Reg. ric. n. 20 del 2024 n° parte 1

pubbl. su G.U. del 26/06/2024 n. 26

Ricorrente: Presidente del Consiglio dei ministri

Resistenti:  Regione Puglia 



Oggetto:

Acque e acquedotti – Servizio idrico integrato – Norme della Regione Puglia – Disciplina degli incentivi ai comuni pugliesi per la costituzione di una società, con la finalità di assicurare l'esercizio unitario ed efficiente delle funzioni comunali afferenti alla gestione del Servizio idrico integrato (SII) nell'ambito territoriale unico regionale – Previsione finalizzata a generare le condizioni per l'individuazione, da parte dell'autorità idrica pugliese delle modalità di affidamento del SII che ritiene più opportuna, tra quelle previste – Costituzione da parte dei comuni pugliesi, a tali fini, di una società per azioni, denominata Società veicolo, a totale partecipazione pubblica e a controllo analogo congiunto di tutti i comuni ricadenti nel territorio regionale, da esercitare indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale – Previsione di un capitale sociale e di un finanziamento regionale – Erogazione di incentivi regionali – Avviamento da parte della Regione del trasferimento graduale a titolo gratuito, nella misura massima del 20 per cento, delle azioni di Acquedotto Pugliese s.p.a. in favore dei comuni aderenti, in proporzione alla consistenza delle infrastrutture destinate alla gestione del Servizio idrico integrato – Previsto impegno per ciascun comune aderente di ritrasferire le suddette azioni alla Società veicolo – Titolarità di tutti i comuni pugliesi, anche non aderenti, dei poteri di indirizzo, coordinamento, controllo e supervisione sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più significative della Società veicolo, da esercitarsi congiuntamente – Previsione che, qualora alla data del 30 giugno 2025 non tutti i comuni pugliesi abbiano aderito alla Società veicolo, i tali poteri sono esercitati tramite il Comitato di coordinamento e controllo – Modalità di elezione del Comitato, relativa durata, funzionamento e funzioni – Ricorso del Governo – Denunciate disposizioni la cui applicazione determina una sostanziale modifica del soggetto in house cui la legge statale ha affidato la gestione del servizio idrico integrato – Disciplina incompatibile con i requisiti necessari per la configurabilità dell’in house providing, come definito dal Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, nonché con le disposizioni statali disciplinanti la gestione del servizio idrico integrato in Puglia – Ulteriore contrasto con quanto disposto dall’art. 148-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante l’individuazione dei presupposti necessari per l’affidamento diretto dei servizi idrici integrati – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, dell’ordinamento civile e di tutela dell’ambiente – Lesione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Partecipazione regionale al capitale sociale del gestore del servizio idrico integrato che viola la norma statale la quale stabilisce che le amministrazioni pubbliche possono costituire, acquisire o mantenere partecipazioni esclusivamente in società che abbiano per oggetto la produzione di beni o servizi strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali – Contrasto con la norma nazionale secondo cui la società in house deve realizzare oltre l’80 per cento del proprio fatturato nello svolgimento dei compiti a essa affidati dagli enti pubblici soci – Contrasto con la normativa statale interposta in base alla quale l’affidamento diretto del servizio idrico integrato può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, partecipate, in ogni caso, dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale – Lesione sotto ulteriori profili della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. 



Norme impugnate:

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.

legge della Regione Puglia  del 28/03/2024  Num. 14  Art.



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

decreto legislativo  del 11/05/1999  Num. 141  Art.  Co.

decreto legislativo  del 11/05/1999  Num. 141  Art.

decreto-legge  del 06/11/2021  Num. 152  Art. 16   convertito con modificazioni dall'

legge  del 29/12/2021  Num. 233

decreto legislativo  del 19/08/2016  Num. 175  Art.  Co.

decreto legislativo  del 19/08/2016  Num. 175  Art.  Co.

decreto legislativo  del 19/08/2016  Num. 175  Art. 15 

decreto legislativo  del 19/08/2016  Num. 175  Art. 16   Co.

decreto legislativo  del 23/12/2022  Num. 201  Art. 14 

decreto legislativo  del 23/12/2022  Num. 201  Art. 17 

decreto legislativo  del 03/04/2006  Num. 152  Art. 149   Co.

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 23  Art. 12 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 23  Art. 17 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 23  Art. 17 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 23  Art. 17 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 24  Art. 12 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 24  Art. 12 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 24  Art. 12 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 25  Art. 28 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 25  Art. 28 

direttiva UE  del 26/02/2014  Num. 25  Art. 28 




Testo del ricorso

N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 04 giugno 2024

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 4  giugno  2024  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Acque e acquedotti - Servizio idrico integrato - Norme della  Regione
  Puglia - Disciplina degli  incentivi  ai  comuni  pugliesi  per  la
  costituzione di  una  societa',  con  la  finalita'  di  assicurare
  l'esercizio  unitario  ed  efficiente   delle   funzioni   comunali
  afferenti  alla  gestione  del  Servizio  idrico  integrato   (SII)
  nell'ambito territoriale unico regionale - Previsione finalizzata a
  generare   le   condizioni   per   l'individuazione,    da    parte
  dell'autorita' idrica pugliese, della modalita' di affidamento  del
  SII che ritiene piu' opportuna, tra quelle previste - Costituzione,
  da parte dei comuni pugliesi, a tali  fini,  di  una  societa'  per
  azioni,  denominata  Societa'  veicolo,  a  totale   partecipazione
  pubblica  e  a  controllo  analogo  congiunto  di  tutti  i  comuni
  ricadenti nel territorio regionale, da esercitare indipendentemente
  dalla  partecipazione  al  capitale  sociale  -  Previsione  di  un
  capitale sociale e di un finanziamento regionale  -  Erogazione  di
  incentivi  regionali  -  Avviamento  da  parte  della  Regione  del
  trasferimento graduale a titolo gratuito, nella misura massima  del
  20 per cento, delle azioni di Acquedotto Pugliese spa in favore dei
  comuni   aderenti,   in   proporzione   alla   consistenza    delle
  infrastrutture destinate alla gestione del SII -  Previsto  impegno
  per ciascun comune aderente di ritrasferire le suddette azioni alla
  Societa' veicolo - Titolarita' di tutti i  comuni  pugliesi,  anche
  non aderenti, dei poteri di indirizzo, coordinamento,  controllo  e
  supervisione sugli obiettivi  strategici  e  sulle  decisioni  piu'
  significative della Societa' veicolo, da esercitarsi congiuntamente
  - Previsione che, qualora alla data del 30 giugno 2025 non tutti  i
  comuni pugliesi abbiano aderito alla Societa' veicolo, tali  poteri
  sono esercitati tramite il Comitato di coordinamento e controllo  -
  Modalita' di elezione del Comitato, relativa durata,  funzionamento
  e funzioni. 
- Legge della Regione Puglia 28 marzo 2024, n. 14  (Disposizioni  per
  la gestione unitaria ed  efficiente  delle  funzioni  afferenti  al
  Servizio idrico integrato), artt. da 1 a 7. 


(GU n. 26 del 26-06-2024)

    Ricorso  per  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello  Stato  (codice
fiscale n. 80224030587) e presso la stessa domiciliato in  Roma  alla
via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente; 
    contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della  Giunta
regionale in carica - intimata; 
    per  la  declaratoria  dell'illegittimita'  costituzionale  della
legge della Regione Puglia del 28 marzo 2024 n.  14,  pubblicata  nel
BUR del 2 aprile 2024, n. 27 recante l'«Disposizioni per la  gestione
unitaria ed efficiente delle funzioni afferenti  al  Servizio  Idrico
Integrato», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  e),
l) ed s), della Costituzione. 
 
                                Fatto 
 
    Con la legge n. 14 del 28 marzo 2024 la Regione Puglia ha emanato
disposizioni per «la gestione unitaria ed efficiente  delle  funzioni
afferenti al servizio idrico integrato». 
    - L'art. 1 («Oggetto e finalita'») enuncia le  finalita'  che  la
legge  intende  perseguire,  consistenti   nel   disciplinare:   «...
incentivi ai Comuni pugliesi per la costituzione di una societa'  nel
rispetto  dell'art.  6,  comma  2,  ultimo   periodo,   del   decreto
legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 (Riordino della  disciplina  dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica), con la finalita'  di
assicurare l'esercizio unitario ed efficiente delle funzioni comunali
afferenti  alla  gestione  del  Servizio   idrico   integrato   (SII)
nell'ambito  territoriale  unico  regionale,  istituito   con   legge
regionale  6  settembre  1999,  n.  28  (Delimitazione  degli  ambiti
territoriali  ottimali  e  disciplina  delle  forme  e  dei  modi  di
cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio
1994, n. 36), nonche' con la finalita' di creare  le  condizioni  per
l'individuazione,   da   parte   dell'autorita'   idrica    pugliese,
nell'esercizio  delle  proprie   competenze,   delle   modalita'   di
affidamento del SII che ritiene piu' opportuna, tra  quelle  previste
dal decreto legislativo n.  201/2022  e  dal  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)»; 
    - L'art. 2 («Societa' dei Comuni pugliesi») prevede che,  per  il
raggiungimento delle finalita' di cui all'art. 1: «i Comuni  pugliesi
possono costituire, entro novanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge,  una  societa'  per  azioni,  denominata
Societa' veicolo, a totale  partecipazione  pubblica  e  a  controllo
analogo  congiunto  di  tutti  i  Comuni  ricadenti  nel   territorio
regionale, da esercitare indipendentemente  dalla  partecipazione  al
capitale sociale». 
    - L'art. 3 («Capitale sociale e finanziamento regionale») prevede
lo stanziamento di somme da parte  della  Regione  per  le  finalita'
della legge, consistenti in: a) 400.000 euro quale  capitale  sociale
della  societa'  «da  dividere  tra  tutti  i  comuni  in  base  alla
consistenza delle infrastrutture destinate alla  gestione  del  SII».
Sembrerebbe, quindi, trattarsi di una somma attribuita dalla  Regione
ai Comuni, e che questi a loro volta  conferiranno  alla  costituenda
societa' (art. 3, comma 1); b) contributo di 300.000  euro  destinato
dalla Regione direttamente alla costituenda societa' (art.  3,  comma
3). 
    - L'art. 4 («Incentivi») prevede, al comma 2, che: « [a]  seguito
della  costituzione  della  Societa'  veicolo  nel  termine  previsto
nell'art. 2, la Regione avviera' il trasferimento graduale  a  titolo
gratuito, nella misura massima del 20  per  cento,  delle  azioni  di
Acquedotto  Pugliese  S.p.a.  in  favore  dei  Comuni  aderenti,   in
proporzione alla  consistenza  delle  infrastrutture  destinate  alla
gestione del SII, come  riportata  nell'allegato  A.  Ciascun  comune
aderente si impegna a trasferire le  suddette  azioni  alla  Societa'
veicolo entro trenta  giorni  dall'acquisizione,  pena  la  decadenza
dell'incentivo». 
    - Gli articoli 5, 6 e 7 disciplinano, poi,  la  costituzione,  le
elezioni e le funzioni del «Comitato di coordinamento  e  controllo».
In particolare, l'art. 5, comma 1, prevede che, nel caso in cui  alla
data del 30 giugno 2025 non tutti i Comuni pugliesi  abbiano  aderito
alla Societa' veicolo, tutti i Comuni della  Regione,  ancorche'  non
aderenti alla societa'  veicolo,  esercitano  sulla  detta  societa',
tramite la partecipazione al detto Comitato, i poteri di  «indirizzo,
coordinamento, controllo e supervisione sugli obiettivi strategici  e
sulle decisioni piu' significative». Come costantemente affermato  da
codesta Corte, la disciplina concernente l'affidamento  del  servizio
idrico integrato attiene alle materie della tutela della  concorrenza
e della tutela dell'ambiente, riservate alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato (ex art. 117, comma 2, lettere e) ed s),  della
Costituzione). 
    Le  suddette  disposizioni  regionali  appaiono   inficiate   dai
seguenti plurimi vizi di legittimita' costituzionale. 
 
                               Diritto 
 
Illegittimita' degli articoli 1, 2, 3, 4,  5,  6  e  7,  della  legge
regionale n. 14/2024 per violazione  dell'art.  117,  primo  comma  e
secondo  comma,  lettere  e),  l),  ed  s),  della  Costituzione,  in
relazione agli articoli: 2, comma 1,  e  4,  decreto  legislativo  n.
141/1999;  16-bis  del  decreto-legge  6  novembre  2021,   n.   152,
convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233; 2,
comma 1,  lettera  o),  4,  comma  1,  15  e  16,  comma  3,  decreto
legislativo 19 agosto  2016,  n.  175  (testo  unico  in  materia  di
societa' a partecipazione pubblica); 12, paragrafi 1, 2  e  3  e  28,
paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE; 12 e 17, paragrafi 1,
2 e 3 della direttiva 23/2014/UE; 14 e 17 del decreto legislativo  n.
23  dicembre  2022,  n.  201;  149bis,  comma  1,  del  TUA  (decreto
legislativo n. 152 del 2006). 
    1. - Gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, delle la legge n. 14/2024
violano l'art. 117, primo comma e secondo comma, lettere e),  l),  ed
s),   della   Costituzione,   in   quanto   recano   una   disciplina
incompatibile: 
      a) con  le  disposizioni  statali  che  hanno  disciplinato  la
gestione del servizio idrico integrato in Puglia,  ossia  il  decreto
legislativo n. 11 maggio 1999, n. 141 e  le  successive  disposizioni
statali - da ultimo l'art. 16-bis del decreto-legge 6 novembre  2021,
n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n.
233 che hanno prorogato l'affidamento ad Acquedotto  pugliese  S.p.a.
dei compiti  precedentemente  svolti  dall'Ente  Autonomo  Acquedotto
Pugliese; 
      b) con la disciplina contenuta nell'art.  149-bis  del  decreto
legislativo n.  152/2006  recante  l'individuazione  dei  presupposti
necessari per l'affidamento diretto dei servizi idrici integrati; 
      c) con i requisiti necessari per  la  configurabilita'  dell'in
house providing come definito dagli articoli 2, comma 1, lettera  o),
4, 15 e 16 del testo unico in materia di  societa'  a  partecipazione
pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e alle
condizioni rispettivamente indicate dall'art. 12, paragrafi 1, 2 e 3,
della direttiva 24/2014/UE e dall'art. 17, paragrafi 1, 2 e  3  della
direttiva 23/2014/UE, nonche', per i settori speciali, dall'art.  28,
paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE. 
    2. - Come noto, il decreto legislativo n. 11 maggio 1999, n. 141,
all'art. 1, ha  disposto  la  trasformazione  del  preesistente  Ente
Autonomo   Acquedotto   Pugliese   (EAAP)   (costituito   con   Regio
decreto-legge   19   ottobre   1919,   n.   2060,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 settembre 1920, n.  1365)  in  societa'
per azioni con la denominazione di «Acquedotto pugliese  S.p.a.»,  le
cui azioni, ai sensi dell'art. 4, decreto legislativo n. n. 141/1999,
sono state definitivamente trasferite senza oneri alle Regioni Puglia
e Basilicata  e,  successivamente,  sono  interamente  confluite  nel
patrimonio della Regione Puglia, che allo stato e' l'unico  azionista
della societa'.  Inizialmente,  l'art.  4,  comma  1,  prevedeva,  al
secondo periodo, un obbligo per  dette  Regioni  di  dismettere,  con
procedure  ad  evidenza  pubblica,  tali  partecipazioni   azionarie;
successivamente, l'art. 149-bis  del  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n.  152,  inserito  dall'art.  7,  comma  1,  lettera  d),  del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni
dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164, ha abrogato tale previsione. 
    - L'art. 2, comma 1 del predetto decreto legislativo n. 141/1999,
ha affidato ad Acquedotto pugliese S.p.a., sino al 31 dicembre  2018,
la prosecuzione dei compiti precedentemente svolti dall'Ente Autonomo
Acquedotto Pugliese (EAAP) prima della trasformazione  in  Acquedotto
pugliese S.p.a. L'art. 16-bis del decreto-legge 6 novembre  2021,  n.
152, convertito con modificazioni dalla legge 29  dicembre  2021,  n.
233, ha prorogato  piu'  volte  tale  termine  che,  attualmente,  e'
fissato al 31 dicembre 2025 e al comma 2, ha altresi' disposto, senza
prevedere un termine di  scadenza,  che  Acquedotto  pugliese  S.p.a.
debba provvedere alla «gestione del ciclo integrato dell'acqua e,  in
particolare,   alla    captazione,    adduzione,    potabilizzazione,
distribuzione di acqua ad usi  civili,  di  fognatura  e  depurazione
delle acque reflue». 
    La Regione Puglia, nel tentativo  di  incidere  sulla  disciplina
statale di cui al decreto  legislativo  n.  141/1999,  con  la  legge
regionale 20 giugno 2011, n. 11, aveva istituito  l'azienda  pubblica
regionale «Acquedotto pugliese - AQP» cui aveva affidato il  servizio
idrico integrato regionale (art. 2, comma 1), con  subentro  di  tale
azienda nel patrimonio  e  nei  rapporti  della  Acquedotto  pugliese
S.p.a. (art. 5). 
    Codesta  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.  62/2012,   ha
dichiarato l'illegittimita' delle disposizioni regionali in quanto la
normativa statale non  consente  che  la  legge  regionale  individui
direttamente il soggetto affidatario della gestione  del  SII  e  che
stabilisca i requisiti  generali  dei  soggetti  affidatari  di  tale
gestione. Codesta Corte ha dichiarato costituzionalmente  illegittima
la normativa regionale del 2011 anche laddove ha inciso  sull'assetto
della societa' Acquedotto pugliese S.p.a. prevedendo il trasferimento
del relativo patrimonio e dei rapporti ad altro ente. A  tale  ultimo
riguardo, e' stato evidenziato che: «...  non  e'  dubbio  che  detta
normativa regionale incide sul patrimonio e  sui  rapporti  attivi  e
passivi di una societa' per  azioni  costituita  con  legge  statale;
societa' nel cui oggetto  sociale  rientra  la  «gestione  del  ciclo
integrato dell'acqua» e che e'  destinata  ad  operare  (in  base  al
citato decreto legislativo  n.  141  del  1999)  almeno  fino  al  31
dicembre 2018. In considerazione di tale contenuto e, in particolare,
della sua attinenza (proprio perche'  trasferisce  le  risorse  ed  i
rapporti  dell'indicata  societa'  per  azioni)  alla  gestione   del
servizio  idrico  integrato,  la   norma   regionale   impugnata   e'
riconducibile - oltre che alla  materia  ordinamento  civile  -  alle
materie tutela della concorrenza  e  tutela  dell'ambiente,  entrambe
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  base
agli evocati parametri costituzionali (come evidenziato  dalle  sopra
citate sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n.
142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009).  La  previsione  del
subentro  dell'AQP  nel  patrimonio  e  nei  rapporti  della   S.p.a.
Acquedotto pugliese, ponendosi in palese contrasto  con  la  suddetta
disciplina statale (che non prevede tale subentro), integra, percio',
la denunciata illegittimita' costituzionale». 
    2.1. - Con la legge in esame,  il  legislatore  regionale  incide
nuovamente, seppure con diverse modalita', sulle  norme  statali  che
disciplinano l'affidamento del SII nella regione fino al 31  dicembre
2025. Infatti, l'art. 4 della legge regionale impugnata  si  pone  in
contrasto con il citato art. 2 comma 2  del  decreto  legislativo  n.
141/1999, la cui disciplina e' espressione della potesta' legislativa
statale in materia di ordinamento civile, tutela della concorrenza  e
tutela dell'ambiente. In  tal  modo  la  Regione  Puglia  reitera  un
comportamento  violativo   delle   competenze   legislative   fissate
dall'art. 117, commi 1 e 2, lettera e), l) ed s)  della  Costituzione
Infatti,   come   costantemente   affermato   dalla    giurisprudenza
costituzionale, la disciplina concernente l'affidamento del  servizio
idrico integrato attiene alle  materie  della  tutela  concorrenza  e
della tutela  dell'ambiente  riservate  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato (art. 117, comma, e) ed s) della  Costituzione)
In questo contesto, la legge regionale deve limitarsi  a  individuare
l'ente o il soggetto preposto a deliberare la forma di  gestione  del
servizio idrico integrato e  ad  aggiudicare  la  gestione  di  detto
servizio, ma non puo' direttamente provvedere all'esercizio  di  tali
funzioni, neanche precostituendone le condizioni,  come,  invece,  ha
fatto il legislatore pugliese con la legge  regionale  in  esame.  Le
sopra citate disposizioni  della  legge  regionale  n.  27/2024  sono
costituzionalmente illegittime per violazione  dell'art.  117,  primo
comma e secondo comma , lettere e), l) , ed  s)  della  Costituzione,
con riferimento al rispetto del diritto  europeo  e  alla  competenza
esclusiva  dello  Stato  in  materia  di  tutela  della  concorrenza,
dell'ordinamento civile  e  della  tutela  dell'ambiente,  in  quanto
recano una disciplina incompatibile con i requisiti necessari per  la
configurabilita' dell'in house  providing  come  definito  dal  Testo
Unico in materia di societa' a partecipazione pubblica,  nonche'  con
le disposizioni statali che disciplinano  la  gestione  del  servizio
idrico integrato in Puglia, e, infine, con  la  disciplina  contenuta
nell'art. 149-bis del decreto legislativo n. n. 152 del 2006  recante
l'individuazione dei presupposti necessari per l'affidamento  diretto
dei servizi idrici integrati. Come si e' sopra illustrato,  la  legge
statale  ha  costituito  la  societa'  Acquedotto  pugliese   S.p.a.,
attribuendone interamente le  azioni  alle  Regioni  interessate,  ed
affidando a detta societa' i servizi in materia di SII, per la durata
- almeno con riguardo ai «compiti  precedentemente  svolti  dall'Ente
Autonomo Acquedotto Pugliese», fino al 31 dicembre 2025. 
    La norma originaria, prima delle ulteriori  modifiche  che  hanno
prorogato la data finale di affidamento, prevedeva  espressamente  le
modalita' con le quali si poteva procedere alla cessione delle  quote
di AQP. Ne deriva che la modifica della composizione della  compagine
sociale puo' essere definita solo con legge  dello  Stato.  L'art.  4
della legge regionale in esame, pur  non  incidendo  formalmente  sul
contenuto delle richiamate norme  statali,  modifica  nella  sostanza
l'assetto dato  dal  legislatore  statale  alla  societa'  Acquedotto
pugliese S.p.a., prevedendo la modifica degli assetti proprietari con
il trasferimento del 20  per  cento  del  pacchetto  azionario  dalla
Regione Puglia ai Comuni e,  quindi,  da  questi  alla  societa'  cd.
veicolo che verra' costituita dai Comuni medesimi. L'obiettivo finale
del legislatore regionale e' quello di assicurare  che  l'affidamento
del servizio avvenga  ad  un  soggetto  in  house  individuato  dalla
regione medesima. Tanto emerge anche  dai  lavori  preparatori  della
legge che, nella proposta originaria era intitolata «Costituzione del
Comitato per il controllo  di  Acquedotto  Pugliese  S.p.a.  (AQP)  e
gestione in house  del  servizio  idrico  integrato»  e  aveva  quale
finalita', dichiarata nella relazione di accompagnamento sottoscritta
dai consiglieri regionali proponenti,  quella  di  «affidare  dal  1°
gennaio 2026 al 31  dicembre  2046  ad  Acquedotto  pugliese  S.p.a.,
societa' pubblica detenuta al 100% dalla Regione Puglia, il  servizio
idrico integrato  della  Puglia,  preservare  il  regime  interamente
pubblicistico  della  gestione  del  servizio  in  Puglia,  posto  in
discussione qualora dovesse  intervenire  la  scadenza  (31  dicembre
2025) della  concessione  attuale  in  favore  di  AQP,  in  costanza
dell'attuale ordinamento». Anche a seguito dei rilievi critici  mossi
alla proposta di legge dal  referto  tecnico  adottato  dagli  uffici
regionali e dalla relazione del Servizio Affari e Studi Giuridici del
Consiglio   regionale   della   Puglia,   il   testo   della    legge
definitivamente  approvato,  pur  essendo  modificato  rispetto  alla
proposta    originaria,     presenta     rilevanti     profili     di
incostituzionalita'. 
    2.2. -  Sebbene  il  legislatore  regionale  non  abbia  disposto
direttamente l'affidamento del servizio ad un nuovo ente - come aveva
invece fatto con la legge regionale n. 11/2011 - tuttavia,  raggiunge
indirettamente il citato scopo, modificando, nell'arco  temporale  in
cui ancora si  applica  la  disciplina  del  decreto  legislativo  n.
141/1999, l'assetto  proprietario  della  societa'  costituita  dallo
Stato. 
    Interessa, al riguardo, evidenziare che il decreto legislativo n.
141/1999 ha previsto  che  le  azioni  della  S.p.a.  siano  detenute
esclusivamente dalle regioni (essendo stata  abrogata,  altresi',  la
disposizione, inizialmente adottata, che prevedeva la cessione  delle
dette azioni) nel cui ambito era svolto  il  servizio  affidato  alla
medesima societa', mentre la legge regionale n. 14/2024  prevede  ora
il trasferimento del venti per cento di tale pacchetto  azionario  ai
Comuni e, da questi, alla societa' veicolo che verra' costituita  dai
Comuni. 
    Si tratta, a ben vedere, della cessione di una  quota  di  azioni
particolarmente   significativa   e,   comunque,   suscettibile    di
determinare il trasferimento del  controllo  su  Acquedotto  Pugliese
S.p.a. dalla regione Puglia alla c.d. societa' veicolo.  Tant'e'  che
l'art. 7,  comma  1,  lettera  g)  della  legge  regionale  in  esame
attribuisce al Comitato di coordinamento e  controllo,  istituito  ai
sensi dell'art. 5, il compito di  adottare  «decisioni  significative
inerenti alla partecipazione e al controllo da parte  della  Societa'
veicolo su Acquedotto Pugliese S.p.a.». 
    Le  impugnate  disposizioni  della  legge  regionale   n.   14/24
rappresentano, dunque, una inammissibile  invasione  del  legislatore
regionale nell'ambito delle materie  dell'ordinamento  civile,  della
tutela  della  concorrenza  e  della  tutela   dell'ambiente,   tutte
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    L'applicazione  delle  censurate  disposizioni  ha  come  effetto
finale quello di realizzare,  nel  periodo  di  vigenza  del  decreto
legislativo n. 141/1999, una sostanziale  modifica  del  soggetto  in
house cui la legge statale  ha  affidato  la  gestione  del  servizio
idrico integrato: non piu' una societa' totalmente partecipata  dalla
regione nel cui ambito il servizio e'  svolto,  bensi'  una  societa'
controllata, per il tramite  di  altra  societa',  cd.  veicolo,  dai
Comuni. 
    2.3. - Come noto, l'ordinamento nazionale, anche in  applicazione
dei principi  concorrenziali  di  matrice  comunitaria,  prevede  che
l'affidamento in house dei servizi  pubblici  locali  possa  avvenire
unicamente  a  fronte   dell'assolvimento   di   stringenti   vincoli
motivazionali  che  consentano  di   ritenere   oggettivamente   piu'
conveniente tale modalita'  di  affidamento  rispetto  a  quelle  che
comportano il ricorso al mercato. 
    L'attuale disciplina, espressione di regole  e  principi  vigenti
anche in precedenza, e'  rinvenibile  negli  articoli  14  e  17  del
decreto legislativo n. 23 dicembre 2022, n. 201  che  impongono  agli
enti competenti una seria istruttoria in merito al mancato ricorso al
mercato, illustrando - nelle delibere di affidamento in  house  -  le
efficienze nella gestione  del  servizio  nonche',  inter  alia,  gli
eventuali benefici per  la  collettivita'  della  forma  di  gestione
prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualita' del servizio,
ai costi dei servizi nonche' all'impatto sulla finanza pubblica. 
    Nel caso di specie, tali valutazioni sono  state  effettuate  dal
legislatore statale che, almeno fino al 31 dicembre 2025, ha disposto
l'affidamento del SII in Puglia ad un ente in house costituito  dalla
legge statale e le cui azioni sono state  attribuite  dalla  medesima
legge statale ai soli enti regionali interessati. 
    L'impugnata legge regionale travalica la disciplina  nazionale  e
vanifica  le   valutazioni   effettuate   dal   legislatore   statale
modificando,  fin  da  subito,  la  natura  del  soggetto  in   house
affidatario del servizio. 
    3. -  Le  disposizioni  contenute  nella  legge  regionale  sopra
illustrate presentano vizi di legittimita' costituzionale anche sotto
ulteriori profili. 
    3.1. - La partecipazione della Regione al  capitale  sociale  del
gestore del servizio idrico integrato viola una serie di disposizioni
nazionali a carattere concorrenziale, ed  in  particolare  l'art.  4,
comma 1, del  TUSPP  (decreto  legislativo  n.  175/2016),  il  quale
stabilisce  che  le  amministrazioni  pubbliche  possono  costituire,
acquisire o mantenere partecipazioni esclusivamente in  societa'  che
abbiano per oggetto la produzione  di  beni  o  servizi  strettamente
necessari per il perseguimento delle proprie finalita' istituzionali,
circostanza che non si riscontra nel caso in esame. 
    Detta partecipazione viola  altresi'  l'art.  16,  comma  3,  del
medesimo TUSPP, secondo cui la  societa'  in  house  deve  realizzare
oltre l'80% del proprio fatturato nello  svolgimento  dei  compiti  a
essa affidati dagli enti pubblici soci, e non, dunque, nei  confronti
di soggetti che non dispongono di competenze di gestione dei  servizi
svolti. 
    Infine, l'impugnata legge contrasta  anche  con  l'art.  149-bis,
comma 1, del TUA (decreto legislativo n. 152/ 2006), in base al quale
l'affidamento diretto del servizio idrico integrato puo'  avvenire  a
favore di societa' interamente pubbliche, in possesso  dei  requisiti
prescritti  dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione  in   house,
comunque  partecipate  dagli  enti   locali   ricadenti   nell'ambito
territoriale ottimale. 
    3.2.  -  L'art.  6  del  decreto  legislativo  n.   n.   201/2022
(richiamato nell'art. 1 della legge regionale  in  esame)  stabilisce
che: «1. Ferme restando le competenze delle  autorita'  nazionali  in
materia di  regolazione  economico-tariffaria  e  della  qualita',  a
livello  locale  le  funzioni  di  regolazione,  di  indirizzo  e  di
controllo e quelle di gestione dei servizi  pubblici  locali  a  rete
sono distinte e si esercitano separatamente. 2. Al fine di  garantire
il rispetto del principio di cui al comma  1,  gli  enti  di  governo
dell'ambito  o  le  Autorita'   specificamente   istituite   per   la
regolazione e il controllo dei servizi pubblici  locali  non  possono
direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della
gestione del servizio. Non si considerano partecipate  indirettamente
le societa'  formate  o  partecipate  dagli  enti  locali  ricompresi
nell'ambito. 3. Qualora gli enti locali titolari del servizio e a cui
spettano le funzioni di regolazione assumano direttamente o per mezzo
di soggetto partecipato la gestione del  servizio,  le  strutture,  i
servizi, gli uffici e le unita' organizzative  dell'ente  ed  i  loro
dirigenti e dipendenti preposti a tali funzioni  di  regolazione  non
possono svolgere  alcuna  funzione  o  alcun  compito  inerente  alla
gestione ed al suo affidamento.». 
    Ai sensi dell'art. 149-bis decreto legislativo  n.  n.  152/2006,
«1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di
cui all'art. 149 e del  principio  di  unicita'  della  gestione  per
ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma  di  gestione
fra   quelle   previste   dall'ordinamento    europeo    provvedendo,
conseguentemente, all'affidamento del  servizio  nel  rispetto  della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di  rilevanza  economica.  L'affidamento  diretto  puo'
avvenire a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso  dei
requisiti prescritti dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione  in
house, comunque partecipate dagli enti locali  ricadenti  nell'ambito
territoriale ottimale. 2. Alla successiva scadenza della gestione  di
ambito,  al  fine  di  assicurare  l'efficienza,  l'efficacia  e   la
continuita'  del  servizio  idrico  integrato,  l'ente   di   governo
dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro  i
sei  mesi  antecedenti   la   data   di   scadenza   dell'affidamento
previgente.». 
    Orbene, con  specifico  riguardo  alla  corretta  interpretazione
dell'art. 149-bis sopra richiamato e, in particolare, alle previsioni
di cui al secondo periodo del comma 1, il Legislatore comunitario  ha
stabilito che «le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette
a  regimi  specifici  e  complessi  che  richiedono  una  particolare
considerazione data l'importanza dell'acqua quale  bene  pubblico  di
valore  fondamentale  per   tutti   i   cittadini   dell'Unione.   Le
caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni
nel  settore  idrico  dall'ambito  di  applicazione  della   presente
direttiva. L'esclusione  riguarda  le  concessioni  di  lavori  e  di
servizi per la messa a disposizione  o  la  gestione  di  reti  fisse
destinate alla fornitura di un servizio al  pubblico  in  connessione
con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua  potabile
o  l'alimentazione  di  tali  reti  con  acqua  potabile.  Anche   le
concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue  e
per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui
il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento  d'acqua  potabile
rappresenti piu' del 20% del volume totale d'acqua  reso  disponibile
da tali progetti o impianti di irrigazione  o  drenaggio)  dovrebbero
essere escluse nella misura in cui siano collegate  a  una  attivita'
esclusa» (considerando 40 direttiva 2014/23/UE). 
    Per tale ragione, la suddetta direttiva comunitaria,  pur  avendo
disciplinato per la prima volta l'affidamento delle  concessioni  dei
servizi pubblici,  ne  ha  escluso  espressamente  l'applicazione  al
settore idrico (art. 12, direttiva 2014/23/UE). 
    Analogamente l'art. 12 del previgente Codice  Contratti  (decreto
legislativo n. 50/2016) stabiliva: 
      «1. Le disposizioni del presente codice non si  applicano  alle
concessioni aggiudicate per: 
        a. - fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di
un  servizio  al  pubblico  in  connessione  con  la  produzione,  il
trasporto o la distribuzione di acqua potabile; 
        b) alimentare tali reti con acqua potabile. 2. 
    b. - Le disposizioni del presente codice non  si  applicano  alle
concessioni riguardanti uno o entrambi dei  seguenti  aspetti  quando
sono collegate a un'attivita' di cui al comma 1: 
      a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in
cui  il  volume  d'acqua  destinato  all'approvvigionamento   d'acqua
potabile rappresenti piu' del 20 per cento del volume totale  d'acqua
reso disponibile  da  tali  progetti  o  impianti  di  irrigazione  o
drenaggio; b) smaltimento o trattamento delle acque reflue». 
    A cio' si aggiunge che il  settore  idrico  rientra  tra  i  c.d.
settori speciali e, per gli appalti, si applica dunque la  disciplina
piu' elastica e flessibile propria di detti settori (art. 117  codice
dei contratti pubblici). 
    Giova evidenziare inoltre, che, pur non  essendo  applicabile  la
disciplina del codice dei contatti, 
    occorre pur sempre osservare, ai sensi dell'art.  4  del  decreto
legislativo n. 50/2016, i principi relativi ai contratti esclusi: 
      «1. L'affidamento dei  contratti  pubblici  aventi  ad  oggetto
lavori,  servizi  e  forniture,  esclusi,  in  tutto  o   in   parte,
dall'ambito di applicazione oggettiva del  presente  codice,  avviene
nel rispetto dei principi di economicita', efficacia,  imparzialita',
parita' di trattamento, trasparenza,  proporzionalita',  pubblicita',
tutela dell'ambiente ed efficienza energetica». 
    Invero, con l'art. 1, comma 1, lett. hhh) legge  n.  11/2016,  il
Parlamento  aveva  delegato  il  Governo  a  provvedere  alla:  «hhh)
disciplina  organica  della  materia  dei  contratti  di  concessione
mediante l'armonizzazione e  la  semplificazione  delle  disposizioni
vigenti, nonche' la previsione di criteri per le concessioni indicate
nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva  2014/23/UE,
nel rispetto dell'esito del referendum abrogativo  del  12-13  giugno
2011 per le concessioni nel  settore  idrico,  introducendo  altresi'
criteri volti a vincolare la concessione alla  piena  attuazione  del
piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo  stesso  per
la realizzazione degli investimenti in opere  pubbliche,  nonche'  al
rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE,  e  a
disciplinare le procedure di  fine  concessione  e  le  modalita'  di
indennizzo in caso di subentro». 
    La delega, tuttavia, non e' stata attuata. 
    La disciplina  del  previgente  codice  dei  contratti  e'  stata
confermata dal decreto legislativo  n.  36/2023,  che  all'art.  148,
commi 4, 5 e 6 dispone: 
      «4.  Sono  esclusi  dall'applicazione  delle  disposizioni  del
codice gli  appalti  per  l'acquisto  di  acqua,  se  aggiudicati  da
stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitino una  o  entrambe
le attivita' di cui al comma 1. 
      5. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del codice
le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate
alla  fornitura  di  un  servizio  pubblico  in  connessione  con  la
produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile  oppure
per alimentare tali reti con acqua potabile. 
      6. Sono escluse dall'applicazione del codice le concessioni che
siano collegate a una delle attivita' del comma 5 e riguardino: 
        a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione,  drenaggio,
in cui il volume d'acqua destinato  all'approvvigionamento  di  acqua
potabile rappresenti piu' del 20 per cento del volume totale  d'acqua
reso disponibile da tali progetti o impianti; 
        b) smaltimento o trattamento delle acque reflue». 
    3.3. - Dal sopra delineato quadro  normativo  si  evince  che  il
decreto legislativo n. 152/2006 e, in particolare, l'art 149-bis  per
le forme di  affidamento,  costituisce  punto  di  riferimento  della
regolazione del settore idrico. 
    Tale disposizione, come  si  e'  sopra  illustrato,  prevede  che
«L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del  piano  d'ambito  di
cui all'art. 149 e del  principio  di  unicita'  della  gestione  per
ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma  di  gestione
fra   quelle   previste   dall'ordinamento    europeo    provvedendo,
conseguentemente, all'affidamento del  servizio  nel  rispetto  della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di  rilevanza  economica.  L'affidamento  diretto  puo'
avvenire a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso  dei
requisiti prescritti dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione  in
house, comunque partecipate dagli enti locali  ricadenti  nell'ambito
territoriale ottimale». 
    In base all'attuale disciplina, dunque, le forme di gestione  del
sistema  idrico  integrato  sono  quelle  previste   dall'ordinamento
europeo  per  la  generalita'  dei  servizi  pubblici   locali,   con
l'ulteriore conseguenza che l'affidamento diretto a societa' in house
richiede i  requisiti  previsti  dall'ordinamento  europeo  per  tali
servizi. 
    Giova, inoltre, evidenziare che gli acquedotti, le fognature, gli
impianti di depurazione e le altre infrastrutture  idriche,  fino  al
punto  di  consegna  o   misurazione,   fanno   parte   del   demanio
«accidentale», ai sensi  dell'art.  822  ss.  c.c.,  come  confermato
dall'art. 143, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006. 
    Ai sensi dell'art. 153, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006,
le infrastrutture idriche di  proprieta'  degli  enti  locali  devono
essere affidate in concessione d'uso gratuita  per  tutta  la  durata
della gestione al gestore del servizio idrico integrato che ne assume
i relativi oneri secondo le clausole contenute nella convenzione (che
regola  i  rapporti  tra  ente  locale  e  gestore)  e  nel  relativo
disciplinare (cfr. Corte costituzionale 4 maggio 2017 n. 93  e  Cons.
Stato, sez, I, parere n. 1389/2019 del 7 maggio 2019). 
    Come ritenuto dalla Corte dei conti «L'art. 149-bis, primo comma,
ultimo periodo, del decreto  legislativo  n.  152  del  2006  prevede
espressamente tale possibilita': "L'affidamento diretto puo' avvenire
a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti
prescritti  dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione  in   house,
comunque  partecipate  dagli  enti   locali   ricadenti   nell'ambito
territoriale ottimale" (in  argomento,  anche  C.  conti,  Sez.  Reg.
Campania,  22  aprile  2016,  n.  108/2016/PAR).  La   giurisprudenza
amministrativa, pronunciatasi in materia di affidamento del  servizio
idrico, ha ribadito i precetti espressi dalle leggi che  regolano  la
materia; in  particolare,  si  e'  affermato  l'obbligo  di  adesione
all'autorita' d'ambito da parte dei  vari  comuni  interessati  e  il
principio per cui spetta all'ente di governo  individuare  la  figura
gestoria piu' opportuna mediante la quale  provvedere  alla  gestione
del servizio idrico integrato.  Le  decisioni  assunte  dall'ente  di
governo sono vincolanti per i  comuni  aderenti  e,  del  resto,  non
bisogna dimenticare che tali decisioni sono assunte tramite votazioni
espresse dagli stessi rappresentanti degli enti  locali,  secondo  le
modalita' stabilite dalle convenzioni di istituzione  degli  enti  di
governo (C.D.S., sezione quinta, n. 4478/2005;  T.A.R.  Piemonte,  n.
1229/2016). Ricostruita brevemente la  disciplina  di  riferimento  e
venendo al  merito  del  quesito  ammesso,  analizzando,  oltre  alla
sintesi finale, anche la premessa alla questione sollevata, si rileva
che, sostanzialmente, il Sindaco chiede se il comune sia tenuto  alla
partecipazione  alla  societa'  ovvero  possa  opporre  elementi   di
incompatibilita'   finanziario   contabile,   sottraendosi,   quindi,
all'obbligo partecipativo; ovvero, ancora,  se  sia  esonerato  dagli
adempimenti  di  legge  (qualora,   ovviamente,   sia   obbligato   a
partecipare alla societa'). 
    In relazione all'obbligo partecipativo, non paiono esserci  dubbi
a riguardo: le disposizioni di riferimento sopra citate lo  prevedono
espressamente (l'ultimo periodo dell'art. 149 bis  prescrive  che  le
societa' in  house  siano  comunque  partecipate  dagli  enti  locali
ricadenti  nel  territorio  dell'ambito);  la  stessa  giurisprudenza
stabilisce che spetta  all'ente  di  governo  individuare  la  figura
gestoria piu' opportuna,  sicche'  il  singolo  comune  non  e'  piu'
competente e legittimato a costituire in proprio  alcuna  societa'  o
struttura consortile a cui affidare, con gara o meno, la gestione del
servizio idrico (T.A.R. Piemonte, cit.).» - (cfr. Corte  conti,  sez.
cont. reg. Piemonte, delibera 26 settembre 2022, n. 108). 
    2.4. - Alla luce delle suesposte considerazioni  emerge  che  gli
articoli 1, 2, 3, 5, 6 e 7, della legge regionale in esame  delineano
una modalita' di affidamento del SII differente  da  quella  prevista
dal decreto legislativo n. 152/2006 e dall'ordinamento europeo. 
    In particolare, il legislatore regionale, nel prevedere (articoli
1 e 2) la possibilita', per i  comuni  pugliesi,  di  costituire  una
societa'  per  azioni  «denominata   Societa'   veicolo,   a   totale
partecipazione pubblica e a controllo analogo congiunto  di  tutti  i
comuni   ricadenti   nel   territorio   regionale,   da    esercitare
indipendentemente  dalla  partecipazione  al  capitale  sociale»  cui
affidare la gestione del SII, e nel definire (articoli 5,  6,  7)  le
modalita' di esercizio del  controllo  analogo  sulla  c.d.  societa'
veicolo da parte dei Comuni  privi  di  partecipazione  nel  capitale
sociale, disciplina: 
      1. una modalita' di  affidamento  del  SII  diversa  da  quella
delineata dall'art. 149-bis, comma 1,  secondo  periodo,  del  T.U.A.
che, invece, prevede che:  «l'affidamento  diretto  puo'  avvenire  a
favore di societa' interamente pubbliche, in possesso  dei  requisiti
prescritti  dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione  in   house,
comunque  partecipate  dagli  enti   locali   ricadenti   nell'ambito
territoriale ottimale»; 
      2. un modello di societa' in house  differente  sia  da  quello
delineato dagli articoli 2, comma 1, lettera  o)  e  15  del  decreto
legislativo n. 175/2016, sia da  quello  desumibile  dall'ordinamento
europeo. 
    A tal proposito, il Consiglio di Stato ha ritenuto che: 
      «Con  l'espressione  in  house  providing  si  fa   riferimento
all'affidamento di un appalto o di una concessione  da  parte  di  un
ente  pubblico  in  favore  di  una  societa'  controllata  dall'ente
medesimo, senza ricorrere alle procedure  di  evidenza  pubblica,  in
virtu' della peculiare relazione che intercorre tra l'ente pubblico e
la societa' affidataria. La societa' in house e' una societa'  dotata
di autonoma personalita' giuridica che presenta connotazioni tali  da
giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio  interno"  dell'ente
pubblico che l'ha costituita, una sorta di longa manus; non  sussiste
tra l'ente e la societa' un rapporto  di  alterita'  sostanziale,  ma
solo  formale.  Queste  caratteristiche  della  societa'   in   house
giustificano e legittimano l'affidamento diretto, senza previa  gara,
per cui un'amministrazione aggiudicatrice e' dispensata  dall'avviare
una procedura di evidenza pubblica per  affidare  un  appalto  o  una
concessione. Cio' in quanto, nella sostanza,  non  si  tratta  di  un
effettivo "ricorso al mercato" (outsourcing),  ma  di  una  forma  di
"autoproduzione" o,  comunque,  di  erogazione  di  servizi  pubblici
"direttamente" ad opera  dell'amministrazione,  attraverso  strumenti
"propri"  (in  house  providing).  L'istituto,  le  cui   radici   si
rinvengono nella giurisprudenza della Corte di Giustizia  dell'Unione
europea, e' espressione del principio di libera amministrazione delle
autorita' pubbliche di cui all'art. 2 della direttiva 2014/23/UE  che
afferma:  "le  autorita'  nazionali,  regionali  e   locali   possono
liberamente  organizzare  l'esecuzione  dei  propri   lavori   o   la
prestazione dei propri servizi in conformita' del diritto nazionale e
dell'Unione. Tali autorita' sono libere di decidere il modo  migliore
per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi  per
garantire in particolare un elevato livello di qualita', sicurezza  e
accessibilita',  la  parita'   di   trattamento   e   la   promozione
dell'accesso  universale  e  dei  diritti  dell'utenza  nei   servizi
pubblici. Dette  autorita'  possono  decidere  di  espletare  i  loro
compiti d'interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse  o  in
cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli
a operatori economici esterni". In definitiva, un affidamento diretto
ad   un    soggetto    che    non    e'    sostanzialmente    diverso
dall'amministrazione affidante non puo' dare luogo alla  lesione  dei
principi  del  Trattato  e,  in   particolare,   del   principio   di
concorrenza, proprio perche' si tratta non di esternalizzazione ma di
autoproduzione della  stessa  P.A.  L'in  house  segna,  dunque,  una
delicata linea di confine tra i casi in cui non occorre applicare  le
direttive appalti e concessioni, e la relativa normativa nazionale di
trasposizione, ed i casi in cui invece e' necessaria  l'applicazione.
I requisiti delle societa' in house sono stati  elaborati  nel  tempo
dalla Corte UE; secondo la  giurisprudenza  della  Corte,  a  partire
dalla sentenza Teckal del 1999  sino  alle  direttive  UE  23,  24  e
25/2014 in materia di appalti e concessioni, le procedure di evidenza
pubblica   possono   escludersi   tutte   le   volte   in   cui:   1)
l'amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un
controllo  analogo  a  quello  operato  sui  propri  servizi  interni
(requisito strutturale); 2) il soggetto affidatario realizza la parte
piu' importante della propria attivita' a favore dell'amministrazione
aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale). Le condizioni
necessarie per  la  configurazione  del  controllo  analogo  sono  la
partecipazione pubblica totalitaria e l'influenza  determinante;  sin
dal 2005, la Corte di Giustizia (Corte di  Giustizia  UE  11  gennaio
2005, C-26/03, Stadt Halle; Corte di Giustizia  UE  21  luglio  2005,
C-231/03, Consorzio Coname; Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 gennaio
2007, C-225/05, Je. Au.)  ha  chiarito  che  la  partecipazione,  pur
minoritaria, di soggetti privati al capitale di  una  societa',  alla
quale partecipi anche l'amministrazione  aggiudicatrice,  esclude  in
ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un
controllo analogo a quello che essa svolge  sui  propri  servizi.  La
partecipazione  pubblica  totalitaria  rappresenta   una   condizione
necessaria,  ma  non  ancora  sufficiente,  dovendosi   ulteriormente
verificare la presenza di strumenti di controllo da  parte  dell'ente
pubblico piu' incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto  civile
a favore del  socio  totalitario.  L'amministrazione  aggiudicatrice,
infatti, deve essere in grado di esercitare un'influenza determinante
sia  sugli  obiettivi  strategici  che  sulle  decisioni   importanti
dell'entita'  affidataria  e  il  controllo  esercitato  deve  essere
effettivo, strutturale e funzionale (in tal senso, Corte di Giustizia
UE,  sez.  III,  sentenza  29  novembre  2012,  C-182/11  e  C183/11,
Econord). La Corte di  Giustizia  ha  riconosciuto  altresi'  che,  a
determinate condizioni, il controllo analogo puo'  essere  esercitato
congiuntamente da piu' autorita' pubbliche che possiedono  in  comune
l'ente affidatario, c.d. in house frazionato (Corte di Giustizia  UE,
29 novembre 2012, in cause riunite C-182/11 e C-183/11,  Econord),  e
che  e'  configurabile  un  controllo  analogo  anche  nel  caso   di
partecipazione pubblica indiretta, in cui il pacchetto azionario  non
e'  detenuto  direttamente  dall'ente  pubblico  di  riferimento,  ma
indirettamente mediante una  societa'  per  azioni  capogruppo  (c.d.
holding) posseduta al  100%  dall'ente  medesimo,  c.d.  in  house  a
cascata (Corte di Giustizia UE 11 maggio 2006 C-340/04).  Il  secondo
requisito  indicato  dalla  Corte  e'  costituito  dalla   prevalenza
dell'attivita' svolta con l'ente  affidante,  ossia  il  soggetto  in
house deve svolgere la parte piu' importante della propria  attivita'
con il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano e la diversa
attivita', eventualmente svolta, deve risultare accessoria, marginale
e residuale.  Sino  alle  direttive  UE  del  2014  non  vi  era  una
percentuale di attivita' predeterminata che doveva essere  svolta  in
favore dell'ente affidante e, pertanto,  l'interprete  era  tenuto  a
prendere in considerazione tutte le circostanze sia  qualitative  che
quantitative del caso concreto. Nel  contesto  sopra  descritto  sono
intervenute le nuove direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio
del 26 febbraio 2014 sugli  appalti  pubblici  e  le  concessioni.  I
requisiti dell'in house sono adesso  chiaramente  indicati  dall'art.
12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, dall'art. 28,  paragrafo
1, della direttiva 2014/25/UE e  dall'art.  17,  paragrafo  1,  della
direttiva  2014/23/UE;  tutte  norme  di  identico  tenore.  Non   e'
disciplinato  solo  l'in  house,  ma  anche   la   cooperazione   tra
amministrazioni aggiudicatrici (c.d. accordi di  collaborazione),  la
quale pero' rimane al di fuori dell'in house, in quanto non  comporta
la costituzione di organismi distinti rispetto  alle  amministrazioni
interessate all'appalto o alla concessione.  In  particolare,  l'art.
17, paragrafo 1, della direttiva sull'aggiudicazione dei contratti di
concessione, relativo  alle  concessioni  tra  enti  nell'ambito  del
settore  pubblico,  prevede  che  una  concessione   aggiudicata   da
un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi
dell'art. 7, paragrafo 1, lettera a),  a  una  persona  giuridica  di
diritto pubblico o di diritto  privato  non  rientra  nell'ambito  di
applicazione  della  direttiva  quando  siano  soddisfatti  tutti   i
requisiti del controllo analogo  a  quello  da  esso  esercitato  sui
propri servizi, quando oltre l'80 per  cento  delle  attivita'  della
persona giuridica controllata siano effettuate nello svolgimento  dei
compiti ad essa affidati dall'ente controllante e non vi  sia  alcuna
partecipazione  di  capitali  privati,  ad  eccezione  di  forme   di
partecipazione di capitali privati che  non  comportano  controllo  o
potere di veto.» (cfr. Cons. Stato, sez. I, parere n. 1389/2019 del 7
maggio 2019). 
    In particolare, si evidenzia che il legislatore regionale  sembra
qualificare la c.d. societa' veicolo come societa' in house di  tutti
i  Comuni  ricadenti  nel  territorio  d'ambito,  a  prescindere  dal
possesso  di  qualsivoglia  partecipazione   nel   capitale   sociale
(detenuta direttamente o indirettamente)  e  per  il  solo  fatto  di
essere rappresentati indirettamente (secondo le  modalita'  delineate
dall'art. 6 della legge regionale in esame) all'interno del  Comitato
di indirizzo e di controllo istituito dall'art. 5 della stessa  legge
n.  14/24,  prescindendo,  per  l'effetto,   dalla   verifica   della
sussistenza   dei   presupposti    sopra    indicati    e    definiti
dall'ordinamento  europeo,  oltreche'  nazionale,   ai   fini   della
configurabilita' del c.d. in house providing. 
    Interessa anche osservare che «il controllo analogo  consiste  in
una "influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che  sulle
decisioni  significative  della   societa'   controllata"   (art.   2
(Definizioni), comma 1, lettera c),  decreto  legislativo  19  agosto
2016, n. 175 Testo unico in  materia  di  societa'  a  partecipazione
pubblica).  L'affidamento  diretto  ad  una  societa'  in  house   e'
consentito, in particolare, a condizione  che  la  societa'  non  sia
terza rispetto all'ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio
pubblico  controllante  e  societa'  v'e',  infatti,  una   relazione
interorganica e non intersoggettiva. E' necessario che tale relazione
intercorra tra soci affidanti e societa', non anche tra la societa' e
altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti),  rispetto  ai
quali la societa' sarebbe effettivamente terza  (Corte  di  Giustizia
dell'Unione  europea,  sentenza  6  febbraio  2020  cause  C-89/19  e
C-91/19). La Corte di Giustizia (sin  da  Corte  di  Giustizia  delle
Comunita' europee 18  novembre  1999  nella  causa  C-107/98  Teckal)
ammette che, in caso di societa' partecipata da piu'  enti  pubblici,
il controllo analogo  possa  essere  esercitato  in  forma  congiunta
(sentenza 13 novembre 2008 nella  causa  C-324/07  C.B.  SA)  e  che,
inadeguati a tal fine i poteri a disposizione  dei  soci  secondo  il
diritto comune, sia necessario dotare i soci  di  appositi  strumenti
che ne consentano l'interferenza in maniera penetrante nella gestione
della societa'. [...]» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22  ottobre  2021,
n. 7093). 
    La nozione di controllo analogo congiunto presuppone, quindi,  la
detenzione di una partecipazione - pur anche minima  -  nel  capitale
della societa' sulla quale si esercita il  controllo  e,  dunque,  la
qualifica  di  socio.  Secondo  la  giurisprudenza  euro-unitaria   e
nazionale maggioritaria in materia di societa' in house  e  controllo
analogo congiunto, sussiste la necessita' che detto controllo analogo
si esplichi sotto forma di partecipazione sia al capitale,  sia  agli
organi direttivi dell'organismo controllato, essendo  necessario  che
il singolo socio possa  vantare  una  posizione  idonea,  per  quanto
minoritaria,   a   garantirgli   una   possibilita'   effettiva    di
partecipazione alla gestione dell'organismo del quale e'  parte.  Per
tale  ragione,  una  presenza  puramente  formale   nella   compagine
partecipata o in un organo comune incaricato  della  direzione  della
stessa  non  risulterebbe  sufficiente  ad  assicurare  il  controllo
analogo. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  il  presente
ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni; 
    voglia     l'Ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli 1, 2, 3, 4,  5,  6  e  7,
della legge regionale n. 14/2024 per violazione dell'art. 117,  primo
comma e secondo comma, lettere e), l), ed s), della Costituzione,  in
relazione agli articoli: 2, comma  1,  e  4  decreto  legislativo  n.
141/1999;  16-bis  del  decreto-legge  6  novembre  2021,   n.   152,
convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233; 2,
comma 1, lett. o), 4, comma 1, 15 e 16, comma 3, decreto  legislativo
19 agosto 2016,  n.  175  (testo  unico  in  materia  di  societa'  a
partecipazione pubblica); 12, paragrafi 1, 2 e 3 e 28, paragrafi 1, 2
e 3, della direttiva 24/2014/UE; 12 e 17, paragrafi 1, 2  e  3  della
direttiva 23/2014/UE; 14 e 17 del decreto legislativo n. 23  dicembre
2022, n. 201; 149-bis, comma 1, del TUA (decreto legislativo  n.  152
del 2006). Si producono: 
      1. copia della legge regionale impugnata; 
      2. copia conforme della delibera  del  Consiglio  dei  ministri
adottata nella riunione del 29 maggio 2024 recante la  determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
        Roma, 30 maggio 2024 
 
                 Avvocati dello Stato: Guida - Spina