Reg. ord. n. 220 del 2024 pubbl. su G.U. del 04/12/2024 n. 49

Ordinanza del Tribunale di Modena  del 14/10/2024

Tra: OR.S.A. Trasporti Segreteria Provinciale di Modena C/ SETA - Società Emiliana Trasporti Autofiloviari spa



Oggetto:

Sindacati e libertà sindacale - Lavoro - Diritto sindacale e autonomia collettiva – Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) – Costituzione nell’ambito delle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva e delle associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti, hanno comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda – Preclusione per le associazioni sindacali “maggiormente o significativamente rappresentative” all’interno della singola unità produttiva – Denunciata irragionevolezza di un criterio legale di rappresentatività, basato sull’effettività dell’azione sindacale, espressa dalla partecipazione alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi territoriali e degli accordi sindacali aziendali, in luogo di un criterio di rappresentatività reale del sindacato – Denunciata disparità di trattamento tra sindacati – Lesione dei principi del pluralismo e della libertà di azione sindacale.



Norme impugnate:

legge  del 20/05/1970  Num. 300  Art. 19   Co. 1 lett. b)



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 39 



Udienza Pubblica del 8 ottobre 2025 rel. PETITTI


Testo dell'ordinanza

N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2024

Ordinanza  del  14  ottobre  2024  del  Tribunale   di   Modena   nel
procedimento  civile  promosso  da  OR.S.A.  Trasporti  -  Segreteria
provinciale di Modena  contro  SETA  -  Societa'  Emiliana  Trasporti
Autofiloviari S.p.a.. 
 
Sindacati e  liberta'  sindacale  -  Lavoro  -  Diritto  sindacale  e
  autonomia collettiva - Costituzione delle rappresentanze  sindacali
  aziendali  (RSA)  -  Costituzione  nell'ambito  delle  associazioni
  sindacali firmatarie di contratti collettivi  di  lavoro  applicati
  nell'unita' produttiva e delle associazioni sindacali che, pur  non
  firmatarie  dei  contratti,   hanno   comunque   partecipato   alla
  negoziazione relativa agli stessi  contratti  quali  rappresentanti
  dei lavoratori  dell'azienda  -  Preclusione  per  le  associazioni
  sindacali  "maggiormente  o   significativamente   rappresentative"
  all'interno della singola unita' produttiva. 
- Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della  liberta'  e
  dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e  dell'attivita'
  sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art.  19,
  [primo comma,] lettera b). 


(GU n. 49 del 04-12-2024)

 
                         TRIBUNALE DI MODENA 
                           sezione lavoro 
 
    Nella causa di I grado iscritta al n. 1464/2023 R.G., promossa da
OR.S.A.  (Organizzazione  sindacale  autonomi  e  di  base),  Settore
trasporti - Autoferro TPL,  Segreteria  Provincmiale  di  Modena,  in
persona del segretario pro tempore, sig. Luigi Sorrentino,  con  sede
in  Bologna,   via   Pietramellara   n.   20   (C.F.:   91423070373),
rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Stramenga, ricorrente; 
    Contro Seta S.p.a., con sede in Modena, Strada Sant'Anna  n.  210
(P. IVA: 02201090368), in persona dell'amministratore delegato, dott.
Riccardo Roat, rappresentata e difesa dagli avvocati Eleonora Borsari
e Manuela D'Incerti, resistente. 
    Il Giudice del lavoro, dott. Vincenzo Conte,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza di  rimessione  alla  Corte  costituzionale  della
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19,  comma  1,
lettera b), della legge n. 300/1970 (statuto dei lavoratori). 
1. Fatto e processo a quo.  
    1.1. Con ricorso ex art. 28, legge n.  300/1970  del  20  gennaio
2020, la Segreteria  provinciale  di  Modena  del  Sindacato  OR.S.A.
(Settore trasporti - Autoferro TPL) ha chiesto accertarsi  la  natura
antisindacale  della  condotta  posta  in  essere  da  SETA   S.p.a.,
consistente   nel   mancato   riconoscimento   del    diritto    alla
sottoscrizione  per  adesione  degli  accordi  sindacali  vigenti   e
stipulanti  presso  l'unita'  produttiva  di  Modena  e  nel  diniego
opposto, in violazione dell'art.  19,  St.  Lav.,  alla  costituzione
della rappresentanza sindacale aziendale presso  la  medesima  unita'
produttiva e, per l'effetto, ordinarsi alla convenuta di  cessare  la
condotta antisindacale e consentire alla  Segreteria  provinciale  di
Modena la sottoscrizione per adesione degli accordi  sindacali  e  la
costituzione della  rappresentanza  sindacale  aziendale  OR.S.A.  e,
comunque, di riconoscerla con i diritti e le prerogative  di  cui  al
titolo III della legge n. 300/1970. 
    Il sindacato ricorrente ha dedotto che: 
        1)   dal   2019   aderisce   alla   Confederazione    OR.S.A.
(Organizzazione sindacale autonomi e di base), attiva nel settore del
trasporto pubblico locale su gomma; 
        2) e' presente  all'interno  delle  strutture  produttive  di
SETA, operanti nel settore del trasporto pubblico locale  dei  bacini
delle province di Modena, Reggio Emilia e Piacenza; 
        3) nell'unita'  produttiva  di  Modena  vanta  un  numero  di
iscritti pari ad oltre il 20% dei lavoratori sindacalizzati  e  circa
il 10-11% della forza lavoro complessiva (circa 500 unita'); 
        4) l'adesione dei  lavoratori  agli  scioperi  indetti  dalla
sigla  OR.S.A.  si  aggira  intorno  al  45%,  «a   fronte   di   una
partecipazione media dei lavoratori agli  scioperi  proclamati  dalle
altre sigle sindacali che negli ultimi due anni hanno registrato  una
adesione media del 38%»; 
        5) nonostante abbia raccolto la firma di 285  dipendenti  per
richiedere le elezioni delle RSU-RLS, le altre  sigle  sindacali  non
hanno attivato la procedura per l'indizione delle elezioni delle RSU; 
        6)  ha  partecipato  alle  trattative   svolte   «a   livello
istituzionale regionale in materia  di  trasporto  pubblico  locale»,
come comprovato dal «Patto per il trasporto pubblico e  la  mobilita'
sostenibile 2022-2024», approvato dalla  Regione  Emilia-Romagna  con
D.G.R. n. 316 del 7 marzo 2022; 
        7) il  protocollo  del  4  maggio  2017,  siglato  a  livello
nazionale da OR.S.A. TPL e ASSTRA (Associazione  datoriale  nazionale
delle aziende di trasporto pubblico regionale e locale, cui  aderisce
SETA),  individua   il   sindacato   OR.S.A.   quale   soggetto   con
significativa  rappresentativita',  riconoscendogli  alcuni   diritti
sindacali (permessi, locali, bacheche) ma non il diritto a costituire
le RSA; 
        8) la convenuta e' obbligata a  garantire  la  sottoscrizione
per adesione  degli  accordi  aziendali,  giuste  le  previsioni  del
protocollo del 4 maggio 2017; 
        9) benche' abbia acquisito una  significativa  e  documentata
rappresentativita' all'interno della  sede  di  Modena,  riconosciuta
anche dal Protocollo nazionale, SETA non ammette  il  sindacato  alle
trattative per la sottoscrizione degli accordi  sindacali  aziendali,
nega la  sottoscrizione  per  adesione  degli  accordi  sindacali  di
secondo livello e non riconosce il diritto  alla  costituzione  della
RSA, cosi' violando l'art. 19,  St.  Lav.,  come  interpretato  dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013. 
    1.2. SETA S.p.a. ha eccepito l'infondatezza in fatto e in diritto
delle domande attoree sulla scorta di  diversi  argomenti.  Essa,  in
particolare, ha evidenziato che: 
        1) OR.S.A. non ha titolo  alla  sottoscrizione  per  adesione
degli accordi sindacali aziendali, ne' alla costituzione  della  RSA,
perche' il Protocollo nazionale del  4  maggio  2017,  stipulato  tra
ASSTRA e OR.S.A., riconosce a quest'ultima solamente  le  «agibilita'
sindacali previste nel punto 4) del protocollo» (permessi ecc.); 
        2) con la sottoscrizione del Protocollo nazionale, OR.S.A. ha
espressamente accettato di non essere  riconosciuta  come  RSA  nella
sede di Modena; 
        3) l'art. 19 dello St.  Lav.  riconosce  la  possibilita'  di
costituire  rappresentanze  sindacali   aziendali   unicamente   alle
associazioni   firmatarie   dei   contratti   collettivi    applicati
nell'unita' produttiva e a quelle associazioni che hanno  partecipato
alle trattative negoziali (Corte Cost. n. 231/2013); 
        4) la richiesta di costituire la RSA non puo' essere accolta,
perche' il sindacato ricorrente, ancorche' gli sia stata riconosciuta
la  posizione  di  «significativa  rappresentativita'»,  non  risulta
firmatario del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva,
ne' lo stesso ha partecipato alle relative trattative; 
        5) la costituzione della RSA e' stata riconosciuta  solamente
ai sindacati firmatari del CCNL, ossia alle sigle  CGIL,  CISL,  UIL,
FAISA e UGL; 
        6) la rappresentativita' deve essere valutata in relazione  a
tutte le unita' produttive della regione  (Modena,  Reggio  Emilia  e
Piacenza); 
        7) l'ordinamento giuridico non prevede alcun obbligo  per  il
datore di lavoro di trattare  con  tutte  le  OO.SS.  e  «neppure  un
obbligo di parita' di trattamento tra i sindacati»; 
        8) al sindacato  OR.S.A.  sono  stati  riconosciuti  tutti  i
diritti sindacali previsti dal Protocollo nazionale 4 maggio 2017; 
        9)  la  condotta   censurata   e'   carente   del   requisito
dell'attualita', in quanto l'antisindacalita' non e'  stata  rilevata
al momento della sottoscrizione del Protocollo nazionale. 
    1.3. Dal compendio documentale emerge  che  SETA  S.p.a.  applica
nelle sue sedi il CCNL stipulato tra ASSTRA, associazione alla  quale
aderisce, e le sigle sindacali CGIL, CISL, UIL, FAISA,  UGL.  (1)  La
sigla OR.S.A. non ha sottoscritto gli accordi  sindacali  di  secondo
livello, ne' e' stata ammessa alle relative  trattative  (circostanza
pacifica). Nonostante la richiesta avanzata dal ricorrente, le  sigle
sindacali presenti in azienda non hanno dato corso alla procedura per
l'indizione delle elezioni delle  RSU/RLS  dei  bacini  di  Modena  e
Reggio Emilia. (2) Allo stato il sindacato OR.S.A. non ha ne' RSA ne'
RSU all'interno delle unita' produttive di SETA, circostanza che  gli
preclude la possibilita' di fruire dei diritti sindacali riservati  a
tali rappresentanze. 
    Il  «Protocollo  sulle  relazioni  industriali   ASSTRA-ORSA»   -
sottoscritto in data  4  maggio  2017  da  OR.S.A.  TPL  e  ASSTRA  -
disciplina le relazioni industriali a livello nazionale e  aziendale,
riconoscendo ad OR.S.A. limitate prerogative sindacali. (3) Il  punto
4  (denominato  «Diritti  sindacali  in   azienda»)   distingue   due
situazioni: 
        a) nelle aziende in cui il sindacato OR.S.A. e' presente come
RSA vengono riconosciute le prerogative ex art. 19 legge n. 300/1970;
se tale sindacato e' presente come RSU,  ma  non  come  RSA,  vengono
garantiti i diritti previsti dall'art. 9  dell'accordo  nazionale  28
novembre 2015; in entrambe le situazioni e' garantita ad  OR.S.A.  la
sottoscrizione per adesione degli accordi aziendali; 
        b)  nelle  aziende  in  cui  il  sindacato  OR.S.A.  non   e'
riconosciuto  come  RSA,  ne'  come  RSU,  ma  e'  presente  con  una
significativa rappresentativita', vengono garantite 200 ore annue  di
permessi sindacali ogni 300 addetti (fino ad un massimo di 1.000  ore
annue). 
    Il   surrichiamato   protocollo   riconosce   la   «significativa
rappresentativita'»  nell'ipotesi  in  cui   gli   iscritti   OR.S.A.
raggiungano almeno il 5% degli iscritti certificati in azienda. 
    I prospetti  in  atti,  contenenti  i  dati  delle  adesioni  dei
lavoratori,  certificano  che,  nell'unita'  produttiva  di   Modena,
OR.S.A. vanta un numero consistente di iscritti, divenendo  nel  2021
la prima forza sindacale tra le otto sigle presenti in  azienda,  con
un numero complessivo di iscritti pari a circa il 20% dei  lavoratori
sindacalizzati e pari al 10-11% dei dipendenti  complessivi  di  SETA
(circa 600). 
    Segnatamente: (4) 
        al  31  dicembre  2020  OR.S.A.  risultava  la  terza   sigla
sindacale, con 54 iscritti su 270 lavoratori sindacalizzati; 
        al  31  dicembre  2021  OR.S.A.  risultava  la  prima   forza
sindacale, con 61 iscritti su 275 lavoratori sindacalizzati; 
        al  31  dicembre  2022  OR.S.A.  risultava  la  terza   sigla
sindacale, con 55 iscritti su 281 lavoratori sindacalizzati; 
        al 31 ottobre 2023 risultava la seconda sigla sindacale,  con
62 iscritti su 288 lavoratori sindacalizzati. 
    La «significativa rappresentativita'» deve  essere  valutata  con
riferimento  a  ciascuna  unita'  produttiva,   come   previsto   dal
Protocollo nazionale  richiamato  dalla  stessa  convenuta  («per  le
aziende plurilocalizzate il requisito predetto [id est, significativa
rappresentativita'] nonche' il computo degli  addetti  e'  effettuato
con riguardo a ciascuna unita' produttiva»). Peraltro,  il  sindacato
ricorrente costituisce la terza forza  sindacale  anche  considerando
gli iscritti complessivi delle tre unita' produttive (Modena,  Reggio
Emilia e Piacenza): n. 75 iscritti nel 2020; n. 83 iscritti nel 2021;
n. 91 iscritti nel 2022; n. 93 iscritti nel 2023. 
    1.4. Posto che  l'art.  23,  legge  n.  87/1953  dispone  che  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  puo'  essere   sollevata
d'ufficio dall'autorita' giurisdizionale davanti alla quale verte  il
giudizio, con ordinanza del 4 giugno 2024 e'  stata  sottoposta  alle
parti la questione della illegittimita' costituzionale dell'art.  19,
legge n. 300/1970. 
    I procuratori delle parti  hanno  depositato  memorie  contenenti
osservazioni  sulla  questione   sollevata   d'ufficio,   giusta   la
previsione di cui all'art. 101 c.p.c. 
    Parte ricorrente ha insistito per  l'accoglimento  delle  domande
formulate in ricorso e, in subordine, ha chiesto sollevarsi questione
di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, legge n. 300/1970. 
    Parte  resistente  ha   invece   eccepito   l'insussistenza   dei
presupposti per la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale,
stante la non rilevanza della questione e la  manifesta  infondatezza
della prospettata illegittimita' costituzionale  dell'art.  19  cit.,
per essere  i  rapporti  sindacali  regolati  dall'accordo  negoziale
sottoscritto dalle parti. 
2. L'oggetto del giudizio di costituzionalita': la norma. 
    L'oggetto dell'ordinanza  di  rimessione  e'  l'attuale  versione
dell'art. 19, primo comma, lettera b), legge 20 maggio 1970,  n.  300
(Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei  lavoratori,  della
liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro  e
norme sul collocamento). 
3. I parametri. 
    Si ritiene che tale disposizione ordinaria contrasti  con  alcuni
parametri costituzionali, in particolare con  gli  articoli  3  e  39
della Costituzione. 
4. La questione. 
    Si dubita della legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma
1,  lettera   b),   legge   n.   300/1970   (nel   testo   risultante
dall'intervento additivo operato dalla Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 231/2013), per contrasto con gli articoli 3 e 39,  Cost.,
nella parte in cui, introducendo un criterio selettivo che  prescinde
dalla     misurazione     della     effettiva      rappresentativita'
dell'organizzazione  sindacale,   prevede   che   le   rappresentanze
sindacali  aziendali  possano  essere   costituite   nell'ambito   di
associazioni  sindacali  che,  pur  non  firmatarie   dei   contratti
collettivi  applicati  nell'unita'   produttiva,   abbiano   comunque
partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, negando
tale  possibilita'  alle  associazioni  sindacali   «maggiormente   o
significativamente rappresentative» all'interno della singola  unita'
produttiva. 
5. Sulla rilevanza della questione 
    5.1.  L'art.   28,   legge   n.   300/1970   definisce   condotta
antisindacale «qualsiasi comportamento diretto ad impedire o limitare
l'esercizio della liberta' e  dell'attivita'  sindacale  nonche'  del
diritto di sciopero.» Per pacifica giurisprudenza  nella  valutazione
della configurabilita' di  una  condotta  antisindacale  non  riveste
alcuna rilevanza l'elemento soggettivo  della  intenzionalita'  della
condotta del datore di lavoro, in quanto l'art. 28 non configura  una
fattispecie tipicamente sanzionatoria, limitandosi  a  garantire  una
tutela preventiva nei confronti di condotte oggettivamente  idonee  a
ledere interessi  di  rilevanza  costituzionale,  quali  la  liberta'
dell'attivita' sindacale ed il diritto di sciopero. (cfr.  Cassazione
n. 7706/2004, Cassazione n. 13726/2014). 
    La natura del procedimento non e' di ostacolo  all'ammissibilita'
della questione. La Corte costituzionale, infatti,  ha  chiarito  che
l'incidente  di  costituzionalita'   puo'   essere   attivato   anche
nell'ambito dell'azione ex art. 28, St. Lav. Cosi'  la  pronuncia  n.
244/1996: «Poiche' l'azione ex art. 28 non e' diretta a una tutela di
condanna, ma a una tutela inibitoria di un  comportamento  continuato
con  effetti   permanenti,   la   prospettazione   -   ritenuta   non
manifestamente infondata  dal  giudice  a  quo  -  di  illegittimita'
costituzionale della norma permissiva della  condotta  denunciata  e'
idonea a fondare la domanda di pronuncia  dell'ordine  giudiziale  di
cessazione  del  comportamento  e   di   rimozione   degli   effetti,
subordinatamente alla condizione della sopravvenienza di una sentenza
costituzionale  che  ne  determini  l'illegittimita'.  Ne'   varrebbe
replicare   che   l'ipotizzata   dichiarazione   di    illegittimita'
costituzionale dell'art. 19 indurrebbe presumibilmente il  datore  di
lavoro  a  desistere  spontaneamente,   perche'   anche   in   questa
prospettiva l'incidente di costituzionalita' conserverebbe  rilevanza
per la definizione del giudizio principale, il quale  si  chiuderebbe
con un  provvedimento  di  merito  motivato  dalla  cessazione  della
materia del contendere.». 
    5.2. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante  in
quanto la norma statutaria viene in diretta ed immediata applicazione
nel caso di specie. 
    OR.S.A. lamenta il  comportamento  antisindacale  della  societa'
resistente, la quale ha negato la sua legittimazione a costituire  la
rappresentanza  sindacale  aziendale   in   ragione   della   mancata
sottoscrizione del CCNL applicato nell'unita' produttiva  di  Modena.
Tale rifiuto, fondato sulla previsione normativa di cui al cit.  art.
19, impedisce ai  lavoratori  iscritti  al  sindacato  ricorrente  di
costituire la RSA e di godere delle  prerogative  sindacali  previste
dal titolo III dello statuto dei lavoratori.  Come  gia'  evidenziato
dal Tribunale di Modena nell'ordinanza del 4 giugno 2012  (pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 10 ottobre 2012), «La questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b),  dello  statuto
e' rilevante in quanto, se venisse  meno  tale  norma  di  copertura,
[...] il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla  FIOM  il
diritto di costituire le RSA e di godere  dei  diritti  previsti  dal
titolo III, integrerebbero il requisito della antisindacalita' di cui
all'art. 28 della legge n. 300 del 1970.». 
    Sempre in punto di rilevanza, si osserva che il «Protocollo sulle
relazioni  industriali  ASSTRA-ORSA»  del  4   maggio   2017   regola
esclusivamente  le  relazioni  industriali  a  livello  nazionale   e
aziendale,  prevedendo  un  sistema   di   informazione-consultazione
periodica, da attuarsi mediante tavoli di confronto. Il documento  in
esame non integra un  accordo  normativo,  in  quanto  non  detta  la
disciplina dei rapporti di lavoro. Conseguentemente il  diritto  alla
costituzione della RSA non puo' sorgere dalla sottoscrizione di  tale
protocollo nazionale. 
    Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della convenuta, i
diritti sindacali previsti dal protocollo nazionale non  ostano  allo
scrutinio di legittimita' della norma, non  essendo  riconosciuto  in
sede negoziale il bene della vita rivendicato con il ricorso ex  art.
28, St. Lav. (id est, costituzione della  RSA).  La  disposizione  in
esame e' sindacabile dal  punto  di  vista  costituzionale  ancorche'
strumenti pattizi abbiano previsto  specifici  diritti  sindacali  in
favore del sindacato ricorrente. 
    Ne' puo' ritenersi che  difetti  l'attualita'  del  comportamento
antisindacale, quale condizione della domanda ex art. 28,  stante  la
persistenza  della  condotta  oppositiva  della  convenuta,  tale  da
comportare ripercussioni negative durevoli sull'attivita' e  liberta'
sindacale. 
6. Sulla non manifesta infondatezza della questione. 
    6.1.  Le  circostanze  prospettate  nel   ricorso   introduttivo,
relative alla significativa rappresentativita' acquisita  da  OR.S.A.
all'interno della sede di Modena e all'impossibilita' per  la  stessa
sigla sindacale di partecipare alle trattative  per  la  negoziazione
dei contratti  collettivi,  fanno  emergere  con  tutta  evidenza  la
questione  della   compatibilita'   dell'indice   selettivo   fissato
dall'art. 19, St. Lav. con le disposizioni di matrice  costituzionale
che tutelano i valori del pluralismo e della liberta' di azione delle
organizzazioni sindacali. 
    6.2.  L'art.  19  dello  statuto  dei  lavoratori  riconosce   la
possibilita'  di  costituire   rappresentanze   sindacali   aziendali
nell'ambito di organizzazioni sindacali aventi determinati requisiti.
La costituzione delle RSA legittima l'accesso  ai  diritti  sindacali
stabiliti  dalla  legge  (es.  titolo  III,   St.   Lav.)   e   dalla
contrattazione collettiva. 
    Si osserva,  preliminarmente,  come  non  vi  siano  ragioni  per
dubitare della legittimita' dei meccanismi selettivi di sostegno  dei
sindacati  dotati  di  effettiva  rappresentativita'.  E'   possibile
riservare a tali sindacati  diritti  ulteriori  idonei  a  sostenerne
l'azione sindacale, come quelli  di  tenere  assemblee,  disporre  di
locali e fruire di permessi retribuiti (cfr. articoli 20, 23, 27, St.
Lav.). In tal senso Corte costituzionale n. 244/1996:  «le  norme  di
sostegno dell'azione sindacale nelle  unita'  produttive,  in  quanto
sopravanzano la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, ben
possono essere riservate  a  certi  sindacati  identificati  mediante
criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalita'.». 
    6.3. Nella sua formulazione originaria, l'art. 19  stabiliva  che
le RSA potevano essere costituite nell'ambito: 
        a)   delle   associazioni   aderenti   alle    Confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale; 
        b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle  predette
Confederazioni,  che  fossero  firmatarie  di  contratti   collettivi
nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unita' produttiva. 
    Preso atto dei risultati del referendum del 1995, il decreto  del
Presidente della Repubblica n. 312/1995 ha parzialmente  abrogato  il
primo comma dell'art.  19,  che  ora  cosi'  recita:  «Rappresentanze
sindacali aziendali  possono  essere  costituite  ad  iniziativa  dei
lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito: 
        b) delle  associazioni  sindacali  che  siano  firmatarie  di
contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva.». 
    Dal testo originario e' scomparso ogni riferimento alla  maggiore
rappresentativita' delle Confederazioni. E' stato anche eliminato  il
riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione
collettiva sottoscritta dalle associazioni sindacali. Alla luce della
normativa  attualmente  in   vigore,   frutto   degli   esiti   della
consultazione  referendaria,  le  RSA   possono   essere   costituite
nell'ambito di qualunque organizzazione sindacale, purche' firmataria
di un  contratto  collettivo  applicato  nell'unita'  produttiva,  di
qualunque livello (anche aziendale). 
    La  Consulta  e'  stata  chiamata  a  valutare  la   legittimita'
costituzionale della nuova formulazione dell'art.  19,  primo  comma,
lettera b), in  particolare  la  compatibilita'  con  i  principi  di
uguaglianza e liberta' sindacale ex articoli 2, 3 e 39, Cost. Con  la
sentenza   n.   231/2013   e'   stata   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui  non  prevede
che la rappresentanza sindacale  aziendale  possa  essere  costituita
anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur  non  firmatarie
dei contratti collettivi applicati  nell'unita'  produttiva,  abbiano
comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti
quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda. 
    6.4.  Il   criterio   legale   di   rappresentativita'   e'   ora
rappresentato dalla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro
applicati nell'unita' produttiva. Allo stato, la  norma  prevede  una
presunzione di maggiore rappresentativita' ancorata alla effettivita'
dell'azione sindacale, espressa dalla partecipazione alle  trattative
per la sottoscrizione dei contratti collettivi territoriali  e  degli
accordi sindacali aziendali. 
    E'  necessario  verificare  se  il  criterio  selettivo  di   cui
all'attuale art. 19, lettera b), sia tuttora dotato di ragionevolezza
e  se  possa  ancora  costituire  un  indice  adeguato  per  misurare
l'effettiva rappresentativita' di un sindacato. 
    6.5.  L'intervento  normativo   scaturito   dalla   consultazione
referendaria  ha  soppresso  il  criterio  selettivo  fondato   sulla
rappresentativita' «esterna» o  «sovra-aziendale»,  valorizzando  una
rappresentativita' «interna aziendale». Come ben chiarito dalla Corte
costituzionale, la lettera b) dell'art. 19 «appresta un  congegno  di
verifica  empirica  della  rappresentativita'  nel  singolo  contesto
produttivo,  misurandola  sull'efficienza   contrattuale   dimostrata
almeno a livello locale [ora aziendale], attraverso la partecipazione
alla negoziazione e alla stipula di contratti collettivi  provinciali
[ora aziendali]» (cfr. sentenza n. 30/1990). 
    In precedenza, le uniche organizzazioni sindacali aventi  diritto
a costituire le RSA erano  quelle  maggiormente  rappresentative  sul
piano territoriale. Per  poter  accedere  alla  cd.  legislazione  di
sostegno di cui al titolo III  dello  statuto,  il  sindacato  doveva
essere dotato di un grado  di  rappresentativita'  «extra-aziendale»,
dimostrata attraverso l'esercizio di un  potere  negoziale  almeno  a
livello locale, con la firma dei contratti collettivi provinciali. 
    Tale scelta legislativa  trovava  fondamento  in  due  ordini  di
ragioni:   da   un   lato   «scoraggiare   la    proliferazione    di
microorganizzazioni  sindacali  ed  a  favorire,  secondo   un'ottica
solidaristica,  la  rappresentazione  di  interessi   non   confinati
nell'ambito delle singole imprese o di gruppi ristretti», con ricorso
a «tecniche incentivanti idonee ad impedire un'eccessiva  dispersione
e  frammentazione  dell'azione  dell'autotutela  ed  a  favorire  una
sintesi   degli   interessi    non    circoscritta    alle    logiche
particolaristiche di  piccoli  gruppi  di  lavoratori»  (Corte  Cost.
sentenza n. 30/1990, n. 54/1974 e n. 334/1988); dall'altro  «evitare,
o quanto meno contenere, i pregiudizi che alla liberta' ed  autonomia
della   dialettica   sindacale,   all'eguaglianza   tra   le    varie
organizzazioni ed all'autenticita' del pluralismo  sindacale  possono
derivare   dal   potere   di   accreditamento    della    controparte
imprenditoriale» (Corte Cost. sentenza n. 30/1990). 
    Siffatte esigenze sono venute  meno  -  almeno  in  parte  -  per
effetto degli interventi legislativi post-referendum e dei  mutamenti
intercorsi nelle relazioni sindacali. Il modello  di  riferimento  e'
ora rappresentato dalla lettera b),  con  il  suo  allargamento  alla
contrattazione aziendale. L'intervento  abrogativo  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 312/1995 ha ampliato la  platea  delle
organizzazioni  sindacali  beneficiarie  della   tutela   rafforzata,
garantendo l'accesso alle misure di sostegno anche a sigle  sindacali
prive di rappresentativita' territoriale. L'accoglimento del  quesito
referendario «minimale» ha  determinato  «l'abbassamento  al  livello
aziendale della soglia minima di  verifica  della  rappresentativita'
effettiva prevista dalla lettera b)» (cfr.  Corte  costituzionale  n.
1/20214).  Attualmente  anche  i   sindacati   aziendali   privi   di
collegamenti esterni possono beneficiare dei privilegi  concessi  dal
titolo  III  dello  St.  Lav.,  ove  abbiano  sottoscritto  l'accordo
aziendale o abbiano partecipato alle relative trattative. In dottrina
e'  stato  evidenziato   che   l'accesso   alla   tutela   rafforzata
riconosciuta al  sindacalismo  autonomo  «non  e'  piu'  ancorato  al
precedente indice di rappresentativita' "extraziendale"  (stipula  di
contratti collettivi provinciali). Ora, infatti, la soglia minima  di
rappresentativita' e' fissata  a  livello  aziendale,  di  talche'  i
sindacati  non  confederali  che  partecipano  alla  negoziazione   e
sottoscrizione dei contratti aziendali  beneficiano  anch'essi  delle
surrichiamate prerogative statutarie.». 
    La «verifica empirica» della rappresentativita'  e'  ancorata  ad
una nuova unita' di  misura,  costituita  dalla  partecipazione  alle
trattative  negoziali  per   la   stipula   dell'accordo   collettivo
aziendale. La ratio legis e'  radicalmente  mutata.  Il  processo  di
frammentazione della rappresentanza sindacale non e' piu'  visto  con
sfavore dal legislatore, in quanto diretto a garantire il  pluralismo
sindacale all'interno delle singole realta' aziendali. 
    Tale destrutturazione del quadro normativo e' accompagnata  dalle
modificazioni  che  hanno  investito  il  sistema   delle   relazioni
intersindacali. Sono venute meno le ragioni che  hanno  giustificato,
per lungo tempo,  la  posizione  di  vantaggio  delle  Confederazioni
maggiormente rappresentative  e  delle  associazioni  firmatarie  dei
contratti nazionali e provinciali,  ossia  l'unitarieta'  dell'azione
sindacale e l'unita' della sottoscrizione del CCNL. Cio' in quanto lo
scenario delle relazioni  sindacali  e'  oggi  «caratterizzato  dalla
rottura  dell'unita'  di  azione  delle  organizzazioni  maggiormente
rappresentative,  dalla  conclusione  di  contratti  collettivi   cd.
separati» (cfr. ordinanza tribunale di Modena 4 giugno 2012 cit.). 
    Come e' stato da piu'  parti  evidenziato,  gli  indici  fin  qui
codificati  (sottoscrizione  degli   accordi   collettivi   applicati
nell'impresa  o  partecipazione   alle   trattative   per   la   loro
conclusione)  si  appalesano  inadeguati  ad  accertare   l'effettiva
rappresentativita'   di    una    organizzazione    di    lavoratori.
L'inadeguatezza del parametro stabilito dall'art.  19,  St.  Lav.  e'
stata segnalata a piu' riprese dalla  giurisprudenza  costituzionale,
la quale ha rilevato «l'ormai ineludibile esigenza di elaborare nuove
regole che conducessero a un ampliamento della cerchia  dei  soggetti
chiamati ad avere accesso al sostegno privilegiato offerto dal titolo
III dello statuto dei Lavoratori,  oltre  ai  sindacati  maggiormente
rappresentativi»  (cfr.  punto  6.2.  sentenza  n.  231/2013).  Nella
pronuncia n. 30/1990 si ribadisce la stessa esigenza di rinnovamento:
«La Corte e' tuttavia  ben  consapevole  che,  anche  a  causa  delle
incisive trasformazioni verificatesi nel sistema  produttivo,  si  e'
prodotta in anni recenti una forte divaricazione  e  diversificazione
degli interessi, fonte di  piu'  accentuata  conflittualita';  e  che
anche in ragione di cio' - nonche' delle complesse problematiche  che
il movimento sindacale si e' percio' trovato a dover affrontare -  e'
andata  progressivamente   attenuandosi   l'idoneita'   del   modello
disegnato  nell'art.   19   a   rispecchiare   l'effettivita'   della
rappresentativita'. 
    Prendere atto di cio' non significa, pero' ritenere che  l'idoneo
correttivo al logoramento di quel modello  consista  nell'espansione,
attraverso lo strumento negoziale, del potere di accreditamento della
controparte imprenditoriale, che per quanto  si  e'  detto  puo'  non
offrire garanzie di espressione della  rappresentativita'  reale.  Si
tratta, invece, di dettare nuove regole  idonee  ad  inverare,  nella
mutata situazione, i principi di liberta' e di  pluralismo  sindacale
additati dal primo comma dell'art. 39 Cost.; prevedendo, da un  lato,
strumenti  di  verifica   dell'effettiva   rappresentativita'   delle
associazioni, ivi comprese quelle di cui all'art. 19  dello  statuto;
dall'altro la possibilita' che le misure  di  sostegno  -  pur  senza
obliterare  le  gia'  evidenziate  esigenze  solidaristiche  -  siano
attribuite anche ad associazioni estranee a quelle richiamate in tale
norma, che  attraverso  una  concreta,  genuina  ed  incisiva  azione
sindacale pervengano a significativi livelli di reale consenso [...]»
(cfr. punto 6). 
    6.6.  Quanto  esposto  in  ordine  alla   riduzione   a   livello
endoaziendale del grado di rappresentativita' richiesto dalla  norma,
non implica che le misure promozionali del titolo III debbano  essere
riconosciute a tutte le sigle sindacali presenti in azienda. Infatti,
per poter fruire delle predette prerogative il  sindacato  deve  aver
acquisito un «livello minimo»  di  rappresentativita',  da  valutarsi
secondo un criterio di razionalita' che tenga conto della misura  del
consenso dei lavoratori addetti all'unita' produttiva. La dottrina ha
elaborato il  concetto  di  «rappresentativita'  sufficiente»,  quale
«criterio  legale  desunto  dalla  realta'  sociale  e  dallo  stesso
ordinamento  giuridico  che  la  contempla  per  il  lavoro  pubblico
all'art. 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001». 
    La violazione  del  principio  di  uguaglianza  sussiste  qualora
situazioni omogenee vengano disciplinate in modo  ingiustificatamente
diverso (ex multis, Corte  costituzionale  sentenza  n.  67/2023,  n.
189/2023,  n.  270/2022  e  n.   165/2020).   Secondo   la   pacifica
giurisprudenza    costituzionale,    «l'introduzione    di     regimi
differenziati e' consentita solo in presenza di una  causa  normativa
non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe'  giustificata
da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e'  subordinata
l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti  che  ne
condizionano il riconoscimento e  ne  definiscono  la  ratio»  (Corte
Cost. n. 112/2021 e n. 107/2018). 
    Ebbene,  la  ragionevolezza,  quale  criterio   applicativo   del
principio di uguaglianza ex art. 3, Cost., esige che la selezione dei
beneficiari  sia  correlata   alla   rappresentativita'   reale   del
sindacato.  Nella  attuale  formulazione  dell'art.  19,  St.   Lav.,
l'organizzazione sindacale che abbia acquisito una «significativa»  o
«maggioritaria» rappresentativita' all'interno dell'unita' produttiva
non puo' partecipare alla costituzione della RSA. L'esclusione  cosi'
operata, fondata sulla base di un parametro  formale,  determina  una
ingiustificata  e  irragionevole  disparita'   di   trattamento   tra
sindacati ugualmente rappresentativi. 
    L'estromissione dalle citate prerogative crea un evidente  vulnus
al principio di uguaglianza cristallizzato nell'art. 3  della  Cost.,
poiche' situazioni sostanzialmente analoghe vengono trattate in  modo
diverso.  Il  criterio  selettivo   adottato   dal   legislatore   e'
anacronistico e non rispettoso degli  articoli  3  e  39,  Cost.,  in
quanto   preclude   alle   organizzazioni   che   abbiano   raggiunto
significativi livelli di rappresentativita' il godimento dei  diritti
sindacali previsti dalla cd. legislazione di sostegno, limitandone la
liberta' sindacale e comportando nei  loro  confronti  ingiustificate
discriminazioni quanto all'esercizio dell'attivita' sindacale. 
    Il criterio discretivo di cui alla lettera b) dell'art.  19,  St.
Lav.   non   si   giustifica   piu'    sul    piano    giuridico    e
«storico-sociologico»,  in  ragione  dei   surrichiamati   interventi
normativi e  del  mutato  contesto  sindacale,  caratterizzato  dalla
proliferazione  di  nuove  sigle  sindacali  (spesso  dotate  di  una
significativa rappresentativita' aziendale)  e  dalla  frammentazione
della disciplina contrattuale (cd. contrattazione separata,  presente
anche   a   livello   aziendale).   Alle   organizzazioni   sindacali
tradizionali si sono affiancati nuovi organismi  rappresentativi  dei
lavoratori, inoltre  la  nuova  politica  sindacale  ha  generato  un
processo di decentramento del potere decisionale sindacale a  livello
di singola unita' produttiva. 
    L'incongruenza e l'irrazionalita' del dato normativo e' evidente,
posto  che  viene  pretermesso  l'unico  canone  su  cui  fondare  il
trattamento differenziato - idoneo a  giustificare  la  «razionalita'
pratica» della norma - ossia il consenso dei lavoratori in favore  di
un determinato sindacato. 
    La sottoscrizione del contratto collettivo non  costituisce  piu'
valido criterio di misurazione della  forza  del  sindacato,  perche'
esclude  dalla  titolarita'  dei  diritti  sindacali  in  azienda  le
associazioni  dotate  di  effettiva  e  concreta  rappresentativita',
portatrici di un  rilevante  consenso  tra  gli  addetti  dell'unita'
produttiva; tanto che  l'indice  selettivo  in  esame,  presente  nel
citato  art.  19,  non   e'   neppure   codificato   nell'ordinamento
intersindacale.  Gli  accordi  sottoscritti   dalle   parti   sociali
(valevoli  solo  nel   contesto   intersindacale   facente   capo   a
CGIL-CISL-UIL-Confindustria) escludono  che  la  partecipazione  alle
trattative  possa  costituire  indice  di   legittimazione   per   la
costituzione della RSA, ancorando la soglia di  rappresentativita'  a
dati meramente quantitativi,  quali  gli  esiti  delle  consultazioni
elettorali e il numero degli associati (cfr. Protocollo di intesa del
31 maggio 2013; testo unico negoziale  sulla  rappresentanza  del  10
gennaio 2014). 
    6.7. La contrattazione collettiva costituisce lo strumento tipico
attraverso cui  si  dispiega  l'attivita'  sindacale;  la  forza  del
sindacato si esprime soprattutto nell'attivita' negoziale volta  alla
rivendicazione dei diritti degli iscritti. La  migliore  dottrina  ha
evidenziato che «una delle funzioni (e  forse  la  principale)  della
rappresentanza sindacale e' quella di preparare  il  terreno  per  lo
svolgimento di attivita' negoziale dei lavoratori rappresentati.». 
    Secondo la tesi maggioritaria in dottrina, la partecipazione alle
trattative e' regolata dall'art. 14, St. Lav. e non dall'art. 19, St.
Lav., ferma restando la discrezionalita'  del  datore  di  lavoro  di
ammettere o non ammettere il sindacato  al  negoziato.  Ebbene,  alla
sigla sindacale dotata di forza rappresentativa puo' essere  preclusa
la partecipazione alle trattative per la negoziazione  degli  accordi
aziendali. Essa non  dispone  di  strumenti  coercitivi  che  possano
obbligare  la   parte   datoriale   ad   ammetterla   al   negoziato.
L'ordinamento  giuridico,  infatti,  esclude  la  sussistenza  di  un
obbligo del  datore  di  lavoro  a  trattare  e  stipulare  contratti
collettivi  con  tutte  le  OO.SS.,   salvo   specifiche   previsioni
contrattuali o di legge. Sul punto la  giurisprudenza  della  Suprema
Corte e' consolidata nel ritenere che, nell'attuale sistema normativo
dell'attivita' sindacale, non  vige  il  principio  della  necessaria
parita' di trattamento tra  le  varie  organizzazioni  sindacali;  il
datore di lavoro non ha quindi l'obbligo assoluto neppure  di  aprire
le trattative per la stipula di contratti  collettivi  con  tutte  le
organizzazioni,   potendosi   configurare   l'ipotesi   di   condotta
antisindacale prevista dall'art. 28 dello Statuto dei lavoratori solo
quando risulti un uso distorto da parte del datore medesimo della sua
liberta'  negoziale,  produttivo  di  un'apprezzabile  lesione  della
liberta' sindacale dall'organizzazione esclusa (Cass. n.  14511/2013,
Cassazione n. 212/2008, Cassazione n. 1504/1992). In tal senso  anche
la giurisprudenza di merito: «nel nostro  ordinamento  giuridico  non
pare esistere alcun principio legale che imponga al datore di  lavoro
di "trattare" e di "accordarsi" per forza con tutte le rappresentanze
sindacali e tanto meno si riscontra un obbligo legale e  contrattuale
del datore all'informazione e/o alla  convocazione  indiscriminata  e
generalizzata nei confronti di tutti i sindacati  che  vantano  degli
iscritti in un  determinato  contesto  lavorativo  [...]»  (Tribunale
Gorizia 7 ottobre 2011, Tribunale Roma 23 agosto 2019, n. 82784). 
    6.8. Il parametro normativo «rivela tutta la  sua  inidoneita'  e
irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie  concrete,
porta ad un risultato che contraddice il presupposto a  dimostrazione
del quale il criterio stesso era  stato  elaborato»  (cfr.  ordinanza
Tribunale di Modena 4 giugno 2012 cit.). I pregiudizi alla liberta' e
autonomia  sindacale  possono  derivare  non  solo  «dal  potere   di
accreditamento  della  controparte  imprenditoriale»  (cfr.  sentenza
Corte costituzionale n. 30/1990) ma  altresi'  dall'esclusione  delle
sigle sindacali, non annoverate dall'art. 19 cit., che attraverso una
concreta ed efficace azione sindacale abbiano raggiunto significativi
livelli di consenso tra gli addetti dell'unita' produttiva. A  questi
sindacati viene impedita  la  costituzione  di  propri  organismi  in
azienda,  situazione  che  altera  la  parita'  di  trattamento   tra
organizzazioni sindacali  e  nel  contempo  compromette  la  naturale
funzione di rappresentanza degli iscritti, espressione della liberta'
sindacale ex art. 39 Cost. 
    Per una sorta di eterogenesi dei  fini,  attraverso  il  criterio
selettivo legale  si  realizza  cio'  che  il  legislatore  intendeva
scongiurare, in quanto al datore di lavoro e' data la possibilita' di
condizionare i rapporti  interni  tra  sindacati,  estromettendo  dal
processo negoziale sigle sindacali  «scomode»,  ancorche'  dotate  di
effettiva rappresentativita', dando vita a quel fenomeno che e' stato
definito di «aziendalizzazione delle relazioni sindacali».  L'effetto
di marginalizzazione  dal  contesto  aziendale  puo'  attuarsi  anche
attraverso intese ad excludendum concluse con le altre organizzazioni
sindacali,  come  appare  prefigurarsi  nel  caso   di   specie.   E'
condivisibile quanto espresso sul punto dalla scienza accademica: «la
norma rimane  pur  sempre  appesa  a  dispositivi  di  riconoscimento
intersindacale, che non garantiscono, allo stato, che un sindacato  -
sebbene rappresentativo, nel senso  immediato  del  termine  -  venga
ammesso alle trattative contrattuali ove la parte  datoriale  (magari
in accordo, anche solo implicito, con le altre organizzazioni) non lo
voglia.». 
    L'analisi empirica conferma  la  distonia  del  quadro  normativo
rispetto alle dinamiche sindacali che si sviluppano all'interno delle
imprese. Gli effetti distorsivi dell'attuale sistema  si  manifestano
in modo evidente allorche' si presti attenzione alla concreta realta'
aziendale, come comprova la vicenda oggetto di scrutinio. 
    L'attuazione pratica dell'art. 19, infatti, porta  a  considerare
il sindacato  OR.S.A.  non  meritevole  di  tutela  «rafforzata»,  in
ragione  della  mancata  sottoscrizione  degli   accordi   aziendali,
nonostante esso abbia acquisito una significativa rappresentativita',
in termini di iscritti, presso le unita'  produttive  di  SETA,  come
documentano i dati statistici riportati nel precedente punto 1.3.  Le
sigle CISL, UIL e UGL - firmatarie del CCNL  -  hanno  un  numero  di
iscritti notevolmente inferiore a quello  di  OR.S.A.,  ciononostante
esse beneficiano ugualmente  dei  diritti  sindacali  correlati  alla
costituzione  della  RSA.  L'effettiva  forza  sindacale  non   viene
considerata come fattore  legittimante  la  costituzione  della  RSA,
palesando l'irragionevolezza pratica della disposizione censurata, la
quale nega una rappresentativita' che e' «nei fatti  e  nel  consenso
dei lavoratori» dell'unita' produttiva; consenso che trova  riscontro
nelle adesioni agli scioperi indetti da OR.S.A., oscillanti tra il 41
e il 47%, (5) nonche' nel numero di firme  raccolte  per  l'indizione
delle elezioni delle RSU/RLS, pari ad oltre il 50% dei dipendenti  in
servizio presso la sede di Modena (n. 285 firme). Malgrado  cio',  le
altre sigle  sindacali  non  hanno  dato  corso  alla  procedura  per
l'elezione  delle  RSU,  impedendo  a  OR.S.A.  di  eleggere   propri
rappresentanti in seno alle RSU. 
    Tali dati testimoniano lo svolgimento di una  reale  ed  efficace
azione sindacale a tutela degli interessi  dei  lavoratori  impiegati
nelle predette unita' produttive. Tanto piu' che SETA ha riconosciuto
al    sindacato    OR.S.A.    la    posizione    di    «significativa
rappresentativita'», avendo superato il 5% degli iscritti certificati
in azienda, come previsto dal Protocollo  del  4  maggio  2017  (cfr.
punto 4 «Diritti sindacali in azienda»). 
    E' di tutta evidenza la violazione dell'art. 3  Cost.,  sotto  il
profilo della disparita' di trattamento  tra  sindacati.  Secondo  il
canone della  razionalita'  pratica  si  appalesa  irragionevole,  in
quanto contrastante con i precetti di cui agli articoli 3 e 39 Cost.,
il criterio legale di selezione che nega i diritti promozionali  alle
associazioni  dotate  di   effettiva   rappresentativita'   su   base
aziendale, «che attraverso una concreta, genuina ed  incisiva  azione
sindacale pervengano a significativi livelli di reale consenso» tra i
lavoratori   (sent.   Corte   costituzionale    n.    30/1990).    Il
disconoscimento della rappresentativita'  reale  rende  manifesto  il
vulnus  ai  principi  del  pluralismo  e  della  liberta'  di  azione
sindacale ex art. 39 Cost. 
    La disparita' di trattamento e' accentuata dal fatto che alle RSA
sono oramai riconosciute ampie competenze, fra le altre il potere  di
sottoscrivere contratti di  prossimita',  aziendali  o  territoriali,
dotati di efficacia erga omnes se firmati «sulla base di un  criterio
maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali»  (cfr.
art. 8, legge n. 148/2011« (6) Di talche', la sigla sindacale  dotata
di significativa rappresentativita' non solo e'  esclusa  dal  tavolo
negoziale ma i suoi iscritti sono  vincolati  ad  intese  siglate  da
sindacati che non rappresentano la maggioranza dei lavoratori,  senza
peraltro che sia concesso loro il diritto al dissenso  sul  contenuto
negoziale,  esercitabile  attraverso  la   RSA   del   sindacato   di
appartenenza. 
7. L'impossibilita' di una interpretazione adeguatrice. 
    La lettera dell'art. 19, nell'attuale  configurazione,  impedisce
una interpretazione costituzionalmente orientata  della  norma,  come
gia' chiarito dalla Corte costituzionale con la  citata  sentenza  n.
231/2013 (cfr. punto n. 7). (7) 
8. Il petitum. 
    Per le  ragioni  teste'  esposte,  si  ritiene  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 19, lettera b), legge  n.  300/1970,  nella  parte  in  cui
esclude le associazioni sindacali «maggiormente o  significativamente
rappresentative»  dalla  possibilita'  di  costituire  rappresentanze
sindacali  aziendali,  tenuto  altresi'  conto  del  lasso  di  tempo
intercorso dalla  precedente  pronuncia  di  incostituzionalita'.  Il
legislatore non ha posto rimedio  alle  patenti  distonie  scaturenti
dall'applicazione pratica  del  criterio  legale,  disattendendo  gli
inviti della dottrina e della Corte costituzionale ad elaborare nuove
regole che conducano «a un ampliamento  della  cerchia  dei  soggetti
chiamati ad avere accesso al sostegno privilegiato offerto dal titolo
III dello statuto dei lavoratori» (cfr. sentenza  n.  231/2013  e  n.
30/1990). 
    In via principale e' richiesta una pronuncia di tipo demolitorio.
Il vuoto legislativo puo'  essere  colmato  dalla  giurisprudenza  di
merito, in via interpretativa,  facendo  ricorso  ed  adattando  alla
dimensione aziendale i criteri convenzionali codificati  dalle  parti
sociali (es. Protocollo di intesa del 31  maggio  2013;  testo  unico
negoziale sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014) oppure valutando,
caso per caso, la significativa rappresentativita' del  sindacato  in
azienda, avvalendosi anche  alternativamente  dei  dati  relativi  al
numero degli iscritti e/o al numero dei voti riportati nelle elezioni
delle RSU - ove indette -  nelle  unita'  produttive.  Si  rileva  al
riguardo come la Corte costituzionale, nel  ritenere  ammissibile  il
referendum abrogativo, abbia escluso che  dall'integrale  abrogazione
dei criteri fissati  dall'art.  19  possano  scaturire  inconvenienti
applicativi (cfr. sentenza n. 1/1994). (8) 
     Nella successiva pronuncia n. 244/1996 viene precisato che  alla
Corte non e' «inibita una pronuncia di illegittimita'  costituzionale
che  rimetta  al  legislatore  l'individuazione   di   altri   indici
alternativi di rappresentativita'.». 
    In  via  gradata,  e'  rimessa  alla  valutazione   della   Corte
l'adozione di una pronuncia additiva che  consenta  di  estendere  la
legittimazione alla  costituzione  di  RSA  anche  ai  sindacati  che
abbiano    acquisito    una    «significativa     o     maggioritaria
rappresentativita'» su base aziendale (criterio immanente nella norma
statutaria), ferma restando la facolta' discrezionale della Corte  di
individuare criteri alternativi e soluzioni  idonee  ad  emendare  il
criterio di legge e a garantire  la  piena  conformita'  ai  principi
costituzionali dell'art. 19, legge n. 300/1970. 

(1) Cfr. doc. 17 fascicolo resistente. 

(2) Cfr. doc. 20 fascicolo resistente. 

(3) Cfr. doc. 5 fascicolo resistente. 

(4) Cfr. doc.ti 3,4,5,30  fascicolo  ricorrente;  doc.  27  fascicolo
    resistente. 

(5) Cfr.  doc.ti  7,8  fascicolo  ricorrente;   doc.   27   fascicolo
    resistente. 

(6) Art. 8. (Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimita').
    1. I  contratti  collettivi  di  lavoro  sottoscritti  a  livello
    aziendale  o  territoriale   da   associazioni   dei   lavoratori
    comparativamente  piu'  rappresentative  sul  piano  nazionale  o
    territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali  operanti
    in azienda ai sensi della normativa  di  legge  e  degli  accordi
    interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del
    28  giugno  2011,  possono  realizzare  specifiche   intese   con
    efficacia nei confronti  di  tutti  i  lavoratori  interessati  a
    condizione di essere  sottoscritte  sulla  base  di  un  criterio
    maggioritario relativo alle  predette  rappresentanze  sindacali,
    finalizzate  alla  maggiore  occupazione,   alla   qualita'   dei
    contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione  dei
    lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi
    di  competitivita'  e  di  salario,  alla  gestione  delle  crisi
    aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove
    attivita'.». 

(7) «La Corte giudica corretta questa opzione ermeneutica, risultando
    effettivamente univoco e non suscettibile di una diversa  lettura
    l'art. 19, tale, dunque,  da  non  consentire  l'applicazione  di
    criteri estranei alla sua formulazione letterale.». 

(8) «4. Infine, per quanto riguarda l'art. 19 della legge n. 300  del
    1970, la coesistenza dei due  referendum  non  sembra  possa  dar
    luogo a inconvenienti applicativi  della  normativa  di  risulta,
    nemmeno  nel  caso  di  votazione  favorevole  ad  entrambi.   Il
    risultato del referendum sub  I)  sarebbe  allora  assorbito  dal
    risultato del referendum sub II) (sent. n. 26 del 1981). 

 
                               P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), della legge  n.
300/1970, per contrasto con gli articoli 3 e 39 della Costituzione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata  con  immediatezza  alle  parti  in  causa,   nonche'   al
Presidente del Consiglio dei  ministri  e  ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio sino alla  decisione
della Corte costituzionale. 
        Modena, 14 ottobre 2024 
 
                    Il Giudice del lavoro: Conte