Reg. ord. n. 97 del 2025 pubbl. su G.U. del 14/05/2025 n. 20

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 30/04/2025

Tra: M. S. C/ Presidenza del Consiglio dei ministri



Oggetto:

Reati e pene – Omicidio del consenziente – Omessa previsione dell’esclusione della punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017, attui materialmente la volontà suicidaria, autonomamente e liberamente formatasi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente, quando la stessa persona, per impossibilità fisica e per l’assenza di strumentazione idonea, non possa materialmente procedervi in autonomia o quando comunque le modalità alternative di autosomministrazione disponibili non siano accettate dalla persona sulla base di una scelta motivata che non possa ritenersi irragionevole – Irragionevole disparità di trattamento tra persone malate tenuto conto che, a parità di condizioni, il diritto all’autodeterminazione viene ad essere condizionato da un fatto (possibilità di autosomministrazione del farmaco letale) del tutto accidentale, dipendente dalla condizione clinica della persona, dalle modalità di manifestarsi della malattia e dalla sua progressione – Lesione della libertà di autodeterminazione della persona malata nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarla dalle sofferenze.



Norme impugnate:

codice penale  Art. 579 



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.

Costituzione  Art.

Costituzione  Art. 13 

Costituzione  Art. 32 



Udienza Pubblica del 8 luglio 2025 rel. PETITTI


Testo dell'ordinanza

N. 97 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 2025

Ordinanza  del  30  aprile  2025  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento civile promosso da M. S. contro Presidenza del Consiglio
dei ministri, Regione Toscana e Azienda USL Toscana nord ovest. 
 
Reati  e  pene  -  Omicidio  del  consenziente  -  Omessa  previsione
  dell'esclusione della punibilita' di chi, con le modalita' previste
  dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017, attui  materialmente
  la volonta' suicidaria, autonomamente e liberamente  formatasi,  di
  una persona tenuta in vita da  trattamenti  di  sostegno  vitale  e
  affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche
  o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente  capace
  di  prendere  decisioni  libere  e  consapevoli,  sempre  che  tali
  condizioni e le modalita' di esecuzione siano state  verificate  da
  una struttura pubblica del  servizio  sanitario  nazionale,  previo
  parere del comitato etico territorialmente  competente,  quando  la
  stessa persona,  per  impossibilita'  fisica  e  per  l'assenza  di
  strumentazione  idonea,  non  possa  materialmente  procedervi   in
  autonomia  o  quando   comunque   le   modalita'   alternative   di
  autosomministrazione disponibili non siano accettate dalla  persona
  sulla  base  di  una  scelta  motivata  che  non  possa   ritenersi
  irragionevole. 
- Codice penale, art. 579. 


(GU n. 20 del 14-05-2025)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Quarta Sezione civile 
 
    Nel procedimento cautelare d'urgenza ex art. 700  del  codice  di
procedura civile iscritto al n. r.g. 4329/2025  promosso  da:  M.  S.
(C.F. ...), con il patrocinio  dell'avv.  Gallo  Filomena,  dell'avv.
Calandrini Angioletto e dell'avv. Re Francesca, ricorrente contro: 
        Ministero della salute (C.F.  80242250589),  difesa  ex  lege
dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze; 
        Presidenza del Consiglio  dei  ministri  (C.F.  00399810589),
difesa ex lege dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze; 
    e con l'intervento della Azienda USL Toscana Nord  Ovest  con  il
patrocinio  dell'avv.  Cei  Luca  e   dell'avv.   Orlandini   Matteo,
intervenuto. 
    Il Giudice dott. Umberto Castagnini, a scioglimento della riserva
assunta all'udienza del 23 aprile 2025, ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza. 
1. L'oggetto della controversia 
    M. S. ha proposto ricorso d'urgenza ex art.  700  del  codice  di
procedura civile dinanzi all'intestato Tribunale nei confronti  della
Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della salute al
fine  di  sentire  accertare,  previa  eventuale   rimessione   della
questione di legittimita' costituzionale in riferimento all'art.  579
del codice penale, la sussistenza in capo alla  stessa  del  «diritto
fondamentale ad autodeterminarsi nelle scelte terapeutiche in materia
di fine vita, nella sua declinazione del  diritto  di  scegliere,  in
modo   libero,   consapevole   e   informato,   di   procedere   alla
somministrazione del farmaco letale in modalita' eteronoma  e  dunque
da parte del personale sanitario». 
    A fondamento del ricorso ha dedotto che: 
        ella e' affetta da sclerosi multipla  a  decorso  progressivo
primario il cui esordio risale al ...,  con  episodi  di  difficolta'
deambulatorie e progressiva perdita della capacita' motoria; 
        il decorso della malattia  e'  stato  piuttosto  rapido  fino
all'attuale situazione di completa tetraparesi spastica che determina
la compromissione in via definitiva di tutti e quattro gli altri; 
        la  stessa  e'  completamente  immobile,  impossibilitata   a
deambulare nonche' a compiere qualsiasi  attivita'  quotidiana  senza
l'ausilio di terze persone; 
        a  causa  del  progredire  della  sua  patologia,  soffre  di
disfagia per liquidi e solidi per la quale le  e'  stata  prospettata
l'indicazione clinica di inserimento della PEG e quindi l'attivazione
della  nutrizione  artificiale  che  ella  ha  rifiutato   in   piena
attuazione del suo  diritto  ad  autodeterminarsi  nell'ambito  delle
scelte terapeutiche, anche salvavita; 
        la  stessa  in  data  ...   ha   attivato   presso   la   ASL
territorialmente   competente,   alla   luce   della   sentenza    di
incostituzionalita' parziale  dell'art.  580  del  codice  penale  n.
242/2019 della Corte costituzionale, la richiesta di  verifica  delle
condizioni per accedere alla morte volontaria medicalmente assistita; 
        in un primo momento, con decisione del  ...,  la  commissione
multidisciplinare  aveva  espresso  un  parere  negativo  perche'  la
paziente non risultava  essere  tenuta  in  vita  da  trattamenti  di
sostegno vitale; 
        a seguito  della  pronuncia  della  Corte  costituzionale  n.
135/2024, l'azienda sanitaria in  data  ...  ha  rivisto  la  propria
posizione ed espresso parere positivo accertando la sussistenza delle
condizioni individuate dalla sentenza della Corte  costituzionale  n.
242/2019 per l'accesso al suicidio medicalmente assistito; 
        in data ... la ricorrente trasmetteva la relazione del medico
di fiducia, dott. ... con l'indicazione del farmaco  letale  e  delle
metodiche  di   autosomministrazione   maggiormente   aderenti   alle
condizioni fisiche e motorie della stessa; 
        in data ...  l'azienda  sanitaria  trasmetteva  la  relazione
finale della commissione  medica  multidisciplinare  comprensiva  del
parere  del  comitato  etico  che  confermava   l'adeguatezza   della
procedura   indicata,   opponendo   tuttavia   il   proprio   rifiuto
all'espletamento della cd. fase  esecutiva  sostenendo  che  tutti  i
relativi  adempimenti  (acquisto  del  farmaco,   reperimento   della
strumentazione, individuazione del medico)  fossero  a  carico  della
ricorrente; 
        la difesa contestava tale tesi e nell'ambito della successiva
interlocuzione  con  l'azienda  sanitaria  emergeva,  in  ogni  caso,
l'assenza sul mercato di strumentazione medica, pompa infusionale  da
attivarsi con comando vocale  oppure  azionabile  tramite  la  bocca,
uniche due modalita' aderenti alle  condizioni  della  ricorrente,  e
quindi l'impossibilita'  anche  sotto  tale  profilo  all'accesso  al
suicidio assistito. 
    A fronte della impossibilita' di autosomministrazione del farmaco
letale per via endovenosa stante l'assenza di presidi medici idonei e
della  impossibilita'  o   comunque   dei   gravi   rischi   connessi
all'assunzione del farmaco per via orale, la  ricorrente  ha  chiesto
accertarsi   in   via   d'urgenza    il    proprio    diritto    alla
autodeterminazione  terapeutica  mediante  la  somministrazione   del
farmaco per via endovenosa  da  parte  di  un  soggetto  terzo,  gia'
individuato nel medico di fiducia della ricorrente. 
    Ha evidenziato la disparita' di trattamento e la  discriminazione
attualmente  presente  nel  nostro   ordinamento   tra   malati   che
conservano - anche se limitate - facolta' motorie che permettono loro
di autosomministrarsi il farmaco letale nel rispetto delle condizioni
indicate dalla sentenza della  Corte  costituzionale  n.  242/2019  e
malati che si trovano, addirittura, in condizioni  fisiche  peggiori,
stante la completa impossibilita' di movimento  alcuno  ma  la  piena
conservazione delle proprie facolta' intellettive, costretti a subire
una compressione totale della propria facolta'  di  autodeterminarsi,
non potendo autosomministrarsi il  farmaco  letale,  e  avendo  quale
unica opzione quello di essere  sottoposti  a  sedazione  profonda  e
continua, scelta che non puo' essere obbligata  dalle  situazioni  di
fatto, soprattutto quando  la  persona,  come  nel  caso  di  specie,
rifiuta tale possibilita' perche' non aderente alle proprie  opinioni
personali. 
    Considerando  che,  allo  stato   attuale   della   legislazione,
l'attuazione   e   il   riconoscimento    di    tale    diritto    di
autodeterminazione in ambito sanitario discendente dagli articoli  2,
3, 13 e 32 della Costituzione, sarebbe ingiustificatamente  compresso
dalla punibilita' della condotta di colui che somministri il  farmaco
letale ex art. 579 del codice penale, la ricorrente ha  rilevato  che
l'unica   possibilita'   per   vedere   rispettato   tale    diritto,
indipendentemente dalle condizioni fisiche  della  persona  e  quindi
dalla capacita'  o  modalita'  di  autosomministrazione  del  farmaco
letale, che sia stata sottoposta a verifica dal SSN  ai  sensi  della
sentenza n. 242/2019, risieda in  un  intervento  del  Giudice  delle
leggi che dichiari l'illegittimita' dell'art. 579 del codice  penale,
per contrasto con gli articoli 2,  3,  13  e  32  della  Costituzione
nonche'  con  l'art.  117  della  Costituzione  in  riferimento  agli
articoli 8 e 14 CEDU, nei termini anzidetti. 
    Con istanza del 7 aprile  2025  la  difesa  della  ricorrente  ha
rappresentato che le condizioni di M.  S.  hanno  visto  un  serio  e
repentino  aggravamento,  che  ha  portato,  il ...,  a  un  ricovero
d'urgenza al Presidio  ospedaliero  «...»  di  ...  a  causa  di  una
infezione  delle  vie  respiratorie   complicata   da   insufficienza
respiratoria. E' stato necessario intervenire  con  ventilazione  non
invasiva, aspirazione naso-faringea di secrezioni data la incapacita'
ad espettorare validamente e successivamente  di  ossigenoterapia  in
continuo. Una volta stabilizzate le sue condizioni e'  stata  dimessa
in data .... Ha prodotto una relazione del medico  di  fiducia  dott.
... nella quale si rappresenta che ella  non  e'  piu'  in  grado  di
tossire  efficacemente  per  una  evidente  progressione  clinica  di
malattia con conseguente seria probabilita' di soffocamento  a  causa
dell'ostruzione delle vie aeree; che pur necessitando ed  effettuando
ossigenoterapia in continuo circa 3/4 l/m,  vista  la  compromissione
della sua capacita' respiratoria,  perdura  comunque  il  rischio  di
dispnea. 
    Alla luce dell'aggravamento del quadro clinico la  ricorrente  ha
quindi chiesto che sia autorizzato, anche con decreto inaudita altera
parte, il medico di fiducia dott.  ...,  a  procedere  all'attuazione
materiale del proposito suicidario tramite  somministrazione  diretta
del farmaco letale su richiesta e conferma della sig.ra S. che non ha
la  possibilita'  di  autosomministrarsi  il  predetto   farmaco   in
autonomia. In via subordinata, ha chiesto comunque una  anticipazione
dell'udienza di discussione. 
    Con decreto dell'8 aprile 2025, ritenuto di non poter  accogliere
la  richiesta  formulata  in  via  principale,  e'  stata  anticipata
l'udienza di discussione al 23 aprile 2025 e disposta la chiamata  in
causa ex art. 107 del codice di procedura civile  della  Azienda  USL
Nord Ovest. 
    Si sono costituti in giudizio il  Ministero  della  salute  e  la
Presidenza   del   Consiglio   dei   Ministri   con   il   patrocinio
dell'Avvocatura distrettuale dello  Stato  eccependo  il  difetto  di
giurisdizione  del  giudice   ordinario   in   favore   del   giudice
amministrativo;  il   difetto   di   legittimazione   passiva   delle
amministrazioni convenute;  l'inammissibilita'  dell'azione  proposta
per carenza di interesse  ad  agire  essendo  la  stessa  finalizzata
esclusivamente   a   proporre   una   questione    di    legittimita'
costituzionale senza che sussista il requisito della incidentalita' e
pregiudizialita' che postula  una  diversita'  di  petita  delle  due
controversie. 
    La ASL Toscana Nord Ovest, intervenuta in giudizio su ordine  del
giudice, ha dato atto che in data 14 marzo 2025  e'  stata  approvata
dal Consiglio regionale della Toscana la legge regionale  n.  16/2025
con la quale e' stata  dettata  la  procedura  per  attuare  in  modo
uniforme da parte di tutti gli enti del Servizio sanitario  regionale
i principi  di  cui  alle  sentenze  della  Corte  costituzionale  n.
242/2019 e n. 135/2024  gia'  disciplinate  in  autonomia  dalla  ASL
Toscana Nord Ovest con la delibera n. 780/2021. 
    Ha rilevato  che  a  seguito  dell'approvazione  di  tale  legge,
l'Azienda USL Toscana Nord Ovest, anche in relazione  alla  posizione
della ricorrente, con nota prot. n. .../... del ... ha trasmesso  una
specifica richiesta all'Ente per il supporto  tecnico  amministrativo
regionale (ESTAR), che funge da centrale di committenza per  l'intero
servizio sanitario regionale,  chiedendo  l'immediato  avvio  di  una
procedura  urgente  di  acquisto  di  due   pompe   infusionali   con
caratteristiche tali da renderle idonee  all'utilizzo  nei  casi  che
presentino condizioni analoghe a quello che ci occupa. 
    L'ESTAR ha comunicato in data ... (doc. n. 4) di  aver  preso  in
carico la richiesta precisando che, «Trattandosi di  dispositivi  non
presenti sul mercato», di aver «pubblicato un avviso di consultazione
di mercato, finalizzata a individuare potenziali fornitori,  in  modo
da poter individuare  un  percorso  di  acquisto  il  piu'  possibile
confacente alle necessita' espresse». 
    Cio' premesso, l'azienda sanitaria ha eccepito l'inammissibilita'
della  domanda  stante  l'assenza  di  strumentalita'  della   tutela
cautelare rispetto al procedimento di merito  e  la  irreversibilita'
degli effetti che determinerebbe l'esecuzione del  provvedimento;  la
carenza di interesse  ad  agire  considerando  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale che si  intenderebbe  sollevare  riguarda
una  norma  (art.  579  del  codice  penale)  non  applicabile   alla
ricorrente. Nel merito,  l'inconfigurabilita'  del  diritto  invocato
considerato altresi' che l'atto di provocare la  morte  non  potrebbe
comunque mai qualificarsi come atto medico anche alla luce di  quanto
previsto dal  Codice  Deontologico.  Ha  ritenuto  non  integrato  il
presupposto  del  periculum  in  mora   considerata   la   tempestiva
attivazione della ASL per la  ricerca  di  dispositivi  idonei  e  la
circostanza che l'impossibilita' di accedere  al  suicidio  assistito
deriverebbe dalla sola scelta personale di non avvalersi  al  momento
di   una   delle   due   possibile   vie    esecutive    utilizzabili
(somministrazione orale) ancora praticabile. 
    All'udienza del 23 aprile 2025, dopo ampia discussione, le  parti
hanno insistito nelle  rispettive  conclusioni.  In  particolare,  la
ricorrente ha precisato di insistere  nella  domanda  rassegnata  nel
ricorso introduttivo cosi' come integrata nell'istanza del  7  aprile
2025. 
2. Sulle eccezioni preliminari 
    Le  eccezioni   preliminari   sollevate   dalle   amministrazioni
resistenti appaiono, ad un  primo  e  sommario  vaglio,  infondate  e
quindi non idonee  a  precludere  la  rilevanza  della  questione  di
costituzionalita'. 
    Appare sussistente la  giurisdizione  del  giudice  ordinario  in
quanto la controversia verte in materia  di  diritti  soggettivi,  di
rango   costituzionale,   quali   sono   quello   alla    salute    e
all'autodeterminazione  del  malato  (artt.  2,  3,  13,   32   della
Costituzione). Non vengono in  rilievo  profili  di  discrezionalita'
della   pubblica   amministrazione   tenuto   conto   peraltro   che,
contrariamente  a  quanto  sostenuto  dall'avvocatura,   il   petitum
sostanziale non e' rappresentato dalla condanna  dell'azienda  USL  a
disporre la somministrazione del farmaco letale, per il  tramite  del
personale  sanitario,  avendo  la  parte  dichiarato  di  aver   gia'
individuato il medico di fiducia dichiaratosi disponibile. 
    Nessuna  contestazione  e'  stata  sollevata   in   ordine   alla
competenza  territoriale  del  Tribunale  di   Firenze   che   appare
sussistente  quale  giudice  del  luogo  dove   ha   sede   l'ufficio
dell'avvocatura dello Stato, nel cui distretto si  trova  il  giudice
che sarebbe competente secondo le norme  ordinarie  ex  art.  25  del
codice di  procedura  civile.  Infatti,  la  struttura  pubblica  del
servizio  sanitario   che,   previo   parere   del   comitato   etico
territorialmente competente, ha accertato le condizioni per l'accesso
al suicidio assistito anche con riferimento alle modalita' esecutive,
ricade nel distretto di Corte di  appello  di  Firenze.  Inoltre,  la
violazione dell'invocato diritto di autodeterminazione derivante  dai
divieti  previsti  dalla  legislazione  ordinaria  in   ordine   alla
somministrazione eteronoma del  farmaco  letale  si  concretizza  nel
luogo dove vive l'attrice. 
    Non  appare   fondata   neppure   l'eccezione   di   difetto   di
legittimazione passiva del Ministero della salute e della  Presidenza
del Consiglio dei ministri, quali  articolazioni  del  Governo  della
Repubblica, venendo in rilievo principi fondamentali  in  materia  di
diritto alla salute  e  autodeterminazione  terapeutica,  nonche'  la
materia dell'ordinamento civile e penale dello  Stato  tanto  che  si
chiede di sollevare incidentalmente  una  questione  di  legittimita'
costituzionale di una  norma  legislativa  nazionale  (art.  579  del
codice penale). Ad  ogni  modo,  e'  intervenuta  in  giudizio  anche
l'azienda sanitaria territorialmente competente. 
    In ordine alla compatibilita' tra tutela d'urgenza ed  azione  di
accertamento, dal  tenore  letterale  dell'art.  700  del  codice  di
procedura civile non sono rinvenibili limiti in tal senso,  cosicche'
appare possibile assicurare via interinale l'accertamento  rimuovendo
lo stato di incertezza pregiudizievole, anche anticipando gli effetti
del giudizio di merito. Sotto tale profilo si osserva che lo stato  e
la progressione della malattia, fonte di sofferenze intollerabili per
la paziente, appaiono incompatibili con i tempi propri di un giudizio
ordinario  di  cognizione  e  lo  stato  di   incertezza   circa   la
possibilita' di accedere o meno  alla  morte  medicalmente  assistita
limita e condiziona le scelte del malato in materia di fine-vita. 
    Quanto  alla  possibilita'  di   sollevare   una   questione   di
legittimita' costituzionale nell'ambito di un giudizio introdotto con
un'azione di  mero  accertamento,  la  ricorrente  ha  richiamato  la
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  che,  a  partire  delle
sentenze n. 1/2014 e n. 35/2017, sia pur in  materia  elettorale,  ha
ritenuto ammissibile tale strumento quando  sussiste  l'interesse  ad
agire  del  ricorrente,  il   diritto   fatto   valere   ha   rilievo
costituzionale e sussiste l'esigenza di eliminare «zone franche»  dal
controllo di costituzionalita'. 
    Nel caso di  specie,  la  necessita'  di  esperire  un'azione  di
accertamento nel giudizio principale si fonda sulla necessita' per la
ricorrente  di  conoscere  la  effettiva  possibilita'  di   ottenere
lecitamente  la  somministrazione  eteronoma  del  farmaco  per   via
endovenosa, circostanza rilevante al  fine  di  potersi  orientare  e
compiere consapevolmente le proprie scelte in materia di fine-vita. 
    In attesa di un intervento del legislatore nazionale, allo  stato
attuale della  normativa,  l'azione  di  accertamento  di  fronte  al
giudice ordinario risulta l'unico rimedio possibile per consentire la
verifica della effettiva ampiezza del diritto  di  autodeterminazione
invocato. 
    Nel caso  di  specie,  infatti,  l'eventuale  riconoscimento  del
diritto   dell'istante   passa    necessariamente    attraverso    la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  parziale  dell'art.  579  del
codice   penale,   questione   che   potrebbe   diversamente   venire
incidentalmente in rilievo solo in sede penale,  ovvero  in  caso  di
violazione del precetto, soluzione certamente non prospettabile quale
alternativa possibile. 
    Per tale ragione l'azione di accertamento,  promossa  nell'ambito
di un procedimento cautelare ex art.  700  del  codice  di  procedura
civile, in considerazione dell'urgenza, appare l'unica modalita'  per
consentire la verifica di un diritto di liberta' nel  pieno  rispetto
della legalita', senza la violazione del precetto penale. 
    In  relazione  alle  doglianze  sollevate  dalle  resistenti,  si
osserva che  non  sussiste,  identita'  tra  l'oggetto  del  giudizio
principale e quello del giudizio incidentale in quanto  la  questione
di  legittimita'  costituzionale  riguarda  una  norma   penale   che
incrimina la condotta  di  un  soggetto  terzo  mentre  nel  giudizio
principale si chiede l'accertamento del diritto della ricorrente alla
autodeterminazione. Il giudice comune e' tenuto quindi a  determinare
il  contenuto  del  diritto  della  ricorrente  ed  a  verificare  la
sussistenza in concreto dei presupposti per l'esercizio,  anche  alla
luce di quelle che saranno le indicazioni della Corte  costituzionale
in caso di accoglimento della questione di legittimita' sollevata. 
3. Sulla richiesta di tutela cautelare interinale 
    La tutela cautelare e' un necessario ed essenziale corollario del
piu' generale principio di effettivita' della tutela  giurisdizionale
di cui all'art. 24 della Costituzione. 
    Tale valore deve pero' coordinarsi con il principio di  sindacato
accentrato di costituzionalita' sancito dal combinato disposto  degli
art. 134 della Costituzione, art. 1, legge costituzionale n. 1/1948 e
art. 23, legge n. 87/1953. 
    Laddove  infatti  la  situazione  soggettiva   sub   iudice   sia
pregiudicata o negata da una norma ordinaria di dubbia  legittimita',
si profila un'antinomia tra norma ordinaria e  Costituzione,  la  cui
risoluzione spetta in via esclusiva alla Corte costituzionale. 
    Se in talune occasioni la dottrina e la giurisprudenza,  al  fine
di contemperare i due principi, hanno ritenuto ammissibile una tutela
cautelare anticipata ad tempus, che  il  giudice  potrebbe  concedere
dopo aver  rimesso  la  questione  al  giudice  costituzionale,  tale
soluzione non appare concretamente  prospettabile  quando  la  misura
cautelare non solo avrebbe effetti totalmente anticipatori  ma  anche
irreversibili e cio' sulla base di un mero giudizio di non  manifesta
infondatezza, senza che il giudice delle leggi abbia  avuto  modo  di
pronunciarsi. 
    Non  si  intende  sostenere  che   prima   della   pronuncia   di
incostituzionalita' della norma ordinaria censurata non  vi  sia  mai
alcuna situazione giuridica soggettiva  tutelabile,  «inesistente»  o
«futura». Cosi' facendo, la  norma  costituzionale  verrebbe  infatti
radicalmente  espunta  dall'attivita'  interpretativa  del   giudice,
privandola cosi' di quella valenza direttamente precettiva. 
    Tuttavia,  nel  caso  di  specie,  a  fronte  della  gravita'   e
irreversibilita' degli effetti  discendenti  dall'accoglimento  della
domanda, tenuto conto della natura penale della norma sulla quale  si
nutrono dubbi di legittimita' costituzionale,  coinvolgente  soggetti
terzi, bilanciando i contrapposti interessi in  gioco,  il  Tribunale
ritiene che la  tutela  cautelare  non  possa  che  tradursi  in  una
sollecita rimessione della questione di  legittimita'  costituzionale
con sospensione del giudizio. 
4. Sul quadro normativo 
    Per una piu' completa ed  efficace  esposizione  della  rilevanza
delle questioni di legittimita'  costituzionale  prospettate  occorre
ricostruire preliminarmente il quadro normativo di  riferimento  alla
luce degli interventi piu'  recenti  della  Corte  costituzionale  in
materia di fine-vita. 
    La  consulta,  investita  di  due   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 580 del codice penale, nella  parte  in  cui
incrimina le condotte di mera agevolazione al suicidio  anche  quando
esse  non  abbiano  contribuito  a  determinare  o  a  rafforzare  il
proposito della vittima, si e'  pronunciata  dapprima  con  ordinanza
monitoria di rinvio della trattazione,  riconoscendo  l'esistenza  di
profili   coinvolgenti   scelte   rimesse    alla    discrezionalita'
politico-legislativa,  e,  successivamente,  stante   l'inerzia   del
legislatore, con sentenza di merito, assumendo la legge  n.  219/2017
sulle «Disposizioni anticipate di trattamento» (DAT), come  parametro
e strumento di disciplina. 
    In particolare, con la sentenza n. 242 del 22  novembre  2019  il
giudice delle leggi  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 580 del codice penale nella parte in  cui  non  esclude  la
punibilita'  di  chi  agevola  l'esecuzione  del  proposito  suicida,
autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in  vita
da  trattamenti  di  sostegno  vitale  e  affetta  da  una  patologia
irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o  psicologiche  che  ella
reputa intollerabili, ma  pienamente  capace  di  prendere  decisioni
libere e consapevoli. 
    La    Corte    ha    riconosciuto    che,    nell'ambito    della
costituzionalmente necessaria tutela del diritto  alla  vita,  l'art.
580  del  codice  penale  -  laddove  punisce  le  condotte  di  mera
agevolazione al suicidio - svolge la funzione  di  creare  uno  scudo
protettivo intorno alle persone, specie quelle particolarmente deboli
e vulnerabili, al fine di  porle  al  riparo  da  scelte  auto-lesive
irreparabili, inibendo ai terzi di cooperare in  qualsiasi  modo  con
esse per l'esecuzione del proposito suicida. 
    La Corte, tuttavia, ha analizzato la specifica vicenda che  aveva
originato il giudizio a quo e, in particolare, la posizione di coloro
che, affetti da una  patologia  irreversibile,  fonte  di  sofferenze
fisiche o psicologiche che reputano assolutamente intollerabili,  pur
capaci di prendere decisioni libere e  consapevoli,  sono  tenuti  in
vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale. 
    Ha  osservato  quindi  che,  pur  essendo  per  natura   soggetti
particolarmente vulnerabili, costoro avrebbero gia' diritto, ai sensi
della legge n. 219/2017, a rifiutare od interrompere il  mantenimento
artificiale in vita con contestuale  sedazione  palliativa  profonda,
cio' che a livello naturalistico  prevedrebbe  comunque  l'intervento
materiale di un terzo (tramite il distacco  o  lo  spegnimento  della
macchina e la somministrazione della sedazione terminale). 
    Pertanto,  l'ordinamento  giuridico  gia'  conosce  e   definisce
situazioni in cui lo scudo eretto a protezione della vita di  persone
pur vulnerabili puo' legittimamente venire meno, sicche' impedire  al
paziente che versi nelle medesime descritte condizioni di ottenere un
aiuto al suicidio, quando questa opzione - per il fatto di  provocare
una morte piu' rapida - gli appare un'alternativa piu' dignitosa  per
porre fine alla propria esistenza, integra un ostacolo  irragionevole
al pieno esercizio della liberta' di autodeterminazione terapeutica. 
    Considerato il rischio che  una  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale pura e semplice  della  norma  incriminatrice  avrebbe
potuto compromettere, nell'attesa di una nuova legge in  materia,  la
tutela delle persone particolarmente vulnerabili, con la sentenza  n.
242/2019 la Corte costituzionale ha altresi' individuato, ricavandoli
dal sistema, i presidi di legalita'  idonei  a  prevenire  potenziali
abusi: da un lato,  poiche'  la  pronuncia  «attiene  (...)  in  modo
specifico ed esclusivo all'aiuto al suicidio  prestato  a  favore  di
soggetti  che  gia'  potrebbero  alternativamente  lasciarsi   morire
mediante la rinuncia  a  trattamenti  sanitari  necessari  alla  loro
sopravvivenza», la procedura dovra'  seguire  le  modalita'  previste
dagli articoli 1 e 2 della legge n.  219/2017;  dall'altro  lato,  la
sussistenza delle circostanze che rendono non  punibile  il  suicidio
assistito dovranno essere verificate da una  struttura  pubblica  del
servizio  sanitario  nazionale,  previo  parere  del  comitato  etico
territorialmente competente. 
    Come  successivamente  chiarito  con  la  recente   sentenza   n.
135/2024, i duplici interventi della Corte  costituzionale  del  2022
(in  materia  referendaria,  in  relazione  all'abrogazione  parziale
dell'art. 579 del codice penale) e del 2019, di cui si  e'  riferito,
hanno individuato rispettivamente «una soglia minima di tutela  della
vita umana, che si  impone  al  legislatore,  cosi'  come  al  potere
referendario, e che si risolve nella insostenibilita'  costituzionale
di una ipotetica disciplina che  dovesse  far  dipendere  dalla  mera
volonta' dell'interessato la liceita' di condotte che ne cagionino la
morte,  a  prescindere  dalle  condizioni  in  cui  il  proposito  e'
maturato, dalla qualita' del soggetto attivo e dalle ragioni  da  cui
questo e'  mosso,  cosi'  come  dalle  forme  di  manifestazione  del
consenso e dai mezzi usati per provocare la morte» e, all'opposto, il
limite  entro  cui  non  puo'  essere  compressa   la   liberta'   di
autodeterminazione del paziente «nella peculiare situazione descritta
da tali  pronunce,  in  cui  questi  avrebbe  -  comunque  sia  -  la
possibilita'  di  porre  termine  alla  propria  vita  rifiutando   i
trattamenti che ne assicurano la  sopravvivenza,  ovvero  chiedendone
l'interruzione». La Corte ha chiarito che «nell'ambito della  cornice
fissata   dalle   pronunce   menzionate,   dovra'   riconoscersi   un
significativo spazio alla discrezionalita' del legislatore, al  quale
spetta primariamente il compito di offrire una tutela  equilibrata  a
tutti i diritti di pazienti che  versino  in  situazioni  di  intensa
sofferenza». 
5. La  sussistenza  delle  condizioni  di  cui  alla  sentenza  Corte
costituzionale n. 242/2019 
    A fronte di tale quadro normativo, si puo' passare  ad  esaminare
la situazione personale della ricorrente. 
    Il primo dato rilevante e incontroverso  e'  che  la  commissione
medica, in data  ...  (doc.  8),  ha  definitivamente  accertato  che
sussistono «tutte le condizioni prescritte - patologia irreversibile,
sofferenze   fisiche   o   psicologiche   che   la   persona   reputa
intollerabili, trattamenti di  sostegno  vitale,  consenso  libero  e
consapevole - per considerare percorribile l'intenzione di  ricorrere
al suicidio assistito». 
    Si ricade pertanto  in  una  ipotesi  in  cui,  alla  luce  della
sentenza della Corte  costituzionale  n.  242/2019,  e'  tutelato  il
diritto di  autodeterminazione  del  malato,  comprendente  anche  il
suicidio medicalmente assistito. 
    Quanto alle modalita' di esecuzione, nella  relazione  del  dott.
..., si precisa che «in linea teorica, il SMA puo'  essere  messo  in
atto grazie alla auto-introduzione nell'organismo di farmaci per  via
endovenosa e/o per via orale (e  gastrica  in  caso  di  presenza  di
gastrostomia)». 
    Per quanto concerne la somministrazione per via orale si  precisa
che si tratta di una autosomministrazione per bocca di un cocktail di
farmaci letali sciolti in una bevanda potabile «una volta deglutiti e
ingeriti,  i  farmaci  vengono  adsorbiti  a  livello  gastrico   e/o
intestinale  penetrando  nel  circolo  venoso  e  giungendo  in  modo
progressivo al sistema nervoso centrale: questo meccanismo  determina
una latenza/ritardo rispetto  alla  via  endovenosa:  la  perdita  di
coscienza non e' rapida e completa  ma  progressiva,  e  inizia  come
assopimento  dopo  circa  15-20  muniti  dalla  ingestione;   diviene
completa e permanente dopo circa 30 muniti; l'attivita'  respiratoria
si riduce progressivamente a partire da 20-40 minuti, e la cessazione
del battito cardiaco avviene entro  1  ora  in  oltre  il  50%  delle
persone. Possibili complicazioni  sono  nausea,  vomito,  difficolta'
nella deglutizione,  rigurgito,  inalazione  con  tosse,  momenti  di
ripresa di coscienza, crisi epilettiche. E' quindi  necessario  anche
nel caso della via orale avere a disposizione una via  venosa  sicura
posizionata nei giorni  precedenti  per  via  eco-guidata  per  poter
adeguatamente e prontamente trattare queste possibili, anche se rare,
complicazioni». 
    Considerate  le  complicazioni  sopra  descritte  relative   alla
somministrazione  orale  e,  in  particolare,   le   difficolta'   di
deglutizione della paziente, che soffre di «disfagia  per  liquidi  e
solidi che prova frequentemente aspirazione in trachea  di  materiale
ingerito o di secrezioni orali con  conseguenti  crisi  respiratorie»
(v. parere del Comitato Etico del ... doc. 2 ricorrente),  tanto  che
era stato prescritto il posizionamento di PEG (rifiutato  in  base  a
quanto previsto dalla legge n. 219/2017), la  ricorrente  ha  scelto,
d'accordo  con  il  medico  di  fiducia,  di  accedere   alla   morte
medicalmente assistita solo mediante la via endovenosa. 
    Nonostante la commissione medica abbia espresso parere favorevole
per entrambe le modalita' indicate (orale e endovenosa) non pare  che
possa  sindacarsi  la  scelta   manifestata   dalla   paziente,   non
espressione  di  una  mera  preferenza  immotivata,  ma  una   scelta
concordata con il medico  di  fiducia,  sulla  base  delle  possibili
complicazioni  della  somministrazione  orale,  valutate   anche   le
condizioni fisiche del malato. 
    Lo stesso Comitato Etico nel parere del ... «ritiene coerente con
i principi etici e giuridici gia'  menzionati  favorire  quanto  piu'
possibile il rispetto delle preferenze  espresse  dalla  paziente...»
(doc. 12 ricorrente). 
6. L'impossibilita' della auto-somministrazione del farmaco letale 
    A questo punto occorre considerare che e'  incontroverso  che  la
paziente, totalmente paralizzata dal collo in  giu',  come  accertato
nelle relazioni  mediche  in  atti,  potrebbe  autosomministrarsi  il
farmaco letale per via endovenosa solamente  con  l'utilizzo  di  uno
strumento meccanico azionato dal movimento dei muscoli  della  bocca,
con il movimento dei bulbi oculari o con un comando vocale. 
    Tuttavia,  la  Azienda  USL  Toscana  Nord-Ovest,   chiamata   in
giudizio, ha confermato, di aver attivato urgentemente una  procedura
contrattuale per l'acquisto di tale strumentazione (anche  alla  luce
della  sopravvenuta  legge  regionale  n.  16/2015)   ma   che   tali
dispositivi non sono presenti sul mercato e quindi non e'  in  nessun
modo possibile dar seguito alla richiesta (doc. 3 ASL). 
    All'udienza  di  discussione,  su   richiesta   di   chiarimenti,
l'azienda sanitaria non ha saputo fornire alcuna previsione  concreta
sulla  possibilita'  e  comunque  sui   tempi   per   reperire   tale
strumentazione confermando  che,  al  momento,  tali  apparecchi  non
esistono sul mercato. 
    In sostanza, allo stato,  non  si  puo'  prevedere  se  e  quando
eventuali imprese fornitrici potranno  creare  o  adattare  le  pompe
infusionali attualmente in produzione, considerati altresi' i tempi e
le  procedure  per  le  valutazioni  di  conformita'  necessarie  per
l'immissione sul mercato. 
    Il Ministero della salute non ha fornito  ulteriori  informazioni
in proposito  per  cui  si  deve  ritenere  che  la  ricorrente,  ne'
privatamente ne' con l'ausilio  della  struttura  pubblica,  potrebbe
utilizzare  tale  strumentazione,  in  tempi   compatibili   rispetto
all'evoluzione della malattia. 
    Ad ogni modo, come evidenziato in ricorso, per il normale decorso
e le caratteristiche della malattia, non si puo' neppure prevedere se
ella medio tempore perdera' anche il movimento dei muscoli del  volto
cosi' che la via endovenosa rimarrebbe non solo  la  scelta  ritenuta
piu' idonea e con minori complicazioni, ma anche la sola tecnicamente
possibile. 
    Da qui l'interesse a vedere accertato in via preventiva e urgente
il diritto a procedere con tale modalita' anche via eteronoma. 
7. Sull'interesse ad agire 
    Occorre, in proposito, evidenziare che  il  controllo  preventivo
che la sentenza  n.  242/2019  affida  all'autorita'  pubblica,  come
affermato  da  questo  Tribunale  con  ordinanza  collegiale  del  13
febbraio 2025 in altra vicenda in materia di fine-vita, non  riguarda
il  consenso  informato  alla  procedura,   che   e'   revocabile   e
modificabile sino all'ultimo momento come per ogni altro  trattamento
sanitario e che viene espresso in modo definitivo solo al momento  in
cui si da' inizio alla  auto  somministrazione  dei  farmaci,  ma  e'
funzionale  ad  una  verifica  della  capacita'   del   soggetto   di
autodeterminarsi consapevolmente in ordine  ad  un  atto  foriero  di
conseguenze non reversibili. «In altre parole, e' compito dello Stato
porre la persona in condizioni di scegliere  -  consapevolmente -  il
modo per  lei  piu'  dignitoso  di  congedarsi  dalla  vita,  essendo
informata su tutte le alternative possibili le quali possono  giocare
un ruolo decisivo nel processo di formazione della sua  volonta'.  Ma
il  processo  di  formazione  della  volonta'   -   e'   fondamentale
evidenziare - rimane nell'ambito del dominio del soggetto  fino  alla
fine». Il malato puo' «legittimamente mutare il proprio convincimento
sia in ordine al an della procedura  sia  in  ordine  al  quomodo,  e
siccome anche questi mutamenti di convincimento sono espressione  del
diritto all'autodeterminazione  terapeutica,  e'  necessario  che  la
reclamata rimuova ogni ostacolo a che  la  paziente  compia  cio'  in
assoluta liberta' e consapevolezza». 
    Nel caso di specie, la ricorrente si trova a  dover  decidere  se
accedere  immediatamente  al  suicidio  medicalmente  assistito   con
somministrazione orale, pur esponendosi ad una procedura piu' gravosa
e con possibili complicazioni, al fine di scongiurare il rischio che,
perdendo definitivamente anche la capacita' di  deglutire,  ella  non
abbia piu' nessuna possibilita' di esercitare il proprio  diritto  di
autodeterminazione in materia di fine-vita. 
    Ritiene il giudicante che proprio tale situazione  di  incertezza
sia foriera di un grave pregiudizio in quanto pone la  ricorrente  di
fronte ad una scelta drammatica, con il  rischio  che  ella,  per  le
proprie convinzioni, possa essere indotta ad anticipare una scelta in
materia  di  fine-vita,  non  potendo  prevedere  l'evoluzione  della
malattia, per gli ostacoli esistenti rispetto alla procedura di morte
medicalmente assistita per via endovenosa. 
    In sintesi, sussiste quindi un interesse concreto ed attuale alla
presente azione di accertamento sotto tre profili. 
    In primo luogo, perche' la  somministrazione  per  via  orale  e'
ritenuta  piu'  gravosa,  per  le  maggiori  complicazioni  che  puo'
determinare, meno confacente  allo  stato  fisico  della  paziente  e
quindi motivatamente rifiutata dalla stessa. 
    In secondo luogo, in quanto sussiste un timore fondato che  nelle
more del giudizio venga comunque meno a causa  dell'evoluzione  della
malattia  la  possibilita'  di  accedere  al  suicidio   medicalmente
assistito con tale modalita'. 
    In terzo luogo, in quanto l'incertezza circa  la  percorribilita'
della  somministrazione  per   via   endovenosa,   ovvero   la   piu'
corrispondente alla volonta' della persona e  quella  che  -  in  via
eteronoma - potrebbe  essere  attuata  fino  alla  fine,  rischia  di
condizionare il processo di libera  determinazione  del  malato  alle
scelte in materia di fine-vita. 
8. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    Se dunque la somministrazione endovenosa del farmaco  risulta  la
sola soluzione scelta in maniera informata dalla  paziente  e  quella
che potrebbe comunque nel corso del giudizio divenire  anche  l'unica
tecnicamente  possibile,  la   ricorrente   evidenzia   che   l'unica
possibilita' astrattamente percorribile sarebbe  la  somministrazione
del farmaco letale tramite  una  pompa  infusionale  azionata  da  un
soggetto  terzo  che  eseguirebbe  materialmente  la  volonta'  della
persona. 
    Anche a seguito dell'instaurazione  del  contraddittorio  non  e'
emersa infatti la possibilita'  di  reperire  strumentazione  tecnica
compatibile con le condizioni della paziente. 
    La ricorrente allega di aver gia' individuato  un  soggetto,  nel
caso particolare il medico  di  fiducia  dott.  ...,  disponibile  ad
attuare   tale   proposito,   ma   che    cio'    risulta    precluso
dall'incriminazione della condotta del terzo ai sensi  dell'art.  579
del codice penale della cui incostituzionalita' parziale si sospetta. 
    La questione di legittimita'  costituzionale  prospettata  appare
sotto tale profilo rilevante  non  essendo  condivisibile  la  difesa
dell'azienda sanitaria nella parte in cui sostiene il difetto di tale
requisito per il fatto che la ricorrente non  potrebbe  comunque  mai
essere punita per tale reato, neppure nella fattispecie tentata. 
    Si osserva in proposito che se e' vero che,  fino  ad  oggi,  gli
interventi della Corte costituzionale in materia  di  fine-vita  sono
scaturiti principalmente da questioni di legittimita'  costituzionale
sollevate nell'ambito di procedimenti penali, nei quali evidentemente
la fattispecie incriminatrice veniva immediatamente  in  rilievo  per
l'imputato,  cio'  non  toglie  che  la  questione  possa   risultare
rilevante anche dinanzi al giudice civile che, quale giudice naturale
dei diritti soggettivi, nel dialogo con la Corte  costituzionale,  e'
tenuto a garantire la tutela e effettivita' dei diritti fondamentali. 
    E' evidente che la previsione di una fattispecie di  reato  (art.
579 del codice penale) che prevede una pena da sei a quindici anni di
reclusione, impedisce alla ricorrente di ottenere la cooperazione  di
un soggetto terzo nell'attuazione materiale  del  proprio  proposito,
rispondendo cio' alla funzione dissuasiva propria della norma penale. 
    La Corte costituzionale con la sentenza n.  242/2019  non  sembra
pero' aver collocato  l'aiuto  al  suicidio  nell'ambito  della  mera
«irrilevanza penale» della condotta, ragionando solo  in  termini  di
non offensivita', introducendo ovvero una mera scriminante  a  favore
di chi, a determinate condizioni, agevola il proposito suicidario. 
    Per tale ragione  non  pare  potersi  sostenere  che  dinanzi  al
giudice civile la sfera di liberta' del malato non possa mai  trovare
tutela. 
    Nonostante la controversa estensibilita'  del  concetto  di  cura
(terapia) fino ad  includere  la  somministrazione  di  sostanze  che
determinano la morte,  la  consulta  ha  affermato  che  «il  divieto
assoluto   di   aiuto    al    suicidio    finisce    per    limitare
ingiustificatamente  nonche'   irragionevolmente   la   liberta'   di
autodeterminazione del malato nella scelta  delle  terapie,  comprese
quelle finalizzate a liberarlo  dalle  sofferenze,  scaturente  dagli
articoli 2, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione,  imponendogli
in ultima analisi un'unica modalita' per congedarsi dalla vita». 
    E' quindi la stessa Corte a evocare la  «salute»,  la  «relazione
medico-paziente», le «terapie» in  relazione  all'aiuto  al  suicidio
richiamando il parametro dell'art.  32  della  Costituzione  e,  allo
stesso modo,  anche  le  condizioni  di  verifica  sono  strettamente
ancorate alla legge n. 219/2017, che rappresenta un preciso punto  di
riferimento nell'iter argomentativo della sentenza. 
    La  condotta  di  agevolazione  al  suicidio  e'  contigua   alla
fattispecie di omicidio del consenziente,  soprattutto  nei  casi  di
«aiuto a morire» praticati in situazioni terminali di vita. 
    Tuttavia, in via interpretativa, non appare possibile  inquadrare
la condotta di colui che provoca materialmente la morte sostituendosi
in pratica all'aspirante suicida, nella fattispecie di  cui  all'art.
580 del codice penale e quindi - alle condizioni di cui alla sentenza
n. 242/2019 - nell'area  di  non  punibilita'.  L'aiuto  al  suicidio
presuppone infatti che l'atto sia comunque compiuto di  mano  propria
dal malato, nonostante  la  presenza  di  una  condotta  estranea  di
agevolazione,  e  che  lo  stesso  mantenga  il  dominio  finalistico
sull'azione (Cass. 26015/2023). 
    Ne' e' possibile estendere in via  interpretativa  da  parte  del
giudice ordinario le condizioni dettate dalla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 242/2019 alla diversa fattispecie incriminatrice di
cui all'art. 579 del codice penale. 
    Da   qui   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale prospettata. 
9. Sulla non manifesta infondatezza 
    Ritiene il tribunale che l'art. 579 del  codice  penale  presenti
profili di possibile contrasto con i parametri  costituzionali  nella
parte in cui non esclude la punibilita' di chi attui materialmente il
proposito  suicidario  del  malato  -  autonomamente  e   liberamente
formatosi - quando lo stesso abbia ottenuto il  riconoscimento  delle
condizioni  di  cui  alla  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
242/2019, ma si trovi nella impossibilita' materiale, per le  proprie
condizioni fisiche e  per  l'assenza  di  strumentazione  idonea,  di
autosomministrarsi il farmaco letale. 
    Sussistono inoltre dubbi di costituzionalita' anche  nell'ipotesi
in cui, seppure vi possano essere in astratto modalita' esecutive  di
auto-somministrazione del farmaco (nella specie, per via  orale),  le
stesse non siano accettate dal paziente, in forza  del  principio  di
autodeterminazione,  per  le  complicazioni  possibili  e  la  scelta
manifestata sia motivata e non possa ritenersi irragionevole. 
    Entrambi i profili sono, anche distintamente, rilevanti nel  caso
di specie considerata la finalita'  dell'azione  di  accertamento  di
consentire l'esercizio libero delle scelte del malato in  materia  di
fine-vita ed in considerazione della imprevedibile  evoluzione  della
malattia, anche nel corso del giudizio. 
    In primo luogo, la disposizione appare in contrasto con l'art.  3
della Costituzione per la irragionevole disparita' di trattamento che
determina tra situazioni sostanzialmente identiche. 
    A parita' di condizioni (persona tenuta in vita da trattamenti di
sostegno vitale e affetta da una patologia  irreversibile,  fonte  di
sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa  intollerabili)  il
diritto  all'autodeterminazione   del   paziente   viene   a   essere
condizionato da un fatto (possibilita'  di  autosomministrazione  del
farmaco letale) del tutto accidentale,  dipendente  dalla  condizione
clinica della persona, dalle modalita' di manifestarsi della malattia
e dalla sua progressione. 
    Paradossalmente   il   diritto    all'autodeterminazione    viene
pregiudicato proprio negli stati piu' gravi della malattia quando, ad
esempio, e' totalmente compromesso l'uso degli arti e/o la  capacita'
di deglutire, e quindi in quelle ipotesi  dove  ragionevolmente  sono
maggiori le sofferenze fisiche e psicologiche del malato. 
    La Corte costituzionale, con la sentenza n. 135/2019, ha  escluso
la possibilita' di  estendere  ulteriormente  l'area  della  liceita'
delle condotte di aiuto  al  suicidio  incriminate  in  via  generale
dall'art. 580 del codice penale, con riferimento ai pazienti rispetto
ai quali non sussistano tutti  i  requisiti  di  cui  alla  legge  n.
219/2017  e  che  pure  si  trovino  in  una  situazione  di  intensa
sofferenza e prostrazione per lo stato avanzato della malattia. 
    Ha precisato che «il requisito della dipendenza del  paziente  da
trattamenti di sostegno  vitale -  che  pure  rappresenta  un  unicum
nell'orizzonte comparato, come  esattamente  sottolineato  da  taluni
amici curiae - svolge, in assenza di un  intervento  legislativo,  un
ruolo cardine nella logica della soluzione adottata  con  l'ordinanza
n. 207 del 2018, poi ripresa nella sentenza n. 242 del 2019. 
    Come poc'anzi rammentato (supra,  punto  6.2.),  infatti,  questa
Corte non ha riconosciuto un generale diritto di terminare la propria
vita  in  ogni  situazione  di  sofferenza  intollerabile,  fisica  o
psicologica,  determinata  da  una  patologia  irreversibile,  ma  ha
soltanto ritenuto  irragionevole  precludere  l'accesso  al  suicidio
assistito  di  pazienti  che  -  versando  in  quelle  condizioni,  e
mantenendo intatte le proprie capacita' decisionali - gia' abbiano il
diritto, loro riconosciuto dalla legge n. 219 del 2017 in conformita'
all'art. 32, secondo comma, della Costituzione, di decidere di  porre
fine alla propria  vita,  rifiutando  il  trattamento  necessario  ad
assicurarne la sopravvivenza. 
    Una simile ratio, all'evidenza, non si estende a pazienti che non
dipendano da trattamenti di sostegno vitale, i quali non hanno (o non
hanno ancora)  la  possibilita'  di  lasciarsi  morire  semplicemente
rifiutando le cure. Le due situazioni sono,  dunque,  differenti  dal
punto di vista della ratio adottata nelle due  decisioni  menzionate;
sicche'  viene  meno  il  presupposto   stesso   della   censura   di
irragionevole  disparita'  di  trattamento  di  situazioni  analoghe,
formulata con riferimento all'art. 3 della Costituzione». 
    Nel caso di specie, tuttavia,  non  si  tratta  di  estendere  le
condizioni in cui  il  malato  ha  diritto  ad  accedere  alla  morte
medicalmente assistita, che rimangono le stesse indicate dalla  Corte
costituzionale con riferimento alla legge  n.  219/2019  (trattandosi
quindi di una persona che gia' ha diritto di decidere di  porre  fine
alla propria vita rifiutando il trattamento necessario ad assicurarne
la sopravvivenza) ma viene richiesta una  applicazione  dei  medesimi
principi alla fattispecie di cui all'art. 579 del codice penale,  con
i   necessari   adattamenti,   nei   casi   di   impossibilita'    di
autosomministrazione. 
    E' vero che la condotta materiale di aiuto al suicidio  e  quella
di  causare  materialmente  la  morte  sono  diverse,  tuttavia,   la
distinzione - gia' sotto il profilo naturalistico  -  puo'  risultare
piuttosto tenue, ne' assume un  rilievo  pregnante  in  relazione  al
diritto di autodeterminazione esercitato dal malato. 
    Con  riferimento  al  caso  di  specie,  ad  esempio,  se   fosse
disponibile  sul  mercato  una  pompa  infusionale  programmata   per
rispondere ai comandi vocali del malato  o  azionabile  con  i  bulbi
oculari, la condotta del  soggetto  che  metta  a  disposizione  tale
macchinario e assista la persona in tale fase risulterebbe penalmente
lecita   mentre,   pur   in   assenza   di   tali    dispositivi    e
nell'impossibilita' di  una  autosomministrazione,  il  soggetto  che
materialmente, su richiesta del  malato,  attivi  il  pulsante  della
pompa infusionale sarebbe punito per  omicidio  del  consenziente  ex
art. 579 del codice penale con una pena da sei  a  quindici  anni  di
reclusione.  Ed  ancora,  ad  esempio,  il  terzo  che  materialmente
avvicini alla bocca del paziente immobilizzato un bicchiere  e  versi
il farmaco letale, solo  perche'  la  soluzione  viene  materialmente
deglutita dal malato (se ancora in possesso  di  tale  facolta')  non
sembrerebbe invece punibile. 
    La condotta materiale non appare  un  elemento  distintivo  cosi'
significativo tale da giustificare, ferme le condizioni di  cui  alla
sentenza n. 242/2019, una tale sproporzione  di  trattamento:  in  un
caso la piena liceita' della condotta e nell'altro l'applicazione  di
una sanzione penale con pena minima  di  sei  anni  di  reclusione  e
quindi, per quanto viene in rilievo in questa sede,  la  compressione
totale della liberta' di autodeterminazione del  malato  in  caso  di
impossibilita' di autosomministrazione del farmaco letale. 
    «Se, infatti, il fondamentale rilievo del valore della  vita  non
esclude l'obbligo di rispettare la decisione del malato di porre fine
alla  propria  esistenza  tramite  l'interruzione   dei   trattamenti
sanitari - anche quando cio' richieda una condotta attiva, almeno sul
piano naturalistico, da parte  di  terzi  (quale  il  distacco  o  lo
spegnimento di un macchinario, accompagnato dalla somministrazione di
una sedazione profonda continua e di una terapia del  dolore)»,  come
previsto dalla legge n. 219/2019, e se, non e' neppure precluso, alla
luce dell'intervento della Corte costituzionale con  la  sentenza  n.
242/2019, «l'accoglimento della richiesta del malato di un aiuto  che
valga a sottrarlo al decorso  piu'  lento  conseguente  all'anzidetta
interruzione dei presidi di sostegno vitale», allo  stesso  modo,  si
dubita che il medesimo valore possa tradursi in un ostacolo assoluto,
penalmente presidiato, alla liberta' di autodeterminazione del malato
nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate  a  liberarlo
dalle sofferenze, scaturente dagli  articoli  2,  13  e  32,  secondo
comma,  della  Costituzione,  quando  queste   non   possono   essere
auto-somministrate ma richiedono il mero intervento materiale  di  un
terzo. 
    La Corte costituzionale nell'ordinanza n.  207/2018  ha  chiarito
che il bene giuridico  che  l'art.  579  del  codice  penale  mira  a
presidiare e'  profondamente  cambiato,  alla  luce  dell'entrata  in
vigore della Costituzione ed  il  principio  personalista  impone  di
rivedere l'oggettivita' giuridica conservando la sanzione penale  una
propria  ragion  d'essere  nella  tutela  delle  persone  fragili   e
vulnerabili,  «le  quali  potrebbero  essere  facilmente  indotte   a
congedarsi   prematuramente   dalla   vita,   qualora   l'ordinamento
consentisse a chiunque di cooperare anche soltanto all'esecuzione  di
una loro scelta suicida». 
    Questa rilettura dell'oggettivita' giuridica  dell'art.  580  del
codice penale appare giustificare anche una  reinterpretazione  della
norma di cui all'art. 579 del codice penale che qui viene in rilievo. 
    E' vero che la consulta ha avuto modo di  pronunciarsi  sull'art.
579  del  codice  penale  con  la  sentenza  n.  50/2022,   ritenendo
inammissibile  il  quesito   referendario   perche'   «l'effetto   di
liceizzazione   dell'omicidio   del    consenziente    oggettivamente
conseguente  alla  vittoria  del   si'   non   risulterebbe   affatto
circoscritto alla causazione, con il suo consenso, della morte di una
persona affetta da malattie gravi e irreversibili.  Alla  luce  della
normativa di risulta, la "liberalizzazione" del fatto  prescinderebbe
dalle motivazioni che possono indurre a chiedere la propria morte, le
quali non dovrebbero risultare  necessariamente  legate  a  un  corpo
prigioniero di uno stato di malattia con particolari caratteristiche,
potendo connettersi anche a situazioni di disagio di natura del tutto
diversa». L'impossibilita' di interpretare la  normativa  di  risulta
alla luce dei limiti fissati dalla Corte con la sentenza n. 242/2019,
ritenendo che l'esenzione da  responsabilita'  resti  subordinata  al
rispetto della «procedura medicalizzata» prefigurata dalla  legge  n.
219 del 2017 per l'espressione  (o  la  revoca)  del  consenso  a  un
trattamento terapeutico (o del rifiuto di esso),  determinerebbe  una
abrogazione pura e semplice di una norma posta a tutela  della  vita,
«facendo cosi' venir meno le istanze di protezione di quest'ultima  a
tutto vantaggio della liberta'  di  autodeterminazione  individuale»,
che «non puo' mai  prevalere  incondizionatamente  sulle  ragioni  di
tutela  del  medesimo  bene,   risultando,   al   contrario,   sempre
costituzionalmente necessario un bilanciamento che assicuri  una  sua
tutela minima». 
    Nel caso di specie, tuttavia, la ricorrente chiede una  pronuncia
additiva che, in assenza di un organico e complessivo riordino  della
materia del fine vita da parte del legislatore, fissi le condizioni e
le garanzie che rendano lecito l'intervento del terzo nell'attuazione
del  proposito  suicidario  senza  far  venir  meno  la  cintura   di
protezione al bene della vita che la norma penale assicura. 
    Invero, la compressione di tale diritto sotto  il  profilo  delle
modalita' esecutive rischia di condizionare  il  processo  stesso  di
formazione della volonta' del malato che, in presenza di  un  rischio
di progressione repentina e non prevedibile  della  malattia,  avendo
ottenuto l'accertamento delle condizioni  di  cui  alla  sentenza  n.
242/2019 per l'accesso al  suicidio  assistito,  qualora  rifiuti  la
sedazione   profonda,   potrebbe   essere    indotto    ad    attuare
anticipatamente il proprio proposito suicidario proprio per il timore
di non poter poi accedere alla morte medicalmente assistita  a  causa
del progredire della malattia e  per  l'impossibilita'  fisica  della
auto-somministrazione del farmaco letale. 
    La fattispecie incriminatrice nel tutelare in maniera assoluta il
diritto alla vita, in un  quadro  normativo  profondamente  mutato  a
seguito dell'intervento della Corte costituzionale, appare quindi  in
grado  non  solo  di  determinare  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra malati ma di  condizionare  potenzialmente,  anche  a
detrimento del bene della vita  stesso,  il  processo  di  formazione
della volonta' della persona. 
    In sintesi, in relazione alla fattispecie di cui all'art. 579 del
codice penale appare riproporsi la  situazione  gia'  rilevata  dalla
Corte costituzionale in relazione all'originario divieto assoluto  di
aiuto al suicidio  in  quanto  l'incriminazione,  nella  sua  attuale
portata, sembra comprimere  in  modo  sproporzionato  il  diritto  di
autodeterminazione  del  paziente  e  la  sua  effettiva  e  concreta
attuazione (art. 2, 13, 32 della Costituzione), creando altresi'  una
disparita' di trattamento tra malati che non sembra ragionevole (art.
3 della Costituzione). 
    Quanto ai rilievi sollevati dalla  azienda  sanitaria  in  ordine
alla non riconducibilita' dell'atto materiale di provocare  la  morte
al concetto di «atto medico» e quindi all'impossibilita'  o  comunque
non opportunita' di  prevedere  una  riserva  esclusiva  della  «fase
esecutiva» per il personale sanitario, essendo ipotizzabile anche  la
figura di un «fiduciario» individuato dal paziente, si ritiene che la
questione  debba  essere  approfondita  e  valutata  nell'ambito  del
giudizio dinanzi alla Corte costituzionale limitandosi in questa sede
a  rilevare  il  sospetto  di  incostituzionalita'  (parziale)  della
fattispecie incriminatrice nella sua assolutezza alla luce del quadro
costituzionale e normativo venutosi a creare all'esito dalle pronunce
di costituzionalita' sull'art. 580 del codice penale. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della  Costituzione  e  23  ss.  legge  n.
87/1953  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  579  del  codice
penale nella parte in cui non esclude la punibilita' di chi,  con  le
modalita' previste dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017,
n. 219, attui materialmente la volonta' suicidaria,  autonomamente  e
liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita  da  trattamenti
di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di
sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa  intollerabili,  ma
pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli,  sempre
che  tali  condizioni  e  le  modalita'  di  esecuzione  siano  state
verificate  da  una  struttura  pubblica   del   servizio   sanitario
nazionale,  previo  parere  del   comitato   etico   territorialmente
competente, quando la stessa persona per impossibilita' fisica e  per
l'assenza  di  strumentazione   idonea,   non   possa   materialmente
procedervi in autonomia o quando comunque le modalita' alternative di
autosomministrazione disponibili non siano  accettate  dalla  persona
sulla  base  di  una  scelta  motivata  che   non   possa   ritenersi
irragionevole, per contrasto con gli articoli  2,  3,  13,  32  della
Costituzione; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio; 
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza  alle
parti in causa, al Pubblico Ministero e al Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  e  di  comunicarla  ai  Presidenti  del  Senato  della
Repubblica e della Camera dei deputati. 
      Firenze, 30 aprile 2025 
 
                       Il Giudice: Castagnini