N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 04 giugno 2024
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 giugno 2024 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Acque e acquedotti - Servizio idrico integrato - Norme della Regione
Puglia - Disciplina degli incentivi ai comuni pugliesi per la
costituzione di una societa', con la finalita' di assicurare
l'esercizio unitario ed efficiente delle funzioni comunali
afferenti alla gestione del Servizio idrico integrato (SII)
nell'ambito territoriale unico regionale - Previsione finalizzata a
generare le condizioni per l'individuazione, da parte
dell'autorita' idrica pugliese, della modalita' di affidamento del
SII che ritiene piu' opportuna, tra quelle previste - Costituzione,
da parte dei comuni pugliesi, a tali fini, di una societa' per
azioni, denominata Societa' veicolo, a totale partecipazione
pubblica e a controllo analogo congiunto di tutti i comuni
ricadenti nel territorio regionale, da esercitare indipendentemente
dalla partecipazione al capitale sociale - Previsione di un
capitale sociale e di un finanziamento regionale - Erogazione di
incentivi regionali - Avviamento da parte della Regione del
trasferimento graduale a titolo gratuito, nella misura massima del
20 per cento, delle azioni di Acquedotto Pugliese spa in favore dei
comuni aderenti, in proporzione alla consistenza delle
infrastrutture destinate alla gestione del SII - Previsto impegno
per ciascun comune aderente di ritrasferire le suddette azioni alla
Societa' veicolo - Titolarita' di tutti i comuni pugliesi, anche
non aderenti, dei poteri di indirizzo, coordinamento, controllo e
supervisione sugli obiettivi strategici e sulle decisioni piu'
significative della Societa' veicolo, da esercitarsi congiuntamente
- Previsione che, qualora alla data del 30 giugno 2025 non tutti i
comuni pugliesi abbiano aderito alla Societa' veicolo, tali poteri
sono esercitati tramite il Comitato di coordinamento e controllo -
Modalita' di elezione del Comitato, relativa durata, funzionamento
e funzioni.
- Legge della Regione Puglia 28 marzo 2024, n. 14 (Disposizioni per
la gestione unitaria ed efficiente delle funzioni afferenti al
Servizio idrico integrato), artt. da 1 a 7.
(GU n. 26 del 26-06-2024)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice
fiscale n. 80224030587) e presso la stessa domiciliato in Roma alla
via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente;
contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta
regionale in carica - intimata;
per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della
legge della Regione Puglia del 28 marzo 2024 n. 14, pubblicata nel
BUR del 2 aprile 2024, n. 27 recante l'«Disposizioni per la gestione
unitaria ed efficiente delle funzioni afferenti al Servizio Idrico
Integrato», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e),
l) ed s), della Costituzione.
Fatto
Con la legge n. 14 del 28 marzo 2024 la Regione Puglia ha emanato
disposizioni per «la gestione unitaria ed efficiente delle funzioni
afferenti al servizio idrico integrato».
- L'art. 1 («Oggetto e finalita'») enuncia le finalita' che la
legge intende perseguire, consistenti nel disciplinare: «...
incentivi ai Comuni pugliesi per la costituzione di una societa' nel
rispetto dell'art. 6, comma 2, ultimo periodo, del decreto
legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 (Riordino della disciplina dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica), con la finalita' di
assicurare l'esercizio unitario ed efficiente delle funzioni comunali
afferenti alla gestione del Servizio idrico integrato (SII)
nell'ambito territoriale unico regionale, istituito con legge
regionale 6 settembre 1999, n. 28 (Delimitazione degli ambiti
territoriali ottimali e disciplina delle forme e dei modi di
cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio
1994, n. 36), nonche' con la finalita' di creare le condizioni per
l'individuazione, da parte dell'autorita' idrica pugliese,
nell'esercizio delle proprie competenze, delle modalita' di
affidamento del SII che ritiene piu' opportuna, tra quelle previste
dal decreto legislativo n. 201/2022 e dal decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)»;
- L'art. 2 («Societa' dei Comuni pugliesi») prevede che, per il
raggiungimento delle finalita' di cui all'art. 1: «i Comuni pugliesi
possono costituire, entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, una societa' per azioni, denominata
Societa' veicolo, a totale partecipazione pubblica e a controllo
analogo congiunto di tutti i Comuni ricadenti nel territorio
regionale, da esercitare indipendentemente dalla partecipazione al
capitale sociale».
- L'art. 3 («Capitale sociale e finanziamento regionale») prevede
lo stanziamento di somme da parte della Regione per le finalita'
della legge, consistenti in: a) 400.000 euro quale capitale sociale
della societa' «da dividere tra tutti i comuni in base alla
consistenza delle infrastrutture destinate alla gestione del SII».
Sembrerebbe, quindi, trattarsi di una somma attribuita dalla Regione
ai Comuni, e che questi a loro volta conferiranno alla costituenda
societa' (art. 3, comma 1); b) contributo di 300.000 euro destinato
dalla Regione direttamente alla costituenda societa' (art. 3, comma
3).
- L'art. 4 («Incentivi») prevede, al comma 2, che: « [a] seguito
della costituzione della Societa' veicolo nel termine previsto
nell'art. 2, la Regione avviera' il trasferimento graduale a titolo
gratuito, nella misura massima del 20 per cento, delle azioni di
Acquedotto Pugliese S.p.a. in favore dei Comuni aderenti, in
proporzione alla consistenza delle infrastrutture destinate alla
gestione del SII, come riportata nell'allegato A. Ciascun comune
aderente si impegna a trasferire le suddette azioni alla Societa'
veicolo entro trenta giorni dall'acquisizione, pena la decadenza
dell'incentivo».
- Gli articoli 5, 6 e 7 disciplinano, poi, la costituzione, le
elezioni e le funzioni del «Comitato di coordinamento e controllo».
In particolare, l'art. 5, comma 1, prevede che, nel caso in cui alla
data del 30 giugno 2025 non tutti i Comuni pugliesi abbiano aderito
alla Societa' veicolo, tutti i Comuni della Regione, ancorche' non
aderenti alla societa' veicolo, esercitano sulla detta societa',
tramite la partecipazione al detto Comitato, i poteri di «indirizzo,
coordinamento, controllo e supervisione sugli obiettivi strategici e
sulle decisioni piu' significative». Come costantemente affermato da
codesta Corte, la disciplina concernente l'affidamento del servizio
idrico integrato attiene alle materie della tutela della concorrenza
e della tutela dell'ambiente, riservate alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato (ex art. 117, comma 2, lettere e) ed s), della
Costituzione).
Le suddette disposizioni regionali appaiono inficiate dai
seguenti plurimi vizi di legittimita' costituzionale.
Diritto
Illegittimita' degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, della legge
regionale n. 14/2024 per violazione dell'art. 117, primo comma e
secondo comma, lettere e), l), ed s), della Costituzione, in
relazione agli articoli: 2, comma 1, e 4, decreto legislativo n.
141/1999; 16-bis del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152,
convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233; 2,
comma 1, lettera o), 4, comma 1, 15 e 16, comma 3, decreto
legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (testo unico in materia di
societa' a partecipazione pubblica); 12, paragrafi 1, 2 e 3 e 28,
paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE; 12 e 17, paragrafi 1,
2 e 3 della direttiva 23/2014/UE; 14 e 17 del decreto legislativo n.
23 dicembre 2022, n. 201; 149bis, comma 1, del TUA (decreto
legislativo n. 152 del 2006).
1. - Gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, delle la legge n. 14/2024
violano l'art. 117, primo comma e secondo comma, lettere e), l), ed
s), della Costituzione, in quanto recano una disciplina
incompatibile:
a) con le disposizioni statali che hanno disciplinato la
gestione del servizio idrico integrato in Puglia, ossia il decreto
legislativo n. 11 maggio 1999, n. 141 e le successive disposizioni
statali - da ultimo l'art. 16-bis del decreto-legge 6 novembre 2021,
n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n.
233 che hanno prorogato l'affidamento ad Acquedotto pugliese S.p.a.
dei compiti precedentemente svolti dall'Ente Autonomo Acquedotto
Pugliese;
b) con la disciplina contenuta nell'art. 149-bis del decreto
legislativo n. 152/2006 recante l'individuazione dei presupposti
necessari per l'affidamento diretto dei servizi idrici integrati;
c) con i requisiti necessari per la configurabilita' dell'in
house providing come definito dagli articoli 2, comma 1, lettera o),
4, 15 e 16 del testo unico in materia di societa' a partecipazione
pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e alle
condizioni rispettivamente indicate dall'art. 12, paragrafi 1, 2 e 3,
della direttiva 24/2014/UE e dall'art. 17, paragrafi 1, 2 e 3 della
direttiva 23/2014/UE, nonche', per i settori speciali, dall'art. 28,
paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE.
2. - Come noto, il decreto legislativo n. 11 maggio 1999, n. 141,
all'art. 1, ha disposto la trasformazione del preesistente Ente
Autonomo Acquedotto Pugliese (EAAP) (costituito con Regio
decreto-legge 19 ottobre 1919, n. 2060, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 settembre 1920, n. 1365) in societa'
per azioni con la denominazione di «Acquedotto pugliese S.p.a.», le
cui azioni, ai sensi dell'art. 4, decreto legislativo n. n. 141/1999,
sono state definitivamente trasferite senza oneri alle Regioni Puglia
e Basilicata e, successivamente, sono interamente confluite nel
patrimonio della Regione Puglia, che allo stato e' l'unico azionista
della societa'. Inizialmente, l'art. 4, comma 1, prevedeva, al
secondo periodo, un obbligo per dette Regioni di dismettere, con
procedure ad evidenza pubblica, tali partecipazioni azionarie;
successivamente, l'art. 149-bis del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, inserito dall'art. 7, comma 1, lettera d), del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni
dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164, ha abrogato tale previsione.
- L'art. 2, comma 1 del predetto decreto legislativo n. 141/1999,
ha affidato ad Acquedotto pugliese S.p.a., sino al 31 dicembre 2018,
la prosecuzione dei compiti precedentemente svolti dall'Ente Autonomo
Acquedotto Pugliese (EAAP) prima della trasformazione in Acquedotto
pugliese S.p.a. L'art. 16-bis del decreto-legge 6 novembre 2021, n.
152, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n.
233, ha prorogato piu' volte tale termine che, attualmente, e'
fissato al 31 dicembre 2025 e al comma 2, ha altresi' disposto, senza
prevedere un termine di scadenza, che Acquedotto pugliese S.p.a.
debba provvedere alla «gestione del ciclo integrato dell'acqua e, in
particolare, alla captazione, adduzione, potabilizzazione,
distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione
delle acque reflue».
La Regione Puglia, nel tentativo di incidere sulla disciplina
statale di cui al decreto legislativo n. 141/1999, con la legge
regionale 20 giugno 2011, n. 11, aveva istituito l'azienda pubblica
regionale «Acquedotto pugliese - AQP» cui aveva affidato il servizio
idrico integrato regionale (art. 2, comma 1), con subentro di tale
azienda nel patrimonio e nei rapporti della Acquedotto pugliese
S.p.a. (art. 5).
Codesta Corte costituzionale, con sentenza n. 62/2012, ha
dichiarato l'illegittimita' delle disposizioni regionali in quanto la
normativa statale non consente che la legge regionale individui
direttamente il soggetto affidatario della gestione del SII e che
stabilisca i requisiti generali dei soggetti affidatari di tale
gestione. Codesta Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima
la normativa regionale del 2011 anche laddove ha inciso sull'assetto
della societa' Acquedotto pugliese S.p.a. prevedendo il trasferimento
del relativo patrimonio e dei rapporti ad altro ente. A tale ultimo
riguardo, e' stato evidenziato che: «... non e' dubbio che detta
normativa regionale incide sul patrimonio e sui rapporti attivi e
passivi di una societa' per azioni costituita con legge statale;
societa' nel cui oggetto sociale rientra la «gestione del ciclo
integrato dell'acqua» e che e' destinata ad operare (in base al
citato decreto legislativo n. 141 del 1999) almeno fino al 31
dicembre 2018. In considerazione di tale contenuto e, in particolare,
della sua attinenza (proprio perche' trasferisce le risorse ed i
rapporti dell'indicata societa' per azioni) alla gestione del
servizio idrico integrato, la norma regionale impugnata e'
riconducibile - oltre che alla materia ordinamento civile - alle
materie tutela della concorrenza e tutela dell'ambiente, entrambe
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base
agli evocati parametri costituzionali (come evidenziato dalle sopra
citate sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n.
142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009). La previsione del
subentro dell'AQP nel patrimonio e nei rapporti della S.p.a.
Acquedotto pugliese, ponendosi in palese contrasto con la suddetta
disciplina statale (che non prevede tale subentro), integra, percio',
la denunciata illegittimita' costituzionale».
2.1. - Con la legge in esame, il legislatore regionale incide
nuovamente, seppure con diverse modalita', sulle norme statali che
disciplinano l'affidamento del SII nella regione fino al 31 dicembre
2025. Infatti, l'art. 4 della legge regionale impugnata si pone in
contrasto con il citato art. 2 comma 2 del decreto legislativo n.
141/1999, la cui disciplina e' espressione della potesta' legislativa
statale in materia di ordinamento civile, tutela della concorrenza e
tutela dell'ambiente. In tal modo la Regione Puglia reitera un
comportamento violativo delle competenze legislative fissate
dall'art. 117, commi 1 e 2, lettera e), l) ed s) della Costituzione
Infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza
costituzionale, la disciplina concernente l'affidamento del servizio
idrico integrato attiene alle materie della tutela concorrenza e
della tutela dell'ambiente riservate alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato (art. 117, comma, e) ed s) della Costituzione)
In questo contesto, la legge regionale deve limitarsi a individuare
l'ente o il soggetto preposto a deliberare la forma di gestione del
servizio idrico integrato e ad aggiudicare la gestione di detto
servizio, ma non puo' direttamente provvedere all'esercizio di tali
funzioni, neanche precostituendone le condizioni, come, invece, ha
fatto il legislatore pugliese con la legge regionale in esame. Le
sopra citate disposizioni della legge regionale n. 27/2024 sono
costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 117, primo
comma e secondo comma , lettere e), l) , ed s) della Costituzione,
con riferimento al rispetto del diritto europeo e alla competenza
esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza,
dell'ordinamento civile e della tutela dell'ambiente, in quanto
recano una disciplina incompatibile con i requisiti necessari per la
configurabilita' dell'in house providing come definito dal Testo
Unico in materia di societa' a partecipazione pubblica, nonche' con
le disposizioni statali che disciplinano la gestione del servizio
idrico integrato in Puglia, e, infine, con la disciplina contenuta
nell'art. 149-bis del decreto legislativo n. n. 152 del 2006 recante
l'individuazione dei presupposti necessari per l'affidamento diretto
dei servizi idrici integrati. Come si e' sopra illustrato, la legge
statale ha costituito la societa' Acquedotto pugliese S.p.a.,
attribuendone interamente le azioni alle Regioni interessate, ed
affidando a detta societa' i servizi in materia di SII, per la durata
- almeno con riguardo ai «compiti precedentemente svolti dall'Ente
Autonomo Acquedotto Pugliese», fino al 31 dicembre 2025.
La norma originaria, prima delle ulteriori modifiche che hanno
prorogato la data finale di affidamento, prevedeva espressamente le
modalita' con le quali si poteva procedere alla cessione delle quote
di AQP. Ne deriva che la modifica della composizione della compagine
sociale puo' essere definita solo con legge dello Stato. L'art. 4
della legge regionale in esame, pur non incidendo formalmente sul
contenuto delle richiamate norme statali, modifica nella sostanza
l'assetto dato dal legislatore statale alla societa' Acquedotto
pugliese S.p.a., prevedendo la modifica degli assetti proprietari con
il trasferimento del 20 per cento del pacchetto azionario dalla
Regione Puglia ai Comuni e, quindi, da questi alla societa' cd.
veicolo che verra' costituita dai Comuni medesimi. L'obiettivo finale
del legislatore regionale e' quello di assicurare che l'affidamento
del servizio avvenga ad un soggetto in house individuato dalla
regione medesima. Tanto emerge anche dai lavori preparatori della
legge che, nella proposta originaria era intitolata «Costituzione del
Comitato per il controllo di Acquedotto Pugliese S.p.a. (AQP) e
gestione in house del servizio idrico integrato» e aveva quale
finalita', dichiarata nella relazione di accompagnamento sottoscritta
dai consiglieri regionali proponenti, quella di «affidare dal 1°
gennaio 2026 al 31 dicembre 2046 ad Acquedotto pugliese S.p.a.,
societa' pubblica detenuta al 100% dalla Regione Puglia, il servizio
idrico integrato della Puglia, preservare il regime interamente
pubblicistico della gestione del servizio in Puglia, posto in
discussione qualora dovesse intervenire la scadenza (31 dicembre
2025) della concessione attuale in favore di AQP, in costanza
dell'attuale ordinamento». Anche a seguito dei rilievi critici mossi
alla proposta di legge dal referto tecnico adottato dagli uffici
regionali e dalla relazione del Servizio Affari e Studi Giuridici del
Consiglio regionale della Puglia, il testo della legge
definitivamente approvato, pur essendo modificato rispetto alla
proposta originaria, presenta rilevanti profili di
incostituzionalita'.
2.2. - Sebbene il legislatore regionale non abbia disposto
direttamente l'affidamento del servizio ad un nuovo ente - come aveva
invece fatto con la legge regionale n. 11/2011 - tuttavia, raggiunge
indirettamente il citato scopo, modificando, nell'arco temporale in
cui ancora si applica la disciplina del decreto legislativo n.
141/1999, l'assetto proprietario della societa' costituita dallo
Stato.
Interessa, al riguardo, evidenziare che il decreto legislativo n.
141/1999 ha previsto che le azioni della S.p.a. siano detenute
esclusivamente dalle regioni (essendo stata abrogata, altresi', la
disposizione, inizialmente adottata, che prevedeva la cessione delle
dette azioni) nel cui ambito era svolto il servizio affidato alla
medesima societa', mentre la legge regionale n. 14/2024 prevede ora
il trasferimento del venti per cento di tale pacchetto azionario ai
Comuni e, da questi, alla societa' veicolo che verra' costituita dai
Comuni.
Si tratta, a ben vedere, della cessione di una quota di azioni
particolarmente significativa e, comunque, suscettibile di
determinare il trasferimento del controllo su Acquedotto Pugliese
S.p.a. dalla regione Puglia alla c.d. societa' veicolo. Tant'e' che
l'art. 7, comma 1, lettera g) della legge regionale in esame
attribuisce al Comitato di coordinamento e controllo, istituito ai
sensi dell'art. 5, il compito di adottare «decisioni significative
inerenti alla partecipazione e al controllo da parte della Societa'
veicolo su Acquedotto Pugliese S.p.a.».
Le impugnate disposizioni della legge regionale n. 14/24
rappresentano, dunque, una inammissibile invasione del legislatore
regionale nell'ambito delle materie dell'ordinamento civile, della
tutela della concorrenza e della tutela dell'ambiente, tutte
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
L'applicazione delle censurate disposizioni ha come effetto
finale quello di realizzare, nel periodo di vigenza del decreto
legislativo n. 141/1999, una sostanziale modifica del soggetto in
house cui la legge statale ha affidato la gestione del servizio
idrico integrato: non piu' una societa' totalmente partecipata dalla
regione nel cui ambito il servizio e' svolto, bensi' una societa'
controllata, per il tramite di altra societa', cd. veicolo, dai
Comuni.
2.3. - Come noto, l'ordinamento nazionale, anche in applicazione
dei principi concorrenziali di matrice comunitaria, prevede che
l'affidamento in house dei servizi pubblici locali possa avvenire
unicamente a fronte dell'assolvimento di stringenti vincoli
motivazionali che consentano di ritenere oggettivamente piu'
conveniente tale modalita' di affidamento rispetto a quelle che
comportano il ricorso al mercato.
L'attuale disciplina, espressione di regole e principi vigenti
anche in precedenza, e' rinvenibile negli articoli 14 e 17 del
decreto legislativo n. 23 dicembre 2022, n. 201 che impongono agli
enti competenti una seria istruttoria in merito al mancato ricorso al
mercato, illustrando - nelle delibere di affidamento in house - le
efficienze nella gestione del servizio nonche', inter alia, gli
eventuali benefici per la collettivita' della forma di gestione
prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualita' del servizio,
ai costi dei servizi nonche' all'impatto sulla finanza pubblica.
Nel caso di specie, tali valutazioni sono state effettuate dal
legislatore statale che, almeno fino al 31 dicembre 2025, ha disposto
l'affidamento del SII in Puglia ad un ente in house costituito dalla
legge statale e le cui azioni sono state attribuite dalla medesima
legge statale ai soli enti regionali interessati.
L'impugnata legge regionale travalica la disciplina nazionale e
vanifica le valutazioni effettuate dal legislatore statale
modificando, fin da subito, la natura del soggetto in house
affidatario del servizio.
3. - Le disposizioni contenute nella legge regionale sopra
illustrate presentano vizi di legittimita' costituzionale anche sotto
ulteriori profili.
3.1. - La partecipazione della Regione al capitale sociale del
gestore del servizio idrico integrato viola una serie di disposizioni
nazionali a carattere concorrenziale, ed in particolare l'art. 4,
comma 1, del TUSPP (decreto legislativo n. 175/2016), il quale
stabilisce che le amministrazioni pubbliche possono costituire,
acquisire o mantenere partecipazioni esclusivamente in societa' che
abbiano per oggetto la produzione di beni o servizi strettamente
necessari per il perseguimento delle proprie finalita' istituzionali,
circostanza che non si riscontra nel caso in esame.
Detta partecipazione viola altresi' l'art. 16, comma 3, del
medesimo TUSPP, secondo cui la societa' in house deve realizzare
oltre l'80% del proprio fatturato nello svolgimento dei compiti a
essa affidati dagli enti pubblici soci, e non, dunque, nei confronti
di soggetti che non dispongono di competenze di gestione dei servizi
svolti.
Infine, l'impugnata legge contrasta anche con l'art. 149-bis,
comma 1, del TUA (decreto legislativo n. 152/ 2006), in base al quale
l'affidamento diretto del servizio idrico integrato puo' avvenire a
favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti
prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house,
comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale.
3.2. - L'art. 6 del decreto legislativo n. n. 201/2022
(richiamato nell'art. 1 della legge regionale in esame) stabilisce
che: «1. Ferme restando le competenze delle autorita' nazionali in
materia di regolazione economico-tariffaria e della qualita', a
livello locale le funzioni di regolazione, di indirizzo e di
controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali a rete
sono distinte e si esercitano separatamente. 2. Al fine di garantire
il rispetto del principio di cui al comma 1, gli enti di governo
dell'ambito o le Autorita' specificamente istituite per la
regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possono
direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della
gestione del servizio. Non si considerano partecipate indirettamente
le societa' formate o partecipate dagli enti locali ricompresi
nell'ambito. 3. Qualora gli enti locali titolari del servizio e a cui
spettano le funzioni di regolazione assumano direttamente o per mezzo
di soggetto partecipato la gestione del servizio, le strutture, i
servizi, gli uffici e le unita' organizzative dell'ente ed i loro
dirigenti e dipendenti preposti a tali funzioni di regolazione non
possono svolgere alcuna funzione o alcun compito inerente alla
gestione ed al suo affidamento.».
Ai sensi dell'art. 149-bis decreto legislativo n. n. 152/2006,
«1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di
cui all'art. 149 e del principio di unicita' della gestione per
ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione
fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo,
conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto puo'
avvenire a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei
requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in
house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale. 2. Alla successiva scadenza della gestione di
ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la
continuita' del servizio idrico integrato, l'ente di governo
dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i
sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento
previgente.».
Orbene, con specifico riguardo alla corretta interpretazione
dell'art. 149-bis sopra richiamato e, in particolare, alle previsioni
di cui al secondo periodo del comma 1, il Legislatore comunitario ha
stabilito che «le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette
a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare
considerazione data l'importanza dell'acqua quale bene pubblico di
valore fondamentale per tutti i cittadini dell'Unione. Le
caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni
nel settore idrico dall'ambito di applicazione della presente
direttiva. L'esclusione riguarda le concessioni di lavori e di
servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse
destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione
con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile
o l'alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le
concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e
per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui
il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile
rappresenti piu' del 20% del volume totale d'acqua reso disponibile
da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero
essere escluse nella misura in cui siano collegate a una attivita'
esclusa» (considerando 40 direttiva 2014/23/UE).
Per tale ragione, la suddetta direttiva comunitaria, pur avendo
disciplinato per la prima volta l'affidamento delle concessioni dei
servizi pubblici, ne ha escluso espressamente l'applicazione al
settore idrico (art. 12, direttiva 2014/23/UE).
Analogamente l'art. 12 del previgente Codice Contratti (decreto
legislativo n. 50/2016) stabiliva:
«1. Le disposizioni del presente codice non si applicano alle
concessioni aggiudicate per:
a. - fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di
un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il
trasporto o la distribuzione di acqua potabile;
b) alimentare tali reti con acqua potabile. 2.
b. - Le disposizioni del presente codice non si applicano alle
concessioni riguardanti uno o entrambi dei seguenti aspetti quando
sono collegate a un'attivita' di cui al comma 1:
a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in
cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua
potabile rappresenti piu' del 20 per cento del volume totale d'acqua
reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o
drenaggio; b) smaltimento o trattamento delle acque reflue».
A cio' si aggiunge che il settore idrico rientra tra i c.d.
settori speciali e, per gli appalti, si applica dunque la disciplina
piu' elastica e flessibile propria di detti settori (art. 117 codice
dei contratti pubblici).
Giova evidenziare inoltre, che, pur non essendo applicabile la
disciplina del codice dei contatti,
occorre pur sempre osservare, ai sensi dell'art. 4 del decreto
legislativo n. 50/2016, i principi relativi ai contratti esclusi:
«1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto
lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte,
dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene
nel rispetto dei principi di economicita', efficacia, imparzialita',
parita' di trattamento, trasparenza, proporzionalita', pubblicita',
tutela dell'ambiente ed efficienza energetica».
Invero, con l'art. 1, comma 1, lett. hhh) legge n. 11/2016, il
Parlamento aveva delegato il Governo a provvedere alla: «hhh)
disciplina organica della materia dei contratti di concessione
mediante l'armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni
vigenti, nonche' la previsione di criteri per le concessioni indicate
nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE,
nel rispetto dell'esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno
2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresi'
criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del
piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per
la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonche' al
rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE, e a
disciplinare le procedure di fine concessione e le modalita' di
indennizzo in caso di subentro».
La delega, tuttavia, non e' stata attuata.
La disciplina del previgente codice dei contratti e' stata
confermata dal decreto legislativo n. 36/2023, che all'art. 148,
commi 4, 5 e 6 dispone:
«4. Sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni del
codice gli appalti per l'acquisto di acqua, se aggiudicati da
stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitino una o entrambe
le attivita' di cui al comma 1.
5. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del codice
le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate
alla fornitura di un servizio pubblico in connessione con la
produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile oppure
per alimentare tali reti con acqua potabile.
6. Sono escluse dall'applicazione del codice le concessioni che
siano collegate a una delle attivita' del comma 5 e riguardino:
a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio,
in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento di acqua
potabile rappresenti piu' del 20 per cento del volume totale d'acqua
reso disponibile da tali progetti o impianti;
b) smaltimento o trattamento delle acque reflue».
3.3. - Dal sopra delineato quadro normativo si evince che il
decreto legislativo n. 152/2006 e, in particolare, l'art 149-bis per
le forme di affidamento, costituisce punto di riferimento della
regolazione del settore idrico.
Tale disposizione, come si e' sopra illustrato, prevede che
«L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di
cui all'art. 149 e del principio di unicita' della gestione per
ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione
fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo,
conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della
normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici
locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto puo'
avvenire a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei
requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in
house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale».
In base all'attuale disciplina, dunque, le forme di gestione del
sistema idrico integrato sono quelle previste dall'ordinamento
europeo per la generalita' dei servizi pubblici locali, con
l'ulteriore conseguenza che l'affidamento diretto a societa' in house
richiede i requisiti previsti dall'ordinamento europeo per tali
servizi.
Giova, inoltre, evidenziare che gli acquedotti, le fognature, gli
impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche, fino al
punto di consegna o misurazione, fanno parte del demanio
«accidentale», ai sensi dell'art. 822 ss. c.c., come confermato
dall'art. 143, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006.
Ai sensi dell'art. 153, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006,
le infrastrutture idriche di proprieta' degli enti locali devono
essere affidate in concessione d'uso gratuita per tutta la durata
della gestione al gestore del servizio idrico integrato che ne assume
i relativi oneri secondo le clausole contenute nella convenzione (che
regola i rapporti tra ente locale e gestore) e nel relativo
disciplinare (cfr. Corte costituzionale 4 maggio 2017 n. 93 e Cons.
Stato, sez, I, parere n. 1389/2019 del 7 maggio 2019).
Come ritenuto dalla Corte dei conti «L'art. 149-bis, primo comma,
ultimo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede
espressamente tale possibilita': "L'affidamento diretto puo' avvenire
a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti
prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house,
comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale" (in argomento, anche C. conti, Sez. Reg.
Campania, 22 aprile 2016, n. 108/2016/PAR). La giurisprudenza
amministrativa, pronunciatasi in materia di affidamento del servizio
idrico, ha ribadito i precetti espressi dalle leggi che regolano la
materia; in particolare, si e' affermato l'obbligo di adesione
all'autorita' d'ambito da parte dei vari comuni interessati e il
principio per cui spetta all'ente di governo individuare la figura
gestoria piu' opportuna mediante la quale provvedere alla gestione
del servizio idrico integrato. Le decisioni assunte dall'ente di
governo sono vincolanti per i comuni aderenti e, del resto, non
bisogna dimenticare che tali decisioni sono assunte tramite votazioni
espresse dagli stessi rappresentanti degli enti locali, secondo le
modalita' stabilite dalle convenzioni di istituzione degli enti di
governo (C.D.S., sezione quinta, n. 4478/2005; T.A.R. Piemonte, n.
1229/2016). Ricostruita brevemente la disciplina di riferimento e
venendo al merito del quesito ammesso, analizzando, oltre alla
sintesi finale, anche la premessa alla questione sollevata, si rileva
che, sostanzialmente, il Sindaco chiede se il comune sia tenuto alla
partecipazione alla societa' ovvero possa opporre elementi di
incompatibilita' finanziario contabile, sottraendosi, quindi,
all'obbligo partecipativo; ovvero, ancora, se sia esonerato dagli
adempimenti di legge (qualora, ovviamente, sia obbligato a
partecipare alla societa').
In relazione all'obbligo partecipativo, non paiono esserci dubbi
a riguardo: le disposizioni di riferimento sopra citate lo prevedono
espressamente (l'ultimo periodo dell'art. 149 bis prescrive che le
societa' in house siano comunque partecipate dagli enti locali
ricadenti nel territorio dell'ambito); la stessa giurisprudenza
stabilisce che spetta all'ente di governo individuare la figura
gestoria piu' opportuna, sicche' il singolo comune non e' piu'
competente e legittimato a costituire in proprio alcuna societa' o
struttura consortile a cui affidare, con gara o meno, la gestione del
servizio idrico (T.A.R. Piemonte, cit.).» - (cfr. Corte conti, sez.
cont. reg. Piemonte, delibera 26 settembre 2022, n. 108).
2.4. - Alla luce delle suesposte considerazioni emerge che gli
articoli 1, 2, 3, 5, 6 e 7, della legge regionale in esame delineano
una modalita' di affidamento del SII differente da quella prevista
dal decreto legislativo n. 152/2006 e dall'ordinamento europeo.
In particolare, il legislatore regionale, nel prevedere (articoli
1 e 2) la possibilita', per i comuni pugliesi, di costituire una
societa' per azioni «denominata Societa' veicolo, a totale
partecipazione pubblica e a controllo analogo congiunto di tutti i
comuni ricadenti nel territorio regionale, da esercitare
indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale» cui
affidare la gestione del SII, e nel definire (articoli 5, 6, 7) le
modalita' di esercizio del controllo analogo sulla c.d. societa'
veicolo da parte dei Comuni privi di partecipazione nel capitale
sociale, disciplina:
1. una modalita' di affidamento del SII diversa da quella
delineata dall'art. 149-bis, comma 1, secondo periodo, del T.U.A.
che, invece, prevede che: «l'affidamento diretto puo' avvenire a
favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti
prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house,
comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale»;
2. un modello di societa' in house differente sia da quello
delineato dagli articoli 2, comma 1, lettera o) e 15 del decreto
legislativo n. 175/2016, sia da quello desumibile dall'ordinamento
europeo.
A tal proposito, il Consiglio di Stato ha ritenuto che:
«Con l'espressione in house providing si fa riferimento
all'affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un
ente pubblico in favore di una societa' controllata dall'ente
medesimo, senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, in
virtu' della peculiare relazione che intercorre tra l'ente pubblico e
la societa' affidataria. La societa' in house e' una societa' dotata
di autonoma personalita' giuridica che presenta connotazioni tali da
giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio interno" dell'ente
pubblico che l'ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste
tra l'ente e la societa' un rapporto di alterita' sostanziale, ma
solo formale. Queste caratteristiche della societa' in house
giustificano e legittimano l'affidamento diretto, senza previa gara,
per cui un'amministrazione aggiudicatrice e' dispensata dall'avviare
una procedura di evidenza pubblica per affidare un appalto o una
concessione. Cio' in quanto, nella sostanza, non si tratta di un
effettivo "ricorso al mercato" (outsourcing), ma di una forma di
"autoproduzione" o, comunque, di erogazione di servizi pubblici
"direttamente" ad opera dell'amministrazione, attraverso strumenti
"propri" (in house providing). L'istituto, le cui radici si
rinvengono nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione
europea, e' espressione del principio di libera amministrazione delle
autorita' pubbliche di cui all'art. 2 della direttiva 2014/23/UE che
afferma: "le autorita' nazionali, regionali e locali possono
liberamente organizzare l'esecuzione dei propri lavori o la
prestazione dei propri servizi in conformita' del diritto nazionale e
dell'Unione. Tali autorita' sono libere di decidere il modo migliore
per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per
garantire in particolare un elevato livello di qualita', sicurezza e
accessibilita', la parita' di trattamento e la promozione
dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi
pubblici. Dette autorita' possono decidere di espletare i loro
compiti d'interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in
cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli
a operatori economici esterni". In definitiva, un affidamento diretto
ad un soggetto che non e' sostanzialmente diverso
dall'amministrazione affidante non puo' dare luogo alla lesione dei
principi del Trattato e, in particolare, del principio di
concorrenza, proprio perche' si tratta non di esternalizzazione ma di
autoproduzione della stessa P.A. L'in house segna, dunque, una
delicata linea di confine tra i casi in cui non occorre applicare le
direttive appalti e concessioni, e la relativa normativa nazionale di
trasposizione, ed i casi in cui invece e' necessaria l'applicazione.
I requisiti delle societa' in house sono stati elaborati nel tempo
dalla Corte UE; secondo la giurisprudenza della Corte, a partire
dalla sentenza Teckal del 1999 sino alle direttive UE 23, 24 e
25/2014 in materia di appalti e concessioni, le procedure di evidenza
pubblica possono escludersi tutte le volte in cui: 1)
l'amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un
controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni
(requisito strutturale); 2) il soggetto affidatario realizza la parte
piu' importante della propria attivita' a favore dell'amministrazione
aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale). Le condizioni
necessarie per la configurazione del controllo analogo sono la
partecipazione pubblica totalitaria e l'influenza determinante; sin
dal 2005, la Corte di Giustizia (Corte di Giustizia UE 11 gennaio
2005, C-26/03, Stadt Halle; Corte di Giustizia UE 21 luglio 2005,
C-231/03, Consorzio Coname; Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 gennaio
2007, C-225/05, Je. Au.) ha chiarito che la partecipazione, pur
minoritaria, di soggetti privati al capitale di una societa', alla
quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in
ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un
controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi. La
partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una condizione
necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente
verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell'ente
pubblico piu' incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile
a favore del socio totalitario. L'amministrazione aggiudicatrice,
infatti, deve essere in grado di esercitare un'influenza determinante
sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti
dell'entita' affidataria e il controllo esercitato deve essere
effettivo, strutturale e funzionale (in tal senso, Corte di Giustizia
UE, sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C183/11,
Econord). La Corte di Giustizia ha riconosciuto altresi' che, a
determinate condizioni, il controllo analogo puo' essere esercitato
congiuntamente da piu' autorita' pubbliche che possiedono in comune
l'ente affidatario, c.d. in house frazionato (Corte di Giustizia UE,
29 novembre 2012, in cause riunite C-182/11 e C-183/11, Econord), e
che e' configurabile un controllo analogo anche nel caso di
partecipazione pubblica indiretta, in cui il pacchetto azionario non
e' detenuto direttamente dall'ente pubblico di riferimento, ma
indirettamente mediante una societa' per azioni capogruppo (c.d.
holding) posseduta al 100% dall'ente medesimo, c.d. in house a
cascata (Corte di Giustizia UE 11 maggio 2006 C-340/04). Il secondo
requisito indicato dalla Corte e' costituito dalla prevalenza
dell'attivita' svolta con l'ente affidante, ossia il soggetto in
house deve svolgere la parte piu' importante della propria attivita'
con il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano e la diversa
attivita', eventualmente svolta, deve risultare accessoria, marginale
e residuale. Sino alle direttive UE del 2014 non vi era una
percentuale di attivita' predeterminata che doveva essere svolta in
favore dell'ente affidante e, pertanto, l'interprete era tenuto a
prendere in considerazione tutte le circostanze sia qualitative che
quantitative del caso concreto. Nel contesto sopra descritto sono
intervenute le nuove direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio
del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e le concessioni. I
requisiti dell'in house sono adesso chiaramente indicati dall'art.
12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, dall'art. 28, paragrafo
1, della direttiva 2014/25/UE e dall'art. 17, paragrafo 1, della
direttiva 2014/23/UE; tutte norme di identico tenore. Non e'
disciplinato solo l'in house, ma anche la cooperazione tra
amministrazioni aggiudicatrici (c.d. accordi di collaborazione), la
quale pero' rimane al di fuori dell'in house, in quanto non comporta
la costituzione di organismi distinti rispetto alle amministrazioni
interessate all'appalto o alla concessione. In particolare, l'art.
17, paragrafo 1, della direttiva sull'aggiudicazione dei contratti di
concessione, relativo alle concessioni tra enti nell'ambito del
settore pubblico, prevede che una concessione aggiudicata da
un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi
dell'art. 7, paragrafo 1, lettera a), a una persona giuridica di
diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell'ambito di
applicazione della direttiva quando siano soddisfatti tutti i
requisiti del controllo analogo a quello da esso esercitato sui
propri servizi, quando oltre l'80 per cento delle attivita' della
persona giuridica controllata siano effettuate nello svolgimento dei
compiti ad essa affidati dall'ente controllante e non vi sia alcuna
partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di
partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o
potere di veto.» (cfr. Cons. Stato, sez. I, parere n. 1389/2019 del 7
maggio 2019).
In particolare, si evidenzia che il legislatore regionale sembra
qualificare la c.d. societa' veicolo come societa' in house di tutti
i Comuni ricadenti nel territorio d'ambito, a prescindere dal
possesso di qualsivoglia partecipazione nel capitale sociale
(detenuta direttamente o indirettamente) e per il solo fatto di
essere rappresentati indirettamente (secondo le modalita' delineate
dall'art. 6 della legge regionale in esame) all'interno del Comitato
di indirizzo e di controllo istituito dall'art. 5 della stessa legge
n. 14/24, prescindendo, per l'effetto, dalla verifica della
sussistenza dei presupposti sopra indicati e definiti
dall'ordinamento europeo, oltreche' nazionale, ai fini della
configurabilita' del c.d. in house providing.
Interessa anche osservare che «il controllo analogo consiste in
una "influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle
decisioni significative della societa' controllata" (art. 2
(Definizioni), comma 1, lettera c), decreto legislativo 19 agosto
2016, n. 175 Testo unico in materia di societa' a partecipazione
pubblica). L'affidamento diretto ad una societa' in house e'
consentito, in particolare, a condizione che la societa' non sia
terza rispetto all'ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio
pubblico controllante e societa' v'e', infatti, una relazione
interorganica e non intersoggettiva. E' necessario che tale relazione
intercorra tra soci affidanti e societa', non anche tra la societa' e
altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai
quali la societa' sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia
dell'Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e
C-91/19). La Corte di Giustizia (sin da Corte di Giustizia delle
Comunita' europee 18 novembre 1999 nella causa C-107/98 Teckal)
ammette che, in caso di societa' partecipata da piu' enti pubblici,
il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta
(sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 C.B. SA) e che,
inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il
diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti
che ne consentano l'interferenza in maniera penetrante nella gestione
della societa'. [...]» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2021,
n. 7093).
La nozione di controllo analogo congiunto presuppone, quindi, la
detenzione di una partecipazione - pur anche minima - nel capitale
della societa' sulla quale si esercita il controllo e, dunque, la
qualifica di socio. Secondo la giurisprudenza euro-unitaria e
nazionale maggioritaria in materia di societa' in house e controllo
analogo congiunto, sussiste la necessita' che detto controllo analogo
si esplichi sotto forma di partecipazione sia al capitale, sia agli
organi direttivi dell'organismo controllato, essendo necessario che
il singolo socio possa vantare una posizione idonea, per quanto
minoritaria, a garantirgli una possibilita' effettiva di
partecipazione alla gestione dell'organismo del quale e' parte. Per
tale ragione, una presenza puramente formale nella compagine
partecipata o in un organo comune incaricato della direzione della
stessa non risulterebbe sufficiente ad assicurare il controllo
analogo.
P.Q.M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente
ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni;
voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7,
della legge regionale n. 14/2024 per violazione dell'art. 117, primo
comma e secondo comma, lettere e), l), ed s), della Costituzione, in
relazione agli articoli: 2, comma 1, e 4 decreto legislativo n.
141/1999; 16-bis del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152,
convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233; 2,
comma 1, lett. o), 4, comma 1, 15 e 16, comma 3, decreto legislativo
19 agosto 2016, n. 175 (testo unico in materia di societa' a
partecipazione pubblica); 12, paragrafi 1, 2 e 3 e 28, paragrafi 1, 2
e 3, della direttiva 24/2014/UE; 12 e 17, paragrafi 1, 2 e 3 della
direttiva 23/2014/UE; 14 e 17 del decreto legislativo n. 23 dicembre
2022, n. 201; 149-bis, comma 1, del TUA (decreto legislativo n. 152
del 2006). Si producono:
1. copia della legge regionale impugnata;
2. copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri
adottata nella riunione del 29 maggio 2024 recante la determinazione
di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione
illustrativa.
Roma, 30 maggio 2024
Avvocati dello Stato: Guida - Spina