne'  si  descrivono,  le
modalita'   del   trattenimento,   le   garanzie   procedimentali   e
giurisdizionali, a tutela di tali diritti; 
        nell'art. 14 in questione,  non  risulta  individuata  alcuna
autorita' giudiziaria competente al controllo di legalita' dei «modi»
del trattenimento amministrativo (come  ad  es.  la  magistratura  di
sorveglianza, indicata nella  legge  sull'ordinamento  penitenziario,
legge n. 354/1975, nel caso  ritenuto  analogo,  esaminato  da  Corte
costituzionale n. 22/2022); 
        non risultano quindi disciplinati ne'  ruolo,  ne'  i  poteri
dell'autorita' giudiziaria  competente,  rispetto  al  controllo  dei
«modi» del trattenimento dei  cittadini  stranieri  «irregolari»,  in
stato di detenzione amministrativa. 
        il  rinvio  operato  dall'art.  14,  comma  2   del   decreto
legislativo n. 286/1998, alle indicate fonti subordinate, si  risolve
in una tecnica per aggirare la riserva  assoluta  di  legge  prevista
dall'art. 13, comma 2, Cost. 
    La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza  di  una  fonte  di
rango primario, che  contenga  precetti  specifici,  sufficientemente
precisi,  in  guisa   tale   da   porre   stringenti   vincoli   alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in  coerenza  con  il
diritto fondamentale tutelato dagli  articoli  2  Cost.  e  13  Cost.
(liberta' personale). 
    Il termine di comparazione e'  certamente  costituito  -  per  le
fattispecie analoghe di restrizione della liberta' personale -  dalla
normativa contenuta nell' O.P., ordinamento penitenziario  (legge  26
luglio 1975, n. 354 - fonte primaria), con analitica disciplina delle
modalita' della  detenzione  negli  istituti  penitenziari,  e  norme
riguardanti anche ruolo e compiti della magistratura di sorveglianza. 
    Pertanto,  non  e'  sufficiente,  per  superare  il   dubbio   di
legittimita'  costituzionale,  l'interpretazione   «estensiva»,   che
individua nel giudice di pace tale autorita' giudiziaria,  posto  che
la  legge  (art.  14,  comma  secondo  del  decreto  legislativo   n.
286/1998), non disciplina ne' il ruolo ne' i poteri  del  giudice  di
pace rispetto al trattamento degli stranieri «trattenuti» nei C.P.R.,
in  stato  di  detenzione  amministrativa;  inoltre,  ostano  a  tale
soluzione anche le ulteriori norme della Costituzione, che  prevedono
la riserva di legge (v. articoli 25, comma 1, Cost., e 111, comma  1,
Cost.). 
    Ed infatti, l'art. 14 del decreto  legislativo  n.  286/1998,  si
limita ad individuare nel giudice di pace il  giudice  competente  al
controllo dei «casi»  di  trattenimento  amministrativo,  mentre,  in
relazione  ai  «modi»  del  trattenimento  amministrativo,  la  fonte
primaria tace del tutto. 
    Aggiungasi che l'art.  10,  comma  2,  Cost.  prevede  anche  una
riserva «rinforzata» di legge, imponendo che la condizione  giuridica
dello straniero sia regolata dalla legge, in conformita' delle  norme
e dei trattati internazionali. 
    In conclusione, la questione di legittimita' dell'art. 14,  comma
2 del T.U.I., per contrasto con la  riserva  assoluta  di  legge  sui
«modi» di restrizione della liberta' personale, imposta dall'art. 13,
comma 2, Cost.,  non  e'  manifestamente  infondata,  ad  avviso  del
giudice a quo. 
V - Seconda questione di costituzionalita': 
Sulla  violazione,  ad  opera  dell'art.  14,  comma  2  del  decreto
legislativo n. 286/1998 - T.U.I. del principio di  eguaglianza  (art.
3,  Cost.),  con  riferimento  al  diritto  alla  liberta'  personale
proclamato inviolabile dagli articoli 2 Cost. e 13 Cost., al  diritto
di difesa dinanzi ad un giudice terzo  ed  imparziale,  precostituito
per legge (art. 24, Cost.; 25, comma 1, Cost.; 111, comma 1,  Cost.),
e al diritto alla salute (art. 32, Cost.). 
Ingiustificata  disparita'  di  trattamento,   con   la   situazione,
sostanzialmente  identica,   della   detenzione   in   sede   penale,
analiticamente disciplinata dall'ordinamento penitenziario (legge  n.
354/1975), per la quale il controllo sulla legalita' delle  modalita'
della restrizione, e' garantita dalla magistratura  di  sorveglianza,
organo specializzato nella materia (art. 102, comma 2, Cost.). 
    Il   giudice   a   quo   dubita   altresi'   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 2 del T.U.I., per  violazione  del
principio di eguaglianza sancito nell'art. 3, Cost., nella  parte  in
cui,  omettendo  di   disciplinare   i   «modi»   del   trattenimento
amministrativo nei C.P.R., ed omettendo di prevedere  la  competenza,
il ruolo e i poteri dell'autorita' giudiziaria deputata  alla  tutela
dei diritti dei soggetti in stato di detenzione amministrativa, attua
una ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento, con la
situazione,  sostanzialmente  identica,  dei  soggetti  in  stato  di
detenzione  «penale»   nelle   strutture   carcerarie,   puntualmente
disciplinata dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975). 
    Non si puo' dubitare del fatto che il principio  di  eguaglianza,
sancito nell'art. 3, della Costituzione italiana, valga anche per  lo
straniero, rispetto al cittadino italiano, nella  sfera  dei  diritti
inviolabili, tra cui la liberta'  personale  (v.  combinato  disposto
degli articoli 2, 3 e 10, comma 2  della  Costituzione;  v.  sentenze
della Corte costituzionale n. 120/1967; n. 21/1968; n. 54  del  1979;
n. 231/2001; n. 432/2005). 
    La denunziata disparita' di trattamento, e' cosi' sintetizzata: 
        per gli  stranieri  irregolarmente  presenti  nel  territorio
nazionale, che si trovino in stato  di  «detenzione  amministrativa»,
all'interno dei C.P.R. (centri per  i  rimpatri),  la  disciplina  di
rango «primario», e' dettata esclusivamente dall'art. 14, comma 2 del
decreto legislativo n. 286/1998, che: 
          in violazione  della  riserva  assoluta  di  legge  imposta
dall'art.  13,  comma  2,  Cost.,  non  disciplina  i  «modi»   della
privazione  della   liberta'   personale   all'interno   dei   C.P.R.
limitandosi  ad  enunciare  principi  generali  il  cui  richiamo  e'
superfluo, e rinvia pressoche' integralmente, per la disciplina, alla
fonte secondaria (art. 21,  comma  8  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394); 
          omette del tutto  di  individuare  l'autorita'  giudiziaria
competente alla tutela dei diritti del cittadino straniero trattenuto
nei C.P.R., omissione per la quale a  fortiori  non  puo'  valere  il
suddetto rinvio alla fonte subordinata, per  l'esistenza  di  plurime
norme della Costituzione, che impongono la riserva di legge (art. 25,
comma 1, Cost.; art. 111, comma 1, Cost.; art. 13, comma 2, Cost.); 
        In particolare ed in sintesi, l'art. 14, comma 2 del  decreto
legislativo n. 286/1998, omette di prevedere e disciplinare: 
          i «modi» del  trattenimento,  ossia  omette  del  tutto  di
descrivere e disciplinare il  trattamento  al  quale  la  persona  e'
sottoposta, omette di elencare i diritti riconosciuti  ai  trattenuti
all'interno dei C.P.R., le procedure a  garanzia,  gli  strumenti  di
tutela giurisdizionale nei confronti dell'amministrazione; omette  di
indicare le garanzie  del  trattenuto,  i  suoi  diritti  durante  il
periodo di detenzione amministrativa; 
          non individua gli standard  minimi  di  tutela  (anche  con
riferimento  al  fondamentale  diritto  alla  salute),  dei  soggetti
trattenuti nei  C.P.R.,  in  relazione  ai  quali,  il  parametro  di
legittimita' e' senza dubbio  costituito  dalla  normativa  contenuta
nell'ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), e dalla CEDU, che
il legislatore italiano e' tenuto a rispettare (art.  117,  comma  1,
Cost.); 
          omette di indicare le modalita' di tutela dei suoi  diritti
fondamentali  (incluso  il  diritto  alla  salute),  all'interno  dei
C.P.R., e durante tutto il periodo del trattenimento; i  procedimenti
di  audizione  e  decisione  riguardanti  il  trattenuto,  i   rimedi
giurisdizionali avverso le violazioni di tali diritti, potenzialmente
perpetrate all'interno dei C.P.R.; 
          omette    di    individuare     l'autorita'     giudiziaria
(specializzata), competente alla tutela dei diritti del  soggetto  in
stato di detenzione amministrativa nei C.P.R., e competente  rispetto
alla gestione e al trattamento di tali soggetti; omette quindi  anche
di disciplinare ruolo, compiti e poteri dell'autorita' giudiziaria in
questione. 
    Come e' evidente, sussiste un  vero  e  proprio  vuoto  normativo
(fonte primaria),  realizzato  dall'art.  14,  comma  2  del  decreto
legislativo  n.  286/1998,  in  forza  del  quale,   i   «modi»   del
trattenimento all'interno dei C.P.R., l'esercizio  e  la  tutela  dei
diritti degli stranieri  trattenuti  nei  CPR,  sono  demandati  alla
discrezionalita' di prefettura, questura, ed enti privati gestori dei
C.P.R., senza la garanzia di un effettivo  controllo  giurisdizionale
del trattamento: risulta infatti omessa anche  la  previsione  di  un
controllo  giurisdizionale  analogo   a   quello   esercitato   dalla
magistratura di sorveglianza, prevista dall'ordinamento penitenziario
(v. articoli 68 e seguenti, legge n. 354/1975). 
    Al contrario, la situazione  dei  soggetti  detenuti  all'interno
delle   strutture   carcerarie,    e'    puntualmente    disciplinata
dall'ordinamento penitenziario (fonte primaria, legge  n.  354/1975),
che in sintesi prevede  e  disciplina  i  diritti  dei  detenuti,  le
garanzie sul trattamento penitenziario, i rimedi  giurisdizionali,  e
prevede   la   competenza   della   magistratura   di    sorveglianza
(«specializzata»),  deputata  al  controllo  sulla  legalita'   delle
modalita' della restrizione della  liberta'  personale,  alla  tutela
giurisdizionale dei diritti dei detenuti. 
    Quindi, per i detenuti all'interno degli  istituti  carcerari  in
sede  penale,  la  fonte  primaria  (ordinamento  penitenziario),  in
conformita'  con  gli  articoli  13,  comma  2  Cost.,  e  24  Cost.,
disciplina analiticamente i «modi» della detenzione,  e  al  riguardo
individua ruolo e compiti della magistratura di sorveglianza (v.,  ad
es. articoli 11, comma 4,  13,  14-ter,  35,  35-bis,  35-ter,  68  e
seguenti, della legge n. 354/1975). 
    Sussiste quindi una irragionevole ed ingiustificata disparita' di
trattamento, tra situazioni sostanzialmente  eguali  (trattenuti  nei
C.P.R., a titolo di «detenzione amministrativa», ai  sensi  dell'art.
14, comma 1 del  decreto  legislativo  n.  286/1998;  detenuti  negli
istituti penitenziari ex art. 59, legge  n.  354/1975,  a  titolo  di
«detenzione  penale»),  in  violazione  dell'art.   3,   Cost.,   con
riferimento al diritto alla liberta' personale proclamato inviolabile
dagli articoli 2 Cost. e 13 Cost., al diritto di difesa dinanzi ad un
giudice terzo ed imparziale, precostituito per legge (art. 24, Cost.;
25, comma 1, Cost.; 111, comma 1, Cost.), e al  diritto  alla  salute
(art. 32, Cost.). 
    Come chiarito da risalente ed autorevole dottrina,  il  principio
di  eguaglianza  costituisce  presupposto  essenziale   dei   diritti
fondamentali dell'uomo, tutelati  dall'art.  2,  Cost.,  tra  cui  la
liberta' personale, proclamata inviolabile dall'art. 13, Cost. 
    Le evidenziate (macroscopiche) omissioni di disciplina  di  rango
primario, concretate dall'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.
286/1998,   e   l'espresso   rinvio,    pressoche'    integrale    ed
incondizionato, alla fonte subordinata, oltre a  contrastare  con  la
riserva assoluta di  legge  (art.  13,  comma  2,  Cost,),  integrano
altresi', contemporaneamente  -  ad  avviso  della  rimettente  -  la
diretta violazione del principio di eguaglianza sancito nell'art.  3,
Cost.,  con  riferimento  ai  diritti   inviolabili   alla   liberta'
personale, (tutelato dagli articoli 2 Cost. e 13 Cost.),  al  diritto
di difesa dinanzi ad un giudice terzo  ed  imparziale,  precostituito
per legge (art. 24, Cost.; 25, comma 1, Cost.; 111, comma 1,  Cost.),
e al diritto alla salute (art. 32, Cost.). 
    Tali fondamentali diritti, risultano inevitabilmente compromessi,
dall'assenza di una disciplina di rango primario, circa i «modi»  del
trattenimento nei C.P.R., e dalla mancata  previsione  dell'autorita'
giurisdizionale («specializzata»), deputata al controllo del rispetto
dei diritti fondamentali dei trattenuti. 
    L'evidenziata diversita' di trattamento,  risulta  ingiustificata
ed irragionevole, riguardando fattispecie sostanzialmente analoghe. 
    Si osserva, infatti, che entrambe le due categorie  di  soggetti,
sono in stato di restrizione della liberta' personale, bene giuridico
leso, costituzionalmente protetto (art. 13, Cost.), che e'  identico,
sia   per   i   trattenuti   all'interno   dei   C.P.R.   (detenzione
amministrativa, art. 14, comma 1 del  T.U.I.),  sia  per  i  detenuti
negli istituti penitenziari (detenzione in sede penale,  disciplinata
dall'ordinamento penitenziario). 
    Entrambe  le  categorie  di  soggetti  (in  stato  di  detenzione
amministrativa e di detenzione «penale»),  subiscono  la  restrizione
del medesimo diritto proclamato inviolabile, la liberta' personale  e
fisica (tutelata dagli articoli 2 Cost. e 13 Cost.), con  inevitabili
ripercussioni sul diritto di salute (art. 32 Cost.), e sul diritto di
difesa garantito dall'art. 24 Cost. (parimenti inviolabile). 
    Del resto, la limitazione della liberta' fisica  all'interno  dei
C.P.R., al pari di quella che  avviene  all'interno  delle  strutture
carcerarie gestite dallo Stato, si protrae per un significativo  arco
temporale (attualmente, massimo diciotto mesi), nel corso  del  quale
possono naturalmente verificarsi  gli  episodi  piu'  disparati,  che
inevitabilmente coinvolgono molteplici diritti fondamentali dell'uomo
(salute, liberta' fisica e morale, diritto di difesa). 
    La situazione in cui si trovano le due categorie di soggetti,  e'
quindi  sostanzialmente  identica,  concretandosi  nella  restrizione
della liberta' personale,  che  rientra  nell'alveo  di  applicazione
dell'art. 13, comma 2, Cost. 
    L'art.  13,  comma  2,  Cost.  impone,   in   entrambi   i   casi
(sostanzialmente identici), l'esistenza di una dettagliata disciplina
di rango primario, di  competenza  del  Parlamento  della  Repubblica
(massima espressione del sistema democratico), a tutela  dei  diritti
fondamentali  necessariamente  coinvolti,   durante   lo   stato   di
restrizione  della  liberta'   personale,   a   tal   fine   restando
indifferente la natura, «amministrativa» o «penale», del  titolo  del
trattenimento. 
    Alla  identita'  di  situazioni,  e   del   diritto   sostanziale
costituzionalmente tutelato (liberta'  personale),  nella  detenzione
«penale»     ed     «amministrativa»,     corrispondono     tuttavia,
irragionevolmente, discipline  diverse,  sia  per  la  fonte  da  cui
promanano (primaria e secondaria), sia  per  la  evidenziata  carenza
assoluta di disciplina e di tutela,  anche  giurisdizionale,  per  la
«detenzione amministrativa». 
    Come rilevato, sussiste una significativa lacuna normativa  circa
la tutela dei diritti dei trattenuti all'interno dei C.P.R.,  che  e'
sostanzialmente  demandata,  dall'art.  14,  comma  2   del   decreto
legislativo   n.   286/1998,    alle    fonti    subordinate,    alla
discrezionalita' del «potere esecutivo»,  nonche'  delle  prefetture,
questure,  ed  enti  gestori  dei   C.P.R.,   oltretutto   senza   la
possibilita' di un tempestivo ed effettivo controllo giurisdizionale. 
    L'aver  omesso  di  dettare  una  puntuale  disciplina  di  rango
primario, determina  l'ingiustificato  ed  irragionevole  trattamento
deteriore  dei  soggetti  in  stato  di  detenzione   amministrativa,
all'interno dei C.P.R., rispetto ai soggetti in stato  di  detenzione
«penale» all'interno delle strutture carcerarie, e la violazione,  da
parte dell'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  di
una pluralita' di norme della Costituzione italiana. 
    Emblematico, al riguardo, il recente  caso,  oggetto  di  censura
della Corte europea dei diritti umani, la  quale,  con  decisione  n.
17499 del 3 luglio 2024, ha accolto una istanza ai sensi dell'art. 39
del regolamento della Corte, di emissione di provvedimento  cautelare
in via di urgenza, a tutela del diritto di salute  di  una  cittadina
straniera trattenuta all'interno del  C.P.R.,  con  violazione  degli
standard  imposti  dall'art.  3  CEDU  (caso  cagionato,  in  estrema
sintesi, dalle evidenziate, macroscopiche lacune  legislative,  anche
con  riferimento  alla  mancanza   di   una   autorita'   giudiziaria
specificamente deputata alla tutela dei diritti dei trattenuti -  tra
cui il diritto alla salute - dotata di validi strumenti di tempestivo
controllo). 
    Si tratta, come e' evidente, di  situazioni  identiche,  trattate
irragionevolmente in modo diverso atteso  che  l'inviolabile  diritto
alla liberta' personale, come i diritti  alla  salute,  alla  difesa,
all'esistenza di un giudice naturale precostituito  per  legge,  sono
egualmente riconosciuti e  garantiti  ad  entrambe  le  categorie  di
soggetti dagli articoli 2, Cost., 13, Cost., 32, Cost., e 24,  Cost.,
25, comma 1, Cost., indifferente restando la contingente ragione  che
abbia   determinato   la   restrizione   della   liberta'   personale
dell'individuo. 
    Ed invero,  il  dettato  costituzionale  (art.  13,  Cost.),  non
contiene alcuna differenza di disciplina, a  seconda  della  concreta
motivazione (illecito penale o amministrativo), che abbia determinato
lo stato di  restrizione  della  liberta'  personale  dell'individuo,
nella detenzione «amministrativa», o «penale». 
    Ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit. 
    Non a caso l'art. 13 della Costituzione italiana, con formula  di
chiusura fa riferimento a «qualsiasi altra restrizione della liberta'
personale», con cio' rendendo evidente la volonta' del costituente di
apprestare identica  tutela,  ad  ogni  forma  di  restrizione  della
liberta' personale dell'individuo, proclamata  inviolabile,  restando
del tutto indifferente (ai fini dell'art. 13, Cost.), la  motivazione
che abbia determinato la restrizione in questione. 
    Si rammenta che, in ordine al  canone  della  ragionevolezza,  si
ritiene  in  generale  che   la   disparita'   di   trattamento   sia
«giustificata»,  se  necessaria  per  il   perseguimento   di   «fini
costituzionali», ossia finalita' rivolte alla realizzazione di valori
costituzionalmente riconosciuti. 
    Il giudice  a  quo,  ritiene  al  riguardo  che  l'evidenziata  e
notevole  disparita'  di  trattamento  di   cui   si   discute,   sia
ingiustificata  ed  irragionevole,  poiche'  non  necessaria  per  il
perseguimento di «fini costituzionali». 
    La difesa dei confini nazionali  dall'immigrazione  «irregolare»,
con i  rischi  che  essa  indubbiamente  comporta  per  la  sicurezza
pubblica, anche se intesa quale legittimo «fine costituzionale»,  non
potrebbe  che  essere   considerato   «subalterno»,   rispetto   alla
necessita' di tutelare e garantire il  bene  supremo  della  liberta'
personale dell'individuo, diritto inviolabile che spetta agli  uomini
in quanto tali, in eguale metaforica «misura». 
    E  l'eguaglianza,   come   insegnato,   costituisce   presupposto
essenziale dei diritti  inviolabili  dell'uomo,  tra  cui  spicca  la
liberta' personale. 
    Per tali motivi, la  necessita'  di  contrastare  l'«immigrazione
irregolare»,  non  puo'  essere  considerata   valido   criterio   di
differenziazione, per l'adozione  di  discipline  diverse,  ostandovi
l'inviolabilita', con efficacia erga omnes, del diritto alla liberta'
personale, riconosciuto all'essere umano in quanto tale. 
    Pertanto, ad avviso del  giudice  a  quo,  le  evidenziate  gravi
omissioni,  contenute  nell'unica  fonte  primaria  sui  «modi»   del
trattenimento nei CPR, ossia l' art. 14, comma 2  del  T.U.I.  (testo
unico  immigrazione  -  decreto  legislativo  n.  286/1998),   e   le
conseguenti rilevanti diversita'  di  disciplina  rispetto  a  quella
dettata dall'ordinamento penitenziario (legge  n.  354/1975),  per  i
detenuti negli  istituti  penitenziari,  integrano  violazione  della
riserva assoluta di legge (art. 13,  comma  2,  Cost.),  con  diretta
ripercussione e  violazione  del  principio  di  eguaglianza  sancito
nell'art. 3, Cost., per irragionevole ed ingiustificata disparita' di
trattamento, con riferimento al caso analogo della  detenzione  nelle
strutture  carcerarie,  disciplinata  dall'ordinamento  penitenziario
(legge 26 luglio 1975, n. 354), e in relazione ai diritti inviolabili
tutelati negli articoli 13, Cost., 24, Cost., 25, comma 1, Cost., 32,
Cost. 
    In conclusione, il  giudice  a  quo  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  14,
comma 2 del decreto legislativo n.  286/1998,  per  violazione  della
riserva  di  legge  imposta  dall'art.  13,  comma  2  Cost.,  e  per
violazione, altresi' del principio di eguaglianza  sancito  dall'art.
3, Cost., in combinato disposto con l'art. 10,  comma  2,  Cost.,  in
relazione agli articoli 2, Cost., 13, Cost., 32,  Cost.,  24,  Cost.,
25, comma 1, Cost., 111, comma  1,  Cost.,  in  rapporto  all'analoga
fattispecie del trattamento dei detenuti all'interno  degli  istituti
penitenziari   in   sede   penale,   disciplinati    dall'ordinamento
penitenziario. 
VI - Sulla impossibilita' di una  interpretazione  costituzionalmente
orientata 
    La possibilita' di una interpretazione  conforme  a  Costituzione
del menzionato art. 14, comma 2, decreto legislativo n. 286/1998, non
risulta percorribile,  in  considerazione  della  natura  stessa  del
dubbio in oggetto, che riguarda fondamentalmente la violazione  della
riserva di legge assoluta, prevista dall'art. 13, comma 2 Cost., alla
quale consegue la violazione dell' art. 3 Cost., con riferimento agli
articoli 2, Cost., 13, Cost., 32, Cost.,  24,  Cost.,  25,  comma  1,
Cost., 111, comma 1, Cost., per le ragioni evidenziate. 
    Si dubita infatti della legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, per la violazione  della
competenza esclusiva del Parlamento della Repubblica, per  violazione
della riserva assoluta di fonte primaria, imposta dall'art. 13, comma
2, Cost., nel senso sopra esposto. 
    Quanto al disposto dell'art. 14, comma 2 del decreto  legislativo
n. 286/1998, si osserva che -  secondo  il  noto  brocardo  «Ubi  lex
voluit dixit, ubi noluit tacuit» - le generiche indicazioni contenute
dalla norma, non possono essere certamente  colmate  dall'interprete,
trattandosi di  eccezionale  limitazione  della  liberta'  personale,
costituzionalmente tutelata anche con riserva di legge. 
    Inoltre,  il  rinvio   pressoche'   incondizionato   alla   fonte
secondaria e' testuale, espresso ed inequivocabile (v. art. 14, comma
2 del T.U.I.). 
    In via sistematica, si osserva - tra l'altro  -  che  l'art.  16,
commi 6-7  del  decreto  legislativo  n.  286/1998,  per  i  casi  di
espulsione a  titolo  di  sanzione  sostitutiva  o  alternativa  alla
detenzione, nei casi di  avvenuta  identificazione  dello  straniero,
richiama  la  competenza  della  magistratura  di   sorveglianza,   e
specifica che lo straniero resta nell'istituto penitenziario in stato
di detenzione, sino a quando non siano stati  acquisiti  i  necessari
documenti di viaggio; nel caso in cui invece  lo  straniero  detenuto
(da scarcerare in tempi brevi) non  sia  stato  ancora  identificato,
trova applicazione l'istituto del  trattenimento  amministrativo  nel
C.P.R. contemplato nell'art. 14, commi 1, 1.1, 2, 2-bis, 3, 4, 5  del
decreto legislativo n. 286/1998, e dunque anche l'art. 14,  comma  2,
norma che, ad avviso del giudice a  quo,  contrasta  con  l'art.  13,
comma 2 della Costituzione. 
    E'  evidente  che  non  e'  percorribile  alcuna  interpretazione
costituzionalmente orientata  di  tale  normativa,  essendo  comunque
inibito all' interprete di colmare  lacune  che  -  nella  previsione
espressa del costituente - devono essere oggetto di  regolamentazione
dettata dalla fonte primaria (riserva assoluta di legge). 
    Riguardo  all'individuazione  del  giudice  competente,  non   e'
sufficiente  (ne'  percorribile),   per   superare   il   dubbio   di
legittimita'  costituzionale,   l'interpretazione   (estensiva)   che
individua nel giudice di pace tale autorita' giudiziaria,  posto  che
la legge non prevede specificamente questa competenza, non disciplina
ne' il ruolo ne' i poteri del giudice di pace rispetto  al  controllo
sulla legalita' delle modalita' di trattamento  degli  stranieri,  in
stato  di  detenzione  amministrativa,  all'interno  dei   CPR,   ne'
disciplina gli strumenti di tutela giurisdizionale dei trattenuti nei
confronti degli enti amministrativi  che  gestiscono  i  C.P.R.  (sul
punto  si  richiama,  in  motivazione,  la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 22/2022). 
    Ad ogni modo, tale opzione interpretativa  non  e'  percorribile,
anche alla  luce  delle  ulteriori  disposizioni  costituzionali  che
impongono la riserva  di  legge,  in  ordine  alla  costituzione  del
giudice, alla sua competenza, e al procedimento  giurisdizionale  per
la tutela dei diritti (art. 25, comma 1, Cost;  art.  111,  comma  1,
Cost.). 
    Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi  3  e  4
del T.U.I.) unicamente la competenza  del  giudice  di  pace  per  il
controllo giurisdizionale dei «casi» di  restrizione  della  liberta'
personale,  rientranti  nella  cd  «detenzione  amministrativa»   nei
C.P.R., mentre l'art. 14, comma 2 del T.U.I., tace sui «modi». 
    E' appena il caso di rilevare che  non  soccorre  l'istituto  del
«riesame»,  previsto  dall'art.  15   della   «direttiva   rimpatri»,
2008/115/UE, istituto che va ricondotto alla competenza  del  giudice
di pace gia' individuata dall'art.  14,  commi  3  e  4  del  decreto
legislativo n. 286/1998, trattandosi di modifica  dell'ordinanza  del
giudice, che ha deciso in  ordine  alla  sussistenza  dei  «casi»  di
limitazione della liberta' personale, elencati nell'art. 14, comma  1
del TUI. 
    Infatti,  il  constatato  «vuoto  legislativo»,  si  colloca  sul
diverso  piano  evidenziato,  concernendo  la   mancata   previsione,
nell'art. 14, comma 2 del decreto  legislativo  n.  286/1998,  di  un
giudice competente al  controllo  dei  «modi»  di  restrizione  della
liberta' personale, nel corso della «detenzione amministrativa»,  per
i quali, parimenti, l'art. 13, comma 2  della  Costituzione,  prevede
una riserva di legge. 
    Anche per tale motivo, quindi,  il  vuoto  legislativo  non  puo'
affatto essere colmato applicando l'istituto del «riesame»,  previsto
dall'art. 15 della «direttiva rimpatri», 2008/115/UE. 
    In conclusione,  lo  strumento  interpretativo  non  puo'  essere
validamente  utilizzato,  per  superare  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale. 
    Nell'analogo caso dei  detenuti  nelle  strutture  carcerarie  (o
istituti penitenziari), la fonte primaria (ordinamento penitenziario,
legge 26 luglio 1975,  n.  354),  prevede  sezioni  specializzate  di
sorveglianza  all'interno   dei   tribunali,   la   magistratura   di
sorveglianza (v. articoli 68 e seguenti, O.P.), organo specializzato,
dotato di validi strumenti di  tempestiva  tutela,  che  assicura  la
corretta  gestione  e  la  tutela  dei  diritti  dei   detenuti,   in
considerazione dei plurimi beni costituzionalmente protetti (liberta'
personale, diritto alla salute, diritto di difesa),  coinvolti  nello
stato di restrizione della liberta' fisica dell'individuo,  protratto
nel tempo, all'interno di strutture gestite dallo Stato. 
    In  estrema  sintesi,  non  vi   e'   alcuno   spazio   per   una
interpretazione (estensiva) conforme alla Costituzione, atteso che il
contrasto sussiste con la riserva di legge assoluta, sancita dall'art
13, comma 2, Cost., anche con riferimento ai  «modi»  di  restrizione
della liberta' personale. 
VII - Conclusioni. 
    Il dubbio di legittimita' riguarda l'art 14, comma 2, del decreto
legislativo n.  286/1998  (come  sostituito  dall'art.  3,  comma  4,
lettera a), decreto-legge 21 ottobre 2020, n.  130,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173) che, riguardo ai
«modi»  della  detenzione  amministrativa  nei  C.P.R.   (centro   di
permanenza  per  i  rimpatri),  si  limita  ,  quanto  al   contenuto
precettivo, ad indicazioni generiche e di principio, rinviando ad una
fonte subordinata per la  regolamentazione  (art.  21,  comma  8  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999,  e
regolamento per l'organizzazione e la gestione dei  centri  approvato
con decreto ministeriale del Ministro dell'interno, n. 12700  del  20
ottobre 2014). 
    L'art  14,  comma  2  non  ha  contenuto   precettivo,   contiene
indicazioni generali e di principio, che violano la riserva di  legge
prevista dall'art 13, comma 2, Cost. sui «modi» di  privazione  della
liberta' personale. 
    Il rinvio operato dall'art. 14, comma 2 del  decreto  legislativo
n. 286/1998, alle indicate  fonti  subordinate,  si  risolve  in  una
tecnica per aggirare la riserva assoluta di legge prevista  dall'art.
13, Cost. 
    La riserva assoluta di legge imposta dall'art. 13, comma 2  della
Costituzione, implica necessariamente l'esistenza  di  una  fonte  di
rango primario, che  contenga  precetti  specifici,  sufficientemente
precisi,  in  guisa   tale   da   porre   stringenti   vincoli   alla
discrezionalita' dell'autorita' amministrativa, in  coerenza  con  il
diritto fondamentale tutelato dagli articoli 2,  Cost.  e  13,  Cost.
(liberta' personale). 
    In conclusione,  l'art  14,  comma  2  del  T.U.I.  (testo  unico
immigrazione), contiene enunciazioni generali  e  di  principio,  non
conformi allo standard di precisione imposto dalla  riserva  assoluta
di legge sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione, in materia
di privazione della liberta' personale, essendo inidonee a  porre  un
vincolo alla discrezionalita' della pubblica amministrazione. 
    Quanto al contenuto dello «standard  minimo»  di  precisione,  il
raffronto non puo' che essere  operato  con  riferimento  alle  norme
tutte contenute nell'ordinamento penitenziario (legge  n.  354/1975),
dettate per il caso sostanzialmente analogo della detenzione «penale»
negli istituti penitenziari, di cui  agli  articoli  59  e  seguenti,
O.P.,  oltre  che  alle  fonti  sovranazionali  e   alla   CEDU,   in
considerazione del vincolo  per  il  legislatore  ordinario,  sancito
dall'art. 117, comma 1, Cost. 
    In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I.  si  pone  come  una
«norma in bianco», che  rinvia  pressoche'  incondizionatamente  alla
fonte subordinata, in violazione  della  riserva  assoluta  di  legge
sancita dall'art. 13, comma 2 della Costituzione italiana, anche  con
riferimento ai «modi» di restrizione della liberta' personale. 
    Inoltre, come sopra evidenziato, l'art. 14, comma  2  del  T.U.I.
(decreto legislativo n. 286/1998), non indica l'autorita' giudiziaria
competente in relazione al controllo di legalita'  delle  «modalita'»
di privazione della liberta' personale. 
    Invero, la legge espressamente individua (art. 14, commi 3-4  del
T.U.I.) unicamente la competenza del giudice di pace per il controllo
giurisdizionale dei «casi» di restrizione  della  liberta'  personale
rientranti nella cd «detenzione amministrativa»  nei  C.P.R.,  mentre
tace sui «modi» di restrizione della liberta' personale. 
    Al riguardo, come sopra rilevato, non risulta percorribile alcuna
interpretazione «costituzionalmente conforme». 
    La  irragionevole  differenza  di  disciplina,  con  le  analoghe
fattispecie disciplinate dall'ordinamento  penitenziario  (detenzione
«penale» nelle strutture penitenziarie  ex  art.  59,  O.P.),  appare
dunque evidente. 
    Ed invero, anche nel  caso  delle  «REMS»,  ritenuto  analogo  al
presente, la Corte costituzionale (sentenza n.  22,  anno  2022),  in
motivazione ribadiva testualmente che «la legge non  puo'  non  farsi
carico della necessita' di disciplinare in modo  chiaro,  e  uniforme
sul  territorio,  il  ruolo  e  i  poteri   della   magistratura   di
sorveglianza rispetto  al  trattamento  degli  internati  e  ai  loro
strumenti di tutela  giurisdizionale  nei  confronti  delle  relative
amministrazioni (...)». 
    Come sopra evidenziato, l'art. 14, comma 2 del T.U.I., non indica
l'autorita'  giudiziaria  competente  in  relazione  ai  «modi»   del
trattenimento nei C.P.R., ne' indica ruolo e poteri  del  giudice  in
materia. 
    In definitiva, l'art. 14, comma 2 del T.U.I. (decreto legislativo
n. 286/1998), si pone in contrasto con l'art. 13, comma 2  Cost.  per
violazione della  riserva  di  legge,  per  violazione  altresi'  del
principio  di  eguaglianza  e  ragionevolezza,  (art.  3  Cost.),  in
rapporto all'analoga fattispecie della detenzione  all'interno  delle
strutture carcerarie (disciplinata  dall'ordinamento  penitenziario),
nella  parte  in  cui  non  prevede  ne'  disciplina  i  «modi»   del
trattenimento amministrativo, non  prevede  ne'  disciplina  ruolo  e
compiti  dell'autorita'  giudiziaria  competente  al   controllo   di
legalita' dei «modi»  in  questione,  rinviando  sostanzialmente  «in
bianco» alle fonti subordinate. 
    In conclusione, ad avviso del giudice a quo, le  questioni  poste
non sono manifestamente infondate. 
    Questa  Giudicante  dubita  della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 14, comma 2 del T.U.I. - decreto  legislativo  n.  286/1998
(genericamente dedicato ai «modi» del trattenimento  amministrativo),
per violazione: 
        1) della riserva assoluta di legge prevista  dall'  art.  13,
comma 2, della Costituzione italiana. 
        Invero, soltanto la «legge»,  fonte  primaria,  puo'  e  deve
individuare i «modi» (modalita', procedure, garanzie giurisdizionali)
di restrizione della liberta' personale. 
        L'art. 14, comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998  viola
la  riserva  assoluta  di  legge,  imposta  anche  per  i  «modi»  di
restrizione della liberta'  personale;  viola  quindi  la  competenza
esclusiva del Parlamento della Repubblica,  massima  espressione  del
sistema democratico. 
        2) del principio di eguaglianza (art. 3, Cost., in  combinato
disposto con l'art. 10, comma 2, Cost., con riferimento agli articoli
2, Cost., 13, Cost., 24, Cost., 25, comma 1,  Cost.,  111,  comma  1,
Cost.), per irragionevole  disparita'  di  trattamento  con  il  caso
analogo della detenzione in sede  penale,  puntualmente  disciplinata
dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), per  la  quale  -
tra l'altro - la tutela giurisdizionale  dei  detenuti  e'  garantita
dalla  magistratura  di  sorveglianza,  organo  specializzato   nella
materia (art. 102, comma 2, Cost.). 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il G.O.P.- giudice di pace di Roma, visti gli articoli 134  della
Costituzione, 137 Cost., art.  1,  legge  costituzionale  9  febbraio
1948, n. 1; 23 s.s. legge n. 87/1953, 
    Ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate: 
        1)  solleva  di  ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale,  per  violazione  della  riserva  assoluta  di  legge
prevista dall'art. 13, comma 2 della  Costituzione,  dell'  art.  14,
comma 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  (testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero, T.U.I.), nella parte  in  cui
non  disciplina  puntualmente  i  «modi»  e  i  procedimenti  per  la
restrizione della liberta' personale all'interno dei  C.P.R.  (centri
di permanenza per i rimpatri); nella parte in cui rinvia,  pressoche'
integralmente, ad una  fonte  subordinata  (art.  21,  comma  8,  del
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394). 
        Il tutto, in contrasto  con  la  riserva  assoluta  di  legge
prevista dall'art.  13,  comma  2  della  Costituzione  italiana,  in
materia di liberta' personale, diritto  assoluto  ed  inviolabile,  e
dall'art.  5,  comma  1  della  CEDU  (Convenzione  europea  per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950), in rapporto all'art.  117,  comma
1, Cost., nei sensi di cui in motivazione; 
        2)  solleva  di  ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale, dell'art. 14, comma  2  del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (testo unico delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), per violazione del principio di eguaglianza sancito dall'
art. 3, Cost., in combinato disposto con l'art. 10, comma  2,  Cost.,
con  riferimento  al  diritto  alla  liberta'  personale   proclamato
inviolabile dagli articoli 2, Cost. e 13, Cost., al diritto di difesa
dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, precostituito  per  legge,
contemplato dagli articoli 24, Cost.; 25, comma 1, Cost.; 111,  comma
1, Cost., e al diritto alla salute - art. 32, Cost.), nella parte  in
cui omette di dettare la  disciplina  dei  «modi»  del  trattenimento
amministrativo,  e  omette  di  individuare  l'autorita'  giudiziaria
competente al controllo della legalita' di tali «modi» di restrizione
della liberta' personale,  rinviando  pressoche'  integralmente  alle
fonti subordinate, omissioni che attuano una irragionevole disparita'
di trattamento, con la fattispecie analoga della detenzione  in  sede
penale,  negli  istituti  penitenziari,   puntualmente   disciplinata
dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975), che prevede anche
ruolo e compiti della magistratura di sorveglianza; 
        3) sospende il presente giudizio; 
        4) dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale
della presente ordinanza e degli atti del  procedimento,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; 
        5) manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al cittadino straniero, al difensore  e  alla  Questura  di
Roma, nonche' al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica, e per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
          Roma, 17 ottobre 2024 
 
              Il GOP - giudice di pace di Roma: Artone