N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2024
Ordinanza del 16 gennaio 2024 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da TAMOIL Italia spa contro Agenzia
delle entrate, Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero
dell'economia e delle finanze .
Tributi - Energia - Prevista istituzione, per contenere gli effetti
dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per
le imprese e i consumatori, per l'anno 2023, di un contributo di
solidarieta' temporaneo a carico delle imprese operanti nel settore
energetico - Previsione che il contributo e' dovuto se almeno il 75
per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in
corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nel comma
115 dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 - Quantificazione della
base imponibile - Applicazione di un'aliquota pari al 50 per cento
sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai
fini dell'imposta sul reddito delle societa' relativo al periodo di
imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che
eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi
determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa'
conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in
corso al 1° gennaio 2022 - Previsione che, nel caso in cui la media
dei redditi complessivi sia negativa, si assume un valore pari a
zero - Versamento - Disciplina - Non deducibilita' del contributo
ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle
attivita' produttive - Applicazione, ai fini dell'accertamento,
delle sanzioni e della riscossione del contributo di solidarieta',
delle disposizioni in materia di imposte sui redditi.
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato
per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio
2023-2025), art. 1, commi da 115 a 119.
(GU n. 19 del 08-05-2024)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL LAZIO
sezione seconda ter
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 6710 del 2023, proposto da Tamoil Italia S.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avvocati Stefano Grassi, Marco Miccinesi, Giulio Enea Vigevani,
Francesco Grassi, con domicilio digitale come da PEC da registri di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio Grassi Stefano in Roma,
piazza Barberini n. 12;
Contro l'Agenzia delle entrate, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
Nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri,
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
Per l'annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari ai
sensi dell'art. 55 c.p.a.:
della Circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023 emessa
dall'Agenzia delle entrate, avente ad oggetto «Articolo 1, commi da
115 a 121, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di
previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio
pluriennale per il triennio 2023-2025» (c.d. legge di bilancio 2023)
- Istituzione del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 e
modifiche al contributo straordinario contro il caro bollette di cui
all'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. decreto
Ucraina)»;
della risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 15/E del 14
marzo 2023, avente ad oggetto «Istituzione dei codici tributo per il
versamento, tramite modello F24, del contributo di solidarieta'
temporaneo per il 2023, nonche' del maggior importo dovuto o per
l'utilizzo in compensazione del maggior importo versato del
contributo straordinario contro il caro bollette per il 2022 -
articolo 1, commi da 115 a 121 della legge 29 dicembre 2022, n. 197»;
del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate,
prot. n. 55523/2023 del 28 febbraio 2023, recante «Approvazione del
modello di dichiarazione "Redditi 2023-SC", con le relative
istruzioni, che le societa' ed enti commerciali residenti nel
territorio dello Stato e i soggetti non residenti equiparati devono
presentare nell'anno 2023 ai fini delle imposte sui redditi.
Approvazione delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica
dei dati contenuti nel modello di dichiarazione redditi 2023-SC" del
relativo "Modello di dichiarazione redditi 2023-SC" e delle relative
"Istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione dei
redditi delle societa' di capitali"»;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale,
anche non conosciuto dalla ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia delle
entrate e di Presidenza del Consiglio dei ministri e di Ministero
dell'economia e delle finanze;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 la
dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
1. - Con ricorso notificato il 24 aprile 2023 e depositato il
successivo 27 aprile, Tamoil Italia S.p.a., societa' attiva in via
esclusiva nel settore del commercio all'ingrosso di prodotti
petroliferi e lubrificanti, nonche' di combustibili per
riscaldamento, ha impugnato, chiedendone l'annullamento previa
sospensione cautelare, la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 4/E
del 23 febbraio 2023 avente ad oggetto «Articolo 1, commi da 115 a
121, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di
previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio
pluriennale per il triennio 2023-2025» (c.d. legge di bilancio 2023)
- Istituzione del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 e
modifiche al contributo straordinario contro il caro bollette di cui
all'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. decreto
Ucraina)», la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 15/E del 14
marzo 2023, avente ad oggetto «Istituzione dei codici tributo per il
versamento, tramite modello F24, del contributo di solidarieta'
temporaneo per il 2023, nonche' del maggior importo dovuto o per
l'utilizzo in compensazione del maggior importo versato del
contributo straordinario contro il caro bollette per il 2022 -
Articolo 1, commi da 115 a 121 della legge 29 dicembre 2022, n. 197»
e il provvedimento dell'Agenzia delle entrate prot. n. 55523 del 28
febbraio 2023 di approvazione del modello di dichiarazione «Redditi
2023-SC», con le relative istruzioni.
2. - L'art. 1, commi 115-119, della legge n. 197 del 2022 ha
introdotto, nell'ordinamento italiano, un contribuito «a carico dei
soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva
vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia elettrica, dei
soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di
estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia
elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che
esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione e commercio di
prodotti petroliferi. Il contributo e' dovuto, altresi', dai soggetti
che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo
energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o
che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da
altri Stati dell'Unione europea».
La finalita' della disposizione, come emerge dalla relazione
illustrativa al disegno di legge di bilancio 2023-2025, e' quella di
introdurre «per l'anno 2023, una misura nazionale equivalente al
contributo temporaneo istituito ai sensi del regolamento (UE)
2022/1854, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai
prezzi elevati dell'energia, un contributo di solidarieta'
temporaneo», a sua volta finalizzato all'adozione di misure uniformi,
da parte degli stati membri, volte a contrastare l'inflazione
generale nella zona euro e il rallentamento della crescita economica
dell'Unione europea dovuta (anche) all'aumento netto dei prezzi
dell'energia.
La ratio sottesa alla previsione in esame e' dunque quella di
contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del
settore energetico sulle imprese e i consumatori, andando a colpire
quegli operatori economici che, proprio in ragione di tale aumento,
si presume abbiano generato maggiori entrate e profitti.
3. - Il regolamento UE 2022\1854 individuava le misure da
adottarsi dagli stati membri nelle seguenti:
a) la riduzione del consumo di energia elettrica;
b) un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai produttori di
energia elettrica, da energia eolica, energia solare (termica e
fotovoltaica), energia geotermica, energia idroelettrica senza
serbatoio, combustibili da biomassa (combustibili solidi o gassosi da
biomassa) escluso il biometano, rifiuti, energia nucleare, lignite,
prodotti del petrolio greggio, torba;
c) un contributo di solidarieta' temporaneo sugli utili
generati esclusivamente dalle imprese che svolgono attivita' nei
settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della
raffinazione, da intendersi le «imprese o stabili organizzazioni
dell'Unione che generano almeno il 75% del loro fatturato da
attivita' economiche nel settore dell'estrazione, della raffinazione
del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al
regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del
Consiglio».
4. - Il legislatore italiano aveva gia' introdotto, prima
dell'adozione del regolamento comunitario, un «Contributo
straordinario contro il caro bollette» a mezzo dell'art. 37 del
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. «decreto Ucraina»),
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 517, e
modificato dal decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (c.d. «decreto
Aiuti»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022,
n. 91 e con il comma 30 del medesimo decreto-legge n. 197/2022 (e
sempre in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio) a
decorrere dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, un tetto sui
ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica,
attraverso un meccanismo di compensazione a una via, in riferimento
all'energia elettrica immessa in rete da: ... b) impianti alimentati
da fonti non rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del regolamento
(UE) 2022/1854.
5. L'art. 1, comma 30, del decreto-legge n. 197/2022, lettera
b), infine, in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del
Consiglio, del 6 ottobre 2022, ha stabilito che, «a decorrere dal 1°
dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, e' applicato un tetto sui
ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica,
attraverso un meccanismo di compensazione a una via, in riferimento
all'energia elettrica immessa in rete da:
a) impianti a fonti rinnovabili non rientranti nell'ambito di
applicazione dell'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n.
4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25;
b) impianti alimentati da fonti non rinnovabili di cui
all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE) 2022/1854.».
6. - Gli atti impugnati con il ricorso in esame prevedono quanto
segue.
6.1. - La circolare n. 4\E del 23 febbraio 2023 evidenzia, in
primo luogo, quali siano i soggetti passivi del contributo,
individuati ne «i soggetti passivi IRES di cui all'art. 73, comma
111, lettere a), b) e d), del testo unico delle imposte sui redditi»,
specificati, in via esemplificativa, mediante i c.d. codici ATECO, e
indicati nei «soggetti che esercitano nel territorio dello Stato una
o piu' delle seguenti attivita':
produzione di energia elettrica, produzione di gas metano,
estrazione di gas naturale, per la successiva vendita;
rivendita di energia elettrica, gas metano, gas naturale;
produzione, distribuzione, commercio di prodotti petroliferi;
importazione a titolo definitivo, per la successiva
rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas metano, prodotti
petroliferi;
introduzione nel territorio dello Stato, per la successiva
rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas metano o prodotti
petroliferi provenienti da altri Stati dell'Unione europea».
6.2. - Di seguito, la circolare descrive base imponibile e
ammontare del contributo, affermando che «In aderenza con le
finalita' poste dal regolamento UE di assoggettare al contributo in
argomento gli utili eccedenti quelli ordinari, la norma prevede che
il contributo di solidarieta' si applichi «sull'ammontare della quota
del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito
delle societa' relativo al periodo d'imposta antecedente a quello in
corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la
media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul
reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi d'imposta
antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022». Rileva pertanto,
ai fini del calcolo della base imponibile, l'ammontare di reddito
determinato in base alle previsioni del titolo II, capi II e IV, del
TUIR, conseguito nei cinque periodi d'imposta precedenti a quello in
corso al 1° gennaio 2023, senza considerare, per ognuno dei periodi
d'imposta interessati, l'eventuale riduzione dovuta al riporto delle
perdite riferite alle annualita' pregresse, nonche' la deduzione
conseguita per effetto della c.d. agevolazione ACE19. Occorre,
pertanto, fare riferimento all'importo indicato al rigo RF63 del
modello di dichiarazione dei redditi societa' di capitali, enti
commerciali ed equiparati «Redditi SC», che costituisce il reddito
imponibile ai fini del contributo in commento, fatto salvo quanto si
dira' nel prosieguo in relazione alle societa' aderenti a un regime
di trasparenza fiscale.
6.3. - Di seguito, poi, la circolare illustra «Versamento del
contributo e relazione con altre imposte», nonche', sotto vari
aspetti, le «Modifiche al contributo straordinario di cui all'art. 37
del decreto-legge n. 21 del 2022».
6.4. - Da parte sua, la risoluzione del direttore dell'Agenzia
delle entrate n. 55523/2023 del 28 febbraio 2023, recante
«Approvazione del modello di dichiarazione redditi 2023-SC», oltre a
ripercorrere la norma primaria e la circolare su descritte,
istituisce il codice tributo relativo al versamento del medesimo da
parte dei soggetti passivi.
Per quanto qui rileva, dunque, tale atto recita:
Con la circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023 sono stati
forniti, tra l'altro, i chiarimenti relativi all'istituzione del
contributo di solidarieta' temporaneo in argomento e alle modalita' e
termini per il versamento, rinviando ad una successiva risoluzione
l'istituzione dei relativi codici tributo.
Tanto premesso, per consentire il versamento, tramite modello
F24, da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici
messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, del contributo in
oggetto e degli eventuali interessi e sanzioni dovuti in caso di
ravvedimento, si istituiscono i seguenti codici tributo:
«2716» denominato «Contributo di solidarieta' temporaneo
per il 2023 - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre
2022, n. 197»;
«1946» denominato «Contributo di solidarieta' temporaneo
per il 2023 -Interessi - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29
dicembre 2022, n. 197»;
«8946» denominato «Contributo di solidarieta' temporaneo
per il 2023 - Sanzione - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29
dicembre 2022, n. 197».
7. - Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi di doglianza.
7.1. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2 n. 17,
14, 15, 16, 17 e 18 del regolamento del Consiglio (UE) n. 2022/1854
del 6 ottobre 2022, anche in relazione ai considerando n. 50, 51, 53,
54 e 63. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 288 TFUE.
Violazione del principio di proporzionalita' e ragionevolezza.
In sostanza, secondo la ricorrente la misura adottata dal
legislatore nazionale avrebbe dovuto essere disapplicata in quanto in
contrasto con la normativa europea, non potendosi ravvisare
l'equivalenza con il contributo previsto dal regolamento 1854/2022
innanzitutto sotto il profilo dell'ambito soggettivo, essendo il
contributo europeo destinato in via esclusiva ad un diverso settore,
sulla base di una specifica ratio.
7.2. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2 n. 17,
14, 15, 16, 17 e 18 del regolamento del Consiglio (UE) n. 2022/1854
del 6 ottobre 2022, anche in relazione ai considerando n. 50, 51, 53,
54 e 63. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 288 TFUE.
Violazione del principio di proporzionalita' e ragionevolezza.
Parimenti la normativa europea sarebbe violata anche sotto il
profilo della base imponibile e dell'ammontare del contributo,
poiche' mentre il contributo stabilito dal regolamento UE si applica
alla sola parte dell'utile 2022 che eccede la media dei redditi dei
quattro anni precedenti aumentata del 20%, il contributo stabilito
dal Legislatore italiano si applica alla quota del reddito 2022 che
eccede per almeno il 10% la media dei redditi dei quattro periodi
anteriori.
7.3. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2 n. 17, 14,
15, 16, 17 e 18 del regolamento del Consiglio (UE) n. 2022/1854 del 6
ottobre 2022 nonche' dei relativi considerando n. 50, 51, 53, 54 e
63. Violazione e falsa applicazione dell'art. 288 TFUE. Violazione
dell'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU.
Gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche per difetto di
coordinamento tra il nuovo contributo di solidarieta' e il prelievo
gia' disposto dal contributo straordinario di cui all'art. 37 del
decreto-legge n. 21/2022 (versato da Tamoil). Il nuovo contributo si
calcola infatti su una «quota del reddito (...) relativo al periodo
d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023» cosi'
colpendo il (presunto) extraprofitto 2022, ossia quella stessa
ricchezza gia' colpita dal vecchio contributo, il quale si applicava,
al pari del nuovo, ad una base imponibile riferita al periodo
d'imposta 2022.
Di conseguenza, l'entita' del prelievo complessivamente
risultante dalla combinazione del vecchio e del nuovo contributo
esorbiterebbe dai limiti quantitativi desumibili dal regolamento
europeo, pervenendo ad un'imposizione nazionale tale addirittura da
erodere integralmente il reddito d'impresa realizzato nell'anno
d'imposta 2022 da Tamoil Italia, fino ad intaccare persino il
patrimonio della societa', in violazione del regolamento che non
consentiva agli Stati membri di duplicare il prelievo.
Cio' si risolverebbe anche in una imposizione lesiva del diritto
di proprieta' sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dalla Carta di
Nizza (CDFUE), poiche' a causa della somma degli effetti delle misure
domestiche si realizzerebbe una parziale ma significativa
espropriazione di parte del patrimonio della ricorrente.
7.4. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della
legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione degli
articoli 2, 14, 15, 16, 17 e 18 del regolamento (UE) 2022/1854 del
Consiglio del 6 ottobre 2022, nonche' dei relativi considerando n.
50, 51, 53, 54 e 63. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e
di motivazione.
Un ulteriore profilo di illegittimita' dei provvedimenti
impugnati atterrebbe al contrasto con la normativa europea, poiche' a
livello nazionale non e' previsto alcun meccanismo volto ad impedire
e contrastare il «ribaltamento in avanti» (i.e. la rivalsa, anche
occulta) dell'onere economico del prelievo. Tale mancanza
determinerebbe l'incompatibilita' del tributo con il fondamentale
principio europeo di proporzionalita', risolvendosi in una misura
inidonea a raggiungere il perseguito fine di contenere gli effetti
dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le
imprese e i consumatori.
7.5. Illegittimita' derivata dei provvedimenti impugnati in
quanto attuativi di norme primarie (art. 1, commi 115-119 della legge
n. 197/2022) costituzionalmente illegittime per contrasto con gli
articoli 3, 53 e 117 Cost.
In ogni caso, i provvedimenti sarebbero illegittimi in quanto
adottati in attuazione di norme di legge a propria volta
incompatibili, sotto plurimi profili, col dettato costituzionale, ed
in particolare con gli articoli 3, 53 e 117 Cost.
Sotto il profilo della rilevanza, la dichiarazione di
illegittimita' per contrasto con la Costituzione dell'art. 1, commi
115-119 della legge n. 197/2022 travolgerebbe i provvedimenti
attuativi adottati dall'Agenzia delle entrate, con il conseguente
venir meno dell'obbligo di provvedere che gli stessi hanno
concretizzato.
Sotto il profilo della fondatezza, il contributo - con natura
tributaria di imposta - sarebbe sindacabile ai sensi dell'art. 53
Cost., oltreche' dell'art. 3 Cost., in quanto selettivo e settoriale
in assenza di un'adeguata giustificazione obiettiva che sia
coerentemente, proporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella
struttura dell'imposta (come gia' affermato dalla Corte
costituzionale in relazione alla misura analoga disciplinata
dall'art. 81 del decreto-legge n. 112/2008). Cio' perche' sono state
escluse le imprese operanti nella estrazione del petrolio, che, in
tesi, sono quelle che maggiormente riflettono la capacita'
contributiva che si voleva intercettare, al contempo tuttavia
includendo le imprese che commerciano prodotti petroliferi, per le
quali sono invece aumentati anche i costi; il contributo ricade, in
aggiunta alla normale tassazione, su profitti «ordinari» e non su
«extraprofitti», a causa dell'abbassamento della soglia dal 20 al 10
% (che costituisce, altresi', violazione del Reg. UE); la misura
tradisce le sue stesse finalita', ed e' dunque irragionevole, in
quanto non e' previsto alcuno strumento che ne impedisca il
ribaltamento sui consumatori finali che, teoricamente, dovrebbe
tutelare; il contributo 2023 (stante l'indeducibilita' del contributo
2022) ricade su una ricchezza parzialmente inesistente e quindi viola
il principio di effettivita' della capacita' contributiva, nonche' di
ragionevolezza della tassazione del reddito al netto dei costi
inerenti (valevole per l'IRES, che e' il parametro di riferimento,
nonostante l'indubbio rilievo gia' affermato da Corte costituzionale
262/2020).
Le norme sono, inoltre, costituzionalmente illegittime per
violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 Prot.
Add. CEDU, stante quanto gia' esposto in merito al fatto che i due
contributi (2022 e 2023) colpiscono la stessa ricchezza e che non vi
e' deducibilita', con la conseguenza della violazione dei tre profili
rilevanti anche nelle interpretazioni date dalla Corte europea dei
diritti dell'uomo, relativi alla eccessivita' dell'onere, alla
ristretta platea dei soggetti e alla retroattività -non prevedibilita'
della tassazione.
8. L'Agenzia delle entrate, la Presidenza del Consiglio dei
ministri e il Ministero dell'economia e finanze, costituiti in
giudizio, hanno sostenuto, in rito, il difetto assoluto di
giurisdizione sui provvedimenti impugnati, e, in via subordinata, il
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del
giudice tributario e la carenza di interesse a ricorrere di Tamoil.
Nel merito hanno sostenuto l'infondatezza del gravame.
9. - Il ricorso e' stato posto in decisione alla pubblica udienza
del 21 novembre 2023.
10. - Il Collegio, ritenendola rilevante e non manifestamente
infondata, intende sollevare la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197
del 2022, con riferimento agli articoli 3, 53 e 117 della
Costituzione, tenuto di quanto come sopra denunciato, nei sensi che
si chiariranno nel prosieguo della presente motivazione.
Alla disamina della rilevanza della questione deve
necessariamente essere premesso quanto segue.
10.1. - Il giudizio in esame involge - e di cio' il Collegio e'
consapevole - sia potenziali questioni di legittimita' costituzionale
(che per larga parte costituiscono, esse stesse, motivi di
impugnazione degli atti oggetto di ricorso), sia potenziali questioni
di compatibilita' comunitaria delle norme interessate, in astratto
idonee a fondare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 del Trattato.
Tali questioni - come testimonia la ricorrente invocazione della
violazione dell'art. 117 Cost. contenuta nell'atto introduttivo - nel
presente giudizio concorrono piu' volte tra di loro.
Questo Tribunale amministrativo regionale ritiene di dovere
innanzitutto sollevare le ritenute questioni di costituzionalita',
dando cosi' precedenza al sindacato accentrato della Corte
costituzionale.
Cio', innanzitutto, sulla scorta dell'osservazione per cui un
eventuale rinvio della medesima questione alla Corte di giustizia
dell'UE sarebbe inutile, qualora la Corte costituzionale dovesse
accogliere la questione di costituzionalita' delle norme censurate.
10.2. - La giurisprudenza costituzionale piu' recente in materia
c.d. doppia pregiudizialita' conforta tale decisione del Collegio.
Infatti, proprio in una pronunzia (sentenza n. 269 del 14
dicembre 2017) che derivava da un giudizio a quo in materia
tributaria (in quella circostanza erano state sollevate dalla
Commissione tributaria provinciale di Roma le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 7-ter e 7-quater,
della legge 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato, proprio in riferimento agli articoli 3 e
53, primo e secondo comma, della Costituzione) la Corte
costituzionale ha premesso che «puo' darsi il caso che la violazione
di un diritto della persona infranga, ad un tempo, sia le garanzie
presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla
Carta dei diritti dell'Unione, come e' accaduto da ultimo in
riferimento al principio di legalita' dei reati e delle pene (Corte
di giustizia dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 5 dicembre
2017, nella causa C-42/17, M.A.S, M.B.)».
In quella circostanza, la Corte costituzionale ha dunque
osservato che «le violazioni dei diritti della persona postulano la
necessita' di un intervento erga omnes di questa Corte, anche in
virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di
costituzionalita' delle leggi a fondamento dell'architettura
costituzionale (art. 134 Cost.). La Corte giudichera' alla luce dei
parametri interni ed eventualmente di quelli europei (ex articoli 11
e 117 Cost.), secondo l'ordine di volta in volta appropriato, anche
al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta dei
diritti siano interpretati in armonia con le tradizioni
costituzionali, pure richiamate dall'art. 6 del Trattato sull'Unione
europea e dall'art. 52, comma 4, della CDFUE come fonti rilevanti in
tale ambito.».
Peraltro, come pure osservato dal Giudice delle leggi, la stessa
Corte di giustizia ha a sua volta affermato che il diritto
dell'Unione «non osta» al carattere prioritario del giudizio di
costituzionalita' di competenza delle Corti costituzionali nazionali,
purche' i giudici ordinari restino liberi di sottoporre alla Corte di
giustizia, «in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata
e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo
generale delle leggi, qualsiasi questione pregiudiziale a loro
giudizio necessaria»; di «adottare qualsiasi misura necessaria per
garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti
dall'ordinamento giuridico dell'Unione»; di disapplicare, al termine
del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, la
disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il
vaglio di costituzionalita', ove, per altri profili, la ritengano
contraria al diritto dell'Unione (tra le altre, Corte di giustizia
dell'Unione europea, quinta sezione, sentenza 11 settembre 2014,
nella causa C-112/13 A contro B e altri; Corte di giustizia
dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 22 giugno 2010, nelle
cause C-188/10, Melki e C-189/10, Abdeli).».
E, pertanto, «In linea con questi orientamenti, questa Corte
ritiene che, laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita'
tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana,
quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria,
debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale,
fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le questioni di
interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi
dell'art. 267 del TFUE.».
10.3. - Ne segue, in definitiva, che la rilevanza delle questioni
di legittimita' costituzionale che qui il Collegio intende sollevare
non e' inficiata dalla concorrente presenza di questioni di
compatibilita' comunitaria, in astratto da sollevare davanti alla
Corte di giustizia dell'UE.
Con la precisazione, che deriva direttamente dalla lettura della
su ampiamente richiamata sentenza n. 269\2017, per cui la preventiva
questione di legittimita' costituzionale non deve riguardare
unicamente le norme che, al contempo, possano essere sospettate anche
di incompatibilita' con il diritto dell'Unione; bensi', come
chiaramente indica la centrale affermazione della Corte per cui «le
violazioni dei diritti della persona postulano la necessita' di un
intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtu' del principio
che situa il sindacato accentrato di costituzionalita' delle leggi a
fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.). La
Corte giudichera' alla luce dei parametri interni ed eventualmente di
quelli europei (ex articoli 11 e 117 Cost.), secondo l'ordine di
volta in volta appropriato», anche eventuali profili di
illegittimita' costituzionale non implicanti questioni di
compatibilita' comunitaria delle norme interessate.
11. - Tanto premesso sul potere-dovere di questo Tribunale di
sollevare questioni di legittimita' costituzionale nel presente
giudizio, e' adesso possibile scrutinare i requisiti di rilevanza
delle questioni che il Collegio intende sollevare.
11.1. - E' innanzitutto fin troppo ovvio che, senza
l'introduzione nell'ordinamento, ad opera dell'art. 1, commi 115, 116
e 118, della legge n. 197 del 2022, del contributo di solidarieta' in
questione, le societa' ricorrenti non risulterebbero incise dal
relativo obbligo tributario, e, soprattutto, l'Agenzia delle entrate
non avrebbe dovuto ne' potuto emanare la circolare e gli altri atti
oggetto dell'impugnazione di parte ricorrente davanti a questo TAR.
In particolare, la parte ricorrente, attraverso i vizi di
legittimita' che ha ritenuto di appuntare sugli atti dell'Agenzia
delle entrate oggetto di impugnazione, censura sia la base
imponibile, che l'estensione dei soggetti passivi, che, ancora,
l'indeducibilita' dall'Ires del contributo straordinario in
questione.
In altri termini, cio' che l'impugnazione si propone di
raggiungere - mediante il richiesto annullamento di circolare ed atti
successivi - e' l'espunzione dall'ordinamento nazionale della stessa
norma che fonda i presupposti fondamentali dell'imposizione in
questione.
Va al riguardo osservato che le sentenze n. 188, n. 224 del 2020
e n. 46 del 2021 della Corte costituzionale affermano che non
sussiste il difetto di incidentalita' quando la questione investe una
disposizione avente forza di legge che il rimettente deve applicare
come passaggio obbligato ai fini della risoluzione della controversia
oggetto del processo principale.
Tale requisito, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale,
viene ravvisato nei casi in cui «le doglianze mosse contro
provvedimenti o norme secondarie non potrebbero altrimenti essere
accolte che a seguito dell'eventuale accoglimento della questione di
legittimita' proposta nei confronti della disposizione di legge da
quei provvedimenti applicata (sentenze n. 151 del 2009, punto 4.4; n.
303 del 2007, punto 6.1; n. 4 del 2000, punto 2.2, del Considerato in
diritto)» (sentenza n. 16 del 2017).
Tanto accade, come detto, nel caso di specie.
11.2. - E' allora indispensabile scrutinare, in questa sede di
esame della rilevanza delle questioni di costituzionalita', la
possibilita' che - allo stato degli atti e salve eventuali
sopravvenienze future - il giudizio in questione pervenga ad una
pronunzia di merito, sia essa di accoglimento o di rigetto.
Infatti, la rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale «deve ritenersi sussistente quando la norma della cui
legittimita' costituzionale il giudice dubiti debba essere applicata
nel giudizio a quo per decidere il merito della controversia o una
questione processuale o pregiudiziale, oppure quando la decisione
della Corte costituzionale comunque influisca sul percorso
argomentativo che il rimettente deve seguire per rendere la
decisione».
E' in altri termini indispensabile valutare l'eventuale
fondatezza di questioni preliminari o pregiudiziali, prime fra tutte
quelle relative alla giurisdizione.
Cio' in quanto «Ai fini dell'ammissibilita' di una questione di
costituzionalita', sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad
un'autorita' giurisdizionale, e' necessario, fra l'altro, che essa
investa una disposizione avente forza di legge di cui il giudice
rimettente sia tenuto a fare applicazione, quale passaggio obbligato
ai fini della risoluzione della controversia oggetto del processo
principale. Nel caso di specie, non e' dubbio che l'eventuale
accoglimento delle questioni prospettate (...) produrrebbe un
concreto effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa
dedotta dalle parti private, poiche' dovrebbero essere accolte le
doglianze mosse contro le norme secondarie censurate (nello stesso
senso, sul principio, sentenze numeri 303 e 50 del 2007)» (Corte
costituzionale n. 151 del 2009).
E la stessa giurisprudenza costituzionale non pone in dubbio che
il giudizio sulla rilevanza della questione passi necessariamente per
la valutazione della sussistenza della giurisdizione del giudice a
quo; la Corte, infatti, non ha esitato (ad esempio, ordinanze n. 458
del 1992 e n. 60 del 1994) a dichiarare la manifesta inammissibilita'
della questione di costituzionalita' in casi in cui essa era stata
sollevata dal giudice non fornito di giurisdizione.
11.3. - Il presente giudizio viene ascritto dalla stessa parte
ricorrente alla giurisdizione generale di legittimita' del Giudice
amministrativo, davanti al quale le societa' ricorrenti propongono
domanda di annullamento della Circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023
emessa dall'Agenzia delle entrate e l'atto del direttore dell'Agenzia
delle entrate n. 55523/2023 del 28 febbraio 2023, recante
«Approvazione del modello di dichiarazione Redditi 2023-SC», nella
parte in cui gia' prevede l'indicazione in dichiarazione di alcuni
elementi del contributo di solidarieta' previsto dall'art. 1, commi
115-119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio
2023).
11.3.1. - Anche in questa circostanza, cosi' come era accaduto
nella vicenda giudiziaria che - sin qui - ha interessato il
contributo di solidarieta' di cui all'articolo 37 del decreto-legge
n. 21/2022, le parti non pongono in dubbio la natura tributaria del
contributo di solidarieta' di cui all'art. 1, commi 115, 116 e 118,
della legge n. 197 del 2022.
Per tale ragione, il confronto dialettico tra le parti si e'
sviluppato (ancora una volta, cosi' come era accaduto in relazione al
contributo del 2022), oltre che in ordine all'eccepito difetto
assoluto di giurisdizione, anche in relazione all'attribuzione della
giurisdizione al Giudice amministrativo oppure al Giudice tributario.
Peraltro, la natura di imposta sui redditi del contributo di cui
all'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197 del 2022 e'
stata espressamente messa in dubbio proprio dalla Circolare n. 4/E
del 23 febbraio 2023.
A pag. 4 della circolare, infatti, e' dato di leggere che «Il
Consiglio dell'Unione europea, al riguardo, con il citato regolamento
(UE) n. 2022/1854 del 6 ottobre 2022, ha previsto al capo III una
«Misura riguardante i settori del petrolio greggio, del gas naturale,
del carbone e della raffinazione», consistente, in particolare, nella
previsione a livello unionale, per gli anni 2022 e/o 2023, di un
contributo di solidarieta' temporaneo obbligatorio a carico delle
imprese e delle stabili organizzazioni che operano in tali settori
(...). Si tratta di una misura ridistributiva, congiunta e
coordinata, adottata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi
dell'art. 122 del Trattamento di funzionamento dell'Unione europea
(...) deve ritenersi che il contributo straordinario sia una misura
temporanea e straordinaria per l'anno 2023 non annoverabile
nell'alveo delle imposte sui redditi.».
E in calce, alla nota 6, la circolare medesima testualmente
afferma: «Si evidenzia, al riguardo, che le misure adottate dal
Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 122 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea rientrano tra quelle di cui al
titolo VIII, capo 1, del TFUE, riguardanti la politica economica
dell'Unione europea, e non tra quelle di cui al titolo VII, capo 2,
concernenti le disposizioni fiscali».
11.3.2. Tali affermazioni della circolare gravata potrebbero
indurre a ritenere che il contributo in questione, oltre a non essere
una imposta sui redditi, non rivesta neppure natura tributaria.
Tuttavia, ai fini del riparto di giurisdizione, il Collegio
ritiene di potere concordare con la parte ricorrente circa la
qualita' di imposta dello stesso.
Per quanto qui interessa, l'art. art. 1, commi da 115 a 119 della
legge n. 197 del 2022 prevede quanto segue:
«115. Al fine di contenere gli effetti dell'aumento dei
prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i
consumatori, e' istituito per l'anno 2023 un contributo di
solidarieta' temporaneo, determinato ai sensi del comma 116, a carico
dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la
successiva vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia
elettrica, dei soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di
gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori
di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti
che esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione e commercio
di prodotti petroliferi. Il contributo e' dovuto, altresi', dai
soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo
definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti
petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni
provenienti da altri Stati dell'Unione europea. Il contributo non e'
dovuto dai soggetti che svolgono l'attivita' di organizzazione e
gestione di piattaforme per lo scambio dell'energia elettrica, del
gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonche' dalle
piccole imprese e dalle microimprese che esercitano l'attivita' di
commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata
dal codice ATECO 47.30.00. Il contributo e' dovuto se almeno il 75
per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in
corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nei periodi
precedenti»;
«116. Il contributo di solidarieta' e' determinato applicando
un'aliquota pari al 50 per cento sull'ammontare della quota del
reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito
delle societa' relativo al periodo di imposta antecedente a quello in
corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la
media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul
reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta
antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022; nel caso in cui la
media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a
zero. L'ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non
puo' essere superiore a una quota pari al 25 per cento del valore del
patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente a
quello in corso al 1° gennaio 2022».
Questa disposizione e' stata integrata mediante il decreto-legge
18 ottobre 2023, n. 145 "Misure urgenti in materia economica e
fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per
esigenze indifferibili", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana 18 ottobre 2023, n. 244, il cui art. 6 (Modifiche
all'art. 4 del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127) prevede che «1.
Ai soli fini della determinazione del contributo di solidarieta'
temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 119 dell'art. 1
della legge 29 dicembre 2022, n. 197, non concorrono alla
determinazione del reddito complessivo relativo al periodo di imposta
antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 gli utilizzi di
riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o
vincolate a copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell'art. 109,
comma 4, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, nel testo previgente alle modifiche apportate dall'art. 1, comma
33, lettera q), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nel limite del
30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al
termine dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio
2022.».
«117. Il contributo di solidarieta' dovuto, determinato ai
sensi del comma 116, e' versato entro il sesto mese successivo a
quello di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1°
gennaio 2023. I soggetti che in base a disposizioni di legge
approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura
dell'esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a
quello di approvazione del bilancio. I soggetti con esercizio non
coincidente con l'anno solare possono effettuare il versamento del
contributo entro il 30 giugno 2023.».
Peraltro, il termine di versamento e' stato differito al 30
ottobre 2023 ad opera dell'art. 4, comma 1, decreto-legge 28 luglio
2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 settembre
2023, n. 127.
«118. Il contributo di solidarieta' non e' deducibile ai fini
delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita'
produttive.»;
«119. Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della
riscossione del contributo di solidarieta', nonche' del contenzioso,
si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.».
11.3.3. - Come noto, secondo la giurisprudenza costituzionale,
una fattispecie deve ritenersi «di natura tributaria,
indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore,
laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti: la disciplina
legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una
definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo;
la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto
sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente
rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere
destinate a sovvenire pubbliche spese» (ad esempio, fra tante,
sentenze n. 269 e n. 236 del 2017, sentenza n. 89 del 2018, sentenza
n. 167 del 2018).
Anche la giurisprudenza della Corte di cassazione (Cass. civ.,
sez. un., 31 ottobre 2022, n. 32121) e' concorde nel ritenere che una
fattispecie deve ritenersi di natura tributaria, indipendentemente
dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino
i tre indefettibili requisiti su richiamati.
Inoltre, i caratteri identificativi generali del tributo debbono
essere individuati nei seguenti elementi tipizzanti (peraltro
dichiaratamente rinvenuti dalla Corte di cassazione nella
giurisprudenza costituzionale):
«la matrice legislativa della prestazione imposta, in quanto
il tributo nasce direttamente in forza della legge, risultando
irrilevante l'autonomia contrattuale (Corte cost. n. 58 del 2015)»;
«la doverosita' della prestazione (Corte cost. n. 141 del
2009, n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta
un'ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente
pubblico (Corte cost. n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26
del 1982)»;
«la circostanza che i soggetti tenuti al pagamento del
contributo non possono sottrarsi a tale obbligo e la legge non da'
alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volonta' delle
parti (Corte cost. n. 238 del 2009, punto 7.2.3.2, nonche', in
relazione al contributo al SSN, Cassazione civ., sez. un. n. 123 del
2007, che ne ha affermato la natura tributaria)»;
«il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione
e' destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno
finanziario dell'ente impositore (Corte cost. n. 37 del 1997, n. 11 e
n. 2 del 1995, n. 26 del 1982, nonche', tra le altre, Cassazione
civ., sez. un. n. 21950 del 2015 e n. 13431 del 2014)».
Nel caso in esame la ricorrenza dei requisiti appena rassegnati
e', a parere del Collegio, evidente, in quanto:
il prelievo e' disposto da una norma avente forza di legge;
non e' dubitabile la definitivita' della prestazione
patrimoniale, della quale non e' prevista alcuna forma di
restituzione o di ripetibilita', neppure parziale, in favore dei
soggetti passivi;
non vi e' alcuna controprestazione in rapporto sinallagmatico
con i versamenti del contributo;
quest'ultimo - almeno nelle intenzioni dell'impianto
normativo, e senza che cio' costituisca giudizio sulle svariate
censure proposte dalle imprese ricorrenti sul punto - si propone di
colpire cio' che la norma primaria, al comma 115, ritiene essere un
indice di capacita' contributiva, ossia le attivita' delle imprese
del settore energetico ivi contemplate, se almeno il 75 per cento dei
ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1°
gennaio 2023 derivi da tali attivita';
lo scopo del prelievo e', secondo il comma 115, quello di
"contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del
settore energetico per le imprese e i consumatori"».
In conclusione, si deve rilevare la natura tributaria del
contributo in questione, che puo' essere qualificato come imposta
(indiretta), in quanto l'obbligazione non si correla a un atto o a
un'attivita' pubblica, ma trova il proprio presupposto esclusivamente
in fatti economici posti in essere dai soggetti passivi.
11.4. - Tanto premesso sulla natura tributaria del contributo in
questione, ritiene tuttavia il Collegio di non potere aderire alle
eccezioni di difetto assoluto di giurisdizione e - in subordine - di
carenza della giurisdizione amministrativa (in favore di quella
tributaria) sollevate dall'Agenzia delle entrate in relazione
all'impugnazione della circolare e degli altri atti in epigrafe.
11.4.1. - Come ricordato dalla difesa di parte ricorrente, nella
- certamente analoga alla presente - materia dell'impugnazione della
circolare e degli altri atti emessi in attuazione dell'articolo 37
del decreto-legge n. 21/2022 (contributo di solidarieta' per l'anno
2022), questo TAR, con numerose sentenze, aveva dichiarato il difetto
assoluto di giurisdizione in considerazione della assenza di natura
regolamentare (ma anche di atto amministrativo generale) della
circolare in quella circostanza impugnata, nonche' della sua natura
meramente ricognitiva - e cosi' anche di quella degli ulteriori atti
emessi «a valle» dall'Agenzia delle entrate - della norma primaria
istitutiva del tributo.
11.4.2. - A seguito della declaratoria di difetto assoluto di
giurisdizione da parte di questo TAR, il Consiglio di Stato, in sede
d'appello, ha annullato con rinvio le pronunzie di primo grado,
affermando la sussistenza della giurisdizione amministrativa.
Il Giudice d'appello ha basato l'annullamento delle sentenze di
questo TAR sulla base della considerazione per cui «... alla fonte
normativa primaria sono stati riservati gli elementi costitutivi
della prestazione impositiva, mentre a quella gerarchicamente
subordinata sono stati demandati gli ulteriori aspetti di dettaglio
della stessa, necessari per l'attuazione della norma impositiva.
Sotto il profilo ora evidenziato quest'ultima risulta dunque
riferibile ad un potere amministrativo, attribuito alla competente
amministrazione finanziaria. Ne deriva quale ulteriore conseguenza
che gli atti riconducibili alla fonte amministrativa istituita dalla
norma di legge partecipano della relativa natura e sono quindi a loro
volta qualificabili come atti amministrativi. (...) non e' peraltro
determinante stabilire se sul piano sostanziale il provvedimento del
direttore dell'Agenzia delle entrate ex art. 37, comma 5, del
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, abbia natura regolamentare o di
atto amministrativo generale. In base al sopra citato art. 7, comma
1, cod. proc. amm. la giurisdizione generale di legittimita' del
giudice amministrativo concerne infatti «provvedimenti» e «atti»
delle pubbliche amministrazioni comunque espressivi del potere
pubblico, quali pacificamente sono sia i regolamenti che gli atti
amministrativi generali, nel cui schema la stessa Agenzia delle
entrate riconosce essere inquadrabile il provvedimento di attuazione
del contributo straordinario oggetto di impugnazione. (...) Pacifica
dunque la natura di atto amministrativo di quest'ultimo, come
peraltro anche della circolare e della risoluzione impugnati,
altrettanto incontestabile e' l'assenza nella fattispecie controversa
di atti di imposizione tributaria che possano valere a radicare la
giurisdizione degli organi del contenzioso tributario (...)» (tra
tante, si veda la sentenza n. 3219 del 29 marzo 2023).
11.4.3. - Va peraltro rilevato che, con sentenza n. 9188 del 24
ottobre 2023, lo stesso Consiglio di Stato, chiamato a scrutinare
l'appello contro la sentenza di questa sezione che aveva dichiarato
il difetto assoluto di giurisdizione sull'atto dell'Agenzia delle
entrate n. 132395 del 12 luglio 2017 (recante, ai sensi dell'art. 4,
comma 6, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con
modificazioni, con legge 21 giugno 2017, n. 96, le «disposizioni di
attuazione» del regime fiscale per le locazioni brevi stabilito
dall'art. 4, commi 4, 5 e 5-bis, del medesimo decreto-legge n. 50 del
2017), ha affermato che «In termini generali, la circolare e', in
se', mero atto interno dell'amministrazione privo di rilievo,
spessore e valore normativo: la circolare, in altri termini, non e'
fonte del diritto. (...) Essa, infatti, e' priva della capacita' di
dettare norme vincolanti per tutti i consociati e si rivolge
esclusivamente alle articolazioni interne (uffici sotto-ordinati e
periferici) dell'amministrazione, indicando le modalita' da seguire
nell'espletamento dell'attivita' istituzionale. (...) Peraltro, anche
all'interno dell'apparato amministrativo la circolare non e'
vincolante e puo' essere disattesa, senza che cio' determini per cio'
solo l'illegittimita' dell'atto: la violazione della circolare, al
piu', puo' venire in rilievo soltanto quale possibile figura
sintomatica dell'eccesso di potere. (...) Per quanto qui di
interesse, le circolari interpretative, quale e' quella nella specie
gravata, recano l'esegesi di una disposizione di legge e, pertanto,
afferiscono ad un profilo, appunto l'interpretazione della legge, in
cui l'amministrazione non ha funditus alcuna posizione di privilegio,
essendo viceversa soggetta al dato legislativo al pari di ogni altro
soggetto: nel nostro ordinamento, infatti, l'unica interpretazione
vincolante della legge e' quella data dal Giudice (nei limiti della
specifica materia del contendere portata al suo esame e nei confronti
dei soli soggetti coinvolti nella lite - cfr. art. 2909 c.c.). (...)
Nella materia tributaria, infatti, il rapporto giuridico
intercorrente fra ente impositore e contribuente e' regolato
interamente dalla legge; l'amministrazione non puo' autonomamente
individuare an, quantum, quomodo e quando della prestazione
tributaria gravante sul singolo contribuente, dovendo, al contrario,
procedere alla mera attuazione del dictum normativo, previa esegesi
delle disposizioni rilevanti che, tuttavia, ha un valore del tutto
equi-ordinato a quella operata dal contribuente; in caso di
contenzioso, grava sul Giudice adito l'enucleazione del corretto
significato da attribuire alle disposizioni, senza che abbia rilievo
decisivo l'orientamento esegetico dell'amministrazione, ove pure
espresso in atti formali (quale appunto una circolare
interpretativa). (...) Di per se', dunque, la circolare
interpretativa non puo' strutturalmente ledere l'amministrato e,
conseguentemente, vi e' in merito un difetto assoluto di
giurisdizione: essa, infatti, non concreta ne' un atto specifico di
esercizio di potesta' impositiva, per il quale sussiste la
giurisdizione del Giudice tributario, ne' un atto generale di
imposizione, rientrante - quale atto regolamentare o, comunque,
generale propedeutico all'emanazione dei singoli atti impositivi -
nell'ordinaria giurisdizione di legittimita' del Giudice
amministrativo. (...) Le esposte conclusioni assumono particolare
pregnanza nel diritto tributario, connotato dalla riserva di legge
(art. 23 Cost.), dall'inderogabilita' della disposizione tributaria
e, parallelamente, dall'indisponibilita' della prestazione tributaria
(art. 53 Cost.), dalla normale assenza di discrezionalita'
amministrativa in capo agli enti impositori.»
Sulla scorta di tali considerazioni, pertanto, in quella
controversia, il Consiglio di Stato ha respinto il motivo d'appello
relativo al difetto assoluto di giurisdizione pronunziato in primo
grado dal TAR.
11.4.4. - Il Collegio ritiene di dovere superare l'incertezza
interpretativa presente in giurisprudenza, di cui si e' appena dato
conto, prendendo atto che le sentenze d'appello relative
all'impugnazione della circolare e degli ulteriori atti applicativi
inerenti il contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n.
21/2022 sono state oggetto di regolamento di giurisdizione da parte
dell'Avvocatura dello Stato davanti alle SS.UU. della Corte di
cassazione, le quali hanno dichiarato la sussistenza della
giurisdizione del giudice amministrativo.
In particolare, in quella circostanza (si veda ad esempio la
sentenza n. 29103 del 19 ottobre 2023), in cui pure veniva in
considerazione l'impugnazione davanti al giudice amministrativo di un
provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di una
risoluzione, la Corte ha affermato, quanto alla natura del
provvedimento direttoriale (ritenuto meramente attuativo della
voluntas legis dalle difese dell'Agenzia delle entrate), trattarsi
«... di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti
al GA, in virtu' della previsione di cui all'art. 7, commi 1 e 4 cod.
proc. amm...», e quanto alla circolare - ritenuta dall'Agenzia
ricorrente atto meramente interpretativo -, che essa avesse
«contenuto integrativo del provvedimento direttoriale ed in quanto
tale allo stesso e' associabile sul piano della sussistenza
dell'affermata giurisdizione amministrativa».
Hanno poi soggiunto le SS.UU. che «Poiche' l'esercizio del potere
discrezionale dell'Agenzia delle entrate, pur attuativo della
voluntas legis (peraltro secondo il principio costituzionale di
legalita' dell'azione amministrativa), costituisce il presupposto
generale dell'azione impositrice concreta, la situazione soggettiva
che ne deriva non puo' essere che qualificata come interesse
legittimo, giacche' altrimenti se ne creerebbe un'assenza di
giustiziabilita' costituzionalmente non consentita (v. ultra). In
altri, piu' semplici e stringenti termini, la sussistenza di un
interesse legittimo, che costituisce la situazione giuridica
soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti
impugnati e quindi sussiste in re ipsa.».
In definitiva, cio' che le SS.UU. hanno ritenuto ammissibile, ed
ascrivibile alla giurisdizione del giudice amministrativo, e' «...
una forma di tutela preventiva avverso i regolamenti/gli atti
amministrativi generali rispetto agli atti impositivi/riscossivi
"individuali" che e' del tutto legittimata, come gia' osservato,
dall'art. 7, commi 1-4 cod. proc. amm., e, per converso, dal decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 5, il quale
appunto prevede che "Le corti di giustizia tributaria di primo e
secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto
generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in
relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale
impugnazione nella diversa sede competente."».
Per tali ragioni la Corte ha ritenuto di dare continuita' al
principio di diritto, che essa ha espressamente enunziato, per cui
«Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. l'impugnazione
proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il
provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 6 marzo 2020 con cui, in
attuazione del decreto-legge n. 124 del 2019, art. 36, comma 3,
conv., con modif., dalla legge n. 157 del 2019, sono stati indicati
le modalita' di presentazione e il contenuto essenziale della
comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano
cumulato la deduzione fiscale legge n. 388 del 2000, ex art. 6, commi
13 e ss., e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011
possono, avvalendosi della speciale facolta' introdotta proprio dal
citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l'importo dedotto
dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si
configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente
ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una
pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell'elenco riportato
nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19» (Sez. U -,
ordinanza n. 25479 del 21 settembre 2021, Rv. 662252 - 01).».
11.4.5. - Sebbene in quella circostanza la Corte regolatrice
abbia fatto espresso riferimento, nell'enunciare il principio
applicabile, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
(in quanto il principio era stato espresso in precedenza nell'ambito
di controversia in materia di produzione di energia), e nel caso di
specie si verta, invece, nella giurisdizione generale di legittimita'
(si tratta di azione di annullamento in materia non contemplata
dall'art. 133 c.p.a.; in particolare, non ricorre l'ipotesi di cui
alla lettera «o» del comma 1, essendo qui la produzione di energia
solo il presupposto dell'imposizione tributaria disciplinata con le
norme denunziate), il Collegio ritiene di aderire - come detto - alla
tesi per cui gli atti impugnati sono impugnabili, e lo sono davanti
al giudice amministrativo.
A cio' il Collegio e' indotto sia dall'evidente analogia tra i
due contributi straordinari (quello disciplinato dall'art. 37 del
decreto-legge n. 21/2022, i cui atti applicativi sono stati oggetto
del regolamento di giurisdizione di cui si e' detto, e quello di cui
alle norme di cui si fa questione di legittimita' costituzionale),
che dalla constatazione per cui gli atti impugnati in quel giudizio e
nel presente hanno eguale qualificazione giuridica (un provvedimento
direttoriale, ed una circolare interpretativa): in quest'ultimo senso
e' dirimente, in presenza di atti dichiaratamente solo attuativi
della norma primaria di riferimento, l'affermazione delle SS.UU. per
cui «Non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata
(meramente attuativa della norma primaria) dell'atto in contesto, non
essendo un presupposto necessario a fondare la competenza
giurisdizionale del giudice amministrativo».
11.4.6. - Tali affermazioni sono peraltro in sostanziale
consonanza con quanto aveva affermato, in punto di giurisdizione, il
Consiglio di Stato in sede di appello proposto dalle originarie
ricorrenti avverso le sentenze di questo TAR declinatorie della
giurisdizione nell'impugnazione agli atti emessi in attuazione
dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022.
In quella circostanza, infatti (si veda ad esempio la sentenza n.
3219 del 2023), il Consiglio di Stato aveva osservato che «... in
conformita' all'art. 23 Cost., alla fonte normativa primaria sono
stati riservati gli elementi costitutivi della prestazione
impositiva, mentre a quella gerarchicamente subordinata sono stati
demandati gli ulteriori aspetti di dettaglio della stessa, necessari
per l'attuazione della norma impositiva. Sotto il profilo ora
evidenziato quest'ultima risulta dunque riferibile ad un potere
amministrativo, attribuito alla competente amministrazione
finanziaria. Ne deriva quale ulteriore conseguenza che gli atti
riconducibili alla fonte amministrativa istituita dalla norma di
legge partecipano della relativa natura e sono quindi a loro volta
qualificabili come atti amministrativi.».
Per risolvere la questione di giurisdizione oggetto del presente
appello non e' peraltro determinante stabilire se sul piano
sostanziale il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate
ex art. 37, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, abbia
natura regolamentare o di atto amministrativo generale. In base al
sopra citato art. 7, comma 1, cod. proc. amm. la giurisdizione
generale di legittimita' del giudice amministrativo concerne infatti
«provvedimenti» e «atti» delle pubbliche amministrazioni comunque
espressivi del potere pubblico, quali pacificamente sono sia i
regolamenti che gli atti amministrativi generali, nel cui schema la
stessa Agenzia delle entrate riconosce essere inquadrabile il
provvedimento di attuazione del contributo straordinario oggetto di
impugnazione.
12. - Da ultimo, nell'ambito della valutazione della rilevanza
delle questioni che il Collegio intende sollevare, al fine di
scrutinare il possibile approdo del ricorso ad una decisione di
merito va esaminata l'eccezione di inammissibilita' per difetto di
interesse sollevata dall'Avvocatura erariale.
Per la quale, in sintesi, essendo gli atti impugnati solo
ripetitivi della norma istitutiva del tributo, il loro eventuale
annullamento non inciderebbe sulla sussistenza, per i designati
soggetti passivi, dell'obbligo tributario cui essi sono astretti
direttamente dalla norma stessa.
La parte ricorrente, sotto questo profilo, annette invece
rilevanza dirimente al fatto che l'atto direttoriale ha istituito i
codici tributo, senza i quali, a detta delle societa', l'obbligo
tributario non potrebbe essere materialmente assolto e «rimarrebbe,
sostanzialmente, lettera morta» (memoria Tamoil, pag. 9).
12.1. - Su questo punto osserva il Collegio che il riferimento
all'istituzione dei c.d. codice tributo certamente non puo' avere
effetto sull'esistenza dell'obbligazione tributaria in capo ai
soggetti passivi, ne', tanto meno, sulla platea di questi ultimi,
ne', ancora, sulla base imponibile del contributo straordinario: tali
elementi - cosi' come tutti quelli costituitivi del tributo -, atti a
fondare l'obbligazione tributaria, per definizione non possono che
essere posti (ed eventualmente modificati) soltanto dalla legge o da
atti aventi forza di legge (art. 23 Cost.): e cosi' e' anche nel caso
dell'art. 1 commi da 115 a 118 della legge n. 197 del 2022.
12.2. - Tuttavia, dall'istituzione del codice tributo deriva un
rilevante effetto sostanziale, che refluisce, sul piano processuale,
nel radicamento dell'interesse al ricorso in capo ai soggetti
d'imposta.
Tale effetto come detto e' stato riferito (qui lo si riferisce in
estrema sintesi), negli scritti difensivi della ricorrente, come
possibilita' di adempiere all'obbligazione tributaria istituita con
norma di rango legislativo.
La impostazione merita condivisione.
Se, infatti, in linea generale, non e' dubitabile che - ai sensi
dell'art. 23 della Costituzione - l'obbligazione tributaria, sotto
cio' che viene definito in dottrina il suo «aspetto statico»
(presupposto, base imponibile, soggetti passivi), e' un'obbligazione
legale, nondimeno la sua formazione puo' derivare anche da atti del
contribuente (ad esempio, opzione per uno dei possibili regimi
previsti dalla legge per determinati tributi) o dell'amministrazione
finanziaria (c.d. «aspetto dinamico» dell'obbligazione tributaria).
In quest'ultimo caso l'attuazione dell'imposta deriva da atti
ulteriori rispetto alla sua istituzione con legge.
Nel caso in esame, l'istituzione - mediante uno degli atti
impugnati nel presente giudizio, ossia la risoluzione direttoriale -
del codice tributo attiene indubbiamente a tale momento attuativo,
nel senso che rende esigibile (insieme agli altri elementi della
fattispecie legale, in primis la scadenza del termine di pagamento)
l'obbligazione tributaria.
L'istituzione del codice tributo, infatti, rende possibile
l'imputazione corretta del pagamento (qui da effettuarsi tramite
versamento diretto tramite i servizi telematici dell'Agenzia delle
entrate, come specificato nella impugnata circolare n. 4/2023 e
ribadito nella risoluzione gravata) al tributo in questione, e non ad
altre e diverse obbligazioni cui il soggetto passivo sia astretto
verso l'Erario, in quanto reca gli estremi identificativi
dell'imposta pagata: si tratta, in definiva, di un onere cui l'ente
titolare del tributo deve assolvere al fine di rendere possibile al
proprio debitore di adempiere correttamente all'obbligazione
tributaria.
12.3. - In conclusione, le questioni di legittimita'
costituzionale che il Collegio intende sollevare sono dotate di
rilevanza nel presente giudizio, atteso che gli atti impugnati -
dotati di autonoma lesivita' per quanto su rassegnato - sono stati
emessi in diretta derivazione dalle norme qui sospettate di
incostituzionalita'.
13. - Quanto alla non manifesta infondatezza il Collegio ravvisa,
in primo luogo, la contrarieta' del contributo di solidarieta'
introdotto dall'art. 1, commi 115 e ss., della legge n. 197/2022
all'art. 117 della Costituzione, con riguardo ai vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e, nello specifico, dal regolamento UE
1854/2022, direttamente applicabile.
Deve infatti considerarsi che, con il regolamento indicato,
l'Unione europea, dopo aver dato atto che, a causa di situazioni
eccezionali (quali la guerra e particolari condizioni
meteorologiche), tutti gli Stati membri, sebbene in misura diversa,
sono stati colpiti dall'attuale crisi energetica e che «il netto
aumento dei prezzi dell'energia sta contribuendo in modo sostanziale
all'inflazione generale nella zona euro e rallenta la crescita
economica dell'Unione» (considerando 5), ha ritenuto necessario «uno
sforzo coordinato da parte degli Stati membri, in uno spirito di
solidarieta', durante la stagione invernale 2022-2023» per attenuare
l'impatto dei prezzi elevati dell'energia e garantire che l'attuale
crisi non comporti danni duraturi per i consumatori e l'economia
(considerando n. 6).
L'Unione europea ha infatti spiegato che «E' necessaria una
risposta unitaria e ben coordinata a livello dell'Unione» poiche'
«Misure nazionali non coordinate potrebbero incidere sul
funzionamento del mercato interno dell'energia, mettendo in pericolo
la sicurezza dell'approvvigionamento e determinando ulteriori aumenti
dei prezzi negli Stati membri piu' colpiti dalla crisi.»
(considerando 9).
Sulla base di queste premesse, il regolamento ha individuato le
misure che gli Stati membri possono adottare, ove non abbiano gia'
adottato misure equivalenti, per far fronte alla situazione
emergenziale in maniera armonizzata sull'intero territorio
dell'Unione, illustrandole compiutamente gia' nelle premesse del
regolamento.
Tali misure, come visto, consistono: (i) nella riduzione del
consumo di energia elettrica (considerando 10 e poi in dettaglio 16 e
ss.); (ii) in un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai produttori
di energia rinnovabile (considerando 11 e poi in dettaglio 23 e ss);
iii) in un contributo di solidarieta' eccezionale temporaneo «per le
imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono
attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del
carbone e della raffineria» (considerando 12, 13 e 14 e poi in
dettaglio 50 e ss), con la precisazione che tali sono le imprese e le
organizzazioni che generano almeno il 75 % di fatturato nel settore
dell'estrazione, della raffinazione del petrolio o della
fabbricazione di prodotti di cokeria (art. 2 «Definizioni», par. 1,
n. 17).
Con particolare riferimento a quest'ultima misura, ora qui di
interesse, l'indicazione, a livello europeo, degli specifici
destinatari del contributo eccezionale e temporaneo (imprese che
svolgono, in sostanza, la parte prevalente dell'attivita' nei settori
della estrazione e della raffineria) e' espressamente spiegata nel
regolamento, in piu' passaggi: «Il contributo di solidarieta' e' uno
strumento adeguato per gestire gli utili eccedenti in caso di
circostanze impreviste. Tali utili non corrispondono agli utili
ordinari che le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che
svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas
naturale, del carbone e della raffineria si sarebbero aspettati o
avrebbero potuto prevedere di ottenere in circostanze normali, se non
si fossero verificati eventi imprevedibili sui mercati dell'energia»
(considerando 14); cio', si continua a leggere, e' evidentemente
avvenuto perche' «Senza modificare in modo sostanziale la struttura
dei costi ne' aumentare gli investimenti, le imprese e le stabili
organizzazioni dell'Unione che generano almeno il 75 % di fatturato
che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas
naturale, del carbone e della raffinazione hanno registrato
un'impennata dei profitti dovuta alle circostanze improvvise e
imprevedibili della guerra di aggressione della Russia nei confronti
dell'Ucraina, alla riduzione dell'offerta di energia e all'aumento
della domanda causato da temperature eccezionalmente elevate»
(considerando 50); di conseguenza, «Il contributo di solidarieta'
temporaneo dovrebbe fungere da misura di ridistribuzione grazie alla
quale le imprese interessate contribuiscono ad attenuare la crisi
energetica nel mercato interno proporzionalmente agli utili eccedenti
che hanno realizzato in conseguenza delle circostanze impreviste.»
(considerando 51).
In altri termini, quindi, dalla piana lettura del regolamento
europeo emerge che la specificita' dei destinatari (rectius, del
peculiare atteggiarsi dell'attivita' imprenditoriale svolta dai
medesimi che, a fronte dell'invarianza dei costi, ha loro consentito
di aumentare considerevolmente i ricavi in virtu' delle circostanze
eccezionali verificatesi) integra la ragion d'essere, l'ubi
consistam, della misura stessa.
La peculiarita' della misura del contributo rivolto al settore
dell'estrazione rispetto alle altre misure e' ben esplicitata nel
regolamento (considerando 45): «Le pratiche commerciali e il quadro
normativo nel settore dell'energia elettrica sono nettamente diversi
da quelli che vigono per i combustibili fossili. Dato che con
l'introduzione del tetto sui ricavi di mercato s'intende riprodurre
l'esito del mercato che i produttori potrebbero attendersi se le
catene di approvvigionamento mondiali funzionassero normalmente,
ossia senza le interruzioni dell'approvvigionamento di gas
verificatesi da febbraio 2022, e' necessario che la misura destinata
ai produttori di energia elettrica si applichi ai ricavi ottenuti
dalla generazione di energia elettrica. Il contributo di solidarieta'
temporaneo dovrebbe invece applicarsi alle imprese e alle stabili
organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del
petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione,
dal momento che tale contributo e' diretto alla loro redditivita', in
netto aumento rispetto agli anni scorsi».
La differenza tra le due misure e' esplicitata anche nella
proposta di regolamento, dove si legge (pp. 4-5): «Al fine di
assicurare parita' di condizioni, la Commissione propone due
strumenti complementari che abbracciano l'intero settore
dell'energia: a) una misura volta a ridurre temporaneamente i ricavi
dei produttori di energia elettrica e b) una misura che stabilisce
temporaneamente un contributo di solidarieta' sugli utili eccedenti
nel settore fossile che rientrano nell'ambito di applicazione del
presente regolamento. Riducendo i ricavi dei produttori di energia
elettrica, la misura proposta dal regolamento mira a riprodurre
l'esito del mercato che i produttori potrebbero attendersi se le
catene di approvvigionamento mondiali funzionassero normalmente,
ossia in assenza delle interruzioni dell'approvvigionamento di gas
verificatesi dopo l'invasione dell'Ucraina nel febbraio 2022. La
Commissione propone inoltre un contributo temporaneo di solidarieta'
che si applica agli utili delle imprese attive nei settori del
petrolio, del gas, del carbone e della raffinazione, che hanno
registrato una forte crescita rispetto agli anni precedenti».
Nonche': «la presente proposta istituisce un contributo
temporaneo di solidarieta' basato sugli utili imponibili realizzati
nell'esercizio fiscale 2022 da societa' e stabili organizzazioni
attive solo nei settori del petrolio, del gas, del carbone e della
raffinazione».
A fronte di cosi' chiare ed espresse indicazioni, nel regolamento
europeo, sulle motivazioni del contributo di solidarieta' e sul suo
conseguente ambito soggettivo (Capo III del regolamento
specificamente dedicato, appunto, alla «Misura riguardante i settori
del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della
raffinazione»), tuttavia, con le norme qui in esame il legislatore
italiano, come visto, ha posto tale contributo a carico di soggetti
anche diversi dai soli testualmente indicati a livello europeo (in
quanto, come spiegato, le loro dinamiche di impresa giustificano, nel
testo del regolamento, la previsione di uno specifico contributo),
peraltro escludendo le imprese che svolgono attivita' di estrazione
del petrolio, invece contemplate a livello sovranazionale.
Ritiene il Collegio, sul punto, che la scelta legislativa
nazionale cosi' operata sia direttamente violativa dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario, senza che sussista la
necessita' di procedere alla interpretazione del dato normativo
europeo: la misura sovranazionale specifica per il settore estrattivo
e di raffineria, invero, non e' stata proprio adottata dall'Italia,
nonostante le cogenti previsioni del regolamento europeo e la
fissazione di un apposito termine (art. 14, paragrafi 1 e 3 del
regolamento «1. Gli utili eccedenti generati da imprese e stabili
organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del
petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione
sono soggetti a un contributo di solidarieta' temporaneo
obbligatorio, a meno che gli Stati membri non abbiano adottato misure
nazionali equivalenti. (...) 3. Gli Stati membri adottano e
pubblicano misure che attuano il contributo di solidarieta'
temporaneo obbligatorio di cui al paragrafo 1 entro il 31 dicembre
2022.).
Per contro, per la pretesa attuazione delle norme del regolamento
risulta adottata altra diversa misura nazionale di contribuzione di
solidarieta', quale misura asseritamente equivalente (pregiudizievole
per la ricorrente e quindi contestata), ricadente in larga parte su
un diverso settore (gia' destinatario di altre misure), che integra,
quindi, una sorta di aliud pro alio la cui immediata percezione non
richiede alcuno sforzo esegetico.
Non rileva, infatti, in senso contrario alla illegittimita' qui
ritenuta, la circostanza che il regolamento preveda la possibilita'
per gli Stati membri di adottare misure «equivalenti», poiche', nel
disegno normativo europeo, l'equivalenza e' testualmente fissata tra
misure ricadenti sullo stesso specifico settore della estrazione e
della raffineria, caratterizzato dalle proprie dinamiche di impresa
che giustificano la misura, potendo l'equivalenza, semmai, riguardare
gli obiettivi della misura stessa, le finalita' di utilizzo dei
proventi, la base imponibile e l'aliquota del contributo (cfr.
Considerando 63 secondo cui «Gli Stati membri dovrebbero applicare il
contributo di solidarieta' stabilito dal presente regolamento nei
rispettivi territori, a meno che non abbiano adottato misure
nazionali equivalenti. L'obiettivo della misura nazionale dovrebbe
essere considerato simile all'obiettivo generale del contributo di
solidarieta' istituito dal presente regolamento quando consiste nel
contribuire all'accessibilita' economica dell'energia. Una misura
nazionale dovrebbe considerarsi soggetta a norme analoghe a quelle
che si applicano al contributo di solidarieta' qualora riguardi
attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del
carbone e della raffinazione, definisca una base, preveda un tasso e
garantisca che i proventi della misura nazionale siano usati per
finalita' che sono simili a quelle del contributo di solidarieta'.»,
nonche' art. 14, paragrafo 2: «Gli Stati membri provvedono a che le
misure nazionali equivalenti adottate condividano obiettivi simili a
quelli del contributo di solidarieta' temporaneo di cui al presente
regolamento, siano soggette a norme analoghe e generino proventi
comparabili o superiori ai proventi stimati del contributo di
solidarieta'.»).
Ne consegue che la violazione diretta del vincolo derivante dal
regolamento europeo di adottare una misura contributiva di
solidarieta' a carico dello specifico settore della estrazione e
della raffineria, e' rilevante nella specie, poiche' il legislatore
italiano - in luogo di essa - ha ritenuto di adottare nel periodo
indicato, definendola espressamente quale misura equivalente, una
misura contributiva invece anche a carico delle imprese ricorrenti,
appartenenti ad altro settore, che, per contro, non avrebbe avuto
ragion d'essere prevista ove non si fosse perpetrata la violazione
anzidetta.
14. - La rilevata natura tributaria del contributo di
solidarieta' di cui si discute importa pure la contrarieta' delle
previsioni in esame agli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Le disposizioni, infatti, appaiono, in primo luogo, in contrasto
con i principi di uguaglianza, di proporzionalita' e di
ragionevolezza, quest'ultima intesa anche come congruenza delle
previsioni adottate con l'obiettivo perseguito dal legislatore.
La disciplina del contributo di solidarieta' appare, inoltre, in
contrasto con il principio di capacita' contributiva, che del
principio di uguaglianza costituisce una specificazione,
rappresentando il presupposto e, al contempo, il limite del potere
impositivo dello Stato e del dovere del contribuente di concorrere
alle spese pubbliche e importando, di conseguenza, l'illegittimita'
di quelle norme che istituiscono un trattamento differenziato tra
situazioni uguali ovvero un trattamento uguale per situazioni
differenziate, laddove l'opzione normativa prescelta non sia sorretta
da argomenti persuasivi.
In proposito il Collegio richiama quanto affermato dalla Corte
costituzionale con riferimento al tributo di cui all'art. 81, commi
16, 17 e 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n.
133 (che, per diversi profili richiama il contributo qui in esame),
laddove ha affermato che il sacrificio ai principi di eguaglianza e
capacita' contributiva recato da un tributo speciale e selettivo non
dev'essere sproporzionato e non deve degradare in arbitraria
discriminazione, in quanto «la sua struttura deve raccordarsi con la
relativa ratio giustificatrice», cosi' che se «il presupposto
economico che il legislatore intende colpire e' la eccezionale
redditivita' dell'attivita' svolta in un settore che presenta
caratteristiche privilegiate in un dato momento congiunturale, tale
circostanza dovrebbe necessariamente riflettersi sulla struttura
dell'imposizione» (Corte costituzionale, sentenza 11 febbraio 2015,
n. 10).
14.1. - Rileva, in particolare, il Collegio come le disposizioni
di cui ai commi 115 e ss. dell'art. 1 della legge n. 197/2022
presentano diverse criticita' con riferimento all'individuazione
della base imponibile, la definizione della quale risulta, per piu'
versi, non congruente con la dichiarata finalita' di tassare gli
incrementi di utili dipendenti dall'aumento dei prezzi dell'energia.
14.1.2. - Come visto, il contributo e' calcolato applicando
un'aliquota del 50% alla quota del reddito complessivo IRES per il
periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023
che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi IRES
conseguiti nei quattro periodi d'imposta antecedenti a quello in
corso al 1° gennaio 2022.
La base di calcolo del contributo di solidarieta' per il 2023,
alla quale applicare l'aliquota del 50 per cento, e' dunque il
risultato di un confronto fra il reddito IRES conseguito dal soggetto
passivo nel periodo d'imposta antecedente al 1° gennaio 2023 - quindi
nel 2022, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare
- e la media dei redditi complessivi IRES dei quattro periodi
d'imposta precedenti.
Il reddito rilevante ai fini Ires, tuttavia, include, nella base
di calcolo, anche voci che nulla hanno nulla a che vedere con gli
«extraprofitti» derivanti dall'aumento dei prezzi dei prodotti
energetici.
Si tratta in sostanza delle operazioni societarie relative ai
fondi rischi, agli oneri o alle plusvalenze/minusvalenze derivanti da
cessioni di partecipazioni, ovvero, ancora, da eventi collegati
all'operativita' straordinaria delle imprese, operazioni tutte che
individuano un incremento di reddito che non ha alcuna connessione
con l'incremento dei prezzi dell'energia.
Sul punto e' significativo il fatto che il legislatore, con
riferimento al contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n.
21/2022, abbia introdotto, a mezzo dell'art. 1, comma 120, lettera
c), della legge 29 dicembre 2022, n. 197, un comma 3-bis al citato
art. 37, a norma del quale «Non concorrono alla determinazione dei
totali delle operazioni attive e passive, di cui al comma 3, le
operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri
titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono
tra i soggetti di cui al comma 1».
Nella stessa logica, del resto, pare muoversi, il pure richiamato
art. 6 del decreto-legge n. 145/2023, convertito con modificazioni,
dalla legge n. 191/2023.
14.1.3. - Sempre con riferimento all'individuazione della base
imponibile, la disciplina del contributo straordinario appare poi in
contrasto con il principio di capacita' contributiva laddove non
considera che una parte dell'incremento dei profitti realizzati nel
2022 rispetto alla media dei precedenti quattro anni non e' dovuta a
una maggiore capacita' di produrre reddito dell'operatore economico,
ma dipende dalla riespansione dei consumi energetici, che, nel corso
degli anni 2020 e (in parte) 2021, si e' contratta a causa della
pandemia da Covid 19, cosi' che una parte di quelli che vengono
considerati «extraprofitti», sia pure solo con riferimento ai criteri
di calcolo della media rilevante, e' semplicemente rappresentata dal
ritorno al volume di affari pre Covid.
Si e' dato, in tal modo, rilievo a un elemento che, in quanto
dipendente da circostanze imprevedibili ed eccezionali, non appare
idoneo a fungere da riferimento per individuare e calcolare
l'ipotetico «sovraprofitto» realizzato dalle imprese dopo la fine
dell'emergenza (per analoga valutazione in ordine alla inidoneita'
dell'imponibile 2020 a costituire il riferimento per individuare e
calcolare una supposta «plus-ricchezza», e cioe' l'ipotetico
«sovraprofitto» realizzato dalle imprese, in ragione del fatto che
gli extraprofitti realizzati nel 2021-2022, rispetto al
corrispondente periodo 2020-2021, sono, in gran parte, dovuti al
fatto che durante la pandemia le societa' erano in perdita, cosi' che
il differenziale che confluisce nella base imponibile del contributo
non rappresenta un «sovraprofitto», ma un mero incremento rispetto
alle perdite realizzate in costanza di pandemia, cfr., con
riferimento al contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n.
21/2022, Corte di giustizia tributaria di primo grado, Roma, Sez.
XXVII - ordinanza n. 147 del 27 giugno 2023).
14.1.4. - Altro profilo di contrasto con gli articoli 3 e 53
della Costituzione della normativa in esame deve poi ravvisarsi con
riferimento al fatto che il contributo straordinario introdotto dalla
legge n. 197 del 2022 colpisce una manifestazione di capacita'
contributiva in parte gia' sottoposta a tassazione.
La legge n. 197 del 2022, infatti, impone il pagamento del
contributo con riferimento a redditi riferiti a un periodo, l'anno di
imposta precedente al 1° gennaio 2023, i ricavi conseguiti nel corso
del quale risultano, sia pure solo in parte, gia' presi in
considerazione per la determinazione del contributo straordinario per
l'anno 2022, di cui all'art. 37 del decreto legislativo n. 21 del
2022.
Quest'ultima norma, infatti, ha previsto che «la base imponibile
del contributo solidaristico straordinario e' costituita
dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni
passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022,
rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021».
In sostanza, i redditi conseguiti nei mesi di gennaio, febbraio,
marzo ed aprile del 2022, gia' considerati quale presupposto di
imposta a fini della determinazione dell'importo del contributo
straordinario per il 2022, rientrano, altresi', nella base imponibile
per il calcolo del contributo del 2023.
Appare, di conseguenza, evidente come, con riferimento al periodo
1° gennaio 2022 - 30 aprile 2022, gli utili di un medesimo soggetto,
sia pure determinati sulla base di un criterio di calcolo
parzialmente diverso, sono assoggettati ad entrambi i contribuiti.
Tanto comporta (con riferimento ai quattro mesi sopra indicati)
una duplicazione di imposta, che risulta evidente alla luce della
sostanziale sovrapponibilita' degli scopi perseguiti dai due prelievi
(individuate, rispettivamente, dall'art. 37 del decreto-legge n.
21/2022 nel «contenere per le imprese e i consumatori gli effetti
dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico» e
dall'art. 1, comma 115, della legge n. 197/2002, nel «contenere gli
effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore
energetico per le imprese e i consumatori»).
La evidenziata duplicazione, del resto, non trova correttivi in
meccanismi di deducibilita' del contributo introdotto dall'art. 37
del decreto-legge n. 21/2022 da quello introdotto dal comma 115
dell'art. 1 della legge n. 197/2022, cosi' comportando la
sottoposizione degli operatori economici incisi dalle due misure,
anche in ragione delle aliquote previste per entrambi i tributi, a un
prelievo fiscale significativamente alto, la cui concreta incidenza
sui redditi di impresa, in disparte la qualificabilita' o meno della
stessa come misura espropriativa, non appare rispettosa del principio
di proporzionalita'.
14.1.4.1. - La sottoposizione di una medesima manifestazione di
capacita' contributiva a un duplice prelievo tributario va ravvisata,
sotto diverso profilo e per il solo mese di dicembre 2022, anche con
riferimento ai gestori degli «impianti alimentati da fonti non
rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE)
2022/1854», ai quali - ai sensi dell'art. 1, comma 30, del
decreto-legge n. 197/2022, lettera b) e in attuazione del regolamento
(UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022 (a decorrere dal 1°
dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023) - e' stato applicato un tetto
sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia
elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via.
Il meccanismo di compensazione, infatti, prevede il recupero da
parte del GSE degli utili eccedenti il prezzo fissato dal gestore,
cosi' che la ricomprensione nella base di calcolo del contribuito di
solidarieta' delle somme corrispondenti agli utili ritrasferiti al
Gestore, importa, in concreto, la sottoposizione a tassazione di un
reddito non effettivamente conseguito.
14.1.5. - Sotto diverso profilo, va poi rilevato come ulteriori
criticita' in ordine all'assenza di correlazione tra la definizione
della base imponibile e la finalita' perseguita dal contributo di
solidarieta' in esame discendono dal fatto che il tributo - che
grava, come visto, sulla quota del reddito che eccede, «per almeno il
10 per cento», la media dei redditi complessivi determinati ai sensi
dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro
periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022
sui soggetti i cui ricavi derivino, almeno per il 75 per cento, dalle
attivita' indicate dal comma 115 - e' calcolato anche sulla parte di
profitti (pari o inferiore a 25 per cento di quelli complessivamente
conseguiti) derivanti da attivita' estranee a quelle dichiaratamente
incise e, che, all'evidenza, non hanno alcun collegamento con il
presupposto del tributo.
14.1.6. - Ulteriore e distinto profilo di contrasto con gli
articoli 3 e 53 della Costituzione investe, infine, la disposizione
di cui al comma 118, secondo cui «Il contributo di solidarieta' non
e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive».
La previsione, importando la sottoposizione a tassazione di una
voce di costo che, per l'anno in cui si verifica il versamento,
incide sull'utile societario e, di conseguenza, sul reddito
d'impresa, si pone in contrasto con il consolidato orientamento della
Corte costituzionale secondo cui i costi sostenuti nell'esercizio
dell'impresa - se inerenti - devono essere deducibili ai fini del
reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020, n. 262).
15. - In conclusione, il Collegio ritiene rilevante ai fini della
decisione della presente controversia e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 115
a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023),
in relazione alla violazione degli articoli 3, 53 e 117 della
Costituzione e, pertanto, sottopone e rimette alla Corte
costituzionale la relativa questione di legittimita' costituzionale.
Conseguentemente dispone la sospensione del presente giudizio ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione
seconda ter) rimette alla Corte costituzionale la questione di
legittimita' costituzionale, illustrata in motivazione, relativa
all'art. 1, commi 115-119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Dispone la sospensione del presente giudizio, con rinvio al
definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle
spese di lite.
Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
Demanda alla Segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di
competenza e, in particolare, la notifica della presente ordinanza
alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21
novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente;
Roberta Cicchese, consigliere;
Francesca Mariani, referendario, estensore.
Il Presidente: Mezzacapo
L'estensore: Mariani