N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2024
Ordinanza del 14 ottobre 2024 del Tribunale di Modena nel
procedimento civile promosso da OR.S.A. Trasporti - Segreteria
provinciale di Modena contro SETA - Societa' Emiliana Trasporti
Autofiloviari S.p.a..
Sindacati e liberta' sindacale - Lavoro - Diritto sindacale e
autonomia collettiva - Costituzione delle rappresentanze sindacali
aziendali (RSA) - Costituzione nell'ambito delle associazioni
sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati
nell'unita' produttiva e delle associazioni sindacali che, pur non
firmatarie dei contratti, hanno comunque partecipato alla
negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti
dei lavoratori dell'azienda - Preclusione per le associazioni
sindacali "maggiormente o significativamente rappresentative"
all'interno della singola unita' produttiva.
- Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e
dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 19,
[primo comma,] lettera b).
(GU n. 49 del 04-12-2024)
TRIBUNALE DI MODENA
sezione lavoro
Nella causa di I grado iscritta al n. 1464/2023 R.G., promossa da
OR.S.A. (Organizzazione sindacale autonomi e di base), Settore
trasporti - Autoferro TPL, Segreteria Provincmiale di Modena, in
persona del segretario pro tempore, sig. Luigi Sorrentino, con sede
in Bologna, via Pietramellara n. 20 (C.F.: 91423070373),
rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Stramenga, ricorrente;
Contro Seta S.p.a., con sede in Modena, Strada Sant'Anna n. 210
(P. IVA: 02201090368), in persona dell'amministratore delegato, dott.
Riccardo Roat, rappresentata e difesa dagli avvocati Eleonora Borsari
e Manuela D'Incerti, resistente.
Il Giudice del lavoro, dott. Vincenzo Conte, ha pronunciato la
seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1,
lettera b), della legge n. 300/1970 (statuto dei lavoratori).
1. Fatto e processo a quo.
1.1. Con ricorso ex art. 28, legge n. 300/1970 del 20 gennaio
2020, la Segreteria provinciale di Modena del Sindacato OR.S.A.
(Settore trasporti - Autoferro TPL) ha chiesto accertarsi la natura
antisindacale della condotta posta in essere da SETA S.p.a.,
consistente nel mancato riconoscimento del diritto alla
sottoscrizione per adesione degli accordi sindacali vigenti e
stipulanti presso l'unita' produttiva di Modena e nel diniego
opposto, in violazione dell'art. 19, St. Lav., alla costituzione
della rappresentanza sindacale aziendale presso la medesima unita'
produttiva e, per l'effetto, ordinarsi alla convenuta di cessare la
condotta antisindacale e consentire alla Segreteria provinciale di
Modena la sottoscrizione per adesione degli accordi sindacali e la
costituzione della rappresentanza sindacale aziendale OR.S.A. e,
comunque, di riconoscerla con i diritti e le prerogative di cui al
titolo III della legge n. 300/1970.
Il sindacato ricorrente ha dedotto che:
1) dal 2019 aderisce alla Confederazione OR.S.A.
(Organizzazione sindacale autonomi e di base), attiva nel settore del
trasporto pubblico locale su gomma;
2) e' presente all'interno delle strutture produttive di
SETA, operanti nel settore del trasporto pubblico locale dei bacini
delle province di Modena, Reggio Emilia e Piacenza;
3) nell'unita' produttiva di Modena vanta un numero di
iscritti pari ad oltre il 20% dei lavoratori sindacalizzati e circa
il 10-11% della forza lavoro complessiva (circa 500 unita');
4) l'adesione dei lavoratori agli scioperi indetti dalla
sigla OR.S.A. si aggira intorno al 45%, «a fronte di una
partecipazione media dei lavoratori agli scioperi proclamati dalle
altre sigle sindacali che negli ultimi due anni hanno registrato una
adesione media del 38%»;
5) nonostante abbia raccolto la firma di 285 dipendenti per
richiedere le elezioni delle RSU-RLS, le altre sigle sindacali non
hanno attivato la procedura per l'indizione delle elezioni delle RSU;
6) ha partecipato alle trattative svolte «a livello
istituzionale regionale in materia di trasporto pubblico locale»,
come comprovato dal «Patto per il trasporto pubblico e la mobilita'
sostenibile 2022-2024», approvato dalla Regione Emilia-Romagna con
D.G.R. n. 316 del 7 marzo 2022;
7) il protocollo del 4 maggio 2017, siglato a livello
nazionale da OR.S.A. TPL e ASSTRA (Associazione datoriale nazionale
delle aziende di trasporto pubblico regionale e locale, cui aderisce
SETA), individua il sindacato OR.S.A. quale soggetto con
significativa rappresentativita', riconoscendogli alcuni diritti
sindacali (permessi, locali, bacheche) ma non il diritto a costituire
le RSA;
8) la convenuta e' obbligata a garantire la sottoscrizione
per adesione degli accordi aziendali, giuste le previsioni del
protocollo del 4 maggio 2017;
9) benche' abbia acquisito una significativa e documentata
rappresentativita' all'interno della sede di Modena, riconosciuta
anche dal Protocollo nazionale, SETA non ammette il sindacato alle
trattative per la sottoscrizione degli accordi sindacali aziendali,
nega la sottoscrizione per adesione degli accordi sindacali di
secondo livello e non riconosce il diritto alla costituzione della
RSA, cosi' violando l'art. 19, St. Lav., come interpretato dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013.
1.2. SETA S.p.a. ha eccepito l'infondatezza in fatto e in diritto
delle domande attoree sulla scorta di diversi argomenti. Essa, in
particolare, ha evidenziato che:
1) OR.S.A. non ha titolo alla sottoscrizione per adesione
degli accordi sindacali aziendali, ne' alla costituzione della RSA,
perche' il Protocollo nazionale del 4 maggio 2017, stipulato tra
ASSTRA e OR.S.A., riconosce a quest'ultima solamente le «agibilita'
sindacali previste nel punto 4) del protocollo» (permessi ecc.);
2) con la sottoscrizione del Protocollo nazionale, OR.S.A. ha
espressamente accettato di non essere riconosciuta come RSA nella
sede di Modena;
3) l'art. 19 dello St. Lav. riconosce la possibilita' di
costituire rappresentanze sindacali aziendali unicamente alle
associazioni firmatarie dei contratti collettivi applicati
nell'unita' produttiva e a quelle associazioni che hanno partecipato
alle trattative negoziali (Corte Cost. n. 231/2013);
4) la richiesta di costituire la RSA non puo' essere accolta,
perche' il sindacato ricorrente, ancorche' gli sia stata riconosciuta
la posizione di «significativa rappresentativita'», non risulta
firmatario del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva,
ne' lo stesso ha partecipato alle relative trattative;
5) la costituzione della RSA e' stata riconosciuta solamente
ai sindacati firmatari del CCNL, ossia alle sigle CGIL, CISL, UIL,
FAISA e UGL;
6) la rappresentativita' deve essere valutata in relazione a
tutte le unita' produttive della regione (Modena, Reggio Emilia e
Piacenza);
7) l'ordinamento giuridico non prevede alcun obbligo per il
datore di lavoro di trattare con tutte le OO.SS. e «neppure un
obbligo di parita' di trattamento tra i sindacati»;
8) al sindacato OR.S.A. sono stati riconosciuti tutti i
diritti sindacali previsti dal Protocollo nazionale 4 maggio 2017;
9) la condotta censurata e' carente del requisito
dell'attualita', in quanto l'antisindacalita' non e' stata rilevata
al momento della sottoscrizione del Protocollo nazionale.
1.3. Dal compendio documentale emerge che SETA S.p.a. applica
nelle sue sedi il CCNL stipulato tra ASSTRA, associazione alla quale
aderisce, e le sigle sindacali CGIL, CISL, UIL, FAISA, UGL. (1) La
sigla OR.S.A. non ha sottoscritto gli accordi sindacali di secondo
livello, ne' e' stata ammessa alle relative trattative (circostanza
pacifica). Nonostante la richiesta avanzata dal ricorrente, le sigle
sindacali presenti in azienda non hanno dato corso alla procedura per
l'indizione delle elezioni delle RSU/RLS dei bacini di Modena e
Reggio Emilia. (2) Allo stato il sindacato OR.S.A. non ha ne' RSA ne'
RSU all'interno delle unita' produttive di SETA, circostanza che gli
preclude la possibilita' di fruire dei diritti sindacali riservati a
tali rappresentanze.
Il «Protocollo sulle relazioni industriali ASSTRA-ORSA» -
sottoscritto in data 4 maggio 2017 da OR.S.A. TPL e ASSTRA -
disciplina le relazioni industriali a livello nazionale e aziendale,
riconoscendo ad OR.S.A. limitate prerogative sindacali. (3) Il punto
4 (denominato «Diritti sindacali in azienda») distingue due
situazioni:
a) nelle aziende in cui il sindacato OR.S.A. e' presente come
RSA vengono riconosciute le prerogative ex art. 19 legge n. 300/1970;
se tale sindacato e' presente come RSU, ma non come RSA, vengono
garantiti i diritti previsti dall'art. 9 dell'accordo nazionale 28
novembre 2015; in entrambe le situazioni e' garantita ad OR.S.A. la
sottoscrizione per adesione degli accordi aziendali;
b) nelle aziende in cui il sindacato OR.S.A. non e'
riconosciuto come RSA, ne' come RSU, ma e' presente con una
significativa rappresentativita', vengono garantite 200 ore annue di
permessi sindacali ogni 300 addetti (fino ad un massimo di 1.000 ore
annue).
Il surrichiamato protocollo riconosce la «significativa
rappresentativita'» nell'ipotesi in cui gli iscritti OR.S.A.
raggiungano almeno il 5% degli iscritti certificati in azienda.
I prospetti in atti, contenenti i dati delle adesioni dei
lavoratori, certificano che, nell'unita' produttiva di Modena,
OR.S.A. vanta un numero consistente di iscritti, divenendo nel 2021
la prima forza sindacale tra le otto sigle presenti in azienda, con
un numero complessivo di iscritti pari a circa il 20% dei lavoratori
sindacalizzati e pari al 10-11% dei dipendenti complessivi di SETA
(circa 600).
Segnatamente: (4)
al 31 dicembre 2020 OR.S.A. risultava la terza sigla
sindacale, con 54 iscritti su 270 lavoratori sindacalizzati;
al 31 dicembre 2021 OR.S.A. risultava la prima forza
sindacale, con 61 iscritti su 275 lavoratori sindacalizzati;
al 31 dicembre 2022 OR.S.A. risultava la terza sigla
sindacale, con 55 iscritti su 281 lavoratori sindacalizzati;
al 31 ottobre 2023 risultava la seconda sigla sindacale, con
62 iscritti su 288 lavoratori sindacalizzati.
La «significativa rappresentativita'» deve essere valutata con
riferimento a ciascuna unita' produttiva, come previsto dal
Protocollo nazionale richiamato dalla stessa convenuta («per le
aziende plurilocalizzate il requisito predetto [id est, significativa
rappresentativita'] nonche' il computo degli addetti e' effettuato
con riguardo a ciascuna unita' produttiva»). Peraltro, il sindacato
ricorrente costituisce la terza forza sindacale anche considerando
gli iscritti complessivi delle tre unita' produttive (Modena, Reggio
Emilia e Piacenza): n. 75 iscritti nel 2020; n. 83 iscritti nel 2021;
n. 91 iscritti nel 2022; n. 93 iscritti nel 2023.
1.4. Posto che l'art. 23, legge n. 87/1953 dispone che la
questione di legittimita' costituzionale puo' essere sollevata
d'ufficio dall'autorita' giurisdizionale davanti alla quale verte il
giudizio, con ordinanza del 4 giugno 2024 e' stata sottoposta alle
parti la questione della illegittimita' costituzionale dell'art. 19,
legge n. 300/1970.
I procuratori delle parti hanno depositato memorie contenenti
osservazioni sulla questione sollevata d'ufficio, giusta la
previsione di cui all'art. 101 c.p.c.
Parte ricorrente ha insistito per l'accoglimento delle domande
formulate in ricorso e, in subordine, ha chiesto sollevarsi questione
di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, legge n. 300/1970.
Parte resistente ha invece eccepito l'insussistenza dei
presupposti per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale,
stante la non rilevanza della questione e la manifesta infondatezza
della prospettata illegittimita' costituzionale dell'art. 19 cit.,
per essere i rapporti sindacali regolati dall'accordo negoziale
sottoscritto dalle parti.
2. L'oggetto del giudizio di costituzionalita': la norma.
L'oggetto dell'ordinanza di rimessione e' l'attuale versione
dell'art. 19, primo comma, lettera b), legge 20 maggio 1970, n. 300
(Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della
liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e
norme sul collocamento).
3. I parametri.
Si ritiene che tale disposizione ordinaria contrasti con alcuni
parametri costituzionali, in particolare con gli articoli 3 e 39
della Costituzione.
4. La questione.
Si dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma
1, lettera b), legge n. 300/1970 (nel testo risultante
dall'intervento additivo operato dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 231/2013), per contrasto con gli articoli 3 e 39, Cost.,
nella parte in cui, introducendo un criterio selettivo che prescinde
dalla misurazione della effettiva rappresentativita'
dell'organizzazione sindacale, prevede che le rappresentanze
sindacali aziendali possano essere costituite nell'ambito di
associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti
collettivi applicati nell'unita' produttiva, abbiano comunque
partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, negando
tale possibilita' alle associazioni sindacali «maggiormente o
significativamente rappresentative» all'interno della singola unita'
produttiva.
5. Sulla rilevanza della questione
5.1. L'art. 28, legge n. 300/1970 definisce condotta
antisindacale «qualsiasi comportamento diretto ad impedire o limitare
l'esercizio della liberta' e dell'attivita' sindacale nonche' del
diritto di sciopero.» Per pacifica giurisprudenza nella valutazione
della configurabilita' di una condotta antisindacale non riveste
alcuna rilevanza l'elemento soggettivo della intenzionalita' della
condotta del datore di lavoro, in quanto l'art. 28 non configura una
fattispecie tipicamente sanzionatoria, limitandosi a garantire una
tutela preventiva nei confronti di condotte oggettivamente idonee a
ledere interessi di rilevanza costituzionale, quali la liberta'
dell'attivita' sindacale ed il diritto di sciopero. (cfr. Cassazione
n. 7706/2004, Cassazione n. 13726/2014).
La natura del procedimento non e' di ostacolo all'ammissibilita'
della questione. La Corte costituzionale, infatti, ha chiarito che
l'incidente di costituzionalita' puo' essere attivato anche
nell'ambito dell'azione ex art. 28, St. Lav. Cosi' la pronuncia n.
244/1996: «Poiche' l'azione ex art. 28 non e' diretta a una tutela di
condanna, ma a una tutela inibitoria di un comportamento continuato
con effetti permanenti, la prospettazione - ritenuta non
manifestamente infondata dal giudice a quo - di illegittimita'
costituzionale della norma permissiva della condotta denunciata e'
idonea a fondare la domanda di pronuncia dell'ordine giudiziale di
cessazione del comportamento e di rimozione degli effetti,
subordinatamente alla condizione della sopravvenienza di una sentenza
costituzionale che ne determini l'illegittimita'. Ne' varrebbe
replicare che l'ipotizzata dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 19 indurrebbe presumibilmente il datore di
lavoro a desistere spontaneamente, perche' anche in questa
prospettiva l'incidente di costituzionalita' conserverebbe rilevanza
per la definizione del giudizio principale, il quale si chiuderebbe
con un provvedimento di merito motivato dalla cessazione della
materia del contendere.».
5.2. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante in
quanto la norma statutaria viene in diretta ed immediata applicazione
nel caso di specie.
OR.S.A. lamenta il comportamento antisindacale della societa'
resistente, la quale ha negato la sua legittimazione a costituire la
rappresentanza sindacale aziendale in ragione della mancata
sottoscrizione del CCNL applicato nell'unita' produttiva di Modena.
Tale rifiuto, fondato sulla previsione normativa di cui al cit. art.
19, impedisce ai lavoratori iscritti al sindacato ricorrente di
costituire la RSA e di godere delle prerogative sindacali previste
dal titolo III dello statuto dei lavoratori. Come gia' evidenziato
dal Tribunale di Modena nell'ordinanza del 4 giugno 2012 (pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 10 ottobre 2012), «La questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), dello statuto
e' rilevante in quanto, se venisse meno tale norma di copertura,
[...] il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il
diritto di costituire le RSA e di godere dei diritti previsti dal
titolo III, integrerebbero il requisito della antisindacalita' di cui
all'art. 28 della legge n. 300 del 1970.».
Sempre in punto di rilevanza, si osserva che il «Protocollo sulle
relazioni industriali ASSTRA-ORSA» del 4 maggio 2017 regola
esclusivamente le relazioni industriali a livello nazionale e
aziendale, prevedendo un sistema di informazione-consultazione
periodica, da attuarsi mediante tavoli di confronto. Il documento in
esame non integra un accordo normativo, in quanto non detta la
disciplina dei rapporti di lavoro. Conseguentemente il diritto alla
costituzione della RSA non puo' sorgere dalla sottoscrizione di tale
protocollo nazionale.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della convenuta, i
diritti sindacali previsti dal protocollo nazionale non ostano allo
scrutinio di legittimita' della norma, non essendo riconosciuto in
sede negoziale il bene della vita rivendicato con il ricorso ex art.
28, St. Lav. (id est, costituzione della RSA). La disposizione in
esame e' sindacabile dal punto di vista costituzionale ancorche'
strumenti pattizi abbiano previsto specifici diritti sindacali in
favore del sindacato ricorrente.
Ne' puo' ritenersi che difetti l'attualita' del comportamento
antisindacale, quale condizione della domanda ex art. 28, stante la
persistenza della condotta oppositiva della convenuta, tale da
comportare ripercussioni negative durevoli sull'attivita' e liberta'
sindacale.
6. Sulla non manifesta infondatezza della questione.
6.1. Le circostanze prospettate nel ricorso introduttivo,
relative alla significativa rappresentativita' acquisita da OR.S.A.
all'interno della sede di Modena e all'impossibilita' per la stessa
sigla sindacale di partecipare alle trattative per la negoziazione
dei contratti collettivi, fanno emergere con tutta evidenza la
questione della compatibilita' dell'indice selettivo fissato
dall'art. 19, St. Lav. con le disposizioni di matrice costituzionale
che tutelano i valori del pluralismo e della liberta' di azione delle
organizzazioni sindacali.
6.2. L'art. 19 dello statuto dei lavoratori riconosce la
possibilita' di costituire rappresentanze sindacali aziendali
nell'ambito di organizzazioni sindacali aventi determinati requisiti.
La costituzione delle RSA legittima l'accesso ai diritti sindacali
stabiliti dalla legge (es. titolo III, St. Lav.) e dalla
contrattazione collettiva.
Si osserva, preliminarmente, come non vi siano ragioni per
dubitare della legittimita' dei meccanismi selettivi di sostegno dei
sindacati dotati di effettiva rappresentativita'. E' possibile
riservare a tali sindacati diritti ulteriori idonei a sostenerne
l'azione sindacale, come quelli di tenere assemblee, disporre di
locali e fruire di permessi retribuiti (cfr. articoli 20, 23, 27, St.
Lav.). In tal senso Corte costituzionale n. 244/1996: «le norme di
sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive, in quanto
sopravanzano la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, ben
possono essere riservate a certi sindacati identificati mediante
criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalita'.».
6.3. Nella sua formulazione originaria, l'art. 19 stabiliva che
le RSA potevano essere costituite nell'ambito:
a) delle associazioni aderenti alle Confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette
Confederazioni, che fossero firmatarie di contratti collettivi
nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unita' produttiva.
Preso atto dei risultati del referendum del 1995, il decreto del
Presidente della Repubblica n. 312/1995 ha parzialmente abrogato il
primo comma dell'art. 19, che ora cosi' recita: «Rappresentanze
sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei
lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito:
b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di
contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva.».
Dal testo originario e' scomparso ogni riferimento alla maggiore
rappresentativita' delle Confederazioni. E' stato anche eliminato il
riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione
collettiva sottoscritta dalle associazioni sindacali. Alla luce della
normativa attualmente in vigore, frutto degli esiti della
consultazione referendaria, le RSA possono essere costituite
nell'ambito di qualunque organizzazione sindacale, purche' firmataria
di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, di
qualunque livello (anche aziendale).
La Consulta e' stata chiamata a valutare la legittimita'
costituzionale della nuova formulazione dell'art. 19, primo comma,
lettera b), in particolare la compatibilita' con i principi di
uguaglianza e liberta' sindacale ex articoli 2, 3 e 39, Cost. Con la
sentenza n. 231/2013 e' stata dichiarata l'illegittimita'
costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui non prevede
che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita
anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie
dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, abbiano
comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti
quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda.
6.4. Il criterio legale di rappresentativita' e' ora
rappresentato dalla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro
applicati nell'unita' produttiva. Allo stato, la norma prevede una
presunzione di maggiore rappresentativita' ancorata alla effettivita'
dell'azione sindacale, espressa dalla partecipazione alle trattative
per la sottoscrizione dei contratti collettivi territoriali e degli
accordi sindacali aziendali.
E' necessario verificare se il criterio selettivo di cui
all'attuale art. 19, lettera b), sia tuttora dotato di ragionevolezza
e se possa ancora costituire un indice adeguato per misurare
l'effettiva rappresentativita' di un sindacato.
6.5. L'intervento normativo scaturito dalla consultazione
referendaria ha soppresso il criterio selettivo fondato sulla
rappresentativita' «esterna» o «sovra-aziendale», valorizzando una
rappresentativita' «interna aziendale». Come ben chiarito dalla Corte
costituzionale, la lettera b) dell'art. 19 «appresta un congegno di
verifica empirica della rappresentativita' nel singolo contesto
produttivo, misurandola sull'efficienza contrattuale dimostrata
almeno a livello locale [ora aziendale], attraverso la partecipazione
alla negoziazione e alla stipula di contratti collettivi provinciali
[ora aziendali]» (cfr. sentenza n. 30/1990).
In precedenza, le uniche organizzazioni sindacali aventi diritto
a costituire le RSA erano quelle maggiormente rappresentative sul
piano territoriale. Per poter accedere alla cd. legislazione di
sostegno di cui al titolo III dello statuto, il sindacato doveva
essere dotato di un grado di rappresentativita' «extra-aziendale»,
dimostrata attraverso l'esercizio di un potere negoziale almeno a
livello locale, con la firma dei contratti collettivi provinciali.
Tale scelta legislativa trovava fondamento in due ordini di
ragioni: da un lato «scoraggiare la proliferazione di
microorganizzazioni sindacali ed a favorire, secondo un'ottica
solidaristica, la rappresentazione di interessi non confinati
nell'ambito delle singole imprese o di gruppi ristretti», con ricorso
a «tecniche incentivanti idonee ad impedire un'eccessiva dispersione
e frammentazione dell'azione dell'autotutela ed a favorire una
sintesi degli interessi non circoscritta alle logiche
particolaristiche di piccoli gruppi di lavoratori» (Corte Cost.
sentenza n. 30/1990, n. 54/1974 e n. 334/1988); dall'altro «evitare,
o quanto meno contenere, i pregiudizi che alla liberta' ed autonomia
della dialettica sindacale, all'eguaglianza tra le varie
organizzazioni ed all'autenticita' del pluralismo sindacale possono
derivare dal potere di accreditamento della controparte
imprenditoriale» (Corte Cost. sentenza n. 30/1990).
Siffatte esigenze sono venute meno - almeno in parte - per
effetto degli interventi legislativi post-referendum e dei mutamenti
intercorsi nelle relazioni sindacali. Il modello di riferimento e'
ora rappresentato dalla lettera b), con il suo allargamento alla
contrattazione aziendale. L'intervento abrogativo del decreto del
Presidente della Repubblica n. 312/1995 ha ampliato la platea delle
organizzazioni sindacali beneficiarie della tutela rafforzata,
garantendo l'accesso alle misure di sostegno anche a sigle sindacali
prive di rappresentativita' territoriale. L'accoglimento del quesito
referendario «minimale» ha determinato «l'abbassamento al livello
aziendale della soglia minima di verifica della rappresentativita'
effettiva prevista dalla lettera b)» (cfr. Corte costituzionale n.
1/20214). Attualmente anche i sindacati aziendali privi di
collegamenti esterni possono beneficiare dei privilegi concessi dal
titolo III dello St. Lav., ove abbiano sottoscritto l'accordo
aziendale o abbiano partecipato alle relative trattative. In dottrina
e' stato evidenziato che l'accesso alla tutela rafforzata
riconosciuta al sindacalismo autonomo «non e' piu' ancorato al
precedente indice di rappresentativita' "extraziendale" (stipula di
contratti collettivi provinciali). Ora, infatti, la soglia minima di
rappresentativita' e' fissata a livello aziendale, di talche' i
sindacati non confederali che partecipano alla negoziazione e
sottoscrizione dei contratti aziendali beneficiano anch'essi delle
surrichiamate prerogative statutarie.».
La «verifica empirica» della rappresentativita' e' ancorata ad
una nuova unita' di misura, costituita dalla partecipazione alle
trattative negoziali per la stipula dell'accordo collettivo
aziendale. La ratio legis e' radicalmente mutata. Il processo di
frammentazione della rappresentanza sindacale non e' piu' visto con
sfavore dal legislatore, in quanto diretto a garantire il pluralismo
sindacale all'interno delle singole realta' aziendali.
Tale destrutturazione del quadro normativo e' accompagnata dalle
modificazioni che hanno investito il sistema delle relazioni
intersindacali. Sono venute meno le ragioni che hanno giustificato,
per lungo tempo, la posizione di vantaggio delle Confederazioni
maggiormente rappresentative e delle associazioni firmatarie dei
contratti nazionali e provinciali, ossia l'unitarieta' dell'azione
sindacale e l'unita' della sottoscrizione del CCNL. Cio' in quanto lo
scenario delle relazioni sindacali e' oggi «caratterizzato dalla
rottura dell'unita' di azione delle organizzazioni maggiormente
rappresentative, dalla conclusione di contratti collettivi cd.
separati» (cfr. ordinanza tribunale di Modena 4 giugno 2012 cit.).
Come e' stato da piu' parti evidenziato, gli indici fin qui
codificati (sottoscrizione degli accordi collettivi applicati
nell'impresa o partecipazione alle trattative per la loro
conclusione) si appalesano inadeguati ad accertare l'effettiva
rappresentativita' di una organizzazione di lavoratori.
L'inadeguatezza del parametro stabilito dall'art. 19, St. Lav. e'
stata segnalata a piu' riprese dalla giurisprudenza costituzionale,
la quale ha rilevato «l'ormai ineludibile esigenza di elaborare nuove
regole che conducessero a un ampliamento della cerchia dei soggetti
chiamati ad avere accesso al sostegno privilegiato offerto dal titolo
III dello statuto dei Lavoratori, oltre ai sindacati maggiormente
rappresentativi» (cfr. punto 6.2. sentenza n. 231/2013). Nella
pronuncia n. 30/1990 si ribadisce la stessa esigenza di rinnovamento:
«La Corte e' tuttavia ben consapevole che, anche a causa delle
incisive trasformazioni verificatesi nel sistema produttivo, si e'
prodotta in anni recenti una forte divaricazione e diversificazione
degli interessi, fonte di piu' accentuata conflittualita'; e che
anche in ragione di cio' - nonche' delle complesse problematiche che
il movimento sindacale si e' percio' trovato a dover affrontare - e'
andata progressivamente attenuandosi l'idoneita' del modello
disegnato nell'art. 19 a rispecchiare l'effettivita' della
rappresentativita'.
Prendere atto di cio' non significa, pero' ritenere che l'idoneo
correttivo al logoramento di quel modello consista nell'espansione,
attraverso lo strumento negoziale, del potere di accreditamento della
controparte imprenditoriale, che per quanto si e' detto puo' non
offrire garanzie di espressione della rappresentativita' reale. Si
tratta, invece, di dettare nuove regole idonee ad inverare, nella
mutata situazione, i principi di liberta' e di pluralismo sindacale
additati dal primo comma dell'art. 39 Cost.; prevedendo, da un lato,
strumenti di verifica dell'effettiva rappresentativita' delle
associazioni, ivi comprese quelle di cui all'art. 19 dello statuto;
dall'altro la possibilita' che le misure di sostegno - pur senza
obliterare le gia' evidenziate esigenze solidaristiche - siano
attribuite anche ad associazioni estranee a quelle richiamate in tale
norma, che attraverso una concreta, genuina ed incisiva azione
sindacale pervengano a significativi livelli di reale consenso [...]»
(cfr. punto 6).
6.6. Quanto esposto in ordine alla riduzione a livello
endoaziendale del grado di rappresentativita' richiesto dalla norma,
non implica che le misure promozionali del titolo III debbano essere
riconosciute a tutte le sigle sindacali presenti in azienda. Infatti,
per poter fruire delle predette prerogative il sindacato deve aver
acquisito un «livello minimo» di rappresentativita', da valutarsi
secondo un criterio di razionalita' che tenga conto della misura del
consenso dei lavoratori addetti all'unita' produttiva. La dottrina ha
elaborato il concetto di «rappresentativita' sufficiente», quale
«criterio legale desunto dalla realta' sociale e dallo stesso
ordinamento giuridico che la contempla per il lavoro pubblico
all'art. 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001».
La violazione del principio di uguaglianza sussiste qualora
situazioni omogenee vengano disciplinate in modo ingiustificatamente
diverso (ex multis, Corte costituzionale sentenza n. 67/2023, n.
189/2023, n. 270/2022 e n. 165/2020). Secondo la pacifica
giurisprudenza costituzionale, «l'introduzione di regimi
differenziati e' consentita solo in presenza di una causa normativa
non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe' giustificata
da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e' subordinata
l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti che ne
condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio» (Corte
Cost. n. 112/2021 e n. 107/2018).
Ebbene, la ragionevolezza, quale criterio applicativo del
principio di uguaglianza ex art. 3, Cost., esige che la selezione dei
beneficiari sia correlata alla rappresentativita' reale del
sindacato. Nella attuale formulazione dell'art. 19, St. Lav.,
l'organizzazione sindacale che abbia acquisito una «significativa» o
«maggioritaria» rappresentativita' all'interno dell'unita' produttiva
non puo' partecipare alla costituzione della RSA. L'esclusione cosi'
operata, fondata sulla base di un parametro formale, determina una
ingiustificata e irragionevole disparita' di trattamento tra
sindacati ugualmente rappresentativi.
L'estromissione dalle citate prerogative crea un evidente vulnus
al principio di uguaglianza cristallizzato nell'art. 3 della Cost.,
poiche' situazioni sostanzialmente analoghe vengono trattate in modo
diverso. Il criterio selettivo adottato dal legislatore e'
anacronistico e non rispettoso degli articoli 3 e 39, Cost., in
quanto preclude alle organizzazioni che abbiano raggiunto
significativi livelli di rappresentativita' il godimento dei diritti
sindacali previsti dalla cd. legislazione di sostegno, limitandone la
liberta' sindacale e comportando nei loro confronti ingiustificate
discriminazioni quanto all'esercizio dell'attivita' sindacale.
Il criterio discretivo di cui alla lettera b) dell'art. 19, St.
Lav. non si giustifica piu' sul piano giuridico e
«storico-sociologico», in ragione dei surrichiamati interventi
normativi e del mutato contesto sindacale, caratterizzato dalla
proliferazione di nuove sigle sindacali (spesso dotate di una
significativa rappresentativita' aziendale) e dalla frammentazione
della disciplina contrattuale (cd. contrattazione separata, presente
anche a livello aziendale). Alle organizzazioni sindacali
tradizionali si sono affiancati nuovi organismi rappresentativi dei
lavoratori, inoltre la nuova politica sindacale ha generato un
processo di decentramento del potere decisionale sindacale a livello
di singola unita' produttiva.
L'incongruenza e l'irrazionalita' del dato normativo e' evidente,
posto che viene pretermesso l'unico canone su cui fondare il
trattamento differenziato - idoneo a giustificare la «razionalita'
pratica» della norma - ossia il consenso dei lavoratori in favore di
un determinato sindacato.
La sottoscrizione del contratto collettivo non costituisce piu'
valido criterio di misurazione della forza del sindacato, perche'
esclude dalla titolarita' dei diritti sindacali in azienda le
associazioni dotate di effettiva e concreta rappresentativita',
portatrici di un rilevante consenso tra gli addetti dell'unita'
produttiva; tanto che l'indice selettivo in esame, presente nel
citato art. 19, non e' neppure codificato nell'ordinamento
intersindacale. Gli accordi sottoscritti dalle parti sociali
(valevoli solo nel contesto intersindacale facente capo a
CGIL-CISL-UIL-Confindustria) escludono che la partecipazione alle
trattative possa costituire indice di legittimazione per la
costituzione della RSA, ancorando la soglia di rappresentativita' a
dati meramente quantitativi, quali gli esiti delle consultazioni
elettorali e il numero degli associati (cfr. Protocollo di intesa del
31 maggio 2013; testo unico negoziale sulla rappresentanza del 10
gennaio 2014).
6.7. La contrattazione collettiva costituisce lo strumento tipico
attraverso cui si dispiega l'attivita' sindacale; la forza del
sindacato si esprime soprattutto nell'attivita' negoziale volta alla
rivendicazione dei diritti degli iscritti. La migliore dottrina ha
evidenziato che «una delle funzioni (e forse la principale) della
rappresentanza sindacale e' quella di preparare il terreno per lo
svolgimento di attivita' negoziale dei lavoratori rappresentati.».
Secondo la tesi maggioritaria in dottrina, la partecipazione alle
trattative e' regolata dall'art. 14, St. Lav. e non dall'art. 19, St.
Lav., ferma restando la discrezionalita' del datore di lavoro di
ammettere o non ammettere il sindacato al negoziato. Ebbene, alla
sigla sindacale dotata di forza rappresentativa puo' essere preclusa
la partecipazione alle trattative per la negoziazione degli accordi
aziendali. Essa non dispone di strumenti coercitivi che possano
obbligare la parte datoriale ad ammetterla al negoziato.
L'ordinamento giuridico, infatti, esclude la sussistenza di un
obbligo del datore di lavoro a trattare e stipulare contratti
collettivi con tutte le OO.SS., salvo specifiche previsioni
contrattuali o di legge. Sul punto la giurisprudenza della Suprema
Corte e' consolidata nel ritenere che, nell'attuale sistema normativo
dell'attivita' sindacale, non vige il principio della necessaria
parita' di trattamento tra le varie organizzazioni sindacali; il
datore di lavoro non ha quindi l'obbligo assoluto neppure di aprire
le trattative per la stipula di contratti collettivi con tutte le
organizzazioni, potendosi configurare l'ipotesi di condotta
antisindacale prevista dall'art. 28 dello Statuto dei lavoratori solo
quando risulti un uso distorto da parte del datore medesimo della sua
liberta' negoziale, produttivo di un'apprezzabile lesione della
liberta' sindacale dall'organizzazione esclusa (Cass. n. 14511/2013,
Cassazione n. 212/2008, Cassazione n. 1504/1992). In tal senso anche
la giurisprudenza di merito: «nel nostro ordinamento giuridico non
pare esistere alcun principio legale che imponga al datore di lavoro
di "trattare" e di "accordarsi" per forza con tutte le rappresentanze
sindacali e tanto meno si riscontra un obbligo legale e contrattuale
del datore all'informazione e/o alla convocazione indiscriminata e
generalizzata nei confronti di tutti i sindacati che vantano degli
iscritti in un determinato contesto lavorativo [...]» (Tribunale
Gorizia 7 ottobre 2011, Tribunale Roma 23 agosto 2019, n. 82784).
6.8. Il parametro normativo «rivela tutta la sua inidoneita' e
irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie concrete,
porta ad un risultato che contraddice il presupposto a dimostrazione
del quale il criterio stesso era stato elaborato» (cfr. ordinanza
Tribunale di Modena 4 giugno 2012 cit.). I pregiudizi alla liberta' e
autonomia sindacale possono derivare non solo «dal potere di
accreditamento della controparte imprenditoriale» (cfr. sentenza
Corte costituzionale n. 30/1990) ma altresi' dall'esclusione delle
sigle sindacali, non annoverate dall'art. 19 cit., che attraverso una
concreta ed efficace azione sindacale abbiano raggiunto significativi
livelli di consenso tra gli addetti dell'unita' produttiva. A questi
sindacati viene impedita la costituzione di propri organismi in
azienda, situazione che altera la parita' di trattamento tra
organizzazioni sindacali e nel contempo compromette la naturale
funzione di rappresentanza degli iscritti, espressione della liberta'
sindacale ex art. 39 Cost.
Per una sorta di eterogenesi dei fini, attraverso il criterio
selettivo legale si realizza cio' che il legislatore intendeva
scongiurare, in quanto al datore di lavoro e' data la possibilita' di
condizionare i rapporti interni tra sindacati, estromettendo dal
processo negoziale sigle sindacali «scomode», ancorche' dotate di
effettiva rappresentativita', dando vita a quel fenomeno che e' stato
definito di «aziendalizzazione delle relazioni sindacali». L'effetto
di marginalizzazione dal contesto aziendale puo' attuarsi anche
attraverso intese ad excludendum concluse con le altre organizzazioni
sindacali, come appare prefigurarsi nel caso di specie. E'
condivisibile quanto espresso sul punto dalla scienza accademica: «la
norma rimane pur sempre appesa a dispositivi di riconoscimento
intersindacale, che non garantiscono, allo stato, che un sindacato -
sebbene rappresentativo, nel senso immediato del termine - venga
ammesso alle trattative contrattuali ove la parte datoriale (magari
in accordo, anche solo implicito, con le altre organizzazioni) non lo
voglia.».
L'analisi empirica conferma la distonia del quadro normativo
rispetto alle dinamiche sindacali che si sviluppano all'interno delle
imprese. Gli effetti distorsivi dell'attuale sistema si manifestano
in modo evidente allorche' si presti attenzione alla concreta realta'
aziendale, come comprova la vicenda oggetto di scrutinio.
L'attuazione pratica dell'art. 19, infatti, porta a considerare
il sindacato OR.S.A. non meritevole di tutela «rafforzata», in
ragione della mancata sottoscrizione degli accordi aziendali,
nonostante esso abbia acquisito una significativa rappresentativita',
in termini di iscritti, presso le unita' produttive di SETA, come
documentano i dati statistici riportati nel precedente punto 1.3. Le
sigle CISL, UIL e UGL - firmatarie del CCNL - hanno un numero di
iscritti notevolmente inferiore a quello di OR.S.A., ciononostante
esse beneficiano ugualmente dei diritti sindacali correlati alla
costituzione della RSA. L'effettiva forza sindacale non viene
considerata come fattore legittimante la costituzione della RSA,
palesando l'irragionevolezza pratica della disposizione censurata, la
quale nega una rappresentativita' che e' «nei fatti e nel consenso
dei lavoratori» dell'unita' produttiva; consenso che trova riscontro
nelle adesioni agli scioperi indetti da OR.S.A., oscillanti tra il 41
e il 47%, (5) nonche' nel numero di firme raccolte per l'indizione
delle elezioni delle RSU/RLS, pari ad oltre il 50% dei dipendenti in
servizio presso la sede di Modena (n. 285 firme). Malgrado cio', le
altre sigle sindacali non hanno dato corso alla procedura per
l'elezione delle RSU, impedendo a OR.S.A. di eleggere propri
rappresentanti in seno alle RSU.
Tali dati testimoniano lo svolgimento di una reale ed efficace
azione sindacale a tutela degli interessi dei lavoratori impiegati
nelle predette unita' produttive. Tanto piu' che SETA ha riconosciuto
al sindacato OR.S.A. la posizione di «significativa
rappresentativita'», avendo superato il 5% degli iscritti certificati
in azienda, come previsto dal Protocollo del 4 maggio 2017 (cfr.
punto 4 «Diritti sindacali in azienda»).
E' di tutta evidenza la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il
profilo della disparita' di trattamento tra sindacati. Secondo il
canone della razionalita' pratica si appalesa irragionevole, in
quanto contrastante con i precetti di cui agli articoli 3 e 39 Cost.,
il criterio legale di selezione che nega i diritti promozionali alle
associazioni dotate di effettiva rappresentativita' su base
aziendale, «che attraverso una concreta, genuina ed incisiva azione
sindacale pervengano a significativi livelli di reale consenso» tra i
lavoratori (sent. Corte costituzionale n. 30/1990). Il
disconoscimento della rappresentativita' reale rende manifesto il
vulnus ai principi del pluralismo e della liberta' di azione
sindacale ex art. 39 Cost.
La disparita' di trattamento e' accentuata dal fatto che alle RSA
sono oramai riconosciute ampie competenze, fra le altre il potere di
sottoscrivere contratti di prossimita', aziendali o territoriali,
dotati di efficacia erga omnes se firmati «sulla base di un criterio
maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali» (cfr.
art. 8, legge n. 148/2011« (6) Di talche', la sigla sindacale dotata
di significativa rappresentativita' non solo e' esclusa dal tavolo
negoziale ma i suoi iscritti sono vincolati ad intese siglate da
sindacati che non rappresentano la maggioranza dei lavoratori, senza
peraltro che sia concesso loro il diritto al dissenso sul contenuto
negoziale, esercitabile attraverso la RSA del sindacato di
appartenenza.
7. L'impossibilita' di una interpretazione adeguatrice.
La lettera dell'art. 19, nell'attuale configurazione, impedisce
una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, come
gia' chiarito dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n.
231/2013 (cfr. punto n. 7). (7)
8. Il petitum.
Per le ragioni teste' esposte, si ritiene rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19, lettera b), legge n. 300/1970, nella parte in cui
esclude le associazioni sindacali «maggiormente o significativamente
rappresentative» dalla possibilita' di costituire rappresentanze
sindacali aziendali, tenuto altresi' conto del lasso di tempo
intercorso dalla precedente pronuncia di incostituzionalita'. Il
legislatore non ha posto rimedio alle patenti distonie scaturenti
dall'applicazione pratica del criterio legale, disattendendo gli
inviti della dottrina e della Corte costituzionale ad elaborare nuove
regole che conducano «a un ampliamento della cerchia dei soggetti
chiamati ad avere accesso al sostegno privilegiato offerto dal titolo
III dello statuto dei lavoratori» (cfr. sentenza n. 231/2013 e n.
30/1990).
In via principale e' richiesta una pronuncia di tipo demolitorio.
Il vuoto legislativo puo' essere colmato dalla giurisprudenza di
merito, in via interpretativa, facendo ricorso ed adattando alla
dimensione aziendale i criteri convenzionali codificati dalle parti
sociali (es. Protocollo di intesa del 31 maggio 2013; testo unico
negoziale sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014) oppure valutando,
caso per caso, la significativa rappresentativita' del sindacato in
azienda, avvalendosi anche alternativamente dei dati relativi al
numero degli iscritti e/o al numero dei voti riportati nelle elezioni
delle RSU - ove indette - nelle unita' produttive. Si rileva al
riguardo come la Corte costituzionale, nel ritenere ammissibile il
referendum abrogativo, abbia escluso che dall'integrale abrogazione
dei criteri fissati dall'art. 19 possano scaturire inconvenienti
applicativi (cfr. sentenza n. 1/1994). (8)
Nella successiva pronuncia n. 244/1996 viene precisato che alla
Corte non e' «inibita una pronuncia di illegittimita' costituzionale
che rimetta al legislatore l'individuazione di altri indici
alternativi di rappresentativita'.».
In via gradata, e' rimessa alla valutazione della Corte
l'adozione di una pronuncia additiva che consenta di estendere la
legittimazione alla costituzione di RSA anche ai sindacati che
abbiano acquisito una «significativa o maggioritaria
rappresentativita'» su base aziendale (criterio immanente nella norma
statutaria), ferma restando la facolta' discrezionale della Corte di
individuare criteri alternativi e soluzioni idonee ad emendare il
criterio di legge e a garantire la piena conformita' ai principi
costituzionali dell'art. 19, legge n. 300/1970.
(1) Cfr. doc. 17 fascicolo resistente.
(2) Cfr. doc. 20 fascicolo resistente.
(3) Cfr. doc. 5 fascicolo resistente.
(4) Cfr. doc.ti 3,4,5,30 fascicolo ricorrente; doc. 27 fascicolo
resistente.
(5) Cfr. doc.ti 7,8 fascicolo ricorrente; doc. 27 fascicolo
resistente.
(6) Art. 8. (Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimita').
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello
aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o
territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti
in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi
interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del
28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con
efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a
condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio
maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali,
finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualita' dei
contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei
lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi
di competitivita' e di salario, alla gestione delle crisi
aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove
attivita'.».
(7) «La Corte giudica corretta questa opzione ermeneutica, risultando
effettivamente univoco e non suscettibile di una diversa lettura
l'art. 19, tale, dunque, da non consentire l'applicazione di
criteri estranei alla sua formulazione letterale.».
(8) «4. Infine, per quanto riguarda l'art. 19 della legge n. 300 del
1970, la coesistenza dei due referendum non sembra possa dar
luogo a inconvenienti applicativi della normativa di risulta,
nemmeno nel caso di votazione favorevole ad entrambi. Il
risultato del referendum sub I) sarebbe allora assorbito dal
risultato del referendum sub II) (sent. n. 26 del 1981).
P. Q. M.
Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), della legge n.
300/1970, per contrasto con gli articoli 3 e 39 della Costituzione;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata con immediatezza alle parti in causa, nonche' al
Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento;
Dispone la sospensione del presente giudizio sino alla decisione
della Corte costituzionale.
Modena, 14 ottobre 2024
Il Giudice del lavoro: Conte