Reg. ord. n. 68 del 2024 pubbl. su G.U. del 08/05/2024 n. 19

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 16/01/2024

Tra: ENGIE ITALIA S.P.A. C/ AGENZIA DELLE ENTRATE



Oggetto:

Tributi – Energia - Prevista istituzione, per contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori, per l'anno 2023, di un contributo di solidarietà temporaneo a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Previsione che il contributo è dovuto se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attività indicate nel comma 115 dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 – Quantificazione della base imponibile – Applicazione di un'aliquota pari al 50 per cento sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle società relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle società conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022 – Previsione che nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a zero – Versamento – Disciplina – Non deducibilità del contributo ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – Applicazione, ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione del contributo di solidarietà, delle disposizioni in materia di imposte sui redditi – Denunciata previsione che, in spregio al vincolo derivante dal Regolamento europeo UE 1854/2022 di adottare una misura contributiva di solidarietà a carico dello specifico settore dell’estrazione e della raffineria, ha imposto una misura contributiva per le imprese, appartenenti ad altro settore, definendola misura equivalente - Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Criticità delle disposizioni in relazione all’individuazione della base imponibile, la cui definizione non risulta congruente con la dichiarata finalità di tassare gli incrementi di utili dipendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia – Intervento legislativo che, in riferimento alla base imponibile, non considera che una parte dell’incremento dei profitti realizzati nel 2022, rispetto alla media dei precedenti quattro anni, non è dovuta a una maggiore capacità di produrre reddito dell’operatore economico, ma dalla riespansione dei consumi energetici – Normativa che introduce un contributo straordinario che colpisce una manifestazione di capacità contributiva in parte già sottoposta a tassazione dall’art. 37 del decreto legislativo n. 21 del 2022, relativamente ai redditi afferenti all’anno di imposta precedente il 1° gennaio 2023 – Previsioni che generano una duplicazione di imposta che comporta la sottoposizione degli operatori economici incisi dalle due misure a un prelievo fiscale alto e sproporzionato - Sottoposizione di una medesima manifestazione della capacità contributiva a un duplice prelievo tributario, per il mese di dicembre 2022 e con riferimento ai gestori degli impianti alimentati da fonti non rinnovabili, attesa l’applicazione di un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione di energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via – Disciplina che impone ai titolari di impianti rinnovabili un tributo solidaristico nella medesima misura prevista per i titolari degli impianti alimentati a carbone/gas, benché questi ultimi non scontino alcun tetto ai ricavi e non debbano rientrare dei rilevanti costi fissi caratterizzanti le rinnovabili – Normativa che presenta un’assenza di correlazione tra la definizione della base imponibile e la finalità perseguita dal contributo di solidarietà, essendo calcolato anche sulla parte di profitti derivanti da attività estranee a quelle incise, prive di un collegamento con il presupposto del tributo – Previsione che importa la sottoposizione a tassazione di una voce di costo, che per l’anno in cui si verifica il versamento, incide sul reddito d’impresa – Contrasto con il consolidato orientamento della Corte costituzionale, secondo cui i costi sostenuti nell’esercizio di impresa, se inerenti, devono essere deducibili ai fini del reddito d’impresa – Lesione dei principi di uguaglianza e della capacità contributiva – Lesione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.




Norme impugnate:

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art.  Co. 115 

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art.  Co. 116 

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art.  Co. 117 

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art.  Co. 118 

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art.  Co. 119 



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 53 

Costituzione  Art. 117   Co.

regolamento UE  del 06/10/2022  Num. 1854



Udienza Pubblica del 28 gennaio 2025 rel. 


Testo dell'ordinanza

N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2024

Ordinanza del 16 gennaio 2024 del Tribunale amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da ENGIE Italia spa,  ENGIE  Global
Market e MELTEMI Energia srl contro Agenzia delle entrate, Presidenza
del  Consiglio  dei  ministri  e  Ministero  dell'economia  e   delle
finanze.. 
 
Tributi - Energia - Prevista istituzione, per contenere  gli  effetti
  dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico  per
  le imprese e i consumatori, per l'anno 2023, di  un  contributo  di
  solidarieta' temporaneo a carico delle imprese operanti nel settore
  energetico - Previsione che il contributo e' dovuto se almeno il 75
  per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello  in
  corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nel  comma
  115 dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 - Quantificazione della
  base imponibile - Applicazione di un'aliquota pari al 50 per  cento
  sull'ammontare della quota del reddito complessivo  determinato  ai
  fini dell'imposta sul reddito delle societa' relativo al periodo di
  imposta antecedente a quello in  corso  al  1°  gennaio  2023,  che
  eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi  complessivi
  determinati  ai  sensi  dell'imposta  sul  reddito  delle  societa'
  conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a  quello  in
  corso al 1° gennaio 2022 - Previsione che, nel caso in cui la media
  dei redditi complessivi sia negativa, si assume un  valore  pari  a
  zero - Versamento - Disciplina - Non deducibilita'  del  contributo
  ai fini delle imposte sui redditi e  dell'imposta  regionale  sulle
  attivita' produttive -  Applicazione,  ai  fini  dell'accertamento,
  delle sanzioni e della riscossione del contributo di  solidarieta',
  delle disposizioni in materia di imposte sui redditi. 
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2023-2025), art. 1, commi da 115 a 119. 


(GU n. 19 del 08-05-2024)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         Sezione Seconda Ter 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 6723 del 2023, proposto  da  Engie  Italia  S.p.a.,
Engie Global Market, Meltemi Energia S.r.l., in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentati  e  difesi  dagli  avvocati
Aristide Police, Livia Salvini, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di giustizia e domicilio eletto presso  lo  studio  Aristide
Police in Roma, viale Liegi, 32; 
    Contro  Agenzia  delle  entrate,  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, Ministero dell'economia e delle  finanze,  in  persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,
via dei Portoghesi, 12; 
    per l'annullamento, previa adozione di idonee  misure  cautelari,
della circolare dell'Agenzia delle entrate n.  4/E  del  23  febbraio
2023 (recante «Articolo 1,  commi  da  115  a  121,  della  legge  29
dicembre 2022, n. 197, recante "Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2023-2025" (c.d. legge di bilancio 2023) - Istituzione del contributo
di solidarieta' temporaneo per il  2023  e  modifiche  al  contributo
straordinario  contro  il  caro  bollette  di  cui  all'art.  37  del
decreto-legge 21 marzo 2022, n.  21  (c.d.  decreto  Ucraina)»);  del
provvedimento risoluzione del direttore dell'Agenzia delle entrate n.
15 del 14 marzo 2023, (recante «Istituzione dei codici tributo per il
versamento, tramite  modello  F24,  del  contributo  di  solidarieta'
temporaneo per il 2023, nonche' del  maggior  importo  dovuto  o  per
l'utilizzo  in  compensazione  del  maggior   importo   versato   del
contributo straordinario contro  il  caro  bollette  per  il  2022  -
Articolo 1, commi da 115 a 121  della  legge  29  dicembre  2022,  n.
197»); del provvedimento del  direttore  dell'Agenzia  delle  entrate
prot. n. 55523/2023, del 28 febbraio 2023 di approvazione del modello
di dichiarazione  «Redditi  2023-SC»,  con  le  relative  istruzioni;
nonche' di  ogni  altro  atto  presupposto,  conseguente  o  comunque
connesso, ancorche' non conosciuto. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di  costituzione  in  giudizio  di  Agenzia  delle
entrate e di Presidenza del Consiglio dei  ministri  e  di  Ministero
dell'economia e delle finanze; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  21  novembre  2023  la
dott.ssa Francesca Mariani e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. - Con ricorso notificato il 24 aprile  2023  e  depositato  il
successivo 28  aprile,  le  tre  societa'  ricorrenti,  che  svolgono
l'attivita'  di  produzione  di  energia  elettrica  e  gas,   ovvero
rivendono o importano  energia  elettrica  o  gas,  hanno  impugnato,
chiedendone l'annullamento previa sospensione cautelare, la circolare
dell'Agenzia delle entrate n. 4/E del  23  febbraio  2023  avente  ad
oggetto «Articolo 1, commi da 115 a  121,  della  legge  29  dicembre
2022, n. 197, recante "Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio  2023-  2025"
(c.d. legge  di  bilancio  2023)  -  Istituzione  del  contributo  di
solidarieta'  temporaneo  per  il  2023  e  modifiche  al  contributo
straordinario  contro  il  caro  bollette  di  cui  all'art.  37  del
decreto-legge 21 marzo  2022,  n.  21  (c.d.  decreto  Ucraina)»,  la
risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 15/E  del  14  marzo  2023,
avente ad oggetto «Istituzione dei codici tributo per il  versamento,
tramite modello F24, del contributo di solidarieta' temporaneo per il
2023,  nonche'  del  maggior  importo  dovuto  o  per  l'utilizzo  in
compensazione   del   maggior   importo   versato   del    contributo
straordinario contro il caro bollette per il 2022 - Articolo 1, commi
da 115 a 121 della legge 29 dicembre 2022, n. 197» e il provvedimento
dell'Agenzia delle entrate prot. n. 55523 del  28  febbraio  2023  di
approvazione del modello di dichiarazione «Redditi 2023-SC»,  con  le
relative istruzioni. 
    2. - L'art. 1, commi 115-119, della legge  n.  197  del  2022  ha
introdotto, nell'ordinamento italiano, un contribuito «a  carico  dei
soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva
vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia elettrica, dei
soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o  di
estrazione di gas  naturale,  dei  soggetti  rivenditori  di  energia
elettrica, di gas metano  e  di  gas  naturale  e  dei  soggetti  che
esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione  e  commercio  di
prodotti petroliferi. Il contributo e' dovuto, altresi', dai soggetti
che, per la  successiva  rivendita,  importano  a  titolo  definitivo
energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o
che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti  da
altri Stati dell'Unione europea». 
    La finalita' della  disposizione,  come  emerge  dalla  Relazione
illustrativa al disegno di legge di bilancio 2023-2025, e' quella  di
introdurre, «per l'anno 2023, una  misura  nazionale  equivalente  al
contributo  temporaneo  istituito  ai  sensi  del  regolamento   (UE)
2022/1854, relativo a un intervento di emergenza per  far  fronte  ai
prezzi  elevati   dell'energia,   un   contributo   di   solidarieta'
temporaneo», a sua volta finalizzato all'adozione di misure uniformi,
da  parte  degli  stati  membri,  volte  a  contrastare  l'inflazione
generale nella zona euro e il rallentamento della crescita  economica
dell'Unione europea  dovuta  (anche)  all'aumento  netto  dei  prezzi
dell'energia. 
    La ratio sottesa alla previsione in esame  e'  dunque  quella  di
contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi  e  delle  tariffe  del
settore energetico sulle imprese e i consumatori, andando  a  colpire
quegli operatori economici che, proprio in ragione di  tale  aumento,
si presume abbiano generato maggiori entrate e profitti. 
    3. -  Il  regolamento  UE  2022/1854  individuava  le  misure  da
adottarsi dagli stati membri nelle seguenti: 
        a) la riduzione del consumo di energia elettrica; 
        b) un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai produttori  di
energia elettrica, da  energia  eolica,  energia  solare  (termica  e
fotovoltaica),  energia  geotermica,  energia   idroelettrica   senza
serbatoio, combustibili da biomassa (combustibili solidi o gassosi da
biomassa) escluso il biometano, rifiuti, energia  nucleare,  lignite,
prodotti del petrolio greggio, torba; 
        c) un  contributo  di  solidarieta'  temporaneo  sugli  utili
generati esclusivamente dalle  imprese  che  svolgono  attivita'  nei
settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone  e  della
raffinazione, da intendersi  le  «imprese  o  stabili  organizzazioni
dell'Unione  che  generano  almeno  il  75%  del  loro  fatturato  da
attivita' economiche nel settore dell'estrazione, della  raffinazione
del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di  cui  al
regolamento  (CE)  n.  1893/2006  del  Parlamento   europeo   e   del
Consiglio». 
    4.  -  Il  legislatore  italiano  aveva  gia'  introdotto,  prima
dell'adozione   del   regolamento   comunitario,    un    «Contributo
straordinario contro il caro  bollette»  a  mezzo  dell'art.  37  del
decreto-legge  21  marzo  2022,  n.  21  (c.d.  «decreto   Ucraina»),
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 517,  e
modificato dal decreto-legge 17 maggio 2022,  n.  50  (c.d.  «decreto
Aiuti»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15  luglio  2022,
n. 91 e con il comma 30 del medesimo  decreto-legge  n.  197/2022  (e
sempre in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio)  a
decorrere dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, un tetto sui
ricavi di mercato ottenuti dalla produzione  dell'energia  elettrica,
attraverso un meccanismo di compensazione a una via,  in  riferimento
all'energia elettrica immessa in rete da: .... b) impianti alimentati
da fonti non rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del  regolamento
(UE) 2022/1854. 
    5. - L'art. 1, comma 30, del decreto-legge n.  197/2022,  lettera
b),  infine,  in  attuazione  del  regolamento  (UE)  2022/1854   del
Consiglio, del 6 ottobre 2022, ha stabilito che, «a decorrere dal  1°
dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, e'  applicato  un  tetto  sui
ricavi di mercato ottenuti dalla produzione  dell'energia  elettrica,
attraverso un meccanismo di compensazione a una via,  in  riferimento
all'energia elettrica immessa in rete da: 
        a) impianti a fonti rinnovabili non rientranti nell'ambito di
applicazione dell'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio  2022,  n.
4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25; 
        b) impianti  alimentati  da  fonti  non  rinnovabili  di  cui
all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE) 2022/1854.». 
    6. - Gli atti impugnati con il ricorso in esame prevedono  quanto
segue. 
    6.1. - La circolare n. 4/E del 23  febbraio  2023  evidenzia,  in
primo  luogo,  quali  siano  i  soggetti  passivi   del   contributo,
individuati ne «i soggetti passivi IRES di  cui  all'art.  73,  comma
111, lettere a), b) e d), del testo unico delle imposte sui redditi»,
specificati, in via esemplificativa, mediante i c.d. codici ATECO,  e
indicati nei «soggetti che esercitano nel territorio dello Stato  una
o piu' delle seguenti attivita': 
        produzione di energia elettrica, produzione  di  gas  metano,
estrazione di gas naturale, per la successiva vendita; 
        rivendita di energia elettrica, gas metano, gas naturale; 
        produzione, distribuzione, commercio di prodotti petroliferi; 
        importazione  a  titolo   definitivo,   per   la   successiva
rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas  metano,  prodotti
petroliferi; 
        introduzione nel territorio dello Stato,  per  la  successiva
rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas metano o  prodotti
petroliferi provenienti da altri Stati dell'Unione europea.». 
    6.2. - Di  seguito,  la  circolare  descrive  base  imponibile  e
ammontare  del  contributo,  affermando  che  «In  aderenza  con   le
finalita' poste dal regolamento UE di assoggettare al  contributo  in
argomento gli utili eccedenti quelli ordinari, la norma  prevede  che
il contributo di solidarieta' si applichi «sull'ammontare della quota
del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul  reddito
delle societa' relativo al periodo d'imposta antecedente a quello  in
corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10  per  cento  la
media dei redditi complessivi determinati ai sensi  dell'imposta  sul
reddito delle  societa'  conseguiti  nei  quattro  periodi  d'imposta
antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022».  Rileva  pertanto,
ai fini del calcolo della base  imponibile,  l'ammontare  di  reddito
determinato in base alle previsioni del Titolo II, Capi II e IV,  del
TUIR, conseguito nei cinque periodi d'imposta precedenti a quello  in
corso al 1° gennaio 2023, senza considerare, per ognuno  dei  periodi
d'imposta interessati, l'eventuale riduzione dovuta al riporto  delle
perdite riferite alle  annualita'  pregresse,  nonche'  la  deduzione
conseguita  per  effetto  della  c.d.  agevolazione  ACE19.  Occorre,
pertanto, fare riferimento all'importo  indicato  al  rigo  RF63  del
modello di dichiarazione  dei  redditi  Societa'  di  capitali,  enti
commerciali ed equiparati "Redditi SC", che  costituisce  il  reddito
imponibile ai fini del contributo in commento, fatto salvo quanto  si
dira' nel prosieguo in relazione alle societa' aderenti a  un  regime
di trasparenza fiscale.» 
    6.3. - Di seguito, poi, la  circolare  illustra  «Versamento  del
contributo e  relazione  con  altre  imposte»,  nonche',  sotto  vari
aspetti, le «Modifiche al contributo straordinario di cui all'art. 37
del decreto-legge n. 21 del 2022». 
    6.4. - Da parte sua, la risoluzione  del  direttore  dell'Agenzia
delle  entrate  n.  55523/2023   del   28   febbraio   2023   recante
«Approvazione del modello di dichiarazione "Redditi 2023-SC"»,  oltre
a ripercorrere  la  norma  primaria  e  la  circolare  su  descritte,
istituisce il codice tributo relativo al versamento del  medesimo  da
parte dei soggetti passivi. 
    Per quanto qui rileva, dunque, tale atto recita: 
        «Con la circolare n. 4/E del  23  febbraio  2023  sono  stati
forniti, tra l'altro,  i  chiarimenti  relativi  all'istituzione  del
contributo di solidarieta' temporaneo in argomento e alle modalita' e
termini per il versamento, rinviando ad  una  successiva  risoluzione
l'istituzione dei relativi codici tributo. 
    Tanto premesso, per consentire  il  versamento,  tramite  modello
F24, da presentare esclusivamente  attraverso  i  servizi  telematici
messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate,  del  contributo  in
oggetto e degli eventuali interessi e  sanzioni  dovuti  in  caso  di
ravvedimento, si istituiscono i seguenti codici tributo: 
        "2716" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo  per
il 2023 - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29  dicembre  2022,
n. 197"; 
        "1946" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo  per
il 2023 - Interessi - art. 1, commi da 115  a  119,  della  legge  29
dicembre 2022, n. 197"; 
        "8946" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo  per
il 2023 - Sanzione - art. 1, commi da  115  a  119,  della  legge  29
dicembre 2022, n. 197".». 
    7. - Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi di doglianza: 
        7.1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma  115,
legge  n.  197/2022.  -  Violazione  degli  articoli  14  e  15   del
regolamento (UE) n. 2022/1854 stante la violazione del  «criterio  di
equivalenza». Violazione degli articoli da 101 a  108  nonche'  degli
articoli da 112 a 115 TFUE. Violazione dell'art. 52 CEDU.  Violazione
della liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di
cui agli articoli 49  e  56  TFUE.  -  Violazione  del  principio  di
proporzionalita'. Eccesso di  potere  per  carenza  dei  presupposti,
difetto d'istruttoria  e  sviamento,  atteso  che  l'Agenzia  non  ha
individuato criteri e modalita' di versamento coerenti con  la  ratio
del contributo di solidarieta'. 
    Le societa' lamentano innanzitutto la violazione del  regolamento
UE e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (diritto  di
stabilimento e  di  libera  prestazione  dei  servizi),  in  sostanza
poiche' il legislatore nazionale avrebbe gia' adottato nell'anno 2022
il contributo «equivalente» a quello europeo  (misura  analoga),  che
avrebbe  casomai  potuto  essere  ulteriormente  modificato  per  una
migliore coerenza con quello sovranazionale; pertanto, il  contributo
2023 costituirebbe una  doppia  imposizione  a  carico  degli  stessi
soggetti passivi, con scelta unica nel panorama europeo, in contrasto
con la ratio di misure omogenee tra i vari Paesi membri e  violazione
della  concorrenzialita'  fra  imprese.  Pertanto,  i   provvedimenti
adottati dall'Agenzia risultano  illegittimi  per  contrasto  con  il
diritto dell'Unione europea per omessa  disapplicazione  della  legge
nazionale. 
    Inoltre,  il  regolamento  europeo  ha  escluso  dal   contributo
temporaneo le societa' rinnovabili, anche perche'  gia'  assoggettate
ad altro e diverso meccanismo, mentre il legislatore ha incluso  tali
societa' nel perimetro del contributo di solidarieta' ancorche'  gia'
soggette  ad  un  preesistente  meccanismo  di   intercettazione   di
extraprofitti («tetto sui ricavi» analogo al meccanismo gia' previsto
in Italia dall'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4  e
successive modificazioni ed integrazioni, c.d. decreto Sostegni-ter). 
    Di  conseguenza,  i  supposti  «extraprofitti»   delle   societa'
rinnovabili  nel   2022   risultano   incisi   (a)   dal   contributo
straordinario ex art.  37  del  decreto-legge  n.  21/2022,  che  non
prevedeva  in  alcun  modo  l'esclusione   dal   suo   perimetro   di
applicazione delle societa' rinnovabili; (b) dal c.d.  meccanismo  di
compensazione  a  due   vie   disciplinato   dall'art.   15-bis   del
decreto-legge  n.  4/2022  e  (c)  dal  contributo  di   solidarieta'
introdotto dalla legge di bilancio 2023. 
    La misura nazionale si discosta poi da quella  europea  sotto  il
profilo delle attivita' soggette a contribuzione,  poiche'  e'  stato
esteso  l'ambito  di  applicazione;  sotto  il  profilo  della   base
imponibile, il contributo UE si applica alla  sola  parte  dell'utile
che eccede la media dei redditi dei quattro anni precedenti aumentata
del 20%, mentre il contributo di solidarieta' si applica  alla  quota
del reddito che eccede, «per almeno il 10 per cento»,  la  media  dei
redditi dei quattro periodi anteriori (cfr., art. 1, comma 116  della
legge di  bilancio  2023).  La  base  imponibile  del  contributo  di
solidarieta' e' quindi data, in parte, da un utile che il Legislatore
euro-unitario considererebbe non soggetto  al  contributo  in  quanto
utile   «non   dovuto   all'andamento   imprevedibile   dei   mercati
dell'energia» (cfr., considerando  54  reg.).  Cio'  integrerebbe  la
violazione  del  principio  di  proporzionalita',  oltre  che   degli
articoli  49   Trattato   sul   funzionamento   dell'Unione   europea
(riguardante  il  diritto  di  stabilimento)  e   56   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea (sulla liberta' di prestazione  dei
servizi). 
    In piu', gravando anche sulle imprese attive  nel  settore  delle
energie rinnovabili, il contributo nazionale si risolve in un  palese
ostacolo  ai  loro  investimenti  sulla  transizione  energetica   in
violazione degli articoli 4, par. 3, del Trattato sull'Unione europea
e art. 194 del TFUE. Infatti, mentre  principi  generali  dell'Unione
europea tutelano ed  anzi  promuovono  gli  investimenti  in  energie
rinnovabili (come pure il regolamento, che destina ad esse i proventi
ritratti dalle imposte, considerando 27) il  contributo  si  pone  in
aperta violazione di questi obblighi comunitari,  colpendo  anche  le
energie rinnovabili. 
    Per questi motivi la normativa  italiana  avrebbe  dovuto  essere
disapplicata dall'amministrazione, in  quanto  incompatibile  con  il
diritto europeo; sul punto le ricorrenti hanno formulato  un  quesito
da sottoporre  in  via  pregiudiziale,  in  ipotesi,  alla  Corte  di
giustizia UE. 
        7.2. Violazione  e  falsa  applicazione  dell'art.  1,  commi
115-119, legge n. 197/2022. -  Eccesso  di  potere  per  carenza  dei
presupposti,  difetto  d'istruttoria  e  sviamento,  atteso  che   il
contributo di solidarieta' grava su un esercizio  inciso  gia'  dalle
ordinarie  imposte  e  dal  previgente  contributo  ex  art.  37  del
decreto-legge n. 21/2022 e successive modificazioni ed integrazioni e
dall'art. 15-bis del decreto-legge n. 4/2022 successive modificazioni
ed integrazioni Violazione degli articoli 3 e 53 Cost.  sulla  doppia
imposizione e sull'indeducibilita' del  contributo  ex  art.  37  del
decreto-legge n. 21/2022 successive modificazioni ed  integrazioni  -
Violazione degli articoli 3, 23, 41, 53, 97 e 117, comma  2,  lettera
(e), Costituzione. 
    L'applicazione concreta del  contributo  sarebbe  contraria  alla
ratio  della   fattispecie   impositiva   («contenere   gli   effetti
dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le
imprese e i consumatori», colpendo «gli utili eccedenti, verificatisi
in capo alle societa' dei settori normativamente previsti»)  poiche',
invece di incidere  su  (presunti)  sovraprofitti  energetici  di  un
determinato settore, grava sull'intero settore energetico. E'  invece
evidente  che  l'aumento  dei  prezzi  dei  prodotti  energetici  non
favorisce le imprese che dei medesimi prodotti sono  (direttamente  o
indirettamente) acquirenti, come quelle  impegnate  in  attivita'  di
commercializzazione. Inoltre,  l'aumento  non  favorisce  neppure  le
imprese di produzione di energia elettrica che operano in  regime  di
tariffe  pubbliche,  che  sono  palesemente  lontane  dalla  dinamica
propria delle quotazioni di mercato dei prodotti  energetici  e,  per
cio' stesso, appaiono ictu oculi inidonee a generare  «sovraprofitti»
in presenza di fonti produttive ad alto costo. 
    Infatti,  il   regolamento   europeo,   con   scelta   certamente
ragionevole e non distorsiva, ha assoggettato ad imposizione le  sole
societa' estrattive, che sono le uniche a poter influenzare i  prezzi
di vendita, in quanto i loro costi di produzione non sono influenzati
dai prezzi dei prodotti energetici «finiti» (c.d. mercato upstream) e
ad aver conosciuto un incremento dei profitti a seguito della  guerra
in  Ucraina,  che  ha  ridotto  le   forniture   energetiche   russe.
Diversamente,  per  le  imprese   di   distribuzione,   commercio   e
importazione  di  prodotti  energetici  «price  taker»)  il   rincaro
congiunturale dell'energia determina si' un aumento dei ricavi, ma  a
fronte di un aumento dei costi.  Si  tratta  dunque  di  imprese  che
versano in condizioni economiche obiettivamente diverse da quelle che
giustificano l'applicazione di questa specifica imposizione, pertanto
e' manifesta la contrarieta' del contributo ai principi di  capacita'
contributiva e di uguaglianza. 
    Anche le previste modalita'  di  calcolo  della  base  imponibile
presentano criticita', in primo luogo per la scelta di assoggettare a
tassazione un incremento reddituale ai fini dell'IRES senza tenere in
considerazione le  perdite  pregresse.  Inoltre,  l'esclusione  della
deduzione relativa all'ACE (Aiuto alla crescita  economica),  che  e'
certamente  rilevante  ai  fini   dell'IRES,   non   solo   penalizza
ulteriormente le aziende che si sono patrimonializzate  finanziandosi
con capitale di rischio e non di  debito,  ma  di  fatto  neutralizza
l'agevolazione concessa dal legislatore a tali  imprese,  considerate
«meritorie» dal complesso  sistema  dell'IRES.  La  base  imponibile,
peraltro,  include  voci   del   tutto   disancorate   da   eventuali
extraprofitti (sono significative, sul punto, le modifiche  apportate
dal legislatore nazionale al contributo 2022). 
    Parimenti critica sarebbe la scelta del margine di  imponibilita'
(10%), posto  che  il  contributo  UE  si  applica  alla  sola  parte
dell'utile  che  eccede  la  media  dei  redditi  dei  quattro   anni
precedenti aumentata del 20%, cosi' come la soglia di prevalenza  del
75% sarebbe incoerente rispetto ad una  architettura  tributaria  che
intenda rintracciare i soli sovraprofitti ritratti  dall'aumento  dei
prezzi dei prodotti energetici, poiche' consente  che  il  contributo
gravi (fino al  25%)  anche  su  profitti  del  tutto  estranei  alle
attivita' incise. 
    Pure il periodo di tempo preso a riferimento non sarebbe idoneo a
rappresentare  ipotetici  sovraprofitti  realizzati  dalle   imprese,
stante l'incidenza, rispetto ai  precedenti  periodi,  delle  perdite
dovute alla pandemia da Covid-19 e sarebbe altresi' critica,  nonche'
contraria a quanto piu' volte ribadito dalla Corte  costituzionale  e
alle regole generali di cui al TUIR, la previsione di  legge  secondo
cui il contributo di cui si discute non e' deducibile  dalle  imposte
sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita'  produttive,  di
cui al comma 118 dell'art. 1 della legge di bilancio 2023. 
        7.3. Illegittimita' costituzionale per  violazione  dell'art.
117 Cost. Illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli
3  e  53  Cost.  Violazione  del  divieto  di   doppia   imposizione.
Illegittimita'  costituzionale  per  violazione  dell'art.  41  Cost.
Violazione dell'art. 42 Cost. e  dell'art.  1  del  Primo  Protocollo
addizionale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali. - Violazione degli  articoli
3, 23, 41, 42, 53, 97 e 117, comma 2, lettera (e), Cost. 
    Il  contributo  avrebbe  natura  sostanzialmente   confiscatoria,
comportando la ablazione totale del  patrimonio,  cosi'  violando  le
norme costituzionali indicate e indirettamente  l'art.  1  del  Prot.
Add.  CEDU.  Infatti,  considerato  che  l'onere  economico  dei  due
contributi 2022 e 2023 (straordinario e di solidarieta') e' perlomeno
parzialmente di competenza del periodo di imposta  2022,  i  supposti
«sovraprofitti» sarebbero completamente azzerati tra IRES (24%), IRAP
(circa 5%), contributo straordinario (25%) e contributo  solidarieta'
(50%). Cio' anche considerando che i due contributi mirano a  tassare
la stessa ricchezza e che il contributo 2022 non e'  deducibile,  con
la      conseguenza      di      un      effetto      sostanzialmente
espropriativo/confiscatorio. 
    Inoltre, nel settore delle rinnovabili, i supposti  extraprofitti
gia' sono assoggettati alle misure del decreto sostegni ter,  con  la
conseguenza che i contributi si aggiungono a tali misure. 
    Il cumulo dei due contributi con le tasse ordinarie, con  effetto
moltiplicativo, sarebbe dunque contrario ai principi di uguaglianza e
di capacita' contributiva; cio' anche perche' in sede  di  disciplina
dell'IRES il legislatore ha invece fissato la  regola,  che  andrebbe
rispettata  anche  per  il  tributo  di   cui   si   discute,   della
deducibilita' degli oneri fiscali (reddito  complessivo  netto,  art.
75, comma 1, TUIR). 
    L'indeducibilita' del previgente contributo dalla base imponibile
IRES e, quindi, dalla base imponibile del contributo di  solidarieta'
si risolverebbe pertanto in una  manifesta  violazione  dell'art.  53
Cost. - con riferimento al  principio  di  capacita'  contributiva  -
nella parte in cui viene ad  essere  assoggettato  al  contributo  di
Solidarieta' un incremento di reddito lordo, in quanto  inclusivo  di
taluni   costi   pur   pacificamente   sostenuti   dal   contribuente
nell'esercizio della propria  attivita'  imponibile;  e  dell'art.  3
Cost., congiuntamente all'art. 53 Cost., - relativamente al principio
di uguaglianza e di  ragionevolezza  -  per  essere  tale  previsione
normativa incoerente rispetto alla struttura stessa  del  presupposto
del nuovo contributo, rinvenibile nell'assoggettamento ad imposizione
dell'incremento di reddito ai fini dell'IRES. 
    8. - L'Agenzia delle entrate, la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri e  il  Ministero  dell'economia  e  finanze,  costituiti  in
giudizio,  hanno  sostenuto,  in  rito,  il   difetto   assoluto   di
giurisdizione sui provvedimenti impugnati, e, in via subordinata,  il
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,  in  favore  del
giudice tributario e la carenza di interesse a ricorrere. 
    Nel merito hanno sostenuto l'infondatezza del gravame. 
    9. - Il ricorso e' stato posto in decisione alla pubblica udienza
del 21 novembre 2023. 
    10. - Il Collegio, ritenendola  rilevante  e  non  manifestamente
infondata,   intende   sollevare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n.  197
del  2022,  con  riferimento  agli  articoli  3,  53  e   117   della
Costituzione, tenuto di quanto come sopra denunciato, nei  sensi  che
si chiariranno nel prosieguo della presente motivazione. 
    Alla   disamina   della   rilevanza    della    questione    deve
necessariamente essere premesso quanto segue. 
    10.1. - Il giudizio in esame involge - e di cio' il  Collegio  e'
consapevole- sia potenziali questioni di legittimita'  costituzionale
(che  per  larga  parte  costituiscono,  esse   stesse,   motivi   di
impugnazione degli atti oggetto di ricorso), sia potenziali questioni
di compatibilita' comunitaria delle norme  interessate,  in  astratto
idonee a fondare un rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 del Trattato. 
    Tali questioni - come testimonia la ricorrente invocazione  della
violazione dell'art. 117 Cost. contenuta nell'atto introduttivo - nel
presente giudizio concorrono piu' volte tra di loro. 
    Questo  Tribunale  amministrativo  regionale  ritiene  di  dovere
innanzitutto sollevare le ritenute  questioni  di  costituzionalita',
dando  cosi'  precedenza  al   sindacato   accentrato   della   Corte
costituzionale. 
    Cio', innanzitutto, sulla scorta  dell'osservazione  per  cui  un
eventuale rinvio della medesima questione  alla  Corte  di  giustizia
dell'UE sarebbe inutile,  qualora  la  Corte  costituzionale  dovesse
accogliere la questione di costituzionalita' delle norme censurate. 
    10.2. - La giurisprudenza costituzionale piu' recente in  materia
c.d. doppia pregiudizialita' conforta tale decisione del Collegio. 
    Infatti, proprio  in  una  pronunzia  (sentenza  n.  269  del  14
dicembre  2017)  che  derivava  da  un  giudizio  a  quo  in  materia
tributaria  (in  quella  circostanza  erano  state  sollevate   dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di   Roma   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10,  commi  7-ter  e  7-quater,
della legge 10 ottobre 1990,  n.  287,  Norme  per  la  tutela  della
concorrenza e del mercato, proprio in riferimento agli articoli  3  e
53,  primo  e   secondo   comma,   della   Costituzione)   la   Corte
costituzionale ha premesso che «puo' darsi il caso che la  violazione
di un diritto della persona infranga, ad un tempo,  sia  le  garanzie
presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle  codificate  dalla
Carta  dei  diritti  dell'Unione,  come  e'  accaduto  da  ultimo  in
riferimento al principio di legalita' dei reati e delle  pene  (Corte
di giustizia dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 5 dicembre
2017, nella causa C-42/17, M.A.S, M.B.)». 
    In  quella  circostanza,  la  Corte  costituzionale   ha   dunque
osservato che «le violazioni dei diritti della persona  postulano  la
necessita' di un intervento erga omnes  di  questa  Corte,  anche  in
virtu'  del  principio  che  situa   il   sindacato   accentrato   di
costituzionalita'  delle   leggi   a   fondamento   dell'architettura
costituzionale (art. 134 Cost.). La Corte giudichera' alla  luce  dei
parametri interni ed eventualmente di quelli europei (ex articoli  11
e 117 Cost.), secondo l'ordine di volta in volta  appropriato,  anche
al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta  dei
diritti   siano   interpretati   in   armonia   con   le   tradizioni
costituzionali, pure richiamate dall'art. 6 del Trattato  sull'Unione
europea e dall'art. 52, comma 4, della CDFUE come fonti rilevanti  in
tale ambito.». 
    Peraltro, come pure osservato dal Giudice delle leggi, "la stessa
Corte  di  giustizia  ha  a  sua  volta  affermato  che  il   diritto
dell'Unione «non osta»  al  carattere  prioritario  del  giudizio  di
costituzionalita' di competenza delle Corti costituzionali nazionali,
purche' i giudici ordinari restino liberi di sottoporre alla Corte di
giustizia, «in qualunque fase del procedimento ritengano  appropriata
e finanche al  termine  del  procedimento  incidentale  di  controllo
generale  delle  leggi,  qualsiasi  questione  pregiudiziale  a  loro
giudizio necessaria»; di «adottare qualsiasi  misura  necessaria  per
garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti
dall'ordinamento giuridico dell'Unione»; di disapplicare, al  termine
del  giudizio  incidentale   di   legittimita'   costituzionale,   la
disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il
vaglio di costituzionalita', ove, per  altri  profili,  la  ritengano
contraria al diritto dell'Unione (tra le altre,  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, quinta  sezione,  sentenza  11  settembre  2014,
nella  causa  C-112/13  A  contro  B  e  altri;  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 22 giugno  2010,  nelle
cause C-188/10, Melki e C-189/10, Abdeli)." 
    E, pertanto, «In linea  con  questi  orientamenti,  questa  Corte
ritiene che, laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita'
tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana,
quanto in relazione  a  quelli  garantiti  dalla  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza  comunitaria,
debba essere sollevata la questione di  legittimita'  costituzionale,
fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le  questioni  di
interpretazione o di invalidita' del diritto  dell'Unione,  ai  sensi
dell'art. 267 del TFUE.». 
    10.3. - Ne segue, in definitiva, che la rilevanza delle questioni
di legittimita' costituzionale che qui il Collegio intende  sollevare
non  e'  inficiata  dalla  concorrente  presenza  di   questioni   di
compatibilita' comunitaria, in astratto  da  sollevare  davanti  alla
Corte di giustizia dell'UE. 
    Con la precisazione, che deriva direttamente dalla lettura  della
su ampiamente richiamata sentenza n. 269/2017, per cui la  preventiva
questione  di  legittimita'  costituzionale   non   deve   riguardare
unicamente le norme che, al contempo, possano essere sospettate anche
di  incompatibilita'  con  il  diritto  dell'Unione;   bensi',   come
chiaramente indica la centrale affermazione della Corte per  cui  «le
violazioni dei diritti della persona postulano la  necessita'  di  un
intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtu' del  principio
che situa il sindacato accentrato di costituzionalita' delle leggi  a
fondamento dell'architettura  costituzionale  (art.  134  Cost.).  La
Corte giudichera' alla luce dei parametri interni ed eventualmente di
quelli europei (ex articoli 11 e  117  Cost.),  secondo  l'ordine  di
volta   in   volta   appropriato»,   anche   eventuali   profili   di
illegittimita'   costituzionale   non   implicanti    questioni    di
compatibilita' comunitaria delle norme interessate. 
    11. - Tanto premesso sul potere-dovere  di  questo  Tribunale  di
sollevare  questioni  di  legittimita'  costituzionale  nel  presente
giudizio, e' adesso possibile scrutinare  i  requisiti  di  rilevanza
delle questioni che il Collegio intende sollevare. 
    11.1 - E' innanzitutto fin troppo ovvio che, senza l'introduzione
nell'ordinamento, ad opera dell'art. 1, commi 115, 116 e  118,  della
legge n. 197 del 2022, del contributo di solidarieta'  in  questione,
le societa' ricorrenti non risulterebbero incise dal relativo obbligo
tributario, e,  soprattutto,  l'Agenzia  delle  entrate  non  avrebbe
dovuto ne' potuto emanare la  circolare  e  gli  altri  atti  oggetto
dell'impugnazione di parte ricorrente davanti a questo TAR. 
    In  particolare,  la  parte  ricorrente,  attraverso  i  vizi  di
legittimita' che ha ritenuto di  appuntare  sugli  atti  dell'Agenzia
delle  entrate  oggetto  di  impugnazione,  censura   sia   la   base
imponibile, che  l'estensione  dei  soggetti  passivi,  che,  ancora,
l'indeducibilita'   dall'Ires   del   contributo   straordinario   in
questione. 
    In  altri  termini,  cio'  che  l'impugnazione  si   propone   di
raggiungere - mediante il richiesto annullamento di circolare ed atti
successivi - e' l'espunzione dall'ordinamento nazionale della  stessa
norma  che  fonda  i  presupposti  fondamentali  dell'imposizione  in
questione. 
    Va al riguardo osservato che le sentenze n. 188, n. 224 del  2020
e n. 46  del  2021  della  Corte  costituzionale  affermano  che  non
sussiste il difetto di incidentalita' quando la questione investe una
disposizione avente forza di legge che il rimettente  deve  applicare
come passaggio obbligato ai fini della risoluzione della controversia
oggetto del processo principale. 
    Tale requisito, sempre secondo la giurisprudenza  costituzionale,
viene  ravvisato  nei  casi  in  cui  «le  doglianze   mosse   contro
provvedimenti o norme secondarie  non  potrebbero  altrimenti  essere
accolte che a seguito dell'eventuale accoglimento della questione  di
legittimita' proposta nei confronti della disposizione  di  legge  da
quei provvedimenti applicata (sentenze n. 151 del 2009, punto 4.4; n.
303 del 2007, punto 6.1; n. 4 del 2000, punto 2.2, del Considerato in
diritto)» (sentenza n. 16 del 2017). 
    Tanto accade, come detto, nel caso di specie. 
    11.2. - E' allora indispensabile scrutinare, in  questa  sede  di
esame  della  rilevanza  delle  questioni  di  costituzionalita',  la
possibilita'  che  -  allo  stato  degli  atti  e   salve   eventuali
sopravvenienze future - il giudizio  in  questione  pervenga  ad  una
pronunzia di merito, sia essa di accoglimento o di rigetto. 
    Infatti,   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale «deve ritenersi sussistente quando la norma della  cui
legittimita' costituzionale il giudice dubiti debba essere  applicata
nel giudizio a quo per decidere il merito della  controversia  o  una
questione processuale o pregiudiziale,  oppure  quando  la  decisione
della  Corte   costituzionale   comunque   influisca   sul   percorso
argomentativo  che  il  rimettente  deve  seguire  per   rendere   la
decisione». 
    E'  in  altri   termini   indispensabile   valutare   l'eventuale
fondatezza di questioni preliminari o pregiudiziali, prime fra  tutte
quelle relative alla giurisdizione. 
    Cio' in quanto «Ai fini dell'ammissibilita' di una  questione  di
costituzionalita', sollevata nel corso  di  un  giudizio  dinanzi  ad
un'autorita' giurisdizionale, e' necessario, fra  l'altro,  che  essa
investa una disposizione avente forza di  legge  di  cui  il  giudice
rimettente sia tenuto a fare applicazione, quale passaggio  obbligato
ai fini della risoluzione della  controversia  oggetto  del  processo
principale. Nel  caso  di  specie,  non  e'  dubbio  che  l'eventuale
accoglimento  delle  questioni  prospettate  (...)   produrrebbe   un
concreto effetto nel  giudizio  a  quo,  satisfattivo  della  pretesa
dedotta dalle parti private, poiche'  dovrebbero  essere  accolte  le
doglianze mosse contro le norme secondarie  censurate  (nello  stesso
senso, sul principio, sentenze n. 303  e  n.  50  del  2007)»  (Corte
costituzionale n. 151 del 2009). 
    E la stessa giurisprudenza costituzionale non pone in dubbio  che
il giudizio sulla rilevanza della questione passi necessariamente per
la valutazione della sussistenza della giurisdizione  del  giudice  a
quo; la Corte, infatti, non ha esitato (ad esempio, ordinanze n.  458
del 1992 e n. 60 del 1994) a dichiarare la manifesta inammissibilita'
della questione di costituzionalita' in casi in cui  essa  era  stata
sollevata dal giudice non fornito di giurisdizione. 
    11.3. - Il presente giudizio viene ascritto  dalla  stessa  parte
ricorrente alla giurisdizione generale di  legittimita'  del  giudice
amministrativo, davanti al quale le  societa'  ricorrenti  propongono
domanda di annullamento della circolare n. 4/E del 23  febbraio  2023
emessa dall'Agenzia delle entrate e l'atto del direttore dell'Agenzia
delle  entrate  n.  55523/2023   del   28   febbraio   2023   recante
"Approvazione del modello di dichiarazione "Redditi  2023-SC",  nella
parte in cui gia' prevede l'indicazione in  dichiarazione  di  alcuni
elementi del contributo di solidarieta' previsto dall'art.  1,  commi
115-119, della legge 29 dicembre 2022,  n.  197  (legge  di  bilancio
2023). 
    11.3.1. - Anche in questa circostanza, cosi'  come  era  accaduto
nella vicenda giudiziaria che -sin qui- ha interessato il  contributo
di solidarieta' di cui all'art. 37 del decreto-legge n.  21/2022,  le
parti non pongono in dubbio la natura tributaria  del  contributo  di
solidarieta' di cui all'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge  n.
197 del 2022. 
    Per tale ragione, il confronto dialettico  tra  le  parti  si  e'
sviluppato (ancora una volta, cosi' come era accaduto in relazione al
contributo del  2022),  oltre  che  in  ordine  all'eccepito  difetto
assoluto di giurisdizione, anche in relazione all'attribuzione  della
giurisdizione al giudice amministrativo oppure al giudice tributario. 
    Peraltro, la natura di imposta sui redditi del contributo di  cui
all'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge  n.  197  del  2022  e'
stata espressamente messa in dubbio proprio dalla  circolare  n.  4/E
del 23 febbraio 2023. 
    A pag. 4 della circolare, infatti, e' dato  di  leggere  che  "Il
Consiglio dell'Unione europea, al riguardo, con il citato regolamento
(UE) n. 2022/1854 del 6 ottobre 2022, ha previsto  al  Capo  III  una
«Misura riguardante i settori del petrolio greggio, del gas naturale,
del carbone e  della  raffinazione"»,  consistente,  in  particolare,
nella previsione a livello unionale, per gli anni 2022 e/o  2023,  di
un contributo di solidarieta' temporaneo obbligatorio a carico  delle
imprese e delle stabili organizzazioni che operano  in  tali  settori
(...). Si tratta di una misura ridistributiva, congiunta e coordinata
- adottata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi  dell'art.  122
del Trattamento  di  funzionamento  dell'Unione  europea  (...)  deve
ritenersi che il contributo straordinario sia una misura temporanea e
straordinaria per  l'anno  2023  non  annoverabile  nell'alveo  delle
imposte sui redditi." 
    E in calce, alla  nota  6,  la  circolare  medesima  testualmente
afferma: «Si evidenzia, al  riguardo,  che  le  misure  adottate  dal
Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 122 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea rientrano  tra  quelle  di  cui  al
titolo VIII, Capo 1, del  TFUE,  riguardanti  la  politica  economica
dell'Unione europea, e non tra quelle di cui al titolo VII,  Capo  2,
concernenti le disposizioni fiscali.». 
    11.3.2. - Tali affermazioni della  circolare  gravata  potrebbero
indurre a ritenere che il contributo in questione, oltre a non essere
una imposta sui redditi, non rivesta neppure natura tributaria. 
    Tuttavia, ai fini  del  riparto  di  giurisdizione,  il  Collegio
ritiene di  potere  concordare  con  la  parte  ricorrente  circa  la
qualita' di imposta dello stesso. 
    Per quanto qui interessa, l'art. art. 1, commi da 115 a119  della
legge n. 197 del 2022 prevede quanto segue: 
        «115. Al fine  di  contenere  gli  effetti  dell'aumento  dei
prezzi e delle tariffe del settore energetico  per  le  imprese  e  i
consumatori,  e'  istituito  per  l'anno  2023   un   contributo   di
solidarieta' temporaneo, determinato ai sensi del comma 116, a carico
dei soggetti che  esercitano  nel  territorio  dello  Stato,  per  la
successiva vendita dei beni, l'attivita'  di  produzione  di  energia
elettrica, dei soggetti che esercitano l'attivita' di  produzione  di
gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti  rivenditori
di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei  soggetti
che esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione  e  commercio
di prodotti petroliferi.  Il  contributo  e'  dovuto,  altresi',  dai
soggetti  che,  per  la  successiva  rivendita,  importano  a  titolo
definitivo energia elettrica, gas naturale o gas  metano  o  prodotti
petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato  detti  beni
provenienti da altri Stati dell'Unione europea. Il contributo non  e'
dovuto dai soggetti che  svolgono  l'attivita'  di  organizzazione  e
gestione di piattaforme per lo scambio  dell'energia  elettrica,  del
gas, dei certificati  ambientali  e  dei  carburanti,  nonche'  dalle
piccole imprese e dalle microimprese che  esercitano  l'attivita'  di
commercio al dettaglio di carburante  per  autotrazione  identificata
dal codice ATECO 47.30.00. Il contributo e' dovuto se  almeno  il  75
per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente  a  quello  in
corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nei  periodi
precedenti.». 
        «116. Il contributo di solidarieta' e' determinato applicando
un'aliquota pari al 50  per  cento  sull'ammontare  della  quota  del
reddito complessivo determinato  ai  fini  dell'imposta  sul  reddito
delle societa' relativo al periodo di imposta antecedente a quello in
corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10  per  cento  la
media dei redditi complessivi determinati ai sensi  dell'imposta  sul
reddito delle societa' conseguiti  nei  quattro  periodi  di  imposta
antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022; nel caso in cui  la
media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a
zero. L'ammontare del contributo straordinario,  in  ogni  caso,  non
puo' essere superiore a una quota pari al 25 per cento del valore del
patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio  antecedente  a
quello in corso al 1° gennaio 2022.». 
    Questa disposizione e' stata integrata mediante il  decreto-legge
18 ottobre 2023, n.  145  «Misure  urgenti  in  materia  economica  e
fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per
esigenze indifferibili», pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana 18 ottobre 2023, n. 244, il cui art. 6 (Modifiche
all'art. 4 del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127) prevede che «1.
Ai soli fini della  determinazione  del  contributo  di  solidarieta'
temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115  a  119  dell'art.  1
della  legge  29  dicembre  2022,  n.  197,   non   concorrono   alla
determinazione del reddito complessivo relativo al periodo di imposta
antecedente a quello in corso al 1°  gennaio  2023  gli  utilizzi  di
riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione  d'imposta  o
vincolate a copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell'art. 109,
comma 4, lettera b), del testo unico delle imposte  sui  redditi,  di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986,  n.
917, nel testo previgente alle modifiche apportate dall'art. 1, comma
33, lettera q), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nel limite  del
30 per cento del  complesso  delle  medesime  riserve  risultanti  al
termine dell'esercizio antecedente a quello in corso  al  1°  gennaio
2022.». 
        «117. Il contributo di solidarieta'  dovuto,  determinato  ai
sensi del comma 116, e' versato entro  il  sesto  mese  successivo  a
quello di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1°
gennaio 2023.  I  soggetti  che  in  base  a  disposizioni  di  legge
approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura
dell'esercizio effettuano il versamento entro il  mese  successivo  a
quello di approvazione del bilancio. I  soggetti  con  esercizio  non
coincidente con l'anno solare possono effettuare  il  versamento  del
contributo entro il 30 giugno 2023.». 
    Peraltro, il termine di  versamento  e'  stato  differito  al  30
ottobre 2023 ad opera dell'art. 4, comma 1, decreto-legge  28  luglio
2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18  settembre
2023, n. 127. 
        «118. Il contributo di solidarieta' non e' deducibile ai fini
delle imposte sui redditi e dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
produttive.». 
        «119. Ai  fini  dell'accertamento,  delle  sanzioni  e  della
riscossione del contributo di solidarieta', nonche' del  contenzioso,
si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.». 
    11.3.3. - Come noto, secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,
una   fattispecie   deve    ritenersi    «di    natura    tributaria,
indipendentemente  dalla  qualificazione  offerta  dal   legislatore,
laddove si riscontrino tre  indefettibili  requisiti:  la  disciplina
legale deve essere  diretta,  in  via  prevalente,  a  procurare  una
definitiva decurtazione patrimoniale a carico del  soggetto  passivo;
la decurtazione non  deve  integrare  una  modifica  di  un  rapporto
sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente
rilevante e derivanti dalla  suddetta  decurtazione,  debbono  essere
destinate a  sovvenire  pubbliche  spese»  (ad  esempio,  fra  tante,
sentenze n. 269 e n. 236 del 2017, sentenza n. 89 del 2018,  sentenza
n. 167 del 2018). 
    Anche la giurisprudenza della Corte di  cassazione  (Cass.  civ.,
sez. un. , 31 ottobre 2022 n. 32121) e' concorde nel ritenere che una
fattispecie deve ritenersi di  natura  tributaria,  indipendentemente
dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si  riscontrino
i tre indefettibili requisiti su richiamati. 
    Inoltre, i caratteri identificativi generali del tributo  debbono
essere  individuati  nei  seguenti  elementi   tipizzanti   (peraltro
dichiaratamente   rinvenuti   dalla   Corte   di   cassazione   nella
giurisprudenza costituzionale): 
        «la matrice legislativa della prestazione imposta, in  quanto
il tributo  nasce  direttamente  in  forza  della  legge,  risultando
irrilevante l'autonomia contrattuale (Corte cost., n. 58 del 2015)»; 
        «la doverosita' della prestazione (Corte cost.,  n.  141  del
2009, n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che  comporta
un'ablazione delle somme con attribuzione delle  stesse  ad  un  ente
pubblico (Corte cost., n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n.  26
del 1982)»; 
        «la circostanza  che  i  soggetti  tenuti  al  pagamento  del
contributo non possono sottrarsi a tale obbligo e la  legge  non  da'
alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volonta' delle
parti (Corte cost., n. 238  del  2009,  punto  7.2.3.2,  nonche',  in
relazione al contributo al SSN, Cassazione civ., sez. un.  ,  n.  123
del 2007, che ne ha affermato la natura tributaria)»; 
        «il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione
e' destinata allo scopo di  apprestare  i  mezzi  per  il  fabbisogno
finanziario dell'ente impositore (Corte cost., n. 37 del 1997, n.  11
e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982, nonche', tra  le  altre,  Cassazione
civ., sez. un. , n. 21950 del 2015 e n. 13431 del 2014).». 
    Nel caso in esame la ricorrenza dei requisiti  appena  rassegnati
e', a parere del Collegio, evidente, in quanto: 
        il prelievo e' disposto da una norma avente forza di legge; 
        non  e'  dubitabile  la   definitivita'   della   prestazione
patrimoniale,  della  quale  non  e'   prevista   alcuna   forma   di
restituzione o di ripetibilita',  neppure  parziale,  in  favore  dei
soggetti passivi; 
        non vi e' alcuna controprestazione in rapporto sinallagmatico
con i versamenti del contributo; 
        quest'ultimo  -   almeno   nelle   intenzioni   dell'impianto
normativo, e senza  che  cio'  costituisca  giudizio  sulle  svariate
censure proposte dalle imprese ricorrenti sul punto - si  propone  di
colpire cio' che la norma primaria, al comma 115, ritiene  essere  un
indice di capacita' contributiva, ossia le  attivita'  delle  imprese
del settore energetico ivi contemplate, se almeno il 75 per cento dei
ricavi del periodo d'imposta antecedente a  quello  in  corso  al  1°
gennaio 2023 derivi da tali attivita'; 
        lo scopo del prelievo e', secondo il  comma  115,  quello  di
«contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e  delle  tariffe  del
settore energetico per le imprese e i consumatori». 
    In  conclusione,  si  deve  rilevare  la  natura  tributaria  del
contributo in questione, che puo'  essere  qualificato  come  imposta
(indiretta), in quanto l'obbligazione non si correla a un  atto  o  a
un'attivita' pubblica, ma trova il proprio presupposto esclusivamente
in fatti economici posti in essere dai soggetti passivi. 
    11.4. - Tanto premesso sulla natura tributaria del contributo  in
questione, ritiene tuttavia il Collegio di non  potere  aderire  alle
eccezioni di difetto assoluto di giurisdizione e - in subordine -  di
carenza della  giurisdizione  amministrativa  (in  favore  di  quella
tributaria)  sollevate  dall'Agenzia  delle  entrate   in   relazione
all'impugnazione della circolare e degli altri atti in epigrafe. 
    11.4.1. - Come ricordato dalla difesa delle ricorrenti,  nella  -
certamente analoga alla  presente-  materia  dell'impugnazione  della
circolare e degli altri atti emessi in attuazione  dell'art.  37  del
decreto-legge n.  21/2022  (contributo  di  solidarieta'  per  l'anno
2022), questo TAR, con numerose sentenze, aveva dichiarato il difetto
assoluto di giurisdizione in considerazione della assenza  di  natura
regolamentare  (ma  anche  di  atto  amministrativo  generale)  della
circolare in quella circostanza impugnata, nonche' della  sua  natura
meramente ricognitiva - e cosi' anche di quella degli ulteriori  atti
emessi «a valle» dall'Agenzia delle entrate -  della  norma  primaria
istitutiva del tributo. 
    11.4.2. - A seguito della declaratoria  di  difetto  assoluto  di
giurisdizione da parte di questo TAR, il Consiglio di Stato, in  sede
d'appello, ha annullato con  rinvio  le  pronunzie  di  primo  grado,
affermando la sussistenza della giurisdizione amministrativa. 
    Il Giudice d'appello ha basato l'annullamento delle  sentenze  di
questo  Tribunale   amministrativo   regionale   sulla   base   della
considerazione per cui «... alla fonte normativa primaria sono  stati
riservati gli  elementi  costitutivi  della  prestazione  impositiva,
mentre a quella gerarchicamente subordinata sono stati demandati  gli
ulteriori  aspetti  di  dettaglio   della   stessa,   necessari   per
l'attuazione della norma impositiva. Sotto il profilo ora evidenziato
quest'ultima risulta dunque riferibile ad un  potere  amministrativo,
attribuito alla competente  amministrazione  finanziaria.  Ne  deriva
quale ulteriore conseguenza che gli  atti  riconducibili  alla  fonte
amministrativa istituita  dalla  norma  di  legge  partecipano  della
relativa natura e sono quindi a loro volta  qualificabili  come  atti
amministrativi. (...) non e' peraltro determinante stabilire  se  sul
piano sostanziale il provvedimento del direttore  dell'Agenzia  delle
entrate ex art. 37, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 2022, n.  21,
abbia natura regolamentare o di atto amministrativo generale. In base
al sopra citato art. 7, comma 1, cod.  proc.  amm.  la  giurisdizione
generale di legittimita' del giudice amministrativo concerne  infatti
"provvedimenti" e "atti"  delle  pubbliche  amministrazioni  comunque
espressivi del  potere  pubblico,  quali  pacificamente  sono  sia  i
regolamenti che gli atti amministrativi generali, nel cui  schema  la
stessa  Agenzia  delle  entrate  riconosce  essere  inquadrabile   il
provvedimento di attuazione del contributo straordinario  oggetto  di
impugnazione. (...) Pacifica dunque la natura di atto  amministrativo
di  quest'ultimo,  come  peraltro  anche  della  circolare  e   della
risoluzione impugnati, altrettanto incontestabile e' l'assenza  nella
fattispecie controversa di atti di imposizione tributaria che possano
valere a radicare  la  giurisdizione  degli  organi  del  contenzioso
tributario (...)» (tra tante, si veda la  sentenza  n.  3219  del  29
marzo 2023). 
    11.4.3. - Va peraltro rilevato che, con sentenza n. 9188  del  24
ottobre 2023, lo stesso Consiglio di  Stato,  chiamato  a  scrutinare
l'appello contro la sentenza di questa sezione che  aveva  dichiarato
il difetto assoluto di  giurisdizione  sull'atto  dell'Agenzia  delle
entrate n. 132395 del 12 luglio 2017 (recante, ai sensi dell'art.  4,
comma 6,  decreto-legge  24  aprile  2017,  n.  50,  convertito,  con
modificazioni, con legge 21 giugno 2017, n. 96, le  «disposizioni  di
attuazione» del regime  fiscale  per  le  locazioni  brevi  stabilito
dall'art. 4, commi 4, 5 e 5-bis, del medesimo decreto-legge n. 50 del
2017), ha affermato che "In termini generali,  la  circolare  e',  in
se',  mero  atto  interno  dell'amministrazione  privo  di   rilievo,
spessore e valore normativo: la circolare, in altri termini,  non  e'
fonte del diritto. (...) Essa, infatti, e' priva della  capacita'  di
dettare  norme  vincolanti  per  tutti  i  consociati  e  si  rivolge
esclusivamente alle articolazioni interne  (uffici  sotto-ordinati  e
periferici) dell'amministrazione, indicando le modalita'  da  seguire
nell'espletamento dell'attivita' istituzionale. (...) Peraltro, anche
all'interno  dell'apparato  amministrativo  la   circolare   non   e'
vincolante e puo' essere disattesa, senza che cio' determini per cio'
solo l'illegittimita' dell'atto: la violazione  della  circolare,  al
piu',  puo'  venire  in  rilievo  soltanto  quale  possibile   figura
sintomatica  dell'eccesso  di  potere.  (...)  Per  quanto   qui   di
interesse, le circolari interpretative, quale e' quella nella  specie
gravata, recano l'esegesi di una disposizione di legge  e,  pertanto,
afferiscono ad un profilo, appunto l'interpretazione della legge,  in
cui l'amministrazione non ha funditus alcuna posizione di privilegio,
essendo viceversa soggetta al dato legislativo al pari di ogni  altro
soggetto: nel nostro ordinamento,  infatti,  l'unica  interpretazione
vincolante della legge e' quella data dal Giudice (nei  limiti  della
specifica materia del contendere portata al suo esame e nei confronti
dei soli soggetti coinvolti nella lite - cfr. art. 2909 c.c.).  (...)
Nella   materia   tributaria,   infatti,   il   rapporto    giuridico
intercorrente  fra  ente  impositore  e  contribuente   e'   regolato
interamente dalla legge;  l'amministrazione  non  puo'  autonomamente
individuare  an,  quantum,  quomodo  e   quando   della   prestazione
tributaria gravante sul singolo contribuente, dovendo, al  contrario,
procedere alla mera attuazione del dictum normativo,  previa  esegesi
delle disposizioni rilevanti che, tuttavia, ha un  valore  del  tutto
equi-ordinato  a  quella  operata  dal  contribuente;  in   caso   di
contenzioso, grava sul  Giudice  adito  l'enucleazione  del  corretto
significato da attribuire alle disposizioni, senza che abbia  rilievo
decisivo  l'orientamento  esegetico  dell'amministrazione,  ove  pure
espresso   in   atti   formali   (quale   appunto    una    circolare
interpretativa).   (...)   Di   per   se',   dunque,   la   circolare
interpretativa non  puo'  strutturalmente  ledere  l'amministrato  e,
conseguentemente,  vi  e'  in   merito   un   difetto   assoluto   di
giurisdizione: essa, infatti, non concreta ne' un atto  specifico  di
esercizio  di  potesta'  impositiva,  per  il   quale   sussiste   la
giurisdizione  del  Giudice  tributario,  ne'  un  atto  generale  di
imposizione, rientrante  -  quale  atto  regolamentare  o,  comunque,
generale propedeutico all'emanazione dei singoli  atti  impositivi  -
nell'ordinaria   giurisdizione   di    legittimita'    del    Giudice
amministrativo. (...) Le  esposte  conclusioni  assumono  particolare
pregnanza nel diritto tributario, connotato dalla  riserva  di  legge
(art. 23 Cost.), dall'inderogabilita' della  disposizione  tributaria
e, parallelamente, dall'indisponibilita' della prestazione tributaria
(art.  53  Cost.),  dalla   normale   assenza   di   discrezionalita'
amministrativa in capo agli enti impositori." 
    Sulla  scorta  di  tali  considerazioni,  pertanto,   in   quella
controversia, il Consiglio di Stato ha respinto il  motivo  d'appello
relativo al difetto assoluto di giurisdizione  pronunziato  in  primo
grado dal TAR. 
    11.4.4. - Il Collegio ritiene  di  dovere  superare  l'incertezza
interpretativa presente in giurisprudenza, di cui si e'  appena  dato
conto,  prendendo   atto   che   le   sentenze   d'appello   relative
all'impugnazione della circolare e degli ulteriori  atti  applicativi
inerenti il contributo  di  cui  all'art.  37  del  decreto-legge  n.
21/2022 sono state oggetto di regolamento di giurisdizione  da  parte
dell'Avvocatura dello  Stato  davanti  alle  SS.UU.  della  Corte  di
cassazione,  le  quali  hanno   dichiarato   la   sussistenza   della
giurisdizione del giudice amministrativo. 
    In particolare, in quella circostanza  (si  veda  ad  esempio  la
sentenza n. 29103 del  19  ottobre  2023),  in  cui  pure  veniva  in
considerazione l'impugnazione davanti al giudice amministrativo di un
provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di  una
risoluzione,  la  Corte  ha  affermato,  quanto   alla   natura   del
provvedimento  direttoriale  (ritenuto  meramente   attuativo   della
voluntas legis dalle difese dell'Agenzia  delle  entrate),  trattarsi
«... di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti
al GA, in virtu' della previsione di cui all'art. 7, commi 1 e 4 cod.
proc.  amm.»,  e  quanto  alla  circolare  -  ritenuta   dall'Agenzia
ricorrente atto meramente interpretativo-, che essa avesse «contenuto
integrativo del provvedimento direttoriale ed  in  quanto  tale  allo
stesso e' associabile  sul  piano  della  sussistenza  dell'affermata
giurisdizione amministrativa». 
    Hanno poi soggiunto le SS.UU. che «Poiche' l'esercizio del potere
discrezionale  dell'Agenzia  delle  entrate,  pur   attuativo   della
voluntas legis  (peraltro  secondo  il  principio  costituzionale  di
legalita' dell'azione  amministrativa),  costituisce  il  presupposto
generale dell'azione impositrice concreta, la  situazione  soggettiva
che  ne  deriva  non  puo'  essere  che  qualificata  come  interesse
legittimo,  giacche'  altrimenti  se  ne  creerebbe   un'assenza   di
giustiziabilita' costituzionalmente non  consentita  (v.  ultra).  In
altri, piu' semplici e  stringenti  termini,  la  sussistenza  di  un
interesse  legittimo,  che  costituisce   la   situazione   giuridica
soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti
impugnati e quindi sussiste in re ipsa.» 
    In definitiva, cio' che le SS.UU. hanno ritenuto ammissibile,  ed
ascrivibile alla giurisdizione del giudice  amministrativo,  e'  «...
una  forma  di  tutela  preventiva  avverso  i  regolamenti/gli  atti
amministrativi generali rispetto agli  atti  impositivi/riscossivi  "
individuali" che e'  del  tutto  legittimata,  come  gia'  osservato,
dall'art. 7, commi 1-4 cod. proc. amm., e, per converso, dal  decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,  art.  7,  comma  5,  il  quale
appunto prevede che "Le corti di  giustizia  tributaria  di  primo  e
secondo grado, se ritengono illegittimo  un  regolamento  o  un  atto
generale rilevante ai fini della  decisione,  non  lo  applicano,  in
relazione  all'oggetto  dedotto  in   giudizio,   salva   l'eventuale
impugnazione nella diversa sede competente.». 
    Per tali ragioni la Corte ha  ritenuto  di  dare  continuita'  al
principio di diritto, che essa ha espressamente  enunziato,  per  cui
«Rientra  nella  giurisdizione  esclusiva  del  g.a.   l'impugnazione
proposta dal responsabile  di  un  impianto  fotovoltaico  contro  il
provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 6 marzo 2020 con cui, in
attuazione del decreto-legge n. 124  del  2019,  art.  36,  comma  3,
conv., con modif., dalla legge n. 157 del 2019, sono  stati  indicati
le  modalita'  di  presentazione  e  il  contenuto  essenziale  della
comunicazione mediante la quale gli operatori economici  che  abbiano
cumulato la deduzione fiscale legge n. 388 del 2000, ex art. 6, commi
13 e ss., e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del  2011
possono, avvalendosi della speciale facolta' introdotta  proprio  dal
citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette  l'importo  dedotto
dalle rispettive basi  imponibili.  Infatti,  tale  provvedimento  si
configura come atto tipicamente amministrativo,  generale,  meramente
ricognitivo e attuativo del disposto di  legge,  non  contenente  una
pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell'elenco riportato
nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19" (Sez. U -,
ordinanza n. 25479 del 21 settembre 2021, Rv. 662252 - 01).». 
    11.4.5. - Sebbene in  quella  circostanza  la  Corte  regolatrice
abbia  fatto  espresso  riferimento,  nell'enunciare   il   principio
applicabile, alla giurisdizione esclusiva del giudice  amministrativo
(in quanto il principio era stato espresso in precedenza  nell'ambito
di controversia in materia di produzione di energia), e nel  caso  di
specie si verta, invece, nella giurisdizione generale di legittimita'
(si tratta di azione  di  annullamento  in  materia  non  contemplata
dall'art. 133 c.p.a.; in particolare, non ricorre  l'ipotesi  di  cui
alla lettera «o» del comma 1, essendo qui la  produzione  di  energia
solo il presupposto dell'imposizione tributaria disciplinata  con  le
norme denunziate), il Collegio ritiene di aderire - come detto - alla
tesi per cui gli atti impugnati sono impugnabili, e lo  sono  davanti
al giudice amministrativo. 
    A cio' il Collegio e' indotto sia dall'evidente  analogia  tra  i
due contributi straordinari (quello  disciplinato  dall'art.  37  del
decreto-legge n. 21/2022, i cui atti applicativi sono  stati  oggetto
del regolamento di giurisdizione di cui si e' detto, e quello di  cui
alle norme di cui si fa questione  di  legittimita'  costituzionale),
che dalla constatazione per cui gli atti impugnati in quel giudizio e
nel presente hanno eguale qualificazione giuridica (un  provvedimento
direttoriale, ed una circolare interpretativa): in quest'ultimo senso
e' dirimente, in presenza  di  atti  dichiaratamente  solo  attuativi
della norma primaria di riferimento, l'affermazione delle SS.UU.  per
cui  «Non  ha  rilievo  la  natura  discrezionale  ovvero   vincolata
(meramente attuativa della norma primaria) dell'atto in contesto, non
essendo  un  presupposto   necessario   a   fondare   la   competenza
giurisdizionale del giudice amministrativo». 
    11.4.6.  -  Tali  affermazioni  sono  peraltro   in   sostanziale
consonanza con quanto aveva affermato, in punto di giurisdizione,  il
Consiglio di Stato in  sede  di  appello  proposto  dalle  originarie
ricorrenti avverso le sentenze  di  questo  Tribunale  amministrativo
regionale declinatorie  della  giurisdizione  nell'impugnazione  agli
atti emessi in attuazione dell'art. 37 del decreto-legge  n.  21  del
2022. 
    In quella circostanza, infatti (si veda ad esempio la sentenza n.
3219 del 2023), il Consiglio di Stato aveva  osservato  che  «...  in
conformita' all'art. 23 Cost., alla  fonte  normativa  primaria  sono
stati  riservati   gli   elementi   costitutivi   della   prestazione
impositiva, mentre a quella gerarchicamente  subordinata  sono  stati
demandati gli ulteriori aspetti di dettaglio della stessa,  necessari
per  l'attuazione  della  norma  impositiva.  Sotto  il  profilo  ora
evidenziato quest'ultima  risulta  dunque  riferibile  ad  un  potere
amministrativo,   attribuito    alla    competente    amministrazione
finanziaria. Ne deriva  quale  ulteriore  conseguenza  che  gli  atti
riconducibili alla fonte  amministrativa  istituita  dalla  norma  di
legge partecipano della relativa natura e sono quindi  a  loro  volta
qualificabili come atti amministrativi.». 
    Per risolvere la questione di giurisdizione oggetto del  presente
appello  non  e'  peraltro  determinante  stabilire  se   sul   piano
sostanziale il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate
ex art. 37, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 2022,  n.  21,  abbia
natura regolamentare o di atto amministrativo generale.  In  base  al
sopra citato art. 7,  comma  1,  cod.  proc.  amm.  la  giurisdizione
generale di legittimita' del giudice amministrativo concerne  infatti
«provvedimenti» e «atti»  delle  pubbliche  amministrazioni  comunque
espressivi del  potere  pubblico,  quali  pacificamente  sono  sia  i
regolamenti che gli atti amministrativi generali, nel cui  schema  la
stessa  Agenzia  delle  entrate  riconosce  essere  inquadrabile   il
provvedimento di attuazione del contributo straordinario  oggetto  di
impugnazione. 
    12. - Da ultimo, nell'ambito della  valutazione  della  rilevanza
delle questioni  che  il  Collegio  intende  sollevare,  al  fine  di
scrutinare il possibile approdo  del  ricorso  ad  una  decisione  di
merito va esaminata l'eccezione di inammissibilita'  per  difetto  di
interesse sollevata dall'Avvocatura erariale. 
    Per la  quale,  in  sintesi,  essendo  gli  atti  impugnati  solo
ripetitivi della norma istitutiva  del  tributo,  il  loro  eventuale
annullamento non  inciderebbe  sulla  sussistenza,  per  i  designati
soggetti passivi, dell'obbligo  tributario  cui  essi  sono  astretti
direttamente dalla norma stessa. 
    La  parte  ricorrente,  sotto  questo  profilo,  annette   invece
rilevanza dirimente al fatto  che  i  provvedimenti  impugnati  hanno
contribuito a determinare gli elementi integrativi della  fattispecie
per l'adempimento dell'obbligo  tributario  (peraltro  entro  termini
brevi). 
    12.1. - Su questo punto osserva il Collegio  che  il  riferimento
all'istituzione dei c.d. codice tributo  certamente  non  puo'  avere
effetto  sull'esistenza  dell'obbligazione  tributaria  in  capo   ai
soggetti passivi, ne', tanto meno, sulla  platea  di  questi  ultimi,
ne', ancora, sulla base imponibile del contributo straordinario: tali
elementi - cosi' come tutti quelli costituitivi del tributo -, atti a
fondare l'obbligazione tributaria, per definizione  non  possono  che
essere posti (ed eventualmente modificati) soltanto dalla legge o  da
atti aventi forza di legge (art. 23 Cost.): e cosi' e' anche nel caso
dell'art. 1, commi da 115 a 118 della legge n. 197 del 2022. 
    12.2. - Tuttavia, dall'istituzione del codice tributo  deriva  un
rilevante effetto sostanziale, che refluisce, sul piano  processuale,
nel  radicamento  dell'interesse  al  ricorso  in  capo  ai  soggetti
d'imposta. 
    Tale effetto come detto e' stato riferito  alla  possibilita'  di
adempiere all'obbligazione tributaria istituita con  norma  di  rango
legislativo. 
    La impostazione merita condivisione. 
    Se, infatti, in linea generale, non e' dubitabile che - ai  sensi
dell'art. 23 della Costituzione -  l'obbligazione  tributaria,  sotto
cio'  che  viene  definito  in  dottrina  il  suo  «aspetto  statico»
(presupposto, base imponibile, soggetti passivi), e'  un'obbligazione
legale, nondimeno la sua formazione puo' derivare anche da  atti  del
contribuente (ad  esempio,  opzione  per  uno  dei  possibili  regimi
previsti dalla legge per determinati tributi) o  dell'amministrazione
finanziaria (c.d. «aspetto dinamico» dell'obbligazione tributaria). 
    In quest'ultimo caso l'attuazione  dell'imposta  deriva  da  atti
ulteriori rispetto alla sua istituzione con legge. 
    Nel caso in  esame,  l'istituzione  -  mediante  uno  degli  atti
impugnati nel presente giudizio, ossia la risoluzione direttoriale  -
del codice tributo attiene indubbiamente a  tale  momento  attuativo,
nel senso che rende esigibile  (insieme  agli  altri  elementi  della
fattispecie legale, in primis la scadenza del termine  di  pagamento)
l'obbligazione tributaria. 
    L'istituzione  del  codice  tributo,  infatti,  rende   possibile
l'imputazione corretta del  pagamento  (qui  da  effettuarsi  tramite
versamento diretto tramite i servizi  telematici  dell'Agenzia  delle
entrate, come specificato  nella  impugnata  circolare  n.  4/2023  e
ribadito nella risoluzione gravata) al tributo in questione, e non ad
altre e diverse obbligazioni cui il  soggetto  passivo  sia  astretto
verso  l'Erario,  in   quanto   reca   gli   estremi   identificativi
dell'imposta pagata: si tratta, in definiva, di un onere  cui  l'Ente
titolare del tributo deve assolvere al fine di rendere  possibile  al
proprio  debitore   di   adempiere   correttamente   all'obbligazione
tributaria. 
    12.3.  -   In   conclusione,   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale che il  Collegio  intende  sollevare  sono  dotate  di
rilevanza nel presente giudizio, atteso  che  gli  atti  impugnati  -
dotati di autonoma lesivita' per quanto su rassegnato  -  sono  stati
emessi  in  diretta  derivazione  dalle  norme  qui   sospettate   di
incostituzionalita'. 
    13. Quanto alla non manifesta infondatezza il  Collegio  ravvisa,
in primo  luogo,  la  contrarieta'  del  contributo  di  solidarieta'
introdotto dall'art. 1, commi 115 e  ss.,  della  legge  n.  197/2022
all'art. 117 della Costituzione, con riguardo  ai  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e, nello specifico, dal  regolamento  UE
1854/2022, direttamente applicabile. 
    Deve infatti  considerarsi  che,  con  il  regolamento  indicato,
l'Unione europea, dopo aver dato atto  che,  a  causa  di  situazioni
eccezionali   (quali   la    guerra    e    particolari    condizioni
meteorologiche), tutti gli Stati membri, sebbene in  misura  diversa,
sono stati colpiti dall'attuale crisi  energetica  e  che  «il  netto
aumento dei prezzi dell'energia sta contribuendo in modo  sostanziale
all'inflazione generale  nella  zona  euro  e  rallenta  la  crescita
economica dell'Unione» (considerando 5), ha ritenuto necessario  «uno
sforzo coordinato da parte degli Stati  membri,  in  uno  spirito  di
solidarieta', durante la stagione invernale 2022-2023» per  attenuare
l'impatto dei prezzi elevati dell'energia e garantire  che  l'attuale
crisi non comporti danni duraturi  per  i  consumatori  e  l'economia
(considerando n. 6). 
    L'Unione europea ha  infatti  spiegato  che  «E'  necessaria  una
risposta unitaria e ben coordinata  a  livello  dell'Unione»  poiche'
«Misure   nazionali   non   coordinate   potrebbero   incidere    sul
funzionamento del mercato interno dell'energia, mettendo in  pericolo
la sicurezza dell'approvvigionamento e determinando ulteriori aumenti
dei  prezzi  negli  Stati   membri   piu'   colpiti   dalla   crisi.»
(considerando 9). 
    Sulla base di queste premesse, il regolamento ha  individuato  le
misure che gli Stati membri possono adottare, ove  non  abbiano  gia'
adottato  misure  equivalenti,  per  far   fronte   alla   situazione
emergenziale   in   maniera   armonizzata   sull'intero    territorio
dell'Unione, illustrandole  compiutamente  gia'  nelle  premesse  del
regolamento. 
    Tali misure, come visto,  consistono:  (i)  nella  riduzione  del
consumo di energia elettrica (considerando 10 e poi in dettaglio 16 e
ss.); (ii) in un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai  produttori
di energia rinnovabile (considerando 11 e poi in dettaglio 23 e  ss);
iii) in un contributo di solidarieta' eccezionale temporaneo «per  le
imprese  e  le  stabili  organizzazioni  dell'Unione   che   svolgono
attivita' nei settori del petrolio greggio,  del  gas  naturale,  del
carbone e della raffineria» (considerando  12,  13  e  14  e  poi  in
dettaglio 50 e ss), con la precisazione che tali sono le imprese e le
organizzazioni che generano almeno il 75% di  fatturato  nel  settore
dell'estrazione,   della   raffinazione   del   petrolio   o    della
fabbricazione di prodotti di cokeria (art. 2 «Definizioni»,  par.  1,
n. 17). 
    Con particolare riferimento a quest'ultima  misura,  ora  qui  di
interesse,  l'indicazione,  a  livello   europeo,   degli   specifici
destinatari del contributo  eccezionale  e  temporaneo  (imprese  che
svolgono, in sostanza, la parte prevalente dell'attivita' nei settori
della estrazione e della raffineria) e'  espressamente  spiegata  nel
regolamento, in piu' passaggi: «Il contributo di solidarieta' e'  uno
strumento adeguato  per  gestire  gli  utili  eccedenti  in  caso  di
circostanze impreviste.  Tali  utili  non  corrispondono  agli  utili
ordinari che le imprese e le stabili organizzazioni  dell'Unione  che
svolgono  attivita'  nei  settori  del  petrolio  greggio,  del   gas
naturale, del carbone e della raffineria  si  sarebbero  aspettati  o
avrebbero potuto prevedere di ottenere in circostanze normali, se non
si fossero verificati eventi imprevedibili sui mercati  dell'energia»
(considerando 14); cio', si  continua  a  leggere,  e'  evidentemente
avvenuto perche' «Senza modificare in modo sostanziale  la  struttura
dei costi ne' aumentare gli investimenti, le  imprese  e  le  stabili
organizzazioni dell'Unione che generano almeno il  75%  di  fatturato
che svolgono attivita' nei settori  del  petrolio  greggio,  del  gas
naturale,  del  carbone  e  della   raffinazione   hanno   registrato
un'impennata  dei  profitti  dovuta  alle  circostanze  improvvise  e
imprevedibili della guerra di aggressione della Russia nei  confronti
dell'Ucraina, alla riduzione dell'offerta di  energia  e  all'aumento
della  domanda  causato  da  temperature   eccezionalmente   elevate»
(considerando 50); di conseguenza,  «Il  contributo  di  solidarieta'
temporaneo dovrebbe fungere da misura di ridistribuzione grazie  alla
quale le imprese interessate contribuiscono  ad  attenuare  la  crisi
energetica nel mercato interno proporzionalmente agli utili eccedenti
che hanno realizzato in conseguenza  delle  circostanze  impreviste.»
(considerando 51). 
    In altri termini, quindi, dalla  piana  lettura  del  regolamento
europeo emerge che la  specificita'  dei  destinatari  (rectius,  del
peculiare  atteggiarsi  dell'attivita'  imprenditoriale  svolta   dai
medesimi che, a fronte dell'invarianza dei costi, ha loro  consentito
di aumentare considerevolmente i ricavi in virtu'  delle  circostanze
eccezionali  verificatesi)  integra   la   ragion   d'essere,   l'ubi
consistam, della misura stessa. 
    La peculiarita' della misura del contributo  rivolto  al  settore
dell'estrazione rispetto alle altre misure  e'  ben  esplicitata  nel
regolamento (considerando 45): «Le pratiche commerciali e  il  quadro
normativo nel settore dell'energia elettrica sono nettamente  diversi
da quelli che  vigono  per  i  combustibili  fossili.  Dato  che  con
l'introduzione del tetto sui ricavi di mercato  s'intende  riprodurre
l'esito del mercato che i  produttori  potrebbero  attendersi  se  le
catene  di  approvvigionamento  mondiali  funzionassero  normalmente,
ossia  senza   le   interruzioni   dell'approvvigionamento   di   gas
verificatesi da febbraio 2022, e' necessario che la misura  destinata
ai produttori di energia elettrica si  applichi  ai  ricavi  ottenuti
dalla generazione di energia elettrica. Il contributo di solidarieta'
temporaneo dovrebbe invece applicarsi alle  imprese  e  alle  stabili
organizzazioni dell'Unione che svolgono  attivita'  nei  settori  del
petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione,
dal momento che tale contributo e' diretto alla loro redditivita', in
netto aumento rispetto agli anni scorsi». 
    La differenza tra  le  due  misure  e'  esplicitata  anche  nella
proposta di regolamento,  dove  si  legge  (pp.  4-5):  «Al  fine  di
assicurare  parita'  di  condizioni,  la  Commissione   propone   due
strumenti   complementari   che    abbracciano    l'intero    settore
dell'energia: a) una misura volta a ridurre temporaneamente i  ricavi
dei produttori di energia elettrica e b) una  misura  che  stabilisce
temporaneamente un contributo di solidarieta' sugli  utili  eccedenti
nel settore fossile che rientrano  nell'ambito  di  applicazione  del
presente regolamento. Riducendo i ricavi dei  produttori  di  energia
elettrica, la misura  proposta  dal  regolamento  mira  a  riprodurre
l'esito del mercato che i  produttori  potrebbero  attendersi  se  le
catene  di  approvvigionamento  mondiali  funzionassero  normalmente,
ossia in assenza delle interruzioni  dell'approvvigionamento  di  gas
verificatesi dopo l'invasione  dell'Ucraina  nel  febbraio  2022.  La
Commissione propone inoltre un contributo temporaneo di  solidarieta'
che si applica agli  utili  delle  imprese  attive  nei  settori  del
petrolio, del gas,  del  carbone  e  della  raffinazione,  che  hanno
registrato una forte crescita rispetto agli anni precedenti». 
    Nonche':  «la  presente   proposta   istituisce   un   contributo
temporaneo di solidarieta' basato sugli utili  imponibili  realizzati
nell'esercizio fiscale 2022  da  societa'  e  stabili  organizzazioni
attive solo nei settori del petrolio, del gas, del  carbone  e  della
raffinazione». 
    A fronte di cosi' chiare ed espresse indicazioni, nel regolamento
europeo, sulle motivazioni del contributo di solidarieta' e  sul  suo
conseguente   ambito   soggettivo   (Capo   III    del    regolamento
specificamente dedicato, appunto, alla «Misura riguardante i  settori
del  petrolio  greggio,  del  gas  naturale,  del  carbone  e   della
raffinazione»), tuttavia, con le norme qui in  esame  il  legislatore
italiano, come visto, ha posto tale contributo a carico  di  soggetti
anche diversi dai soli testualmente indicati a  livello  europeo  (in
quanto, come spiegato, le loro dinamiche di impresa giustificano, nel
testo del regolamento, la previsione di  uno  specifico  contributo),
peraltro escludendo le imprese che svolgono attivita'  di  estrazione
del petrolio, invece contemplate a livello sovranazionale. 
    Ritiene  il  Collegio,  sul  punto,  che  la  scelta  legislativa
nazionale  cosi'  operata  sia  direttamente  violativa  dei  vincoli
derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  senza  che   sussista   la
necessita' di  procedere  alla  interpretazione  del  dato  normativo
europeo: la misura sovranazionale specifica per il settore estrattivo
e di raffineria, invero, non e' stata proprio  adottata  dall'Italia,
nonostante  le  cogenti  previsioni  del  regolamento  europeo  e  la
fissazione di un apposito termine (art.  14,  paragrafi  1  e  3  del
regolamento «1. Gli utili eccedenti generati  da  imprese  e  stabili
organizzazioni dell'Unione che svolgono  attivita'  nei  settori  del
petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della  raffinazione
sono  soggetti   a   un   contributo   di   solidarieta'   temporaneo
obbligatorio, a meno che gli Stati membri non abbiano adottato misure
nazionali  equivalenti.  (...)  3.  Gli  Stati  membri   adottano   e
pubblicano  misure  che  attuano  il   contributo   di   solidarieta'
temporaneo obbligatorio di cui al paragrafo 1 entro  il  31  dicembre
2022.). 
    Per contro, per la pretesa attuazione delle norme del regolamento
risulta adottata altra diversa misura nazionale di  contribuzione  di
solidarieta', quale misura asseritamente equivalente (pregiudizievole
per le ricorrenti e quindi contestata), ricadente in larga  parte  su
un diverso settore (gia' destinatario di altre misure), che  integra,
quindi, una sorta di aliud pro alio la cui immediata  percezione  non
richiede alcuno sforzo esegetico. 
    Non rileva, infatti, in senso contrario alla  illegittimita'  qui
ritenuta, la circostanza che il Regolamento preveda  la  possibilita'
per gli Stati membri di adottare misure «equivalenti»,  poiche',  nel
disegno normativo europeo, l'equivalenza e' testualmente fissata  tra
misure ricadenti sullo stesso specifico settore  della  estrazione  e
della raffineria, caratterizzato dalle proprie dinamiche  di  impresa
che giustificano la misura, potendo l'equivalenza, semmai, riguardare
gli obiettivi della misura  stessa,  le  finalita'  di  utilizzo  dei
proventi, la  base  imponibile  e  l'aliquota  del  contributo  (cfr.
Considerando 63 secondo cui «Gli Stati membri dovrebbero applicare il
contributo di solidarieta' stabilito  dal  presente  regolamento  nei
rispettivi  territori,  a  meno  che  non  abbiano  adottato   misure
nazionali equivalenti. L'obiettivo della  misura  nazionale  dovrebbe
essere considerato simile all'obiettivo generale  del  contributo  di
solidarieta' istituito dal presente regolamento quando  consiste  nel
contribuire all'accessibilita'  economica  dell'energia.  Una  misura
nazionale dovrebbe considerarsi soggetta a norme  analoghe  a  quelle
che si applicano  al  contributo  di  solidarieta'  qualora  riguardi
attivita' nei settori del petrolio greggio,  del  gas  naturale,  del
carbone e della raffinazione, definisca una base, preveda un tasso  e
garantisca che i proventi della  misura  nazionale  siano  usati  per
finalita' che sono simili a quelle del contributo di  solidarieta'.»,
nonche' art. 14, paragrafo 2: «Gli Stati membri provvedono a  che  le
misure nazionali equivalenti adottate condividano obiettivi simili  a
quelli del contributo di solidarieta' temporaneo di cui  al  presente
regolamento, siano soggette a  norme  analoghe  e  generino  proventi
comparabili  o  superiori  ai  proventi  stimati  del  contributo  di
solidarieta'.»). 
    Ne consegue che la violazione diretta del vincolo  derivante  dal
regolamento  europeo  di  adottare   una   misura   contributiva   di
solidarieta' a carico dello  specifico  settore  della  estrazione  e
della raffineria, e' rilevante nella specie, poiche'  il  legislatore
italiano - in luogo di essa - ha ritenuto  di  adottare  nel  periodo
indicato, definendola espressamente  quale  misura  equivalente,  una
misura contributiva invece anche a carico delle  imprese  ricorrenti,
appartenenti ad altro settore e interessate da altre misure, che, per
contro, non avrebbe avuto ragion d'essere prevista ove non  si  fosse
perpetrata la violazione anzidetta. 
    14.  -  La  rilevata  natura   tributaria   del   contributo   di
solidarieta' di cui si discute importa  pure  la  contrarieta'  delle
previsioni in esame agli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    Le disposizioni, infatti, appaiono, in primo luogo, in  contrasto
con  i  principi   di   uguaglianza,   di   proporzionalita'   e   di
ragionevolezza,  quest'ultima  intesa  anche  come  congruenza  delle
previsioni adottate con l'obiettivo perseguito dal legislatore. 
    La disciplina del contributo di solidarieta' appare, inoltre,  in
contrasto  con  il  principio  di  capacita'  contributiva,  che  del
principio   di   uguaglianza    costituisce    una    specificazione,
rappresentando il presupposto e, al contempo, il  limite  del  potere
impositivo dello Stato e del dovere del  contribuente  di  concorrere
alle spese pubbliche e importando, di  conseguenza,  l'illegittimita'
di quelle norme che istituiscono  un  trattamento  differenziato  tra
situazioni  uguali  ovvero  un  trattamento  uguale  per   situazioni
differenziate, laddove l'opzione normativa prescelta non sia sorretta
da argomenti persuasivi. 
    In proposito il Collegio richiama quanto  affermato  dalla  Corte
costituzionale con riferimento al tributo di cui all'art.  81,  commi
16, 17 e 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133 (che, per diversi profili richiama il contributo qui  in  esame),
laddove ha affermato che il sacrificio ai principi di  eguaglianza  e
capacita' contributiva recato da un tributo speciale e selettivo  non
dev'essere  sproporzionato  e  non  deve  degradare   in   arbitraria
discriminazione, in quanto «la sua struttura deve raccordarsi con  la
relativa  ratio  giustificatrice»,  cosi'  che  se  «il   presupposto
economico che  il  legislatore  intende  colpire  e'  la  eccezionale
redditivita'  dell'attivita'  svolta  in  un  settore  che   presenta
caratteristiche privilegiate in un dato momento  congiunturale,  tale
circostanza  dovrebbe  necessariamente  riflettersi  sulla  struttura
dell'imposizione» (Corte costituzionale, sentenza 11  febbraio  2015,
n. 10). 
    14.1. - Rileva, in particolare, il Collegio come le  disposizioni
di cui ai commi 115  e  ss.  dell'art.  1  della  legge  n.  197/2022
presentano  diverse  criticita'  con  riferimento  all'individuazione
della base imponibile, la definizione della quale risulta,  per  piu'
versi, non congruente con la  dichiarata  finalita'  di  tassare  gli
incrementi di utili dipendenti dall'aumento dei prezzi dell'energia. 
    14.1.2. - Come  visto,  il  contributo  e'  calcolato  applicando
un'aliquota del 50% alla quota del reddito complessivo  IRES  per  il
periodo d'imposta antecedente a quello in corso al  1°  gennaio  2023
che eccede per almeno il 10% la media dei  redditi  complessivi  IRES
conseguiti nei quattro periodi  d'imposta  antecedenti  a  quello  in
corso al 1° gennaio 2022. 
    La base di calcolo del contributo di solidarieta'  per  il  2023,
alla quale applicare l'aliquota  del  50  per  cento,  e'  dunque  il
risultato di un confronto fra il reddito IRES conseguito dal soggetto
passivo nel periodo d'imposta antecedente al 1° gennaio 2023 - quindi
nel 2022, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno  solare
- e la  media  dei  redditi  complessivi  IRES  dei  quattro  periodi
d'imposta precedenti. 
    Il reddito rilevante ai fini Ires, tuttavia, include, nella  base
di calcolo, anche voci che nulla hanno nulla a  che  vedere  con  gli
«extraprofitti»  derivanti  dall'aumento  dei  prezzi  dei   prodotti
energetici. 
    Si tratta in sostanza delle  operazioni  societarie  relative  ai
fondi rischi, agli oneri o alle plusvalenze/minusvalenze derivanti da
cessioni di  partecipazioni,  ovvero,  ancora,  da  eventi  collegati
all'operativita' straordinaria delle imprese,  operazioni  tutte  che
individuano un incremento di reddito che non  ha  alcuna  connessione
con l'incremento dei prezzi dell'energia. 
    Sul punto e' significativo  il  fatto  che  il  legislatore,  con
riferimento al contributo di cui all'art.  37  del  decreto-legge  n.
21/2022, abbia introdotto, a mezzo dell'art. 1,  comma  120,  lettera
c), della legge 29 dicembre 2022, n. 197, un comma  3-bis  al  citato
art. 37, a norma del quale «Non concorrono  alla  determinazione  dei
totali delle operazioni attive e passive,  di  cui  al  comma  3,  le
operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o  altri
titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che  intercorrono
tra i soggetti di cui al comma 1». 
    Nella stessa logica, del resto, pare muoversi, il pure richiamato
art. 6 del decreto-legge n. 145/2023, convertito  con  modificazioni,
dalla legge n. 191/2023. 
    14.1.3. - Sempre con riferimento  all'individuazione  della  base
imponibile, la disciplina del contributo straordinario appare poi  in
contrasto con il principio  di  capacita'  contributiva  laddove  non
considera che una parte dell'incremento dei profitti  realizzati  nel
2022 rispetto alla media dei precedenti quattro anni non e' dovuta  a
una maggiore capacita' di produrre reddito dell'operatore  economico,
ma dipende dalla riespansione dei consumi energetici, che, nel  corso
degli anni 2020 e (in parte) 2021, si  e'  contratta  a  causa  della
pandemia da Covid-19, cosi' che  una  parte  di  quelli  che  vengono
considerati «extraprofitti», sia pure solo con riferimento ai criteri
di calcolo della media rilevante, e' semplicemente rappresentata  dal
ritorno al volume di affari pre Covid. 
    Si e' dato, in tal modo, rilievo a un  elemento  che,  in  quanto
dipendente da circostanze imprevedibili ed  eccezionali,  non  appare
idoneo  a  fungere  da  riferimento  per  individuare   e   calcolare
l'ipotetico «sovraprofitto» realizzato dalle  imprese  dopo  la  fine
dell'emergenza (per analoga valutazione in  ordine  alla  inidoneita'
dell'imponibile 2020 a costituire il riferimento  per  individuare  e
calcolare  una  supposta  «plus-ricchezza»,   e   cioe'   l'ipotetico
«sovraprofitto» realizzato dalle imprese, in ragione  del  fatto  che
gli   extraprofitti   realizzati   nel   2021-2022,    rispetto    al
corrispondente periodo 2020-2021, sono,  in  gran  parte,  dovuti  al
fatto che durante la pandemia le societa' erano in perdita, cosi' che
il differenziale che confluisce nella base imponibile del  contributo
non rappresenta un «sovraprofitto», ma un  mero  incremento  rispetto
alle  perdite  realizzate  in  costanza  di   pandemia,   cfr.,   con
riferimento al contributo di cui all'art.  37  del  decreto-legge  n.
21/2022, Corte di giustizia tributaria di  primo  grado,  Roma,  Sez.
XXVII - ordinanza n. 147 del 27 giugno 2023). 
    14.1.4. - Altro profilo di contrasto con  gli  articoli  3  e  53
della Costituzione della normativa in esame deve poi  ravvisarsi  con
riferimento al fatto che il contributo straordinario introdotto dalla
legge n. 197  del  2022  colpisce  una  manifestazione  di  capacita'
contributiva in parte gia' sottoposta a tassazione. 
    La legge n. 197  del  2022,  infatti,  impone  il  pagamento  del
contributo con riferimento a redditi riferiti a un periodo, l'anno di
imposta precedente al 1° gennaio 2023, i ricavi conseguiti nel  corso
del  quale  risultano,  sia  pure  solo  in  parte,  gia'  presi   in
considerazione per la determinazione del contributo straordinario per
l'anno 2022, di cui all'art. 37 del decreto  legislativo  n.  21  del
2022. 
    Quest'ultima norma, infatti, ha previsto che «la base  imponibile
del   contributo   solidaristico    straordinario    e'    costituita
dall'incremento del saldo tra le operazioni attive  e  le  operazioni
passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30  aprile  2022,
rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021». 
    In sostanza, i redditi conseguiti nei mesi di gennaio,  febbraio,
marzo ed aprile del  2022,  gia'  considerati  quale  presupposto  di
imposta a  fini  della  determinazione  dell'importo  del  contributo
straordinario per il 2022, rientrano, altresi', nella base imponibile
per il calcolo del contributo del 2023. 
    Appare, di conseguenza, evidente come, con riferimento al periodo
1° gennaio 2022 - 30 aprile 2022, gli utili di un medesimo  soggetto,
sia  pure  determinati  sulla  base  di  un   criterio   di   calcolo
parzialmente diverso, sono assoggettati ad entrambi i contribuiti. 
    Tanto comporta (con riferimento ai quattro mesi  sopra  indicati)
una duplicazione di imposta, che risulta  evidente  alla  luce  della
sostanziale sovrapponibilita' degli scopi perseguiti dai due prelievi
(individuate, rispettivamente,  dall'art.  37  del  decreto-legge  n.
21/2022 nel «contenere per le imprese e  i  consumatori  gli  effetti
dell'aumento dei prezzi e delle tariffe  del  settore  energetico»  e
dall'art. 1, comma 115, della legge n. 197/2002, nel  «contenere  gli
effetti  dell'aumento  dei  prezzi  e  delle  tariffe   del   settore
energetico per le imprese e i consumatori»). 
    La evidenziata duplicazione, del resto, non trova  correttivi  in
meccanismi di deducibilita' del contributo  introdotto  dall'art.  37
del decreto-legge n. 21/2022  da  quello  introdotto  dal  comma  115
dell'art.  1  della  legge  n.   197/2022,   cosi'   comportando   la
sottoposizione degli operatori economici  incisi  dalle  due  misure,
anche in ragione delle aliquote previste per entrambi i tributi, a un
prelievo fiscale significativamente alto, la cui  concreta  incidenza
sui redditi di impresa, in disparte la qualificabilita' o meno  della
stessa come misura espropriativa, non appare rispettosa del principio
di proporzionalita'. 
    14.1.4.1. - La sottoposizione di una medesima  manifestazione  di
capacita' contributiva a un duplice prelievo tributario va ravvisata,
sotto diverso profilo e per il solo mese di dicembre 2022, anche  con
riferimento ai  gestori  degli  «impianti  alimentati  da  fonti  non
rinnovabili  di  cui  all'art.  7,  comma  1,  del  regolamento  (UE)
2022/1854»,  ai  quali  -  ai  sensi  dell'art.  1,  comma  30,   del
decreto-legge 197/2022, lettera b) e in  attuazione  del  regolamento
(UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022 (a decorrere dal  1°
dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023) - e' stato applicato un tetto
sui  ricavi  di  mercato  ottenuti  dalla   produzione   dell'energia
elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a  una  via.  Il
meccanismo di compensazione, infatti, prevede il  recupero  da  parte
del GSE degli utili eccedenti il prezzo fissato  dal  gestore,  cosi'
che la ricomprensione  nella  base  di  calcolo  del  contribuito  di
solidarieta' delle somme corrispondenti agli  utili  ritrasferiti  al
gestore, importa, in concreto, la sottoposizione a tassazione  di  un
reddito non effettivamente conseguito. 
    Per i mesi da febbraio a dicembre  2022,  analoga  criticita'  si
rileva anche con riferimento ai gestori degli  impianti  fotovoltaici
incentivati e agli impianti rinnovabili in  esercizio  da  prima  del
2010, ai quali - ai  sensi  dell'art.  15-bis  del  decreto-legge  n.
4/2022 (a decorrere dal 1° febbraio 2022 e fino al 30 giugno 2023)  -
e' stato applicato un tetto sui  ricavi  di  mercato  ottenuti  dalla
produzione  dell'energia  elettrica,  attraverso  un  meccanismo   di
compensazione a due vie. 
    14.1.5. - Va poi rilevato come  ulteriori  profili  di  contrasto
della normativa in esame con gli articoli 3 e 53  della  Costituzione
devono ravvisarsi, con specifico riguardo  ai  titolari  di  impianti
rinnovabili, nella circostanza che, a fronte  di  costi  fissi  molto
elevati e di un mercato concorrenziale di dimensione europea,  da  un
lato,  costoro  vedono  la  concorrenza  sul  prezzo   limitata   dal
meccanismo del tetto ai ricavi ad essi applicabile (ex  art.  15-bis,
decreto-legge n. 4/2022, ovvero ex art.  1,  commi  30-38,  legge  n.
197/2022), dall'altro, risultano  altresi'  destinatari  del  tributo
solidaristico  nella  medesima  misura  (calcolata  sulla  quota  del
reddito che eccede, «per almeno  il  10  per  cento»,  la  media  dei
redditi complessivi determinati ai  sensi  dell'imposta  sul  reddito
delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta  antecedenti
a quello in corso al 1° gennaio 2022) prevista per i  titolari  degli
impianti alimentati  a  carbone/gas,  nonostante  questi  ultimi  non
scontino alcun  tetto  ai  ricavi  e  non  debbano  rientrare  -  per
caratteristiche  tecnologiche  -  dei  rilevanti  costi   fissi   che
caratterizzano le rinnovabili. 
    14.1.6. - Sotto diverso profilo, va poi rilevato  come  ulteriori
criticita' in ordine all'assenza di correlazione tra  la  definizione
della base imponibile e la finalita'  perseguita  dal  contributo  di
solidarieta' in esame discendono dal  fatto  che  il  tributo  -  che
grava, come visto, sulla quota del reddito che eccede, «per almeno il
10 per cento», la media dei redditi complessivi determinati ai  sensi
dell'imposta  sul  reddito  delle  societa'  conseguiti  nei  quattro
periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1°  gennaio  2022
sui soggetti i cui ricavi derivino, almeno per il 75 per cento, dalle
attivita' indicate dal comma 115 - e' calcolato anche sulla parte  di
profitti (pari o inferiore a 25 per cento di quelli  complessivamente
conseguiti) derivanti da attivita' estranee a quelle  dichiaratamente
incise e, che, all'evidenza, non  hanno  alcun  collegamento  con  il
presupposto del tributo. 
    14.1.7. - Ulteriore e  distinto  profilo  di  contrasto  con  gli
articoli 3 e 53 della Costituzione investe, infine,  la  disposizione
di cui al comma 118, secondo cui «Il contributo di  solidarieta'  non
e' deducibile ai  fini  delle  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive». 
    La previsione, importando la sottoposizione a tassazione  di  una
voce di costo che, per l'anno  in  cui  si  verifica  il  versamento,
incide  sull'utile  societario  e,  di   conseguenza,   sul   reddito
d'impresa, si pone in contrasto con il consolidato orientamento della
Corte costituzionale secondo cui  i  costi  sostenuti  nell'esercizio
dell'impresa - se inerenti - devono essere  deducibili  ai  fini  del
reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020, n. 262). 
    15. - In conclusione, il Collegio ritiene rilevante ai fini della
decisione della presente controversia e non manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 115
a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023),
in relazione alla  violazione  degli  articoli  3,  53  e  117  della
Costituzione  e,   pertanto,   sottopone   e   rimette   alla   Corte
costituzionale la relativa questione di legittimita' costituzionale. 
    Conseguentemente dispone la sospensione del presente giudizio  ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
seconda ter)  rimette  alla  Corte  costituzionale  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  illustrata  in  motivazione,  relativa
all'art. 1, commi 115-119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197. 
    Dispone la sospensione  del  presente  giudizio,  con  rinvio  al
definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle
spese di lite. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Demanda alla segreteria della Sezione tutti  gli  adempimenti  di
competenza e, in particolare, la notifica  della  presente  ordinanza
alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' la sua comunicazione ai presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  21
novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 
        Salvatore Mezzacapo, Presidente; 
        Roberta Cicchese, consigliere; 
        Francesca Mariani, referendario, estensore. 
 
                      Il Presidente: Mezzacapo 
 
 
                                                 L'estensore: Mariani