N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 marzo 2025
Ordinanza del 24 marzo 2025 del Tribunale per i minorenni di Bari nel
procedimento penale a carico di A.K. D. B..
Processo penale - Processo minorile - Sospensione del processo e
messa alla prova - Modifiche normative ad opera del decreto-legge
n.123 del 2023, come convertito - Esclusione dell'applicabilita'
delle disposizioni del comma 1 dell'art. 28 del d.P.R. n. 448 del
1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai
delitti previsti dall'art. 609-bis cod. pen. (violenza sessuale),
nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen.
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448
(Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di
imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis.
(GU n. 17 del 23-04-2025)
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI
Il G.U.P. del Tribunale per i Minorenni di Bari, riunito in
camera di consiglio, nelle persone dei sigg.:
dott.ssa Francesca Stilla Presidente;
dott. Edgardo Bisceglia giudice onorario;
dott.ssa Rosa Diana giudice onorario;
nel procedimento penale a carico di D. B. A. K. (nato a ... in
data ...) imputato dei delitti di cui agli articoli 81, 605, 609-bis,
609-ter ultimo co.1 ipotesi perche', con diverse azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, costringeva la minore G. M. , di anni
13, a subire atti sessuali privandola altresi' della sua liberta'
personale e, piu' specificamente, dopo averla invitata da sola presso
un locale nella sua disponibilita', l'abbracciava, le toccava
ripetutamente il seno e la schiena e la baciava sulle labbra
nonostante il suo dissenso, agendo altresi' con violenza, consistita
nel prenderla in braccio obbligandola a sedersi su uno sgabello,
nell'afferrarla per il collo e nel porsi davanti alla porta
d'ingresso per impedirle di uscire e comunque agendo repentinamente e
profittando della propria superiorita' fisica e dell'assenza di altre
persone, abbassandosi altresi' i pantaloni e le mutande e munendosi
di preservativi con il chiaro intento di consumare con lei un
rapporto sessuale. In ... il ...
All'udienza preliminare del 10 marzo, l'imputato rendeva
dichiarazioni spontanee, si sottoponeva all'esame e infine chiedeva
la sospensione del procedimento con avvio del programma trattamentale
di messa alla prova.
La difesa insisteva nella richiesta e chiedeva un breve rinvio al
fine di sollevare questione di legittimita' costituzionale del comma
5-bis dell'art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica n.
448/1988.
Il Collegio rinviava la trattazione del presente procedimento
alla data del 24 marzo 2025.
La difesa della parte si riportava alla memoria difensiva
depositata in data 17 marzo 2024 e chiedeva che venisse sollevata
questione di legittimita' costituzionale del comma 5-bis dell'art.
28, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988.
Il pubblico ministero si associava alla richiesta della parte.
All'esito dell'udienza odierna, acquisite le richieste delle
parti, ha emesso la seguente ordinanza di remissione alla Corte
costituzionale di questione di legittimita' costituzionale.
D. B. A. K. , di anni 15, veniva rinviato a giudizio per
rispondere del delitto di sequestro di persona e di violenza sessuale
aggravata commessa in danno della minore tredicenne G. M.
Quest'ultima, in sede di sommarie informazioni del 30 marzo 2024 ha
dichiarato di avere conosciuto l'imputato in occasione di un
concerto, di condividere la sua stessa passione di scrivere testi e
di comporre musica e di avere deciso di incontrarlo «per scrivere e
cantare». La minore ha dichiarato: «dopo circa due settimane, durante
le quali non ci eravamo scambiati messaggi, io gli ho scritto per
chiedergli quando potevamo incontrarci per scrivere e cantare. Ci
organizzammo per il giorno ... e in quella circostanza io chiesi a K.
se poteva far sopraggiungere altri suoi amici; ma quando arrivai allo
studio di registrazione riscontrai che eravamo solo io e lui. Ivi
giunta io e K. abbiamo iniziato a scrivere la melodia della canzone e
lui e' venuto dietro di me e mi ha abbracciato sfiorandomi con la usa
mano il mio seno dx. Alla cosa io non ho dato peso pensando fosse un
errore ma subito dopo e' ritornato sempre da dietro e mi ha
abbracciata e mi ha palpato il seno dx da sopra la maglietta; subito
io mi sono spostata con il corpo e lui e' ritornato al pianoforte.
Dopo poco K. mi si e' avvicinato e si e' seduto su una sedia
posizionata affianco a quella dove ero seduta io e, in quella
circostanza ha infilato la sua mano all'interno della mia maglietta e
mi ha toccato la schiena e subito dopo e' passato davanti palpandomi
prima il seno dx e poi quello sx. Io ho cercato di svincolarmi ma lui
opponeva resistenza poiche' mi stringeva con un braccio; dopo essersi
fermato una prima volta, ha ripreso immediatamente dopo entrando
proprio all'interno del reggiseno e palpandomi entrambi i seni. In
quella circostanza sono riuscita a tirargli un morso al polso dx e
solo cosi' lui si e' staccato. A questo punto poiche' ero infastidita
da tale comportamento ho inventato una scusa per potere andare via
ovvero gli ho detto che mi stava chiamando mia madre e quindi, mentre
stavo andando a prendere il giubbotto per andare via, K. si e'
abbassato i pantaloni e le mutande mostrandomi il suo pene. A questo
punto io mi sono subito girata di spalle e l'ho invitato piu' volte
ad alzarsi i pantaloni. Ad un certo punto K. per farmi vedere che si
era alzato i pantaloni e' venuto davanti a me e ho riscontrato che
effettivamente li aveva alzati. Io ho cercato di andare via ma K. si
e' posizionato davanti alla porta d'ingresso per impedirmi di uscire
e, ad un certo punto, mi ha preso in braccio di peso e mi ha fatto
sedere su uno sgabello. Io mi sono alzata per andare via dicendo a K.
che mia madre mi stava cercando e lui, per tutta risposta, mi ha
presa per il collo e mi ha baciata sulle labbra per quattro volte.
Dopo essere uscita fuori dallo studio per la tensione sono scoppiata
a piangere e ho contattato un mio amico [...] preciso che all'inizio
del nostro incontro del giorno ... K. ha cercato di baciarmi sulle
labbra non riuscendoci a causa della mia reazione. Aggiungo ancora
che subito ha uscito dalla tasca un pacchetto che ha lanciato sul
tavolo che solo dopo ho riconosciuto contenere profilattici».
In occasione dell'udienza del 10 marzo 2025, A. K. D. B.
ammetteva la commissione dei fatti contestati, sia pure precisando di
avere erroneamente supposto il consenso della minore, si dichiarava
consapevole della sofferenza arrecata alla vittima e richiedeva la
sospensione del procedimento con avvio della messa alla prova.
A tale proposito, l'imputato dichiarava: «Ho 15 anni e quando
sono successi i fatti avevo poco piu' di 14 anni. Frequento
l'istituto professionale di servizi culturali dello spettacolo di ...
e faccio il 1 anno. In tutte le materie ho la sufficienza sono anche
responsabile di classe. Ho conosciuto la ragazza attraverso la
sorella di M. Lei e' una cantante e volevamo scrivere una canzone
insieme. E' iniziata un'amicizia, abbiamo iniziato a scriverci e
sembrava che questa amicizia si stava evolvendo in qualcosa di piu'.
Ho iniziato ad uscire e l'ho invitata a venire a casa di mio nonno
perche' a casa di mio nonno c'e' uno studio di registrazione. Il
motivo era passare del tempo insieme e registrare una canzone.
Sentivo che c'era qualcosa d'altro oltre l'amicizia e ho deciso di
provarci sfiorandola. Ai primi tocchi la ragazza non ha detto niente
e ho deciso di continuare. La ragazza dopo 5 minuti ha detto di no.
Ho deciso di fermarmi. Abbiamo continuato la serata e ci siamo fatti
dei selfie. Provengo da ... un piccolo paese dove tutti ci conosciamo
e ho avuto l'occasione di incontrarla il mese scorso. Mi sono scusato
con la ragazza perche' dal primo momento mi sono subito pentito.
Abbiamo subito risolto ma non ci esco. Nel senso che abbiamo
dimenticato la questione. Abbiamo deciso di fare cosi' perche' lei
pensa di aver esagerato con la sua reazione, ma ritengo che avevo
sbagliato io e le ho detto che ero stato io a sbagliare. Avevo
sbagliato perche' ero andato contro il suo consenso. All'inizio ero
ignaro del suo dissenso ma quando mi ha detto di no, ho deciso di
fermarmi. Queste sono le mie dichiarazioni».
In sede di esame, l'imputato precisava: ADR: «Confermo quanto
poc'anzi dichiarato in sede di dichiarazioni spontanee e cioe' che al
momento in cui M. mi ha detto di no, io mi sono fermato». In
relazione alle dichiarazioni rese dalla minore M. G. il 30 marzo
2024, dichiarava: ADR: «Ho gia' letto queste dichiarazioni e mi sono
soffermato su tutti gli atti e in particolare sulla parte del morso e
posso dire che non mi ricordo. La serata me la ricordo pienamente ma
questo dettaglio del morso non lo ricordo proprio.
ADR: «Voglio spiegare il mio punto di vista. Ogni azione che la
ragazza ha percepito come violenta, e' frutto della mia inesperienza.
E' la mia prima volta che facevo degli avance con lei e in generale
e' una delle mie prime volte. Non ho ben compreso all'inizio il suo
no e questo mi ha portato ad abbassare i pantaloni ma non le mutande
come ha detto perche' lei era girata. Solo a quel punto mi e' stato
chiaro il dissenso di M.
ADR Quanto ai baci che le ho dato sulle labbra posso dire che io
avevo compreso che M. fosse contraria al rapporto sessuale e non ai
baci sulle labbra, anche perche' la fotografia l'abbiamo fatta quando
la ragazza stava andando via.
ADR: «Ho scattato una foto che non e' agli atti ma che io
conservo sul telefono. Anzi la foto e' stata scattata da M. con il
mio telefono alla fine della serata e non siamo insieme. Metto a
disposizione del Collegio la fotografia scattata. La fotografia che
mostro in realta' e' uno screenshot di una foto che conservo e che
metto a disposizione di tutti.»
ADR: «Non faccio uso di sostanze stupefacenti. Ma ne ho fatto uso
una sola volta a ... era il secondo giorno di scuola, ho fumato una
canna e mi sono sentito male» [...]
ADR del difensore: «Ho compreso che la situazione e' sbagliata e
cio' che ho fatto e' sbagliato. Non mi sono piu' permesso ad avere un
contatto fisico con una ragazza o una persona senza il consenso
esplicito. Con la ragazza e con tutti gli amici ho risolto. Ci tengo
a dire che ho conosciuto delle ragazze che sono state molestate e
sono stato vicino. Ho capito che ho sbagliato perche' sono andato
contro il consenso di M. Con lei avevo un rapporto molto stretto. Ora
non ho alcun contatto con lei perche' andiamo a scuole diverse e
abbiamo amici diversi».
Sulla richiesta di messa alla prova, appare necessario
evidenziare che il 15 novembre 2023, e' entrata in vigore la legge 13
novembre 2023, n. 159 che ha convertito, con modificazioni, il
decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 (cd. decreto Caivano) recante
«Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla poverta'
educativa e alla criminalita' minorile».
L'art. 6, comma 1, lettera c-bis) del decreto-legge 15 settembre
2023, n. 123, convertito con modificazioni nella legge 13 novembre
2023, n. 159, con l'introduzione del comma 5-bis nell'art. 28 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, secondo cui «le
disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai delitti previsti
dall'art. 575 del codice penale, limitatamente alle ipotesi aggravate
ai sensi dell'art. 576, dagli articoli 609-bis e 609-octies del
codice penale, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi
dell'art. 609-ter, e dall'art. 628, terzo comma, numeri 2), 3) e
3-quinquies), del codice penale», ha escluso l'accesso all'istituto
della messa alla prova in relazione a determinate tipologie di reato,
tra cui la violenza sessuale in danno di minorenne e dunque aggravata
ai sensi dell'art. 609-ter del codice penale.
All'udienza del 24 marzo 2025, la difesa dell'imputato avanzava
istanza di sospensione del presente procedimento con trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale, ritenuta l'illegittimita'
costituzionale della nuova formulazione dell'art. 28 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988 per violazione degli articoli
3, 24, 27 commi 1 e 3 e 31, comma 2 della Costituzione.
Il pubblico ministero riteneva rilevante e non manifestamente
infondata la questione di illegittimita' costituzionale, siccome
posta dalla parte.
Cio' premesso, occorre verificare la rilevanza e non manifesta
infondatezza della questione proposta.
Il vaglio di rilevanza della questione in esame attiene alla
verifica dell'impossibilita', per il Giudice a quo, di risolvere il
caso pratico sottoposto alla sua attenzione, indipendentemente dalla
risoluzione della questione stessa.
Ebbene, nel caso che occupa, il GUP del Tribunale per i minorenni
di Bari dovrebbe applicare il comma 5-bis dell'art. 28 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 448/1988, come di recente
introdotto dall'art. 6, comma 1, lettera c-bis) del decreto-legge 15
settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni nella legge 13
novembre 2023, n. 159, per rigettare l'istanza dell'imputato che ha
chiesto di beneficiare della messa alla prova.
La richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova
non appare infatti accoglibile atteso che il comma 5-bis dell'art. 28
del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, come di
recente introdotto dall'art. 6, comma 1, lettera c-bis) del
decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni
nella legge 13 novembre 2023, n. 159, ha escluso la messa alla prova
in relazione a determinate tipologie di reato, tra le quali la
violenza sessuale commessa in danno di persona di minore eta' e
dunque aggravata ai sensi dell'art. 609-ter del codice penale.
Detta questione appare allora rilevante in quanto la recente
riforma impedisce al Collegio di entrare nel merito della valutazione
circa la sussistenza dei presupposti per l'accesso alla messa alla
prova, siccome avanzata dall'imputato A. K. D. B.
Dunque, l'applicazione di tale norma ai fini del rigetto rende
rilevante la questione, in quanto si tratterebbe di applicare una
norma che si asserisce incostituzionale.
Per quanto attiene al profilo della non manifesta infondatezza,
il Collegio ritiene non manifesta infondata la questione di
legittimita' costituzionale della norma in esame sotto il profilo
della violazione dell'art. 31, comma secondo della Costituzione.
Ad avviso del Collegio, la preclusione introdotta dalla norma in
esame, infatti, appare in contrasto con tutto l'impianto normativo
che regola il processo penale minorile e che trova il proprio
fondamento costituzionale nell'art. 31, comma secondo, della
Costituzione.
Il processo penale minorile, come noto, in ossequio all'art. 31,
comma secondo della Costituzione che recita: «La Repubblica protegge
la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti
necessari a tale scopo», e' volto principalmente al recupero del
minore deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento
sociale, anche attraverso l'attenuazione dell'offensivita' del
processo.
Tutta la ratio della disciplina del processo penale minorile e'
in effetti basata sulle finalita' del recupero del minore e della sua
rapida fuoriuscita dal circuito penale, come piu' volte la Corte
costituzionale ha affermato (cfr. sentenze numeri 125 del 1992, 206
del 1987, 222 del 1983, 139 del 6 luglio 2020).
Al fine del perseguimento di tali finalita' e dell'individuazione
della migliore risposta del sistema alla commissione del reato da
parte di un soggetto in formazione e in continua evoluzione, quale e'
il soggetto di minore eta', il giudice e' chiamato, di volta in
volta, ad esaminare la personalita' del minore imputato. Non e' un
caso che, in ogni stato e grado del procedimento minorile, come
statuito dall'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n.
448/1998, l'Autorita' giudiziaria debba acquisire «elementi circa le
condizioni e le risorse personali, familiari, sociale e ambientali
del minorenne al fine di accertarne l'imputabilita' e il grado di
responsabilita', valutare la rilevanza sociale del fatto nonche'
disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali
provvedimenti civili».
La messa alla prova appare uno dei principali strumenti che
consente al giudice di valutare compiutamente la personalita' del
minore, sotto l'aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini
dell'apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno
disposti. Se infatti la personalita' del minorenne e' avviata a
sicuro cambiamento (avuto particolare riguardo al riconoscimento
della propria responsabilita', al mutamento delle condizioni di vita
del minorenne il quale, ad esempio, abbia ripreso il processo
educativo o formativo interrotto ovvero abbia avviato un percorso di
disintossicazione dalla propria condizione di dipendenza ovvero abbia
iniziato una rivisitazione critica degli agiti) e, all'esito dello
svolgimento del programma trattamentale di messa alla prova, il
minorenne abbia dato prova del superamento di quelle situazioni che
hanno portato alla commissione del reato, l'ordinamento prevede che
il Giudice possa dichiarare estinto il reato per esito positivo della
disposta prova, essendo venuto meno l'interesse alla pretesa
punitiva, per il raggiungimento delle finalita' di recupero del
minore e del suo reinserimento sociale. Parrebbe infatti sommamente
ingiusto punire un soggetto che, all'esito di un positivo percorso di
messa alla prova, abbia conseguito un totale mutamento di vita e sia
divenuto «altro» rispetto a quello che ha commesso il reato.
I tempi di durata previsti per la messa alla prova (sino a tre
anni per i delitti piu' gravi), la possibilita' di verifiche
intermedie dell'andamento del percorso, cosi' come le revocabilita'
della sospensione, rappresentano elementi idonei a verificare nel
tempo la serieta' dell'impegno dell'imputato, cosi' scongiurando
strumentalizzazioni dell'istituto. Inoltre la possibilita' di
inserire, nel progetto di messa alla prova, importanti momenti di
confronto con i Servizi specialistici (Consultorio Familiare,
Neuropsichiatria Infantile, SERD) e di supporto psicologico, utili
nei delitti di relazione caratterizzati da dinamiche affettive
disfunzionali (come nei casi di violenza sessuale e nei delitti di
pedopornografia) riduce il rischio di recidiva, a beneficio della
generalita' dei consociati.
Come dunque ampiamente argomentato dalla Corte costituzionale,
nella sentenza n. 125 del 1995 «la messa alla prova, in conclusione,
costituisce, nell'ambito degli istituti di favore tipici del processo
penale a carico dei minorenni, uno strumento particolarmente
qualificante, rispondendo, forse piu' di ogni altro, alle indicate
finalita' della giustizia minorile».
In questa cornice si colloca la recentissima pronuncia n. 8 del
14 gennaio 2025 con la quale la Corte, illustrando nel dettaglio le
caratteristiche dell'istituto in esame e mettendo in relazione la
messa alla prova dell'adulto con la messa alla prova del minorenne,
ha sottolineato la finalita' rieducativa dell'istituto («la messa
alla prova nel processo minorile e' caratterizzata, rispetto a quella
introdotta nel 2014 per i procedimenti penali a carico degli adulti,
da un significativo elemento differenziale: per gli adulti, infatti,
la messa alla prova e' ammessa solo per reati di ridotta gravita'
(individuati dall'art. 168-bis, primo comma, codice penale), postula
la richiesta dell'imputato e, ove tale richiesta sia formulata nel
corso delle indagini preliminari, il consenso del pubblico ministero
(art. 464-ter del codice di procedura penale), con cio' rendendo
evidente la sua natura negoziale e la sua finalita' deflativa; nella
messa alla prova minorile, al contrario, prevalgono nettamente la
funzione officiosa del giudice (non avendo pari valore condizionante
il consenso del minore imputato) e la finalita' rieducativa.
Sintetizzando la differente portata dei due istituti, la sentenza n.
139 del 2020 di questa Corte ha chiarito, da ultimo, che, "[q]uale
istituto ad applicazione officiosa e illimitata, non condizionata
cioe' dalla richiesta dell'imputato, ne' dal consenso del pubblico
ministero, ne' sottoposta a limiti oggettivi di pena edittale, la
messa alla prova del minore evidenzia caratteristiche specularmente
opposte a quella dell'adulto, poiche' l'essenziale finalita'
rieducativa ne plasma la disciplina in senso rigorosamente
personologico, estraneo ogni obiettivo di deflazione giudiziaria"»
(sentenza n. 8 del 14 gennaio 2025).
La previsione di un catalogo di reati (tra cui la violenza
sessuale aggravata ai sensi dell'art. 609-ter, ultimo comma) in
relazione ai quali privare l'imputato minorenne della possibilita' di
accesso a questo importante istituto di recupero e reinserimento
sociale costituisce un vulnus di tutela e protezione del minore
autore del reato.
D'altra parte la stessa Corte costituzionale, sia pure nella
materia della esecuzione della pena detentiva, ha sempre escluso la
possibilita' di prevedere nei confronti dei minorenni autori di reato
rigidi automatismi.
A tale proposito appare utile richiamare la sentenza n. 90 del 28
aprile 2017 con la quale la stessa Corte costituzionale, dichiarando
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a)
del codice di procedura penale, per violazione dell'art. 31, secondo
comma della Costituzione, nella parte in cui non consentiva la
sospensione della esecuzione della pena detentiva nei confronti dei
minorenni condannati per i delitti ivi elencati, ha dichiarato che
«un rigido automatismo, fondato su una presunzione di pericolosita'
legata al titolo del reato commesso, che esclude la valutazione del
caso concreto e delle specifiche esigenze del minore» (sentenza n. 90
del 28 aprile 2017).
Analogamente, nella sentenza n. 263 del 2019, la Corte
costituzionale ha affermato che «il cuore della giustizia minorile
deve consistere in valutazioni fondate su prognosi individualizzate,
in grado di assolvere al compito di recupero del minore deviante.
Cio' comporta l'abbandono di qualsiasi automatismo che escluda
l'applicazione di benefici o misure alternative» e ancora che «una
presunzione di pericolosita' che si basa esclusivamente sul titolo di
reato, irrigidisce la regola di giudizio in un meccanismo che non
consente di tenere conto della storia e del percorso individuale del
singolo soggetto e della sua complessiva evoluzione sulla strada
della risocializzazione».
In linea appare pure la recente pronuncia n. 24 del 2025 con la
quale la Corte costituzionale nel dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 30-ter, comma 5 della legge 26 luglio 1975,
n. 354, ha sottolineato sostanzialmente come ogni automatismo non
solo comprometta la funzione rieducativa della pena ma altresi'
impedisca una valutazione individualizzata del percorso di recupero
della persona condannata.
La previsione di preclusioni assolute all'accesso alla messa alla
prova basate sul titolo di reato per cui si procede costituisce
inoltre un vulnus anche alla tutela dell'intera collettivita' contro
i rischi di una possibile recidiva.
Orbene, nella vicenda in esame, parrebbero ricorrere tutti i
presupposti per la sospensione del procedimento e l'avvio della messa
alla prova.
L'imputato A. K. D. B. , in sede di udienza preliminare del 10
marzo 2025, a seguito della contestazione dei fatti indicati nelle
imputazioni, ha ammesso la condotta contestata, sia pure sotto il
profilo della sussistenza dell'elemento oggettivo contestato.
Le dichiarazioni rese dall'imputato, all'epoca dei fatti poco
piu' che quattordicenne, non appaiono strumentali ma sembrano frutto
di un processo di acquisizione di sempre maggiore consapevolezza
rispetto alla vicenda penale in esame, come anche emerge dalle sue
dichiarazioni («Voglio spiegare il mio punto di vista. Ogni azione
che la ragazza ha percepito come violenta, e' frutto della mia
inesperienza. E' la mia prima volta che facevo degli avance con lei e
in generale e' una delle mie prime volte. Non ho ben compreso
all'inizio il suo no e questo mi ha portato ad abbassare i pantaloni
ma non le mutande come ha detto perche' lei era girata. Solo a quel
punto mi e' stato chiaro il dissenso di M. [...] «Ho compreso che la
situazione e' sbagliata e cio' che ho fatto e' sbagliato. Non mi sono
piu' permesso ad avere un contatto fisico con una ragazza o una
persona senza il consenso esplicito. Con la ragazza e con tutti gli
amici ho risolto. Ci tengo a dire che ho conosciuto delle ragazze che
sono state molestate e sono stato vicino. Ho capito che ho sbagliato
perche' sono andato contro il consenso di M. Con lei avevo un
rapporto molto stretto. Ora non ho alcun contatto con lei perche'
andiamo a scuole diverse e abbiamo amici diversi») e dal contributo
informativo reso dagli amici della vittima.
Gia' a pochi giorni dal fatto, infatti, secondo quanto dichiarato
dai minori Y. S. e P. D. , l'imputato appariva pentito della condotta
agita che aveva ricondotto all'uso di sostanze stupefacenti.
A tale proposito Y. S. , in data 22 aprile 2024, ha dichiarato:
«solo qualche giorno dopo occasionalmente in ... ho incontrato K. che
gia' conoscevo di vista e gli ho chiesto perche' avesse fatto quella
cosa brutta a M. e lui, per tutta risposta mi ha detto "ero fatto non
capivo niente". Nel dire queste cose mi e' sembrato pentito di quello
che aveva fatto».
In pari data, P. D. ha dichiarato: «mi sono incontrato con K. e
quando gli ho detto se si rendeva conto di quanto avesse fatto, mi ha
risposto dicendo "non ero consapevole di quello che stavo facendo
poiche' ero fatto" ed ancora "se volete vi pago e vi do dei grammi".
Dopo tale affermazione io andai via per la mia strada mentre lui
ando' per quella sua. Aggiungo che il sabato successivo durante la
sera, mi sono incontrato nuovamente con K. nei pressi del
supermercato F. ed ivi K. che era in compagnia di alcuni suoi amici,
mi ha nuovamente detto che quanto era accaduto con M. si era
verificato solo perche' lui era fatto e nella circostanza oltre a
rappresentarmi il suo pentimento mi diceva che voleva uscire dal
giro».
Nella relazione dei Servizi minorili dell'Amministrazione della
giustizia (U.S.S.M.) del 5 marzo 2025, evidenzia da un lato
l'inizio di una evoluzione positiva della personalita' dell'imputato
il quale, adeguatamente supportato dalla famiglia, si e' mostrato
collaborativo con i Servizi e dall'altro, la necessita' di
coinvolgerlo in attivita' trattamentali che prevedano il
coinvolgimento dei Servizi specialistici, sotto il profilo del
supporto psicologico («il minore come gia' riportato frequenta il
primo anno dell'istituto professionale ... di ... , indirizzo
fotografico e di spettacolo, dopo avere riportato la bocciatura
presso il liceo musicale di ... In considerazione della sua passione
per la musica, lo stesso si e' iscritto presso il Conservatorio di
... ad un corso propedeutico al primo anno, dove frequenta le lezioni
di solfeggio e chitarra classica per due pomeriggi alla settimana.
Riferisce di portare buoni voti in entrambi i corsi scolastici
frequentati. Il suo comportamento a detta dei familiari non presenta
criticita' di rilievo. Il ragazzo sta gradualmente acquisendo una
minima consapevolezza rispetto alla negativita' delle condotte che
gli sono contestate e si dice intenzionato a «riparare all'errore
commesso [...] E' stata altresi' anticipata la necessita' che il
minore, in caso di valutazione di fattibilita' di messa alla prova,
dovra' avviare la frequenza di un percorso di educazione
all'affettivita' ed alle relazioni, beneficiare di un supporto
psicologico finalizzato a realizzare una adeguata revisione critica
delle proprie condotte, nonche' impegnarsi in attivita' prosociali,
aderendo, di sua iniziativa, a tutte le attivita' proposte dallo
stesso USSM»).
Cio' posto, l'attuale normativa di riferimento impedisce al
Collegio di valutare la presenza dei presupposti per la sospensione
del procedimento e messa alla prova, con grave pregiudizio per le
esigenze di recupero e di reinserimento sociale di A. K. D. B. di
giovanissima eta', incensurato e senza altre pendenze, in violazione
del secondo comma dell'art. 31 della Costituzione.
Tra l'altro, nel caso di specie, A. K. D. B. risponde sia del
delitto di violenza sessuale aggravata (reato per il quale sarebbe
operante la preclusione ai sensi del comma 5-bis dell'art. 28,
decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988) e sia del
delitto di sequestro di persona di minore eta' (reato per il quale
sarebbe concedibile la messa alla prova).
Orbene, seguendo le indicazioni del Legislatore, astrattamente,
e' ben possibile che una medesima persona possa beneficiare della
messa alla prova solo per una parte della condotta agita e, dunque,
solo rispetto a questa parte della condotta, parrebbe residuare
l'interesse del legislatore ad un'analisi approfondita ed
individualizzata della sua personalita' che consenta di cogliere le
ragioni del comportamento deviante e di costruire il piu' adeguato
progetto educativo. E' di tutta evidenza come tale scelta legislativa
non appaia supportata da criterio di ragionevolezza.
La nuova formulazione dell'art. 28, decreto del Presidente della
Repubblica n. 448/1988, introdotta dopo i gravi fatti di Caivano,
fondamentalmente mossa da comprensibili esigenze di sicurezza e
ordine pubblico, impedisce il necessario bilanciamento tra le
predette esigenze di sicurezza e ordine pubblico e quelle di
«protezione dell'infanzia e della gioventu'», privilegiando
automaticamente le prime.
Preme sottolineare come l'emergenza non possa giustificare la
compressione di diritti fondamentali della persona, in questo caso di
minore eta', nell'ottica di una asserita generica ed indiscriminata
tutela della salute e della incolumita' pubblica.
Come anche rilevato dalla difesa, nella questione in esame, si
profila anche il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella
misura in cui gli imputati anche di delitti piu' gravi, in
considerazione della pena edittale prevista, quali i delitti di
produzione, cessione e diffusione di materiale pedopornografico, i
delitti di strage, di terrorismo, i delitti associativi di stampo
mafioso o di sequestro di persona a scopo di estorsione, avrebbero
accesso all'istituto della messa alla prova, negato invece al D. B.
Tale disparita' di trattamento non appare supportata da alcun
criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative.
La preclusione in esame inoltre impedirebbe al minore autore di
reato di accedere a percorsi educativi, di recupero e di
risocializzazione adeguati, residuando peraltro l'applicabilita'
della sola condanna alla pena detentiva, fatto salvo il caso in cui
il minore stesso possa avere accesso alla sanzione sostitutiva della
semiliberta' o della detenzione domiciliare ovvero-del lavoro di
pubblica utilita' (laddove la pena irrogata non superi
rispettivamente i quattro e i tre anni).
In tal senso allora, la condanna di K. a pena detentiva o alle
sopra indicate sanzioni sostitutive, sanzioni queste prive della
capacita' educativa e responsabilizzante del programma trattamentale
di messa alla prova, parrebbe allora in contrasto con l'art. 27,
comma 3 della Costituzione, letto in combinato disposto con l'art.
31, comma 2 della Costituzione, realizzandosi l'effetto di sottoporre
il minore (in questo caso poco piu' che quattordicenne e dunque
soggetto con una personalita' ancora in fieri e alla ricerca di una
identita') a un trattamento sanzionatorio privo di adeguata valenza
educativa.
La previsione di delitti ostativi all'accesso alla messa alla
prova minorile si pone anche in netto contrasto con tutta la
normativa sovranazionale che orienta alla costruzione di un sistema
di giustizia penale a misura del minore informato al principio di
proporzionalita', avuto riguardo alla gravita' del reato, all'eta'
del minore, al suo benessere psico-fisico e mentale, sviluppo,
capacita' e circostanze personali) e al principio del minimo
intervento.
La preclusione in esame appare in contrasto con il principio di
diritto sancito dall'art. 40 della Convenzione ONU secondo cui «gli
Stati parti riconoscono a ogni fanciullo sospettato, accusato o
riconosciuto colpevole di avere commesso un reato il diritto a un
trattamento tale da favorire il suo senso di dignita' e del valore
personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell'uomo e le
liberta' fondamentali e che tenga conto della sua eta' nonche' della
necessita' di facilitare il suo reinserimento nella societa' e di
fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest'ultima».
La previsione di cui al comma 5-bis dell'art. 28, decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1998 appare in contrasto con tutta
la normativa sovranazionale che indica al Legislatore un modello di
intervento che preveda per i minori del circuito penale il ricorso
alla privazione della liberta' quale ultima istanza, che favorisca il
reinserimento del minore nel tessuto sociale, scongiurando ogni
qualsivoglia stigmatizzazione e favorisca, ove possibile, nuove forme
di confronto con la vittima.
Tra tutti gli atti internazionali, a tale proposito, appare utile
richiamare le Regole minime per l'amministrazione della giustizia
minorile, c.d. Regole di Pechino (approvate dall'Assemblea generale
delle Nazioni Unite in data 29 novembre 1985), le Regole ONU per la
protezione dei minori privati della liberta' (approvate
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite in data 14 dicembre
1990), c.d. Regole dell'Havana, la Raccomandazione del Comitato dei
ministri del Consiglio d'Europa in data 5 novembre 2008 sulle regole
del trattamento per i condannati minorenni sottoposti a sanzioni o a
misure restrittive della liberta' personale, le Linee guida su una
giustizia a misura di minore adottate dal Consiglio d'Europa nel 2010
e la direttiva 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio
dell'11 maggio 2016 sulle garanzie procedurali per i minori indagati
o imputati nei procedimenti penali.
Il contrasto che dunque si profila tra la norma interna in esame
e la normativa sovranazionale richiamata rende necessario investire
la Corte costituzionale anche per il tramite dell'art. 117 Cost.
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma
5-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 nella
parte in cui la citata norma prevedendo reati ostativi all'accesso
alla messa alla prova impedisce la realizzazione dei preminenti
interessi dei minori come tracciati dalle norme internazionali
richiamate, in violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali che ne conseguono.
In conclusione, la previsione ex lege del divieto assoluto di
accesso alla messa alla prova, nei casi di violenza sessuale
aggravata, ai sensi del comma 5-bis dell'art. 28 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988 appare dunque contrastare con
l'art. 31, comma secondo, art. 3, 27 comma 3 e 117, primo comma della
Costituzione, sottraendo al vaglio di un Giudice specializzato e
interdisciplinare la possibilita' di valutare, caso per caso, le
condizioni contingenti, per rendere la risposta del processo penale
minorile aderente alla personalita' del minore e maggiormente
rispondente alla finalita' rieducative, di recupero e di
reinserimento sociale del minore autore di reato.
P.Q.M.
Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
Ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva,
nei termini dinanzi indicati, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 28, comma 5-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 448/1988 per contrasto con gli articoli 31,
secondo camma, 3, 27 terzo comma e 117 primo comma della
Costituzione, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui
al comma 1 non si applicano ai delitti previsti dall'art. 609-bis del
codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter del
codice penale.
Sospende il procedimento penale in corso e dispone l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che, a cura della cancelleria in sede, la presente
ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' a A. K. D. B. a sua madre, al difensore di fiducia e al
pubblico ministero.
Ordina che, a cura della cancelleria in sede, l'ordinanza sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Segnala che, a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n.
196/2003 e succ. modifiche, in caso di diffusione del presente
provvedimento dovranno essere omessi le generalita' e gli altri dati
identificativi dei minorenni.
Bari, 24 marzo 2025
Il Presidente estensore: Stilla