N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 agosto 2024
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 agosto 2024 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della
Regione autonoma della Sardegna - Misure urgenti per la
salvaguardia del paesaggio - Previsione del divieto di realizzare
nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da
fonti rinnovabili in determinati ambiti territoriali, per un
periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della
legge regionale n. 5 del 2024 - Prevista applicazione delle misure
di salvaguardia, anche se nelle suddette aree sono in corso, alla
data di entrata in vigore della medesima legge regionale, procedure
di autorizzazione di tali impianti - Esclusione dal divieto, tra
gli altri, degli impianti finalizzati all'autoconsumo di cui
all'art. 30 del d.lgs. n. 199 del 2021 e di quelli ricadenti nelle
comunita' energetiche di cui all'art. 31 del medesimo decreto
legislativo - Istanza di sospensione dell'esecuzione della norma
impugnata.
- Legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5
(Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni
paesaggistici e ambientali), art. 3.
(GU n. 39 del 25-09-2024)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione con istanza di sospensione
ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 23
delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato
presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n.
12.
Contro la Regione autonoma della Sardegna, in persona del
Presidente pro tempore, Presidente della giunta regionale, nella sua
sede in Cagliari, al viale Trento n. 69, indirizzo pec:
presidenza@pec.regione.sardegna.it - per la declaratoria di
illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione
autonoma della Sardegna del 3 luglio 2024, n. 5 recante: «Misure
urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e
ambientali» pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n. 35.
Nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n.
35 del 4 luglio 2024 e' pubblicata la legge regionale 3 luglio 2024,
n. 5.
Per quanto in questa sede d'interesse, le disposizioni impugnate
cosi' dispongono:
Art. 3 - Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio.
1. Nelle more dell'approvazione della legge regionale di
individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del
decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del
1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili), nonche' dell'approvazione del PRS, dell'aggiornamento
della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre
dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano
paesaggistico regionale, e comunque per un periodo non superiore a
diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i seguenti
ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia
comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e
accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili:
a) zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F, G e H, di
cui all'art. 3 del decreto dell'assessore regionale degli enti
locali, finanze e urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U (Disciplina
dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti
urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei comuni della
Sardegna), fatto salvo quanto previsto dal comma 3;
b) aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) ed inserite
nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette, con particolare
riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale
orientata di cui all'art. 12, comma 2, lettere a) e b), della legge
n. 394 del 1991 nonche' aree equivalenti istituite dall'ordinamento
regionale;
c) zone umide d'importanza internazionale riconosciute e
inserite nell'elenco della Convenzione relativa alle zone umide
d'importanza internazionale, con particolare riferimento agli habitat
degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448
(Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza
internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici,
firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971);
d) zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario
(SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone umide ricadenti
all'interno di riserve naturali e oasi di protezione istituite a
livello nazionale e regionale;
e) aree incluse nella Rete natura 2000 ai sensi della
direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche;
f) aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie
faunistiche protette oppure aree in cui e' accertata la presenza di
specie animali e vegetali soggette a tutela dalle convenzioni
internazionali e dalla direttiva n. 92/43/CEE del 1992;
g) aree agricole interessate da produzioni
agricolo-alimentari di qualita', quali produzioni biologiche,
produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni tradizionali, ovvero
aree di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, nel rispetto dell'art. 12, comma 7, del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricita');
h) aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure di
rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di assetto idrogeologico
(PAI) adottati dalle competenti Autorita' di bacino ai sensi del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la
prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite
da disastri franosi nella Regione Campania), convertito con
modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
i) aree che distano meno di 7 chilometri da beni culturali,
oppure di 1.500 metri per le isole minori, individuati ai sensi
dell'art. 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137);
j) le seguenti aree di cui all'art. 142, comma 1, del
decreto legislativo n. 42 del 2004:
1) territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300
metri dalla linea di battigia;
2) territori contermini ai laghi compresi in una fascia della
profondita' di 300 metri dalla linea di battigia anche per i
territori elevati sui laghi;
3) aree prospicienti a fiumi, torrenti, corsi d'acqua iscritti negli
elenchi e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di
150 metri ciascuna;
4) aree montuose per la parte eccedente 1.200 metri sul livello del
mare;
5) parchi e riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di
protezione esterna dei parchi;
6) territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o
danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di
rimboschimento;
7) zone gravate da usi civici;
8) zone di interesse archeologico;
k) le seguenti aree cosi' come individuate ai sensi
dell'art. 143, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del
2004:
1) fascia costiera;
2) sistemi a baie e promontori, falesie e piccole isole;
3) campi dunari e sistemi di spiaggia;
4) aree rocciose e di cresta ed aree a quota superiore ai 900 metri
sul livello del mare;
5) grotte e caverne;
6) monumenti naturali ai sensi della legge regionale 7 giugno 1989,
n. 31 (Norme per l'istituzione e la gestione dei parchi, delle
riserve e dei monumenti naturali, nonche' delle aree di particolare
rilevanza naturalistica ed ambientale);
7) zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori
contermini compresi in una fascia della profondita' di 300 metri
dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
8) fiumi torrenti e corsi d'acqua e relative sponde o piedi degli
argini, per una fascia di 150 metri ciascuna, e sistemi fluviali,
riparali, risorgive e cascate, ancorche' temporanee;
9) aree di ulteriore interesse naturalistico comprendenti le specie e
gli habitat prioritari, ai sensi della direttiva n. 43/92/CEE del
1992;
10) aree che distano meno di 2 chilometri in linea d'aria da alberi
monumentali;
11) aree caratterizzate da edifici e manufatti di valenza
storico-culturale, compresa la fascia di tutela;
12) aree caratterizzate da insediamenti storici: centri di antica e
prima formazione;
13) aree caratterizzate da insediamenti storici cosi' come definiti
dall'ordinamento regionale;
l) aree che distano meno di 7 chilometri in linea d'aria,
oppure 1.500 metri per le isole minori, da impianti di produzione e
di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili realizzati o
per i quali sia stata presentata istanza per l'avvio della relativa
procedura di autorizzazione alla data di entrata in vigore della
presente legge. La distanza e' calcolata a partire dal punto piu'
vicino del perimetro considerato per la misura dell'estensione.
2. Le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano
applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono
in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge,
procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di
energia elettrica da fonti rinnovabili.
3. Sono esclusi dall'applicazione delle misure di
salvaguardia di cui al comma 1:
a) gli impianti di produzione e di accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili che non comportano consumo di suolo e,
limitatamente alle zone omogenee H di cui al decreto dell'assessore
regionale degli enti locali, finanze e urbanistica del 20 dicembre
1983, n. 2266/U, purche' destinati all'autoconsumo o alla
valorizzazione del compendio in chiave di sostenibilita' ambientale;
b) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria
o di revamping di impianti di produzione e di accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili;
c) gli impianti di produzione e di accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo ai sensi
dell'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, gli impianti
ricadenti nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del decreto
legislativo n. 199 del 2021;
d) gli impianti ubicati nelle aree libere di lotti gia'
urbanizzati e edificati all'entrata in vigore della presente legge
sulla base di un piano attuativo, ricadenti nelle zone urbanistiche
omogenee D e G di cui al decreto dell'assessore regionale degli enti
locali, finanze e urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/U;
e) gli impianti di produzione e di accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili previsti all'interno di progetti
aventi ad oggetto il trasporto pubblico sostenibile;
f) gli impianti di produzione e di accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili integrati all'interno di progetti per
la realizzazione di opere pubbliche;
g) gli impianti agrivoltaici aventi soluzioni costruttive
in elevazione con altezza minima non inferiore a 2,1 metri dal suolo,
tali da garantire la continuita' dell'attivita' colturale e pastorale
e l'intero e permanente utilizzo della superficie agricola utile. Gli
impianti agrivoltaici con soluzioni costruttive in elevazione devono
avere una dimensione massima di 10 Mwp a servizio di aziende condotte
da titolari aventi la qualifica di coltivatore diretto (CD) o
imprenditore agricolo professionale (IAP). Tali aziende devono
risultare operative dalla data del 31 dicembre 2018, nonche' avere
sede operativa nel territorio della Regione Sardegna. Le suddette
aziende devono corredare la richiesta di autorizzazione con un piano
aziendale ricognitivo contenente il fatturato totale annuo relativo
alle ultime cinque annualita' a dimostrazione delle dinamiche
aziendali. Le imprese agricole di cui alla presente lettera devono
essere in regola con le direttive per le zone agricole di cui al
decreto del Presidente della giunta regionale 3 agosto 1994, n. 228.
Al fine di evitare il ricorso ad aggregazioni fittizie, nel caso di
contiguita' di impianti agrivoltaici di cui alla presente lettera e'
necessario, per le imprese medesime, presentare l'iscrizione
all'elenco regionale IAP o nell'elenco dei coltivatori diretti da
parte delle aziende confinanti e un prospetto dei bilanci aziendali
realizzati nel medesimo periodo.
4. Per le finalita' di cui al comma 1 e per adeguare
contestualmente i suoi contenuti all'approvazione della legge
regionale sulle aree idonee ai sensi dell'art. 20, comma 4, del
decreto legislativo n. 199 del 2021 il consiglio regionale approva il
PRS, la giunta regionale aggiorna la strategia per lo sviluppo
sostenibile e adotta l'aggiornamento al Piano paesaggistico regionale
(PPR) entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge e avvia con la massima urgenza, secondo il principio
di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione e
nelle sedi istituzionali competenti, tutte le iniziative previste
dalla normativa vigente per garantire e favorire la celere
approvazione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza
energetica di cui all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.
199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai
sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo. Entro gli stessi
termini la giunta regionale aggiorna il Piano energetico ambientale
della Regione Sardegna (PEARS), di cui all'art. 3 della legge
regionale 13 ottobre 2022, n. 15 (Disposizioni in materia di energia
e modifiche alla legge regionale n. 9 del 2006).
Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle
disposizioni sopra indicate (dunque, nel suo art. 3).
Propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti
Motivi
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 legge della Regione
autonoma della Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 per contrasto con l'art.
117, comma 1 e comma 3 della Costituzione in relazione decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili),
in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in
linea di continuita' con quelli fatti propri dalle direttive
2001/77/CE e 2009/28/CE e dal regolamento (UE) 2021/1119 del 30
giugno 2021 - norme interposte; per contrasto con l'art. 10 della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e con la legge
costituzionale n. 3 del 1948 (articoli 3 e 4 lettera e)) e per
contrasto gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione.
L'art. 3 della legge della Regione autonoma della Sardegna, sopra
riportato, che introduce misure urgenti per la salvaguardia del
paesaggio e dei beni paesaggistici ambientali, presenta profili di
illegittimita' costituzionale eccedendo dalle competenze statuarie
della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale n. 3 del
1948) e ponendosi in contrasto, per le motivazioni che saranno
illustrate, con la normativa statale di riferimento che pone i
principi fondamentali, vincolanti per le regioni, in materia di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,
violando quindi l'art. 117, terzo comma della Costituzione.
Inoltre, poiche' la disciplina statale di riferimento e' di
derivazione eurounitaria si evidenzia, altresi', la violazione
dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, secondo cui «la
potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel
rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
La disciplina regionale e', inoltre, idonea a pregiudicare gli
obiettivi fissati dal legislatore nazionale in attuazione della
disciplina unionale sul c.d. Green deal europeo.
La previsione contenuta nel comma 2 del medesimo art. 3 della
legge regionale, secondo il quale le misure di salvaguardia previste
dalla legge regionale si applicano anche alle procedure
autorizzatorie in corso, si pone, altresi', in contrasto con gli
articoli 3 e 41 della Costituzione.
Si premette che lo statuto speciale di autonomia della Regione
Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948) riconosce alla regione,
con l'art. 4, lettera e): competenza legislativa in materia della
sola «produzione e distribuzione di energia elettrica» con i limiti
stabiliti dall'art. 3 del medesimo statuto speciale - ovvero in
armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico
dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme
economico-sociali della Repubblica - nonche' dei principi stabiliti
dalle leggi dello Stato. (1)
In virtu', dunque, dell'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (2) che consente l'applicazione delle disposizioni
del Titolo V della Costituzione cosi' come modificato dalla stessa
legge costituzionale alle regioni a statuto speciale per le parti in
cui si prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia'
a queste attribuite - viene in rilievo la violazione dell'art. 117,
terzo comma della Costituzione in presenza di disposizioni regionali
configgenti con previsioni legislative statali di principio volte al
conseguimento di obiettivi di politica energetica gravanti sullo
Stato italiano nel suo complesso, perche' esso configura un titolo di
competenza piu' ampio rispetto a quello previsto dallo statuto
speciale della Regione autonoma Sardegna, come detto riferito alla
sola energia elettrica.
L'art. 3 della legge regionale in esame, rubricato «Misure
urgenti per la salvaguardia del paesaggio», nell'asserito intento di
introdurre misure per la salvaguardia del paesaggio e dei beni
paesaggistici e ambientali, pone misure di salvaguardia comportanti
il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di
energia elettrica da fonti rinnovabili, «nelle more dell'approvazione
della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi
dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.
199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili), nonche' dell'approvazione del
PRS, dell'aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e
inoltre dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano
paesaggistico regionale» e, comunque, per un periodo non superiore a
diciotto mesi dall'entrata in vigore della stessa legge regionale,
indicando una serie di aree escluse (tra cui aree naturali protette,
zone umide, aree della rete Natura 2000, aree agricole, ecc.).
In sostanza, la norma in esame vieta, anche se transitoriamente,
la realizzazione di nuovi impianti soggetti a concessione o
autorizzazione, al fine di scongiurare l'irreversibilita' degli
impatti derivanti dalla loro realizzazione, installazione o
avviamento. Dal divieto sono esclusi gli impianti di produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo,
di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, e quelli
ricompresi nelle comunita' energetiche di cui all'art. 31 del
medesimo decreto legislativo.
La previsione della legge regionale, pur se di carattere
transitorio, deroga rispetto alla disciplina statale che prevede
l'adozione di decreti ministeriali di individuazione dei principi e
criteri omogenei e, comunque, anche in caso di mancata adozione di
siffatti decreti vieta ogni moratoria dei procedimenti di
autorizzazione.
La disposta moratoria per diciotto mesi costituisce una
violazione certa del principio generale che la regione avrebbe dovuto
certamente rispettare.
Inoltre, sempre all'art. 3, al comma 2, si specifica che «le
misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicazione anche
se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data
di entrata in vigore della presente legge, procedure di
autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia
elettrica da fonti rinnovabili»; al comma 4 si prevede che «il
Consiglio regionale approva il PRS, la giunta regionale aggiorna la
strategia per lo sviluppo sostenibile e adotta l'aggiornamento al
Piano paesaggistico regionale (PPR) entro diciotto mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge e avvia con la massima urgenza
[...] tutte le iniziative previste dalla normativa vigente per
garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica di cui all'art. 20, comma
1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente legge
regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto
legislativo. Entro gli stessi termini la giunta regionale aggiorna il
Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEARS) [...]».
L'intervento legislativo regionale in esame si colloca nel quadro
normativo che disciplina l'installazione di impianti a fonti
rinnovabili di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199,
recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione
dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». (3)
In particolare, l'art. 20 (4) del predetto decreto legislativo ha
disciplinato le modalita' di individuazione di superfici e aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili,
stabilendo, con il comma 1, che la definizione di principi e criteri
omogenei per l'individuazione di superfici e delle aree idonee e non
idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, aventi una
potenza pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC, avvenga
per mezzo di uno o piu' decreti ministeriali, previa intesa in sede
di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore
del decreto legislativo n. 199/2021 (15 dicembre 2021); con il comma
4 che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore dei citati
decreti ministeriali, le regioni individuino le aree idonee con
legge; il successivo comma 6 stabilisce il divieto di moratorie o
sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei citati decreti
ministeriali; comma 8 individua, medio tempore, alcune aree idonee
all'installazione (siti di impianti gia' installati, siti oggetto di
bonifica, cave e miniere cessate, ecc.).
Il decreto legislativo n. 199/2021 ha recepito la direttiva
UE/2018/2001, stabilendo che gli obiettivi energetici nazionali del
PNIEC all'anno 2030 sono ripartiti in sotto-obiettivi energetici
regionali. Pertanto, ogni regione e provincia autonoma e' chiamata a
garantire sul proprio territorio il consumo di una quota minima di
energia di fonte rinnovabili (FER). L'art. 20 del citato decreto
legislativo ha definito il percorso per l'individuazione delle
superfici e delle aree idonee alla realizzazione di impianti a fonti
rinnovabili, con la previsione di un coinvolgimento, in prima
battuta, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica
(MASE), del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e
delle foreste (MASAF) e del Ministero della cultura (MIC) d'intesa
con le regioni, al fine di definire criteri e principi omogenei e -
tenuto conto della titolarita' del processo programmatorio sul
territorio in capo a regioni e province autonome - rinviando a
successive leggi regionali per l'individuazione su ciascun territorio
delle superfici e delle aree idonee.
Ai sensi del citato art. 20 dalla individuazione di una
determinata area come «idonea» deriva l'applicazione di un iter
autorizzativo «semplificato», piu' snello e celere. Infatti, l'art.
22 del medesimo decreto-legislativo, prevede che «i termini delle
procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti
di un terzo» e che «nei procedimenti di autorizzazione di impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su
aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di
valutazione di impatto ambientale, l'autorita' competente in materia
paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante».
Il medesimo art. 20 individua poi, con il comma 8, le aree che,
nelle more dell'entrata in vigore delle apposite leggi regionali,
debbono comunque essere considerate idonee.
Si rappresenta che il previsto decreto ministeriale (decreto
ministeriale 21 giugno 2024 del Ministero dell'ambiente e della
sicurezza energetica nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n.
153 del 2 luglio 2024) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale due
giorni prima della data di promulgazione della legge regionale in
esame nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna
(Bollettino n. 35 del 4 luglio 2024).
Pur considerato tale aspetto temporale, si evidenzia che la legge
regionale non ha evidentemente preso in considerazione il citato
decreto ministeriale (la legge regionale, infatti, e' adottata, ai
sensi del comma 1. «Nelle more dell'approvazione della legge
regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'art. 20,
comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione
della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili») e la stessa legge regionale
deroga, comunque, rispetto alla disciplina statale che, anche in caso
di mancata adozione dei decreti ministeriali di individuazione dei
principi e criteri omogenei sulle aree idonee e non idonee, vieta
ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione.
Si evidenzia, dunque, che la «provvisorieta'» dell'efficacia
delle disposizioni contenute nella legge regionale in esame si
sovrappone in ogni caso alla normativa gia' in vigore, generando
dubbi tra gli operatori del settore e mal conciliandosi, peraltro,
con l'intento di uno «sviluppo regolato e armonico degli impianti di
produzione e accumulo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili»,
auspicato dallo stesso legislatore regionale.
Il tema dell'individuazione delle aree idonee alla realizzazione
degli impianti da fonti rinnovabili non e' nuovo. Sono stati, in
effetti, numerosi i tentativi delle regioni di porre un freno alla
realizzazione di tali impianti, dichiarando intere porzioni del
proprio territorio come «inidonee», in linea di principio, alla
installazione.
Anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199
del 2021 (che, come si evince da quanto sopra, rafforza il favor
verso la diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, in linea con
la legislazione dell'UE), l'orientamento della giurisprudenza
costituzionale era nel senso di ritenere illegittime norme regionali
volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneita' di
intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed
aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte costituzionale
sentenza n. 69 del 2018).
In casi simili e comunque sempre sulla base della normativa
previgente al decreto legislativo n. 199 del 2021, codesta Corte ha
avuto modo di precisare che il margine di intervento riconosciuto al
legislatore regionale non permette di prescrivere limiti generali
inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio'
contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione
delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale
in conformita' alla normativa dell'Unione europea (cfr. Corte
costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022).
(5)
Di particolare rilievo e', poi, il caso della legge regionale
Abruzzo dichiarata incostituzionale con sentenza n. 27 del 2023, in
riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione.
In questa pronuncia, codesta Corte ha caducato l'art. 16 della
legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022, che prorogava dal 31 dicembre
2021 al 30 giugno 2022 il termine entro il quale la giunta regionale
doveva proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione
contenente l'individuazione delle aree e dei siti inidonei
all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili. Nella
sentenza si afferma che ogni moratoria in questo settore confligge
con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione ai
principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di
continuita' con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e
2009/28/CE, violando gli impegni assunti dallo Stato italiano nei
confronti dell'Unione europea e a livello internazionale volti a
garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia
rinnovabili (cfr. punto 5 e 6 del Considerato in diritto). (6)
Per costante giurisprudenza della Corte, dunque, le regioni e le
province autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali
contemplati dal legislatore statale (ex multis sentenze n. 11 del
2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie,
racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199 del 2021.
Le disposizioni censurate della Regione Sardegna, quindi,
nell'impedire l'applicazione della legislazione statale, appaiono
riconducibili alle ipotesi, censurate dalla giurisprudenza
costituzionale, delle c.d. «leggi di reazione», il cui scopo e'
quello di rendere inapplicabile, nel proprio territorio, una legge
che ritenga «costituzionalmente illegittima, se non addirittura anche
solo dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio» dinnanzi alla
Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 198 e n.
199 del 2004). In proposito la Corte costituzionale ricorda come ne'
lo Stato ne' le regioni possono pretendere, al di fuori delle
procedure previste dalle disposizioni costituzionali, di risolvere
direttamente gli eventuali conflitti tra i rispettivi atti
legislativi tramite proprie disposizioni di legge.
Osserva la Corte che «cio' che e' implicitamente escluso dal
sistema costituzionale e' che il legislatore regionale (cosi' come il
legislatore statale rispetto alle leggi regionali) utilizzi la
potesta' legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio
territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente
illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna, anziche'
agire in giudizio dinnanzi a questa Corte, ai sensi dell'art. 127
della Costituzione. Dunque ne' lo Stato ne' le regioni possono
pretendere, al di fuori delle procedure previste da disposizioni
costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti di
competenza tramite proprie disposizioni di legge (cfr. sentenza n.
198 del 2004) o, tanto meno, tramite atti amministrativi di indirizzo
che dichiarino o presuppongano l'inapplicabilita' di un atto
legislativo rispettivamente delle regioni o dello Stato». (Corte
costituzionale - sentenza n. 199/2004).
Le disposizioni regionali contenute nell'art. 3 introducono -
quale «misura di salvaguardia» - il divieto di realizzare, in
determinati «ambiti territoriali» (comma 1), nuovi impianti di
produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili,
specificando alcuni casi di deroga (comma 3).
La corposa e dettagliata elencazione contenuta nell'art. 3 sopra
riportato e, dunque, l'amplissimo ambito oggetto di sostanziale
divieto all'installazione di impianti a fonti rinnovabili e sistemi
di accumulo per effetto della disposizione regionale in parola
risulta ben piu' ampio, in senso restrittivo, di quello contemplato
dal legislatore statale all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo
n. 199 del 2021.
Conseguentemente, nel territorio regionale risulta vietata la
realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle quali il
legislatore statale lo permette, con una disciplina immediatamente
efficace in attesa della individuazione delle aree idonee con legge
regionale.
Il legislatore regionale, dunque, ignorando la volonta' del
legislatore statale, prevede che siano le proprie «misure di
salvaguardia» a trovare applicazione «nelle more dell'approvazione»
della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi
dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.
199 e «comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi
dall'entrata in vigore della presente legge».
La previsione di «misure di salvaguardia» ad opera dell'art. 3
della legge regionale in argomento, che comportano il divieto di
installare impianti, e' in contrasto con il sopra illustrato quadro
normativo statale, che, non ammette, in maniera chiara, divieti o
moratorie di sorta.
Infatti, la disciplina statale di cui al citato decreto
legislativo n. 199 del 2021 prevede esplicitamente all'art. 20, comma
6 che «nelle more dell'individuazione delle aree idonee [ad opera
delle leggi regionali da approvarsi entro centottanta giorni dalla
entrata in vigore dei decreti attuativi], non possono essere disposte
moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di
autorizzazione». Peraltro, il decreto legislativo n. 199 del 2021,
quale formula di chiusura, dispone, al medesimo art. 20, comma 7, che
«le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate
non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia
rinnovabile [...] in ragione della sola mancata inclusione nel novero
delle aree idonee».
Dall'esame del combinato disposto degli articoli 20 e 22 del
decreto legislativo n. 199 del 2021 deve dedursi che dalla mancata
qualificazione di una determinata area come «idonea» scaturisce
conseguentemente l'inapplicabilita' di talune specifiche
semplificazioni procedimentali e non gia' un impedimento alla
realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Cio' conferma che, ai
sensi dei citati articoli, anche l'area «non idonea» e', a ben
vedere, compatibile con l'installazione dei suddetti impianti.
Semmai, l'art. 20 aspira ad assicurare che la realizzazione di
progetti in aree non classificate come «idonee» si attui all'esito di
un procedimento autorizzatorio ragionevolmente non semplificabile,
considerato le maggiori complicazioni derivanti dalla necessaria
ricerca di un bilanciamento tra i vari interessi coinvolti e
meritevoli di tutela (paesaggistico-culturali, di tutela
dell'ambiente, di salvaguardia dell'attivita' agricola). A conferma
di cio', l'unico divieto di installazione di impianti FER attualmente
vigente e' quello contenuto al comma 1-bis dell'art. 20, introdotto
ad opera dell'art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101.
In ogni caso, tale divieto non presente nella formulazione
originaria dell'art. 20 in parola, e' circoscritto a specifiche
tipologie di impianti (di produzione di energia elettrica da fonte
solare con moduli a terra) ubicati in determinate aree (zone
classificate agricole dai piani urbanistici).
A riguardo codesta Corte ha recentemente affermato (Corte
costituzionale, sentenza n. 103/2024) «Come questa Corte ha gia'
avuto modo di osservare (sentenze n. 58 e n. 27 del 2023), l'art. 20,
comma 8, del decreto legislativo n. 199 del 2021 si colloca nel nuovo
sistema - introdotto dallo stesso decreto legislativo n. 199 del 2021
- di individuazione delle aree in cui e' consentita l'installazione
degli impianti a fonti rinnovabili. Con esso, il legislatore statale
ha inteso superare il sistema dettato dall'art. 12, comma 10, del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricita') e dal conseguente decreto del Ministro dello
sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili),
contenenti i principi e i criteri di individuazione delle aree non
idonee.
Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a individuare le aree
"idonee" all'installazione degli impianti, sulla scorta dei principi
e dei criteri stabiliti con appositi decreti interministeriali,
previsti dal comma 1 del citato art. 20, tuttora non adottati.
Inoltre, l'individuazione delle aree idonee dovra' avvenire non piu'
in sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in
relazione a quelle non idonee, bensi' "con legge" regionale, secondo
quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20.
Nel descritto contesto normativo, il comma 8 dell'art. 20 funge
da disposizione transitoria, prevedendo che "[n]elle more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle
modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1", sono considerate
idonee le aree elencate dalle lettere a) e seguenti dello stesso
comma 8, tra le quali figurano, alla lettera c)-quater, "le aree che
non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai
sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone
gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del
medesimo decreto".
Il ricorrente desume da tale disposizione che i terreni d'uso
civico non sarebbero idonei all'installazione perche' non inclusi tra
quelli idonei.
Una simile interpretazione, tuttavia, e' contraddetta dal
disposto del comma 7 dello stesso art. 20, secondo cui "[l]e aree non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee
all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli
procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero
delle aree idonee".
Di per se', dunque, la mancata inclusione delle aree gravate da
usi civici tra quelle idonee non comporta la loro assoluta
inidoneita' all'installazione di impianti di produzione di energia da
fonti rinnovabili, che rimane assoggettata al procedimento
autorizzatorio ordinario di cui all'art. 12, comma 3, del decreto
legislativo n. 387 del 2003, ne' tantomeno comporta il divieto di
mutarne la destinazione in conformita' al regime degli usi civici.
Pertanto, il lamentato contrasto della disposizione regionale
impugnata con la norma statale di principio non sussiste».
Come sopra esposto l'orientamento della giurisprudenza
costituzionale, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n.
199 del 2021, e' stato nel senso di ritenere illegittime norme
regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non
idoneita' di intere aree di territorio o a imporre, in maniera
generalizzata ed aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte
costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). In casi simili codesta
Corte ha precisato che il margine di intervento riconosciuto al
legislatore regionale non consente di prescrivere limiti generali
inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perche' cio'
sarebbe in contrasto con il principio fondamentale di massima
diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal
legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77
del 2022).
Tale normativa europea, peraltro, ha avuto un'ulteriore
evoluzione rispetto a quella presa in considerazione dalla
sopracitata giurisprudenza costituzionale, tanto da prevedere, con la
direttiva 2023/2413/UE (cosiddetta «RED III»), che «... fino al
conseguimento della neutralita' climatica, gli Stati membri
provvedono affinche', nella procedura di rilascio delle
autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli
impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali
impianti alta rete, fa rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano
considerati di interesse pubblico prevalente e nell'interesse della
salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi
giuridici nei singoli casi ...» (cfr. art. 16-septies introdotto
nella direttiva (UE) 2018/2001 dalla direttiva 2023/2413/UE).
L'art. 3 della legge regionale in commento, inoltre, al comma 2,
prevede che le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano
applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono
in corso alla data di entrata in vigore della presente legge,
procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di
energia elettrica da fonti rinnovabili.
Le misure di salvaguardia trovano applicazione, dunque, anche nel
caso di progetti le cui procedure di autorizzazione sono gia' in
corso alla data di entrata in vigore della legge regionale in
commento.
Sotto tale profilo, tale legge e' suscettibile di presentarsi
alla stregua di sopravvenienza normativa sfavorevole nei confronti di
quei soggetti che, specie allorquando l'istanza di autorizzazione sia
stata presentata in epoca postuma all'ottenimento di un provvedimento
favorevole di valutazione di impatto ambientale, potrebbero aver
ragionevolmente confidato nel soddisfacimento dell'interesse sotteso
all'istanza medesima.
Il riferimento, poi, a «procedimenti di autorizzazione gia' in
corso» e' talmente ampio da non poter escludere l'applicazione del
divieto anche a quei casi in cui il procedimento di autorizzazione e'
giunto a un grado di maturazione tale da aver ingenerato
l'aspettativa a una definizione favorevole del procedimento stesso.
Cio' tanto piu' se si considera che il legislatore nazionale, al
fine di rispondere alle indicazioni del legislatore unionale, e'
tenuto, in via generale, a favorire le iniziative economiche tendenti
alla diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, promuovendo e
garantendo agli investitori condizioni di investimento stabili,
equilibrate, favorevoli e trasparenti.
Risulta, dunque, illegittimo ed irragionevole (alla luce
dell'art. 3 della Costituzione), anche in virtu' dei principi della
certezza del diritto e del legittimo affidamento, l'applicazione di
detto divieto, stabilito dall'art. 3, comma 2, anche agli impianti
gia' autorizzati o le cui procedure siano gia' in corso al momento
dell'entrata in vigore della legge de qua, trattandosi di procedure
avviate nel rispetto di un dato contesto normativo vigente al momento
dell'avvio del procedimento autorizzativo.
Prevedere che, una volta avviato il procedimento di
autorizzazione, l'impianto di produzione e accumulo di energia
elettrica non possa essere piu' realizzato, determina un indubbio
danno a carico dell'operatore che, nelle more del compimento delle
procedure per l'ottenimento dei titoli abilitativi, ha gia' sostenuto
costi tecnici e amministrativi ingenti (cio' si pone anche in
violazione dell'art. 41 della Costituzione), peraltro, trascurando le
attivita' amministrative eventualmente gia' svolte dalle autorita'
competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del
buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della
Costituzione).
Pertanto, ed in sintesi, si rileva anzitutto che il legislatore
regionale, nell'imporre un divieto alla realizzazione di nuovi
impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti
rinnovabili, si pone in conflitto con i principi fondamentali
ricavabili dalla legislazione statale in materia subiecta, con
conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione.
Tale parametro costituzionale viene in rilievo perche' le norme
regionali prese in considerazione configgono con previsioni
legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi
gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso e dunque attinenti
alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia»; si tratta come sopra esposto di un titolo
competenziale piu' ampio rispetto a quello previsto dall'art. 4,
lettera e), dello statuto speciale per la Regione autonoma della
Sardegna («produzione e distribuzione dell'energia elettrica»),
riferito alla sola energia elettrica, con conseguente sua
applicazione anche a tale regione a statuto speciale in virtu'
dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Le previsioni di cui all'art. 3 della legge regionale Sardegna in
esame, tendenti a salvaguardare «le peculiarita' e la conservazione
del territorio regionale», non tengono in debito conto, nel
contemperamento dei diversi interessi in campo, quanto disposto
all'art. 3 e dall'art. 20, comma 5 del decreto legislativo n. 199 del
2021, ovvero «il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di
decarbonizzazione al 2030 tenendo conto della sostenibilita' dei
costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo».
L'Italia, infatti, e' chiamata a raggiungere gli sfidanti
obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere altresi' ai nuovi obiettivi
derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», tra cui quelli
previsti dalla direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 ottobre 2023 (UE) (cd. RED III).
Il divieto di cui all'art. 3 della legge regionale incide sul
raggiungimento dei target imposti dalla normativa unionale, in quanto
la regione potrebbe non concorrere, insieme alle altre, al
raggiungimento dell'obiettivo in capo all'intero Paese, ponendosi,
anche sotto tale profilo, in palese contrasto con l'art. 117, primo
comma della Costituzione, che prevede che «la potesta' legislativa e'
esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della
Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali».
Come e' noto, invero, nel dicembre 2019 la Commissione europea ha
presentato la comunicazione sul Green Deal europeo, consistente in
una tabella di marcia verso il raggiungimento entro il 2050 della
neutralita' climatica, ovvero dell'equilibrio tra le emissioni e gli
assorbimenti di gas ad effetto serra, quale obiettivo prioritario
dell'Unione europea.
Il Green Deal presuppone la trasformazione dell'economia e della
societa' in senso ecosostenibile con un ampio spettro di interventi
in tutti i settori: energia, industria (inclusa quella edilizia),
trasporti e mobilita', agricoltura, gestione dei rifiuti, tutela
dell'ambiente e della biodiversita', ricerca.
L'obiettivo di perseguire l'impatto climatico zero entro il 2050
e' stato confermato dal Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019.
Successivamente, il regolamento europeo sul clima ha reso
vincolante tale traguardo prevedendo inoltre, quale tappa intermedia,
la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 55%
entro il 2030 target in linea con il contributo nazionale determinato
(NDC) all'UNFCCC. (7)
Il regolamento prevede che il successivo obiettivo al 2040 venga
individuato dalla Commissione europea con una proposta legislativa
entro i sei mesi successivi al primo bilancio globale previsto
dall'Accordo di Parigi per il 2023.
Per attuare il Green Deal, il complesso normativo per l'energia e
il clima e' stato sottoposto a revisione dalle proposte legislative
del pacchetto c.d. «Pronti per il 55%» presentato dalla Commissione
europea nel luglio 2021, che intervengono anche sugli obiettivi
fissati dal Quadro 2030, modificandoli in modo piu' ambizioso:
riduzione di almeno il 55% delle emissioni nette (rispetto al
1990);
aumento al 40% della quota di energia da fonti rinnovabili
(percentuale che il successivo piano REPowerEU propone di innalzare a
45%);
aumentare l'efficienza energetica al 39% per l'energia
primaria e al 36% per l'energia finale (rispetto alla normativa
vigente la proposta della Commissione cambia la base di calcolo e
prospetta una riduzione del consumo di energia pari almeno al 9%
rispetto alle proiezioni dello scenario di riferimento 2020. Anche
per tale percentuale il piano REPowerEU propone un innalzamento al
13%).
La norma regionale in esame presenta, poi, profili di
illegittimita' costituzionale anche in rapporto agli articoli 3, 41 e
97 della Costituzione allorquando, senza conformarsi a un canone di
ragionevolezza e inserendo un ostacolo all'iniziativa economica nel
campo della produzione energetica da fonti rinnovabili, stabilisce
che il divieto ivi previsto debba applicarsi anche a procedure gia'
in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa,
trascurando anche le attivita' amministrative eventualmente gia'
svolte dalle autorita' competenti.
Istanza di sospensione
Si ritengono, infine, sussistenti i presupposti per disporre
sospensione del provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 35 della
legge n. 87/1953, cosi' come sostituito dall'art. 9 della legge 5
giugno 2003, n. 131 e ai sensi dell'art. 23 delle «Norme integrative
per i giudizi davanti alla Corte costituzionale» approvate con
delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021 e
successive modificazioni.
In punto di fumus boni iuris si richiama quando dedotto a
sostegno della illegittimita' della legge regionale impugnata.
Sussiste, altresi', il requisito del periculum in mora nei
termini configurati dall'art. 35 sopra citato, che opta per una
tipizzazione espressa delle ipotesi in cui l'esecuzione della legge
possa comportare situazione di rischio di un pregiudizio irreparabile
- cioe' «il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse
pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica», ovvero il
«rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei
cittadini».
Sotto il profilo del periculum va evidenziato che la moratoria di
ben diciotto mesi (da qui l'urgenza che giustifica la presente
richiesta di sospensione) delle procedure autorizzatorie per le fonti
energetiche rinnovabili (FER), approvata dalla Regione Sardegna con
l'art. 3 della legge regionale impugnata n. 5/2024, comporta un
pregiudizio irreparabile all'interesse pubblico, in quanto la
sospensione delle procedure autorizzatorie necessarie a conseguire,
da parte della regione, l'obiettivo di incremento di energia prodotta
da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto dalla
legge statale con funzione di «norma fondamentale della materia» - fa
mancare la quota regionale di potenza aggiuntiva (fissata dal citato
decreto ministeriale 21 giugno 2024 in 6,264 MV, all'art. 2, comma 1,
tabella A, cfr. all. 3) necessaria per raggiungere l'obiettivo di
potenza complessiva da traguardare al 2030 da ultimo stabilito con il
citato decreto ministeriale del 21 giugno u.s. (8)
Occorre tenere conto anche del fatto che - secondo i dati diffusi
nel 2023 dalla regione nel monitoraggio del Piano energetico
ambientale - tre quarti dell'energia prodotta nell'isola deriva da
combustibili fossili, in parte da carbone (33%) e in parte dal gas
naturale (34%). Le energie rinnovabili coprano una parte minore:
l'energia eolica contribuisce con il 13%, il fotovoltaico con il 9% e
l'energia idraulica solo con il 3%.
Secondo i dati Terna, all'inizio del 2023, la Sardegna contava su
impianti eolici e fotovoltaici per una capacita' complessiva lorda di
2,24 GW di cui 1,1 GW, da eolico e 1,14 GW da solare fotovoltaico.
Questi numeri rappresentano il 6,1% della capacita' complessiva
installata in Italia, posizionando la Sardegna come la settima
regione italiana per capacita' installata e la sesta per il solo
eolico.
La sospensione delle procedure autorizzatorie necessaria a
conseguire da parte della regione l'obiettivo di incremento di
energia prodotta da fonti rinnovabili, in frontale violazione del
divieto posto dalla legge statale con funzione di «norma fondamentale
della materia» risulta, dunque, ostativa al conseguimento degli
ambiziosi obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione (alla
stregua PNIEC, PNNR e degli impegni assunti alla COP28 e al G7) e,
quindi, determinando effetti seriamente pregiudizievoli
all'«interesse pubblico».
La contestata moratoria della Regione Sardegna comporta anche un
pregiudizio irreparabile all'«ordinamento giuridico della Repubblica»
posto che la legge regionale in esame assume, come detto, carattere
fortemente ostativo, limitante e contrario rispetto alla finalita'
del decreto ministeriale «Aree idonee», che e' quella di individuare
la ripartizione fra le regioni e le province autonome dell'obiettivo
nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti
rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere
gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi
derivanti dall'attuazione del pacchetto «Fit for 55», anche alla luce
del pacchetto «Repower UE», con il concreto rischio di un pericoloso
effetto emulativo da parte delle altre regioni che creerebbe
instabilita' e incertezza normativa in tutto il settore energetico
sostenibile.
(1) L'art. 4 dello statuto speciale per la Sardegna approvato con
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 prevede: «Nei limiti
del precedente articolo e dei principi stabiliti dalle leggi
dello Stato, la regione emana norme legislative sulle seguenti
materie: a) industria, commercio ed esercizio industriale delle
miniere, cave e saline; b) istituzione ed ordinamento degli enti
di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle
casse rurali, dei monti frumentari e di pegno e delle altre
aziende di credito di carattere regionale; relative
autorizzazioni; c) opere di grande e media bonifica e di
trasformazione fondiaria; d) espropriazione per pubblica utilita'
non riguardante opere a carico dello Stato; e) produzione e
distribuzione dell'energia elettrica; f) linee marittime ed aeree
di cabotaggio fra i porti e gli scali della regione; g)
assunzione di pubblici servizi; h) assistenza e beneficenza
pubblica; i) igiene e sanita' pubblica; l) disciplina annonaria;
m) pubblici spettacoli» L'art. 3, comma 1, del medesimo statuto
dispone: «In armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli
obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche'
delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica, la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti
materie: ...»
(2) L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 dispone: «1. Sino
all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano
per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie
rispetto a quelle gia' attribuite.».
(3) L'art. 1 del decreto legislativo n. 199/2021 dispone: «1. Il
presente decreto ha l'obiettivo di accelerare il percorso di
crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia
di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi
europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di
completa decarbonizzazione al 2050. 2. Per le finalita' di cui al
comma 1, il presente decreto definisce gli strumenti, i
meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario
e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi di
incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030,
in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei
criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53. 3. Il presente
decreto reca disposizioni necessarie all'attuazione delle misure
del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche:
PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili, conformemente
al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (di seguito
anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme di
misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento
degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento
(UE) 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un
obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a
effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del
1990 entro il 2030».
(4) L'art. 20 - (Disciplina per l'individuazione di superfici e aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili) del
decreto legislativo n. 199/2021 dispone: «1. Con uno o piu'
decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con
il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di
Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti
principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici
e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a
fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a
quella individuata come necessaria dal PNIEC per il
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti
rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8.
In via prioritaria, con i decreti di cui al presente comma si
provvede a: a) dettare i criteri per l'individuazione delle aree
idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica
indicata nel PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare il
relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo
occupabile dai suddetti impianti per unita' di superficie,
nonche' dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di
energia elettrica gia' installati e le superfici tecnicamente
disponibili; b) indicare le modalita' per individuare superfici,
aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree
abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a
fonti rinnovabili. 1-bis. L'installazione degli impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra [di cui all'art. 6-bis,
lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28], in zone
classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e'
consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a),
limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento,
potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia'
installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino
ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora
non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica
chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2)
e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si
applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici
con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una
comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del
presente decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle
altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e
resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN
del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio
ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli
investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del
decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di
progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.
2. Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal PNIEC, i decreti di
cui al comma 1, stabiliscono altresi' la ripartizione della
potenza installata fra regioni e province autonome, prevedendo
sistemi di monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni
assunti e criteri per il trasferimento statistico fra le medesime
regioni e province autonome, da effettuare secondo le regole
generali di cui all'allegato I, fermo restando che il
trasferimento statistico non puo' pregiudicare il conseguimento
dell'obiettivo della regione o della provincia autonoma che
effettua il trasferimento. 3. Ai sensi dell'art. 5, comma 1,
lettere a) e b), della legge 22 aprile 2021, n. 53, nella
definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti
di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del
patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e
forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici,
privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a
destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi,
ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili,
compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita' delle
risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda
elettrica, nonche' tenendo in considerazione la dislocazione
della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di
sviluppo della rete stessa. 4. Conformemente ai principi e
criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi
decreti, le regioni individuano con legge le aree idonee, anche
con il supporto della piattaforma di cui all'art. 21. Il
Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della
Presidenza del Consiglio dei ministri esercita funzioni di
impulso anche ai fini dell'esercizio del potere di cui al terzo
periodo. Nel caso di mancata adozione della legge di cui al primo
periodo, ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e
agli obiettivi stabiliti dai decreti di cui al comma 1, si
applica l'art. 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Le
province autonome provvedono al processo programmatorio di
individuazione delle aree idonee ai sensi dello statuto speciale
e delle relative norme di attuazione). 5. In sede di
individuazione delle superfici e delle aree idonee per
l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo
restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di
decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilita'
dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo. 6. Nelle
more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere
disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei
procedimenti di autorizzazione. 7. Le aree non incluse tra le
aree idonee non possono essere dichiarate non idonee
all'installazione di impianti di produzione di energia
rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola
mancata inclusione nel novero delle aree idonee. 8. Nelle more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e
delle modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1, sono
considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del presente
articolo: a) i siti ove sono gia' installati impianti della
stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica,
anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale
ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che
non comportino una variazione dell'area occupata superiore al 20
per cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo non si
applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali la
variazione dell'area occupata e' soggetta al limite di cui alla
lettera c-ter), n. 1); b) le aree dei siti oggetto di bonifica
individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152; c) le cave e miniere cessate,
non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado
ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di
ulteriore sfruttamento; c-bis) i siti e gli impianti nelle
disponibilita' delle societa' del gruppo Ferrovie dello Stato
italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonche'
delle societa' concessionarie autostradali. c-bis.1) i siti e gli
impianti nella disponibilita' delle societa' di gestione
aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi
quelli all'interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti
delle isole minori, di cui all'allegato 1 al decreto del Ministro
dello sviluppo economico 14 febbraio 2017, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017, ferme restando le
necessarie verifiche tecniche da parte dell'Ente nazionale per
l'aviazione civile (ENAC). c-ter) esclusivamente per gli impianti
fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di
produzione di biometano in assenza di vincoli ai sensi della
parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree
classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti
distino non piu' di 500 metri da zone a destinazione industriale,
artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse
nazionale, nonche' le cave e le miniere; 2) le aree interne agli
impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come
definiti dall'art. 268, comma 1, lettera h), del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonche' le aree classificate
agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu'
di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; 3) le aree
adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore
a 300 metri. c-quater) fatto salvo quanto previsto alle lettere
a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel
perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da
usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo
decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni
sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art.
136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente
lettera, la fascia di rispetto e' determinata considerando una
distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di tre
chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli
impianti fotovoltaici. Resta ferma, nei procedimenti
autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a
esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree
sottoposte a tutela secondo quanto previsto all'art. 12, comma
3-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. 8-bis.
Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi di cui al
comma 2, per consentire la celere realizzazione degli impianti e
garantire la sicurezza del traffico limitando le possibili
interferenze, le societa' concessionarie autostradali affidano la
concessione delle aree idonee di cui al comma 8, lettera c-bis),
previa determinazione dei relativi canoni, sulla base di
procedure ad evidenza pubblica, avviate anche a istanza di parte,
con pubblicazione di un avviso, nel rispetto dei principi di
trasparenza, imparzialita' e proporzionalita', garantendo
condizioni di concorrenza effettiva. Gli avvisi definiscono, in
modo chiaro, trasparente, proporzionato rispetto all'oggetto
della concessione e non discriminatorio, i requisiti soggettivi
di partecipazione e i criteri di selezione delle domande, nonche'
la durata massima delle subconcessioni ai sensi del comma 8-ter.
Se si verificano le condizioni di cui all'art. 63, comma 2,
lettera a), del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50, le societa' concessionarie possono affidare le aree
idonee di cui al comma 8, lettera c-bis), mediante
subconcessione, a societa' controllate o collegate in modo da
assicurare il necessario coordinamento dei lavori sulla rete in
gestione e la risoluzione delle interferenze. Le societa'
controllate o collegate sono tenute ad affidare i lavori, i
servizi e le forniture sulla base di procedure ad evidenza
pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita'
e proporzionalita', garantendo condizioni di concorrenza
effettiva. 8-ter. La durata dei rapporti di subconcessione di cui
al comma 8-bis e' determinata in funzione della vita utile degli
impianti e degli investimenti necessari per la realizzazione e
gestione degli stessi e puo' essere superiore alla durata della
concessione autostradale, salva la possibilita' per il
concessionario che subentra nella gestione di risolvere il
contratto di subconcessione riconoscendo un indennizzo pari agli
investimenti realizzati non integralmente ammortizzati.
(5) Nella sentenza n. 77/2022 la Corte ha stabilito: «4.1.5. - In
definitiva, la moratoria imposta dal legislatore regionale
dell'Abruzzo con l'art. 4 impugnato viola i principi fondamentali
della materia, che affidano a celeri procedure amministrative il
compito di valutare in concreto gli interessi coinvolti
nell'installazione di impianti di produzione dell'energia da
fonti rinnovabili. Tali valutazioni amministrative non possono
essere condizionate e limitate da criteri cristallizzati in
disposizioni legislative regionali (sentenze n. 177 del 2021, n.
106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011),
ne' a fortiori possono essere impedite e, sia pure
temporaneamente, ostacolate da fonti legislative regionali.
L'art. 4 della legge regionale Abruzzo n. 8 del 2021 si pone,
dunque, in aperto contrasto con i principi fondamentali della
materia di celere conclusione delle procedure di autorizzazione e
di massima diffusione degli impianti da fonti di energia
rinnovabili, principi che sono al contempo attuativi di direttive
dell'Unione europea e riflettono anche impegni internazionali
volti a favorire l'energia prodotta da fonti rinnovabili
(sentenza n. 286 del 2019), risorse irrinunciabili al fine di
contrastare i cambiamenti climatici».
(6) La sentenza n. 27/2023 della Corte ha rilevato ai punti 5 e 6:
«5. - Nel merito le questioni promosse con i ricorsi iscritti al
n. 27 e al n. 31 reg. ric. 2022 sono fondate. Sia l'art. 16 della
legge regionale Abruzzo n. 1 del 2022 sia l'art. 19 della legge
regionale Abruzzo n. 5 del 2022 attengono al regime abilitativo
degli impianti di energia da fonti rinnovabili e violano i
principi fondamentali della materia concorrente "produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", di cui
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Al contempo, detti
principi fondamentali sono attuativi di direttive emanate
dall'Unione europea, nel rispetto di impegni assunti a livello
internazionale, e le disposizioni impugnate si pongono, pertanto,
in contrasto anche con l'art. 117, primo comma, della
Costituzione 6. - Occorre precisare innanzitutto che, in
attuazione della direttiva 2018/2001/UE, e sulla base dei
principi e dei criteri indicati nella legge n. 53 del 2021, e'
stato emanato il decreto legislativo n. 199 del 2021, volto ad
"accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese,
recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili"
e a raggiungere gli "obiettivi di incremento della quota di
energia da fonti rinnovabili al 2030", "conformemente al Piano
nazionale integrato per l'energia e il clima" (art. 1, commi 1, 2
e 3). 6.1. - L'art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo
dispone che, con uno o piu' decreti del Ministro della
transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura
e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali,
previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano stabiliti
"principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici
e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a
fonti rinnovabili". Quanto alle aree idonee, il comma 4 prevede
che "[c]onformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti
di cui al comma 1 [...] le regioni individuano con legge le aree
idonee", fermo restando che, "nelle more dell'individuazione
delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalita'
stabiliti dai decreti di cui al comma 1", il comma 8 indica le
aree considerate idonee. In ogni caso, in base al comma 6
dell'art. 20, "[n]elle more dell'individuazione delle aree
idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni
dei termini dei procedimenti di autorizzazione". Inoltre, il
comma 7 del medesimo articolo chiarisce che "[l]e aree non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non
idonee all'installazione di impianti di produzione di energia
rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola
mancata inclusione nel novero delle aree idonee". 6.2. - In
raccordo con l'art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021,
l'art. 18, comma 3, del medesimo decreto legislativo stabilisce
che, solo "[a] seguito dell'entrata in vigore della disciplina
statale e regionale per l'individuazione di superfici e aree
idonee ai sensi dell'art. 20, con decreto del Ministero della
transizione ecologica, di concerto con il Ministero della
cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono
aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a
fonti rinnovabili di cui all'art. 12, comma 10, del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387". Il citato iter non e'
stato al momento completato e le linee guida emanate con il
decreto ministeriale 10 settembre 2010 non sono state ancora
aggiornate. Infine, il comma 2 dell'art. 18 del decreto
legislativo n. 199 del 2021, sostitutivo dell'art. 4, comma 2,
del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione
delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), indica gli articoli che
regolano i "regimi di autorizzazione per la costruzione e
l'esercizio degli impianti a fonti rinnovabili", deputando a
regolare l'autorizzazione unica l'art. 5 del decreto legislativo
n. 28 del 2011, che a sua volta rimanda all'art. 12 del decreto
legislativo n. 387 del 2003, come modificato dallo stesso art.
5.».
(7) Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio
del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il conseguimento
della neutralita' climatica e che modifica il regolamento (CE) n.
401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul
clima»).
(8) L'art. 2 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 recante
Obiettivi delle regioni e province autonome prevede nella tabella
«per ciascuna regione e provincia autonoma la traiettoria di
conseguimento dell'obiettivo di potenza complessiva da
traguardare al 2030».
P.Q.M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente
illegittimo e conseguentemente annullare l'art. 3 della legge della
Regione autonoma della Sardegna del 3 luglio 2024, n. 5 recante:
«Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni
paesaggistici e ambientali», pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n.
35, per i motivi illustrati nel presente ricorso, previa sospensione,
in via urgente, della sua efficacia.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. attestazione della delibera del Consiglio dei ministri del
7 agosto 2024 di impugnativa della legge regionale, con allegata
relazione.
2. legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2024,
n. 5 recante: «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei
beni paesaggistici e ambientali» pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna (BURS) del 4 luglio 2024, n.
35;
3. decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza
energetica del 21 giugno 2024 recante «Disciplina per
l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di
impianti a fonti rinnovabili» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
2 luglio 2024;
4. Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna
(BURS) del 4 luglio 2024, n. 35 - versione integrale originale.
Roma, 30 agosto 2024
L'Avvocato dello Stato: De Bonis